Capitolo 3 - Silvacque

La stanza si era fatta claustrofobica. Era fin troppo piena e decisamente troppo piccola per contenere tutti. Oltre al divano vi erano solo due letti singoli, che vennero lasciati alle ragazze.
Non che fossero così tanto comodi alla fine... non differiva molto dal dormire per terra. Non fu questa però la causa degli incubi di Cora.
Era da tempo che non passava nottate simili, in cui si ritrovava a fissare quella marea di ricordi dolorosi che avvelenavano la sua mente. Il volto di un bambino che le passava la collana di diamanti rossi che tutt'ora, a distanza di 224 anni, portava con sé.
O forse erano 100? o 124? Accidenti, la vecchiaia le giocava brutti scherzi.
Però il cervello continuava a martellarle in maniera fastidiosa, mentre cercava di mettere a fuoco il viso di quel bambino.
Chi era? E perché quei ricordi proprio in quel momento?
‹‹Questa è per te, ti proteggerà››, diceva la sua voce, ‹‹da quello che so, viene passata alla donna che si vuole sposare per proteggerla dal male. Dicono che sia dotata di grandi poteri, ed è per questo che si tiene sempre nascosta, ma... voglio darla a te, come segno di fedeltà e che un giorno non troppo lontano ci sposeremo. Promesso.››
Sì, la promessa di matrimonio.
Ma chi era quel bambino? C'era davvero da fare affidamento su questo?
Eppure, nonostante questi dubbi, il cuore di Cora sembrò balzare un battito.
Il bambino riprese a parlare subito dopo averle depositato un bacio sulla fronte, ma la sua voce fu totalmente silenziata dal rumore dei passi pesanti di Dantetor.

La sveglia era davvero all'alba, quindi.

Non ci fu il tempo per la doccia tanto agognata da Aritth, e a malapena ci fu quello per mettere qualcosa sotto i denti. La partenza fu praticamente immediata e il viaggio durò quattro giorni e mezzo, quasi cinque, intervallati dall'attacco di alcuni mostri durante il tragitto. Esattamente il tempo stimato da Galtarios.
Nessuno per fortuna si era fatto niente, ma lo stare continuamente in allerta aveva stressato praticamente tutti.
C'era stato anche il tempo di chiacchierare durante i turni di guardia, così da legare un po' di più.
Cora aveva continuato a pensare a qui ricordi che affollavano la sua mente. Perché quel sogno proprio ora? Che fosse collegato col simbolo? E nel frattempo altri ricordi si facevano strada, cose che aveva persino rimosso dalla sua testa.
Sua madre, per esempio. I lunghi e decorati abiti, le giornate passate all'educazione, alle attenzioni e le cure per il proprio marito... doveva esserci stato un evento scatenate.
L'arrivo a Silvacque sembrò essere un momento mistico. Rimasero quasi imbambolati a osservare le porte del villaggio. Forse era per la stanchezza, ma avevano quasi tutti voglia di festeggiare quell'arrivo, colti da un'improvvisa e immotivata gioia.
‹‹Sbronza? ›› propose Cora, attirando l'attenzione del gruppo. Le reazioni andavano dallo sguardo più contrariato a quello più entusiasta ‹‹dai, non intendo mica ora›› brontolò, incrociando le braccia.
Lavelnir fece per parlare, ma si zittì subito nel vedere le guardie pronti ad accoglierli.
‹‹Salve,›› disse Lavelnir, ‹‹veniamo per conto di Virtus, siamo stati mandati per indagare sul caso delle sparizioni dei bambini.››
Le guardie confabularono qualcosa, e poi fecero cenno di seguirle. Lungo il tragitto, Lavelnir ne approfittò per guardarsi intorno e cominciare a prendere confidenza con la geografia della zona. Proprio in quel momento, notò che Cora si era leggermente distaccata dal gruppo, sia fisicamente che mentalmente. Il suo sguardo balzava a destra e a sinistra in maniera piuttosto concentrata, mentre strofinava le mani per scaldarsele.
Lavelnir intuì le sue intenzioni, dato ciò che combinò alle guardie, e si affrettò ad avvicinarsi a lei prima che potesse prendere in considerazione di allontanarsi ancora di più.
‹‹Cosa hai intenzione di fare?›› chiese Lalvelnir.
‹‹Chi, io? Assolutamente niente.›› rispose l'halfling, assumendo un'espressione innocente.
Lavelnir contrasse la mascella e fece appello alla sua buona volontà per non tramortirla preventivamente.
