Uno: giro alle due di notte con un peluche in mano
Mi sono sempre chiesta perché la mia vita fosse così assurda ed impensabile ed ero giunta finalmente ad una conclusione solo alla veneranda età di sedici anni, quando mi ritrovai a girare per le vie di Milano con un peluche di Stitch in mano, vestita con una felpa blu XXL di Oxford, i pantaloni del pigiama (rigorosamente imbarazzanti grazie alla stampa con le emoji della carta igenica) ed un paio di pantofole morbide come una nuvola. Diciamo che quest'ultime erano l'unico lato positivo della situazione, perché mi sembrava di camminare su un tappeto di cotone.
E forse anche la felpa, adoravo quella felpa.
In ogni modo la mia intelligentissima conclusione fu che la mia vita era strana perché io, Melania Caterina Colombo, lo ero. Perché ero io in quella situazione ridicola e degna di un film comico.
Per comprendere a pieno come io mi sia cacciata in quella situazione, però, serve un flashback ad un po' meno di una settimana fa, quando mi venne la geniale idea di ascoltare mia madre.
-Mela!- Mi aveva chiamato dalla cucina.
La raggiunsi di corsa, perché di solito mi chiamava solo per rimproverarmi di qualche disastro e non raggiungerla sarebbe stato l'equivalente del firmarsi la condanna a morte.
-Mamma ti prego cambia soprannome, questo è ridicolo- mi lamentai.
-Ma allora ti si addice perfettamente, no? In ogni modo, non sono qui per parlare del tuo perfetto soprannome, che hai dall'età di due anni, ma del figlio della mia collega.
L'aveva detto con un'espressione talmente seria da farmi quasi strozzare con la mia stessa saliva. La mia immaginazione iniziò a vagare ovunque, come sempre, e nel giro di due secondi mi ero già figurata un'immagine di me in abito bianco costretta ad un matrimonio combinato.
Mi picchiai la fronte: ero una milanese del 2017 e mia madre era una femminista convinta, non mi sarebbe mai successa una cosa simile.
Mia madre roteò gli occhi, intuendo che sicuramente avevo frainteso le sue parole e che nella mia testa stavano già facendo il loro ingresso diversi scenari assurdi.
-Hai intenzione di picchiarti da sola ancora un po' oppure posso spiegare?- chiese, spazientita.
-Uhm no, credo che basti così. Spiega pure.
-Grazie per la gentile concessione, Mela. Allora, stavo dicendo...ah sì. La mia collega, sai quella un po' bassa, con i capelli ricci e rossi, una strana ossessione per i panda e un modo di vestire ricco di arcobaleni...
-Mamma è inutile che tu me la descriva, non so chi sia e non posso saperlo dato che non ho mai visto il tuo ufficio- osservai.
-Giusto. Comunque suo figlio ha più o meno la tua età e la madre mi ha detto che sta iniziando a lavorare part-time un po' qua e là. Quindi mi sono ricordata delle tue continue lamentele sul fatto che non ti diamo mai la paghetta ed ho pensato: perché non ti trovi un lavoro?
Osservai per qualche secondo mia madre, cercando di cogliere un sorrisetto o l'ombra di una risata sul suo volto, ma era serissima.
-E sentiamo, hai qualche idea su che tipo di lavoro potrebbe fare una sedicenne italiana senza un abbonamento per i mezzi a Milano?
Quello era un tasto dolente per me: avevo sempre desiderato un abbonamento per spostarmi liberamente per la mia città e pensavo che con l'arrivo delle superiori l'avrei ottenuto, anche perché avevo intenzione di scegliere l'unica scuola non raggiungibile in poco tempo a piedi da casa mia: il liceo classico. Ma ebbi sfortuna: proprio un anno prima che iniziassi il liceo, ne aprirono uno nuovo a cinque minuti da casa ed ovviamente dovetti scegliere quello. Per questo motivo ero l'unica sedicenne milanese di ceto medio senza abbonamento per i mezzi.
Purtroppo mia madre doveva essersi preparata a questa domanda, perché mi rivolse un sorriso a trentadue denti e la sua risposta fu immediata:
-Baby sitter! Ti piacciono i bambini e poi ti basterà appendere qualche annuncio con la tua mail nei paraggi, qualche famiglia disperata ti contatterà sicuramente. Dopotutto è una città molto popolata e già solo nel nostro quartiere ci sono tantissime persone.
-Ma non ho esperienze con i bambini!- ribattei.
-E tu come pensi che si faccia esperienza?
La guardai disperata per poi girare i tacchi (che è davvero un modo di dire dato che ai piedi avevo delle bassissime All Stars giallo canarino) e rifugiarmi nella mia camera al sicuro dalle sue strane idee su un'esperienza lavorativa.
Ma mentre ascoltavo in riproduzione casuale la mia playlist colma di canzoni depresse e musica anni 60 e 70 riflettei seriamente sulla proposta di mia madre.
"Dopotutto, cos'ho da perdere?"
Quel pensiero diede origine a diverse risposte, ma le ignorai tutte. Chiamatemi lunatica o incoerente, come volete voi, ma al termine di quella sessione di musica e pensieri avevo completamente cambiato idea. Nel giro di quindici minuti, ero diretta verso "Fotocopieuforia" con in mano una chiavetta resa meravigliosa (secondo la mia assolutamente oggettiva opinione) da almeno quattro pom pom in colori pastello, che in origine dovevano essere dei portachiavi.
