Capitolo 23


L'addestramento procedeva egregiamente e gli uomini sembravano imparare in fretta. Antonio perfezionò le loro guardie, modificò alcuni movimenti e ne insegnò di nuovi. Tutti si muovevano all'unisono, in perfetta sincronia, ogniqualvolta il capitano scandiva ad alta voce una tecnica da portare con il massimo dell'impegno.

Caterina e Francesco, invece, in disparte, si allenavano per conto proprio. La ragazza sapeva il fatto suo, con la spada, e il giovinetto pendeva letteralmente dalle sue labbra, cercando di imparare il più possibile.

- Quando porti un affondo - gli stava spiegando Caterina - non serve che avanzi in quel modo! È vero, è necessario spingere con tutto il corpo, non solo con il braccio che regge l'arma, ma allo stesso tempo devi cercare di non rompere la linea d'equilibrio e di non scoprirti inutilmente. Colpisci e torna in guardia! Chiaro? Così! Perfetto! E ricorda: l'affondo è il colpo d'attacco più sicuro, dato che non impegna troppe energie. Gli antichi romani dicevano: con la punta si uccide più in fretta. -

- D'accordo, Caterina. - disse il ragazzo, continuando a fare pratica.

- Ascolta, Francesco, dovrei con urgenza inviare un messaggio ad un amico. Potrei utilizzare la voliera, se ne avete una? -

- Certo, vieni con me, ti faccio strada! -

. . .

- Signori miei - disse il principe Filippo, entrando nuovamente nella sala delle udienze dove, seduti vicino ad una finestra, Tristano ed Ivano attendevano - tutto sarà pronto a breve! Ma adesso venite con me, prima della partenza gradirei pranzare con voi e, allo stesso tempo, presentarvi il capitano della guardia, l'uomo che vi aiuterà nella vostra impresa. -

Seguirono il principe fuori dalla sala delle udienze e, entrando in una torre attigua al camminamento di ronda, raggiunsero una piccola saletta, in cui c'era un tavolo apparecchiato per quattro ed un semplice camino spento, ai muri erano appesi arazzi con semplici scene di guerra.

- Questa è la sala del capitano Rolando, il quale a breve si unirà a noi. - disse Filippo, prendendo posto alla tavola. Tristano e Ivano lo imitarono. Subito dopo si presentò un uomo abbastanza alto, con una bionda barbetta a punta, capelli lunghi ed occhi color dell'ambra.

- Mi scuso, messeri, se vi ho fatto attendere oltremodo. - disse l'uomo, inchinandosi lievemente.

- Non scusarti, Romualdo. Ci eravamo appena seduti. - disse Filippo - Rolando è il capitano della mia guardia personale, vi accompagnerà nell'impresa. Ovviamente, l'ho già informato sui fatti. Potete fidarvi ciecamente di lui e della sua spada: gli affiderei la mia stessa vita! - sorrise, mentre Tristano ed Ivano fecero le loro presentazioni. Dopodiché, il pranzo fu servito.

. . .


Tutto procede secondo i piani. Spero che Angelica stia bene. 

Caterina.


Angelica aveva appena letto ad alta voce il messaggio recuperato dalla zampa del volatile che continuava a saltellare sul davanzale.

- Aspetta un momento. E questo che significa? - esclamò la ragazza in direzione di Rodrigo, mostrandole il piccolo foglio di pergamena che aveva appena srotolato.

- Siediti, Angelica. Presto, tutto ti sarà chiaro. Lascia che ti spieghi. - disse l'uomo, picchiettando la mano sulla sedia ed invitando la nipote a prendere nuovamente posto.

. . .

Dopo essersi rifocillati a dovere, Tristano ed Ivano convennero che, nonostante l'ottima compagnia, non c'era motivo di perdere ulteriormente tempo. Dunque, si congedarono dal principe Filippo, il quale, da parte sua, aveva numerosi ed incombenti impegni da risolvere. Ivano lo abbracciò calorosamente e gli promise che si sarebbero rivisti presto; Tristano rinnovò invece, con immensa gratitudine, il prezioso aiuto donatogli. Poi, mentre Filippo si recava nelle proprie stanze, Tristano, Ivano e Rolando raggiunsero la piazza d'armi, dove attendevano i cento cavalieri promessi.

Erano straordinari, a vedersi, con le loro lucenti corazze e i destrieri candidi ed immacolati. Quando videro il loro capitano, si fermarono. Ognuno di loro reggeva le briglie della propria cavalcatura con la mano destra mentre, sull'attenti, attendevano ordini.