‹‹Non mi prendi per il culo.›› disse a denti stretti.
Cora inspirò, squadrandolo dalla testa ai piedi ‹‹ sto solo ammirando la fattura delle case. Dio, come sei prevenuto! ›› e se ne andò, con le braccia incrociate.
Lavelnir si chiese cosa mai ci potesse essere di così interessante nell'architettura di un villaggio di pescatori, così si diede uno sguardo attorno anche lui. Erano delle case normalissime, e lui non era stupido.
Aveva perfettamente capito che cosa stava tramando e avrebbe dovuto tenerla d'occhio.

Dopo poco, il gruppo arrivò davanti a una casa più carina e grande rispetto alle altre. Le guardie la identificarono come l'abitazione del borgomastro e li congedarono cordialmente.
Nessuno andò a bussare per primo. Lavelnir, letteralmente, in quel momento preferì lavarsene le mani. Doveva essere sempre lui a fare le cose?
Kiplin, allora, prese coraggio e bussò immediatamente alla porta, quasi gongolando sul posto, orgoglioso del suo gesto.
Si aprì uno spiraglio, che lasciava intravedere il viso di una donna anziana.
‹‹ Si? ›› chiese lei, con tono piuttosto diffidente.
Kiplin si girò, aspettandosi un piccolo aiuto da parte dei suoi compagni (non voleva parlare da solo con un'estranea), ma nessuno mosse un dito. Lavelnir decise di non intervenire nemmeno sta volta, per concentrarsi su Cora.
Rassegnato, Kiplin cercò di tirare fuori il suo coraggio da elfo. Cora lo vide tremare come una foglia, e non si sarebbe sorpresa se si fosse pisciato addosso.
‹‹Salve...›› accennò con voce tremolante ‹‹il... borgomastro è in casa?››
Lo sguardo della donna si posò su tutto il gruppo.
‹‹Sì›› rispose infine, dopo essersi presa il suo tempo per scandagliare tutti i volti.
‹‹Siamo stati mandati da Virtus›› riprese Kiplin con un po' più di sicurezza.
‹‹Oh, siete voi!›› esclamò la donna, prima di chiudere la porta con un gesto secco.
Kiplin ci rimase talmente male per quel gesto che indietreggiò di qualche passo, tenendo lo sguardo basso e mormorando un "okay, grazie".
Ci vollero almeno due minuti buoni prima che la donna riaprisse la porta, mostrando un enorme sorriso cordiale.
‹‹Che fate qui al freddo? avanti, entrate, entrate! il borgomastro vi sta aspettando in salotto! Oh, ma avete una bambina con voi?››
‹‹Bambina?›› Kiplin corrugò la fronte. Quale bambina? Si girò a controllare bene per sicurezza mentre tutti entravano in casa. Cora aveva capito perfettamente che la vecchia stesse parlando di lei e la guardò malissimo.
Non aveva voglia di problemi, per cui evitò di tirare fuori un dardo della balestra per minacciarla e farle rimangiare quelle parole.
‹‹Sono un'adulta...›› disse a denti stretti, controllandosi per non far continuare quella frase con un "vecchia di merda".
‹‹Oh, cielo! cielo! un'halfling! perdonami! alla mia età queste sviste capitano continuamente!››.
Ogni volta sempre la stessa scusa e Cora detestava quelle cazzate.
‹‹Fatti controllare la vista, allora ›› tagliò corto e, per il quieto vivere, oltrepassò la donna senza fare altre storie.
Ma non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Avrebbe rubato qualcosa in quella casa.
Accennò un sorriso tra sé e sé, facendo balzare lo sguardo da una parte all'altra della casa, studiandone angoli e mobili.
Quale tra questi sembrava essere il più semplice da aprire? e quale poteva contenere qualcosa di prezioso? e poi, doveva fare in modo di passare inosservata.
Mentre il gruppo si dirigeva in salotto, Cora si soffermò di fronte a un mobile antico con sopra un'enorme specchiera e un piano marmoreo. Sopra di questo c'erano diversi vasi di fiori, statuette, una pila di fogli e due scatole, sicuramente dipinte e decorate a mano.
Avevano un'aria talmente graziosa che non poté fare a meno di perdersi a osservarla più tempo del dovuto, in preda alla tentazione di toccarne i bordi, tempestati di perline. Tutto questo fino a quando non si sentì una mano sulla spalla.
‹‹Togliti dalla testa qualsiasi cosa tu stia pensando di fare con quelle scatole›› sussurrò Patrizia a denti stretti.
Cora, allora, poggiò la mano sulla sua e la spostò delicatamente ‹‹Volevo solo prendere un anello di fidanzamento per Aritth››, rispose l'halfling, sarcastica ‹‹geloso?›› aggiunse poi, alzando il viso verso quello del ragazzo per rivolgergli un sorriso.
‹‹Finiscila. Attirerai l'attenzione, e non voglio rotture di coglioni.››
‹‹Scurrile.›› brontolò, ma Lavelnir la ignorò e ripoggiò la mano sulla sua spalla, trascinandola con sé verso il salotto.
Un uomo sulla mezza età stava seduto su una poltrona bianca, posta accanto a un caminetto acceso.
Non appena vide Lavelnir e Cora tornare, l'uomo rivolse un caloroso sorriso all'halfling, che quasi si sciolse.
Le faceva tenerezza, e quasi provò sensi di colpa per aver anche solo pensato di rubare qualcosa.
‹‹Scusatemi!›› disse lei ‹‹stavo guardando le scatole sul mobile. Sono molto carine! Artigianali, vero?››
L'uomo annuì, indicandole una sedia libera ‹‹ prego, accomodati. Ti chiedo scusa a nome della mia cameriera. Jendra ultimamente è molto distratta, penso sia molto scossa per ciò che è successo ai bambini... è molto diffidente ››
La mano di Lavelnir si strinse ancora una volta sulla spalla di Cora.
Lei alzò lo sguardo verso di lui. Ebbero una breve conversazione telepatica che, in breve, consisteva in un "non fare cazzate o ti smonto". S'intesero.
Cora non aveva intenzione di fare casino, perlomeno in quel momento, e così il ragazzo mollò la presa ed entrambi andarono a sedersi.
Mentre l'uomo cominciò a parlare, lo sguardo di Cora iniziò a divagare per la stanza. Le pareti erano piene di quadri, ritratti e vari addobbi dai colori caldi, perfettamente intonati tra di loro.
Era una stanza talmente rilassante che Cora era convinta che sarebbe potuta rimanere là, sdraiata al centro, semplicemente a fissare il soffitto per ore.
La luce del caminetto acceso, con il suo calore e i suoi colori, le rilassava la mente, facendola tornare indietro a ricordi che non pensava nemmeno di avere.
Voci lontane dei genitori, filastrocche, le ore passate a pettinare i capelli e acconciarli per averli in ordine il giorno dopo.
Momenti di puro affetto, che vennero interrotti ogni volta che qualcuno passava una mano di fronte al suo viso, gesticolando durante il discorso.
A quel punto, optò per smettere di pensarci. In effetti, non era il momento di divagare.
Erano lì per una ragione ben precisa.
Da quello che aveva capito, i bambini erano due.
Apparentemente non avevano nulla in comune, se non per il fatto che entrambi seguivano le lezioni di un bardo che si era da poco insediato nel villaggio.
Per il resto, sembrava che non fosse stato seguito un particolare criterio nella scelta delle vittime.
‹‹Quanti anni hanno i bambini?›› domandò Aritth.
‹‹Se non ricordo male circa una decina. Vi consiglierei di parlare col loro maestro. Ora è tardi, ma domani mattina potreste trovarlo nello spiazzo vicino alle mura.››
‹‹Ehm, scusate l'interruzione ›› disse Jendra, entrando lentamente nella stanza con in mano un vassoio con sopra delle tazze fumanti.
‹‹Nessuna interruzione, Jendra. Non ti preoccupare ›› notando le mani tremolanti della donna, il borgomastro fece per andare ad aiutarla, ma lei scosse la testa e fece un passo indietro.
L'uomo allora sospirò rassegnato e tornò a sedersi.
‹‹Qualcuno vuole del tè con dei biscotti? Qui ho portato poche tazze, ma la teiera è là in cucina, bella calda e ancora piena!››
Istintivamente, Cora non si fidò della donna.
Forse era dovuto al trattamento che aveva ricevuto prima e che ancora non aveva digerito.
A dirla tutta, però, bene o male tutti non si mostravano particolarmente fiduciosi. Rimasero tutti un po' titubanti mentre Jendra passava di fronte a loro, porgendo il vassoio per offrirne il contenuto.
Kiplin storse il naso. Non perché il cibo sul vassoio emanasse un odoraccio, anzi, sembrava tutto piuttosto invitante, ma non era convinto nemmeno lui dei modi di fare della donna.