- Soldati!- esclamò Rolando - Questi sono gli uomini che serviremo nei prossimi giorni! Abbiamo un compito molto importante da affrontare: riportare la pace nel Principato e restaurare l'equilibrio del regno nel nome del casato d'Angiò e nel nome di nostro signore Gesù Cristo, sconfiggendo un nemico comune, un usurpatore e traditore, alleato infido dei pirati saraceni che da anni infestano le nostre coste. Sarete, con me, nell'impresa? Mi seguirete fino alla morte? -

Ci fu una piccola pausa a cui seguì una ovazione e un gran fracasso, poiché i cavalieri cominciarono a battere i loro guanti d'acciaio sulle corazze o sugli scudi.

- Bene! La vostra fedeltà sarà premiata. Adesso, in sella, miei prodi! Il principe Tristano e il suo consigliere ci scorteranno nel feudo di Pulsano, nel piccolo castello a guardia di Rocca Vecchia. Poi, giunti a destinazione, ci uniremo ai suoi uomini! -

Tutti montarono in sella, compreso Tristano, Ivano e Rolando, a cui gli scudieri, nel frattempo, avevano consegnato le personali cavalcature. In seguito, dopo un'ultima e rapida rassegna da parte del capitano della guardia, la compagnia lasciò al piccolo trotto la fortezza, superando le mura del castello. 

Diretti a sud-est, cavalcarono verso il castello di Rocca Vecchia.

. . .

Appena Angelica prese nuovamente posto accanto a suo zio, quest'ultimo prese a spiegarle ogni cosa.

- Una volta giunti sin qui per le tue nozze, cara nipote, informai subito Ivano, quell'uomo saggio che già tante volte avevo veduto nel castello. Ed egli mi concesse, in gran segreto, un colloquio, in cui riferii ogni cosa riguardo Agata e i suoi piani. Ivano mi riferì pure del tuo strano incubo che io seppi, in parte, interpretare poiché conoscevo le trame oscure di quella donna! Di comune accordo, decidemmo di aiutarci a vicenda con scambi incessanti di notizie. Lo informai, in seguito, di ogni cosa, dei miei spostamenti in Terra d'Otranto e anche dell'imminente arrivo delle truppe di Uberto, ma, ahimé, ero all'oscuro dell'alleanza fra Uberto e Sharif e dell'invio di navi saracene sulla costa. Ovviamente, anche vostro padre fu informato di tutto e, a dire il vero, passammo lunghe giornate insieme, dopo il mio arrivo in questa fortezza. Momenti che resteranno indelebili nel mio cuore. -

- Ora capisco, zio. In qualche modo avete cercato di proteggermi, e la cosa che più mi solleva e che anche mio padre era al corrente di questo. -

- Si, ho dovuto fingere di avere un cuore di pietra e fu straziante, per me, vedere ogni cosa e non poter fare nulla. Ma adesso le cose sono cambiate. Mio fratello, da parte sua, sapendo che il suo tempo era ormai giunto a termine e sapendo di lasciarti in buone mani, si è voluto sacrificare morendo da eroe. E lui, per me, lo è sempre stato. Un eroe, intendo. - Sorrise, e brevemente la memoria cavalcò lungo i confini del tempo, in luoghi e situazioni di gran lunga più felici e spensierati.

- Già. Manca molto ad entrambi, zio. E dobbiamo continuare a vivere per lui, sapendo che rimarrà sempre al nostro fianco, nonostante tutto. -

- Giusto, Angelica. In più, vorrei informarti di un'altra cosa: Tristano è vivo e sta bene, e insieme agli altri tuoi fedeli amici sta preparando un piano per salvare voi, il feudo e tutti i suoi sudditi. -

Udendo ciò, la fanciulla si sentì al settimo cielo. Suo marito era vivo!

- Allora, mio caro zio, vorrei scrivere io il prossimo messaggio da inviare a Caterina. - esclamò sorridendo.

- D'accordo, nipote cara, fa' pure! Dopo aver scritto il messaggio, però, converrà mangiare il nostro pranzo, per non destare possibili sospetti. -

Così disse Rodrigo mentre consegnava ad Angelica un foglio di pergamena intonso, la boccetta di inchiostro ed una penna. 

Con grafia minuta, la baronessa cominciò a scrivere in fretta, mentre il piccione le camminava fra i piedi tubando allegramente.

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