Nella sua gentilezza c'era qualcosa di strano.
‹‹Biscotti e tè?›› chiese allungando la mano in direzione della vecchia, che gli passò una tazza e un biscotto.
‹‹Mangia, Kiplin, che mi sembri un po' schiupato!›› ironizzò Aritth, mentre Jendra si avvicinava per porgerle una tazza.
Il piccolo elfo guardò la ragazza con la coda dell'occhio. Poggiò la tazza sul ginocchio, mantenendola in equilibrio in maniera impeccabile.
‹‹Sciupato›› la corresse, per poi portare lo sguardo sul biscotto che reggeva in mano.
Non voleva mangiare quella roba prima di averla esaminata per bene, ma allo stesso tempo non voleva che Jendra se ne accorgesse e fare la figura maleducato.
Tutti gli altri, a eccezione di Lavelnir, Crimson e Cora, che declinarono gentilmente l'offerta, presero i dolci. Solo Dantetor prese anche il tè. La donna, allora, lasciò il vassoio col contenitore dei biscotti sopra il tavolino al centro della stanza, per poi congedarsi.
‹‹Se volete scusarmi, mi allontano per scrivere una lettera da consegnare alla locanda del villaggio. Sarete nostri graditi ospiti per tutta la durata delle indagini. Ho già avvisato, ma è sempre meglio avere qualcosa di scritto›› disse il borgomastro.
‹‹Nessun problema. Grazie››, disse Lavelnir.
Non appena il borgomastro si allontanò, il gruppo si fiondò a controllare tè e biscotti.
Odori e colori sembravano essere assolutamente normali. Non sembravano avere niente di sospetto, ma uno scambio di pareri tra loro fu comunque scambiato. Dantetor prese la sua tazza e sorseggiò un po', poi sorrise subito dopo.
‹‹È un po' troppo caldo, deve essere appena fatto. È buono, però! Ardit, avresti dovuto prenderlo anche tu›› prese il biscotto e lo intrise nel tè ‹‹ così si accompagna il sapore del biscotto! ››
Aritth non perse nemmeno tempo a correggerlo per il suo nome. Era troppo concentrata a controllare anche l'interno del biscotto prima di mangiarlo.
‹‹I biscotti sono okay›› concluse lei, con Kiplin che concordava annuendo ‹‹ma stiamo ugualmente attenti. Non mi piace››
‹‹Anche il tè è okay!›› disse Dantetor appoggiando la tazza sul tavolino ‹‹e dovreste assaggiarlo. È davvero buono!››
‹‹Io non bevo qualcosa che sembra piscio›› sbuffò Fenrir, che poi guardò in direzione del vassoio. Agilmente, scatto in avanti per prenderlo e lo poggiò sulle proprie gambe ‹‹qualcuno ne vuole uno?››
chiese, indicando i biscotti.
Celebrian scosse la testa in risposta, e il mezz'elfo strinse le spalle.
Per l'elfa, l'idea di prendere una tazza di tè non era poi così male, specie dopo quei giorni di viaggio passati all'addiaccio. Si stava già godendo il dolce tepore del camino, quindi...
‹‹Magari, se la signora tornerà, le chiederò una tazza anche io. Dantetor, puoi passarmi la tua vuota, per favore? voglio controllare la forma dei residui›› disse porgendo le mani verso il mezz'orco, che assecondò la sua richiesta.
‹‹Sai leggere il futuro col tè?››
‹‹No,›› rispose spostandosi di fronte al camino ‹‹ma magari controllando meglio i residui potrei scoprire se ci sono delle erbe di cui non abbiamo sentito l'odore, o peggio.››
Dantetor impallidì visibilmente. A Kiplin, che non aveva ancora bevuto, passò completamente la voglia. Celebrian inspirò profondamente l'odore dell'infuso dopo aver esaminato accuratamente il fondo della tazza. Non c'era nulla di sospetto. Kiplin tirò un sospiro di sollievo e cominciò a bere. Però voleva fare la stessa cosa di Dantetor, e inzuppare il biscotto nel tè.
Dato che aveva già mangiato il suo, fece per girarsi verso il vassoio e...
‹‹Te... te li sei mangiati tutti?!›› esclamò incredulo.
Fenrir lo squadrò dalla testa ai piedi, piuttosto infastidito dalla domanda. Spostò il vassoio sul tavolo e poi si lasciò cadere sullo schienale della poltroncina su cui si era accomodato.
‹‹Io ho chiesto se qualcuno ne voleva, nessuno mi ha risposto. Che avrei dovuto fare, secondo te?››
‹‹Lasciare il vassoio a disposizione di tutti, magari?››
‹‹No, Kiplin. Arrivo prima io, decido io. È così che funziona›› decise anche quella conversazione si sarebbe chiusa in quel momento. Comunico il suo volere all'elfo sorridendogli in maniera piuttosto tetra.
Notando la situazione, Aritth optò per intervenire. Prese il vassoio e inizio a sventolarlo a mo' di ventaglio, cominciando a camminare in cerchio per la stanza.
‹‹Comunque, ora come procediamo?››
‹‹Vuoi parlarne ora? qui?›› chiese stupita Cora. Forse sarebbe stato meglio parlarne una volta alla locanda, piuttosto che nel salotto del borgomastro.
Aritth annuì. Per lei, prima ne parlavano, prima potevano cominciare a lavorare.
‹‹Penso che dividerci in squadre sia la cosa migliore da fare››, disse, ‹‹così dimezziamo i tempi di ricerca, e poi possiamo ritrovarci in locanda per vedere cosa abbiamo scoperto. Se non dovessimo trovare nulla, beh... vedremo cosa fare››
Cora ci pensò su un attimo. Tecnicamente era quella la cosa migliore da fare.
‹‹Forse dovremmo dormirci su, prima››, mormorò timidamente Celebrian ‹‹sarebbe meglio fare questo lavoro con la mente più fresca. Siamo tutti stanchi dal viaggio.››
‹‹Si, Celebrian ha ragione.›› Aggiunse Lavelnir ‹‹una bella dormita mi pare l'ideale. Ci penseremo domani mattina. E poi come prima cosa, sarebbe meglio andare dal maestro dei bambini, quindi dobbiamo ci tocca aspet–››
‹‹Scusatemi se vi ho fatto aspettare così tanto!›› lo interruppe il borgomastro entrando nella stanza ‹‹non trovavo una penna che non funzionasse!››
Lavelnir si fermò e si girò di scatto. Il borgomastro camminò verso di lui con un passo un po' traballante, porgendogli una busta sigillata con un timbro ‹‹questa è la lettera di raccomandazione, consegnatela pure una volta arrivati in locanda.››
Lavelnir la prese, e prima ancora che potesse ringraziarlo, Cora si piazzò di fronte a lui, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
‹‹ Grazie, signor porcomastro! ›› esclamo convinta.
Cadde il silenzio per un tempo che a Lavelnir sembrò infinito. L'uomo davanti a lui, però, accennò un sorriso intenerito.
Lavelnir inspirò profondamente, trattenendo la voglia di tirare una sberla fortissima all'halfling. Raramente provava quel tipo di impulsi. Chi lo sa, forse l'unica cosa che lo stava trattenendo era il fatto che Cora sembrava una bambina, ma la sua pazienza si stava esaurendo rapidamente.
E forse quello era lo stesso motivo per cui Cora riuscisse ad evitare insulti anche da parte delle persone di cui sbagliava i nomi... proprio come il "porcomastro" e "galbanino".


Una volta usciti dalla casa del borgomastro si recarono subito in locanda. Consegnata la lettera, vennero assegnate loro quattro camere doppie.
Lavelnir e Crimson si trovarono subito d'accordo sul dividere la stanza insieme.
Aritth e Celebrian usarono la scusa di "difendersi" da Fenrir, dato che non faceva altro che importunarle. Aritth, a dire il vero, avrebbe voluto portarsi anche Cora in stanza.
Era piccola, quindi non avrebbe preso di certo troppo spazio. Avrebbero anche potuto dormire assieme.
In caso contrario, sarebbe dovuta andare a dormire con uno dei ragazzi, e c'era il rischio che finisse proprio con il mezz'elfo biondo.
Nonostante fossero ormai compagni di bevute, i suoi modi da barbaro la preoccupavano, e non si fidava a lasciare l'halfling da sola con lui.
Tuttavia, il locandiere non lo permise: era pur sempre una persona in più in una camera per due.
Avrebbe avuto senso, a quel punto, che Fenrir dormisse col suo "compagno mezz'orco" Dantetor.
‹‹Cora, tu vai con Kiplin›› propose Aritth, ma la sua voce venne sovrastata da quella di Fenrir, che ormai aveva proposto all'halfling di dormire assieme. E lei aveva già accettato.
La mezz'elfa si portò una mano alla fronte, pronta all'idea di dover portare in giro la nuova amica in sedia a rotelle.
‹‹Che hai detto Aritth?›› chiese Cora.
Aritth si avvicinò a lei, guardando Fenrir con la coda dell'occhio, con un maldestro tentativo di passare inosservata.
‹‹Sarebbe meglio che andassi in stanza con Kiplin›› le sussurrò all'orecchio.
‹‹Eh? No, mi sta bene dormire con Fenrir›› e fece l'occhiolino in direzione del mezz'elfo, che ricambiò.
Celebrian rimase scioccata. Non potevano avere intenzione di fare sesso senza nemmeno avere una relazione.
‹‹Che avete in mente?›› brontolò lei in tono contrariato.
‹‹Niente di che, ma saremo piuttosto impegnati›› rispose Fenrir, spostando bruscamente Aritth per affiancarsi all'halfling, che si poggiò alla sua gamba e lo guardò in viso.
Celebrian, allora, incrociò le braccia, assumendo un'espressione più seccata di prima.
Il sesso prima del matrimonio non andava per niente bene.
Avrebbe voluto sgridare sonoramente entrambi.
Cora, notando la reazione dell'Elfa, si affrettò ad aggiustare il tiro ‹‹e saremo impegnati finché avremo l'alcol in stanza! E ne abbiamo parecchio, ho letto che sta nel set di benvenuto. È da prima che ne parliamo, io e lui. Vogliamo dare una piccola festa in camera nostra, vi unite?››
Aritth tirò un piccolo sospiro di sollievo.
Una festa? E perché no, in fondo. Si sarebbero svagati prima di andare alla ricerca dei bambini. Non avrebbe mica intralciato la loro ricerca, no?
Lavelnir, sentendo quei discorsi, ebbe una pessima sensazione.
Era assolutamente certo del fatto che Cora avesse qualcosa in mente, e che molto probabilmente c'entrasse la sua tendenza a rubare. Che avesse convinto anche Fenrir? Si ripromise che li avrebbe tenuti d'occhio durante la notte.
Dopo che fu fatta la spartizione delle camere, Fenrir e Cora si ritirarono nella loro, già pregustando il sapore del vino che avrebbero bevuto. Aritth si apprestò a seguirli, ma venne fermata da Celebrian, che le poggiò una mano sulla spalla.
‹‹Se ti ubriachi, dormi fuori›› disse con un tono fermo e deciso. La mezz'elfa poggiò una mano sopra la sua. Si impegnò con tutta sé stessa per tirare fuori l'espressione da cucciolo bastonato migliore della sua vita, ma non riuscì a smuovere la decisione dell'Elfa. Celebrian non ci teneva a ripetere la nottata passata a Virtus, dove aveva dovuto sorbirla cantare stonatissima "Il ragazzo della via Gluck" e a reggerle la fronte mentre vomitava.
‹‹Dai... vieni anche tu! Fatti uno shottino con noi!››
‹‹No››, rispose fredda, ‹‹il massimo che berrò sarà una tisana per conciliarmi il riposo.››
Celebrian spostò la mano della ragazza e si avviò verso la cucina, ignorando le suppliche di Aritth.
Non voleva avere nulla a che fare con la loro festa, e tanto meno voleva essere costretta a doversi prendere cura di persone che non sapevano controllarsi. Li trovava piuttosto irresponsabili.
Kiplin e Dantetor andarono direttamente a riposare, troppo stanchi per provare anche solo a pensare di entrare in quella camera.
Anche Crimson non aveva alcuna intenzione di partecipare ai festeggiamenti. L'idea di dover stare dietro a Cora e magari vederla flirtare con Fenrir o qualcun altro gli provocava il nervoso. Molto meglio restare in camera a rilassarsi.
Lavelnir aveva un appuntamento in sospeso con il suo libro. Voleva un posto appartato dove poter leggere. Nonostante la locanda non fosse nulla di speciale, le camere avevano un bagno interno.
Quale posto migliore? Il ragazzo si chiuse dentro, intanto che Crimson cominciava a mettersi in mezza armatura.
Si sedette sul water ed inspirò profondamente. Con la mano che tremava impercettibilmente, cominciò a sfogliare le pagine. Lesse, lesse e lesse, fino a quando...
Con le lacrime agli occhi chiuse il libro e lo fece cadere a terra. Crimson sentì un botto provenire dalla stanzetta.
‹‹ Tutto a posto? ›› chiese, bussando. Lavelnir uscì dopo qualche secondo.
Era pallido, con gli occhi gonfi e visibilmente scosso. Si lasciò cadere sul letto e si prese la testa fra le mani.
‹‹ Che succede? ›› chiese nuovamente Crimson.
Lavelnir aveva la testa affollata di pensieri. Pensieri che generavano altri pensieri ed entravano in contrasto fra loro. La sua regola numero uno era quella di non fidarsi di nessuno.
Ma, in quel momento, non ce la faceva più. Aveva bisogno di liberarsi di un macigno.

Non passò troppo tempo prima che in camera di Cora fossero tutti ubriachi marci. Si era creato un casino immane, con un via vai di bottiglie prese anche da altre stanze e dalla cucina. Cora aveva anche tirato fuori delle pastine dalla borsa, di provenienza alquanto dubbia. Fenrir, un po' per l'alcol e un po' perché si erano trovati l'un l'altro, cominciò a flirtare con Cora, la quale sembrava ricambiare le sue attenzioni.
Entrambi si erano quasi dimenticati dell'esistenza di Aritth, che non faceva altro che cantare stonatissima un repertorio di canzoni che conosceva solo lei.
Quando la vescica fu troppo piena, la mezz'elfa optò per abbandonare la stanza, dimenticandosi completamente del bagno in camera. A dire il vero, lo fece anche perché si rese conto di essere un po' di troppo e non voleva assistere ad accoppiamenti. Dopo dieci minuti, Cora si accorse della sua mancanza.
‹‹Dov'è Aritth?››
Fenrir non seppe dare una risposta. Nella sua testa la mezz'elfa non era più con loro da ore.
Si limitò a fare spallucce. Cora non si interessò troppo, anzi, quella era un'ottima occasione per movimentare la serata, facendo qualcosa di ancora migliore che starsene in camera da soli e ubriachi.
Senza pensarci troppo si alzò e si avvicinò al comodino, posto accanto alla finestra, e lo spostò sotto di essa.
Ci salì e cercò di mettersi ad aprirla in punta di piedi. Forse fu per colpa dell'alcol, ma non riuscì ad aprirla minimamente.
‹‹Dannazione!›› sbuffò, continuando con i suoi tentativi. Per qualche ragione era bloccata. Che qualcuno avesse già provato a uscire di lì per fare casino?
Fenrir la raggiunse, corrugando la fronte alla vista dell'enorme sforzo dell'halfling. Era davvero così dura? Eppure, era una semplice finestra.
‹‹Che vuoi fare?››
‹‹Uscire da qui senza che quel guastafeste di Patrizia mi scopra. Ci sono un sacco di case qui! Sono sicura di poter trovare qualcosa di interessante da prendere in prestito in modo permanente›› Cora si voltò a guardarlo. Accennò un sorriso, mordendosi il labbro in modo provocatorio ‹‹Fenrir, se mi apri la finestra, te la do.››
Lui non ci pensò più di tanto e si avvicinò di più, poggiando le mani sopra quelle di Cora ‹‹te la apro solo se posso venire con te.››
‹‹Certo che puoi venire!›› rispose lei, spostando le mani per permettergli di aprire la finestra ‹‹in due riusciremo a prendere più cose!›› detto questo, intimidita dall'avere il volto del ragazzo così vicino, si girò immediatamente verso il vetro.
Rimase anche piuttosto sorpresa del fatto che non le avesse chiesto favori sessuali. Era la prima volta che qualcuno preferiva assecondarla a quel modo piuttosto che andarci a letto. Non che si sentisse in qualche modo insultata, ovviamente.
Conoscendo i modi di fare di Fenrir, poi, quella era una mossa totalmente inaspettata.
‹‹Va bene, allora. Scendi dal comodino››, disse, e si fece un po' in là per permetterle si scendere.
Non ci mise troppo tempo ad aprire la finestra, ma dovette comunque metterci abbastanza forza perché, in effetti, era davvero bloccata.
Una volta aperta, i due sgattaiolarono fuori, lasciando le ante spalancate nella fretta di scappare.
Nel frattempo, nel corridoio, Aritth si svuotò la vescica in un vaso di fiori. Mentre si stava dirigendo verso la camera da letto, sentì dei mormorii provenire dalla camera di Lavelnir e Crimson.
‹‹No!›› si disse ‹‹non si fa. Non si deve origliare. È maleducazione, Aritth.››
Cinque secondi dopo era con l'orecchio appoggiato alla porta. Col suo udito fine, riusciva a sentire tutto.
‹‹Tutto bene?›› sentì dire a Crimson.
Si sentiva in colpa? Un po'.
Lo avrebbe rifatto? Assolutamente sì.
Pensò che sarebbe stato divertente avvertire anche Cora e Fenrir. Corse nella loro stanza, ma rimase molto delusa nel trovarla vuota.
Richiuse la porta e tornò indietro a origliare. E appena in tempo, perché la discussione sembrava essersi fatta molto interessante.
‹‹Che diamine vuol dire che hai duecento anni?!›› esclamò Crimson, incredulo.
‹‹Già...›› gli rispose Lavelnir, con un flebile tono di voce.
‹‹Ma quindi... vuol dire che tu hai visto... il miasma?››
‹‹Esatto. Non ricordo bene tutto, ma il giorno in cui arrivò fu terribile. E gli anni dopo, ancora peggio.››
‹‹Ah, cazzo... non so cosa dire... dev'essere stata una merda...››
‹‹Già. Scusa per lo sfogo, è solo che... non ce la facevo più. Dovevo dirlo a qualcuno.››
‹‹Non ti preoccupare, nessun problema.››
Lavelnir si schiarì la voce ‹‹ e tu invece? qualche casino per le mani, oltre a questo?››
‹‹Beh... A dire il vero ho qualche problema che riguarda dei reali.››
‹‹Ah... beh... sai dirmi qual è il loro simbolo? magari posso darti una mano.››
‹‹Chissà, tentar non nuoce.››
Aritth spalancò le labbra dalla sorpresa per tutto ciò che aveva appena sentito, così corse il più silenziosamente possibile in camera di Fenrir e Cora, già pronta però a trovarli in pieno accoppiamento.
Aprì la porta con fin troppa foga, rischiando di cadere in avanti come un'idiota
‹‹Ragaz –›› ma ciò che trovò, fu la finestra spalancata e la stanza vuot ‹‹Oh...››.
Delusa, richiuse la porta per tornare indietro. Ri-appoggiò l'orecchio contro la porta della camera di Lavelnir e Crimson per continuare ad ascoltare, ma giusto in tempo per sentire rumori di passi che si avvicinavano verso la porta alla quale era poggiata.
‹‹Io intanto vado un secondo a controllare Cora, aveva dei comportamenti abbastanza sospetti oggi.›› sentì dire da Lavelnir.
La mezz'elfa si appiattì di scatto contro la parete. Quando il ragazzo aprì la porta, non si accorse di nulla. La richiuse dandole le spalle, e si diresse verso camera di Cora. Bussò un paio di volte, e dopo non aver ricevuto nessuna risposta, aprì la porta e fece l'amara scoperta. Tornò indietro di corsa, e vide davanti a sé Aritth che accarezzava la superficie della porta, come se fosse del tutto normale.
‹‹Che stai facendo, scusa?›› chiese, squadrandola dalla testa ai piedi.
‹‹Nulla›› rispose lei, con assoluta nonchalance. Rimase ad accarezzare il legno ancora per qualche istante, prima di venir spinta via da Crimson, che uscì proprio in quel momento.
‹‹Come mai stavi dietro la porta?›› Lavelnir aveva un sospetto, ma sperava in una risposta diversa.
‹‹Mi prostituisco.›› rispose Aritth.
Il ragazzo si aspettava decisamente tutto meno che quello. Ci rimase talmente di sasso che non trovò nessun'altra argomentazione.
‹‹Crimson, sei ancora in armatura? Ma non te la levi mai?›› disse Aritth, cambiando argomento.
‹‹Fatti gli affari tuoi, mezz'elfo di merda›› sbuffò lui.
In effetti, però, era una domanda che anche Lavelnir si era posto diverse volte. Nessuno lo aveva mai visto in abiti civili.
‹‹Quindi?›› riprese Crimson rivolgendosi all'altro umano ‹‹quei due?›› sperò in qualsiasi risposta eccetto
"Stanno scopando" e "sono scappati".
‹‹Temo di avere pessime notizie. Aritth, tu non eri in camera con Fenrir e Cora? che fine hanno fatto?››
‹‹Ah, sì. Sono scappati dalla finestra poco fa, a quanto pare.››
Lavelnir spalancò gli occhi ‹‹Abbiamo un grosso problema.››

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