Fotocopieuforia era la mia copisteria preferita da quando avevo l'età di quattro anni, perché la giovane che la gestiva mi regalava sempre lecca lecca (e aveva continuato a farlo nonostante avessi abbandonato l'infanzia già da un po').
Purtroppo non aveva molti clienti perché quasi tutti preferivano stampare i loro documenti a casa, ma aveva dei bei principi dato che utilizzava solo carta riciclata per le fotocopie e faceva aggiustare le proprie stampanti invece che comprarne sempre di nuove.
-Melania! Dopo tutto questo tempo?- mi salutò la proprietaria, Tina, non appena feci il mio ingresso.
Era una ventiseienne magra dalla pelle ricoperta di tatuaggi dai mille significati ed i capelli mossi lunghi fino alle ginocchia. Aveva la mia stessa passione per i vestiti comodi e preferibilmente larghi e quel giorno indossava un maglione arancione ed un paio di pantaloni grigi da tuta. In più era in infradito ed al collo portava fieramente la collana dei Doni della Morte.
-Sempre.- risposi io, con un sorriso triste. Era il primo di settembre e la lettera per Hogwarts non era ancora arrivata. Qualunque potterhead in giro per il mondo può capire la mia malinconia.
Infatti Tina ricambiò con il mio stesso sorriso.
-Prima o poi arriverà. Allora! Vedo che hai la chiavetta. Cosa ti stampo?
Le porsi la chiavetta mentre rispondevo:
-Volantini. Sarò una babysitter a quanto pare...sempre che qualcuno mi contatti.
Lei mi guardo sorpresa.
-Come mai questa decisione? Non mi eri mai sembrata molto entusiasta all'idea di fare un lavoro part-time prima della fine degli studi.
-Le cose cambiano!- esclamai mentre Tina collegava la chiavetta al computer, che a sua volta era collegato alla stampante. Aprì il file sul computer lesse ad alta voce.
-"Mi chiamo Melania Colombo ed offro un lavoro di babysitter. Adoro i bambini e sarò felice di occuparmi dei vostri! Per maggiori informazioni e per accordarci su orari e prezzi, contattate la mail [email protected]." Sei sicura di questo volantino? Sembra che tu voglia promuovere un'aspirapolvere.
-So quello che faccio- mentii spudoratamente- allora, stampiamo?
-D'accordo. Quante copie?
-Mmm fammene una quindicina. Non penso che me ne serviranno di più...spero.
Quel pomeriggio chiamai Patroclo, il mio migliore amico. Ci conoscevamo da sempre e lui era praticamente un fratello per me. Mia madre lo adorava, così come la sua famiglia adorava me ed io adoravo loro, nonostante fossero un po' strani ed avessero un'ossessione non da poco per tutto ciò che riguardasse l'Antica Grecia, dai reali fatti storici all'Iliade e l'Odissea, oltre che ai miti in generale.
Patroclo aveva una sorella più piccola di nome Cassandra ed era adorabile e molto intelligente. A differenza della povera originale Cassandra dell'Illiade, quando lei parlava tutti l'ascoltavano perché, nonostante avesse soltanto nove anni, aveva delle idee veramente geniali.
In ogni modo, chiamai Patroclo e con la mia migliore voce angelica gli chiesi:
-Pat, hai qualcosa da fare domani mattina?
Lo sentii sbuffare al telefono
-Quando hai questo tono non significa nulla di buono. Cos'hai in mente Mel?
-Dobbiamo attaccare dei volantino in punti strategici della nostra zona. Ma mi serve il tuo aiuto perché sai che sono un disastro quando si parla di orientarsi.
Ci furono alcuni istanti di silenzio.
-Quanti volantini?
-Quindici. Non uno di più, non uno di meno.
-Pensavo peggio. D'accordo, ci vediamo da te alle quattro. A domani.
-Grazie Pat, ti voglio bene.
-Anche io Mel, nonostante tu stia chiaramente approfittando delle mie buone capacità strategiche.
Il giorno dopo passammo due ore a girare per le strade di Milano e quando terminammo eravamo stanchi ed affamati. Ci eravamo un po' allontanati dalla nostra zona, anche se non troppo, anche perché non avevo intenzione di farmi dieci chilometri a piedi andata e ritorno per fare la baby sitter.
-Ci prendiamo un gelato?- mi propose Patroclo, pur conoscendo già la risposta.
-Ovviamente.
Andammo nella gelateria che frequentavamo da quando avevamo avuto l'autorizzazione per andare in giro da soli. Il gelataio, Renato, un uomo di mezza età calvo ma con una barba ben colta lunga fino alla metà del suo petto, aveva una personalità tanto particolare che, nonostante lo conoscessimo da anni, continuava a stupirci.
-Mel, Pat, ciao! Vi faccio il solito?- ci salutò con il sorriso stampato in volto. Bene, voleva dire che era una delle sue giornate buone.
-Così sembra che dobbiamo ordinare un cocktail- obbiettò Patroclo, mentre tuttavia annuiva in segno di risposta.
-Festeggiate qualcosa?- chiese Renato mentre preparava il mio cono.
-Il nuovo promettente lavoro di Mela- rispose il mio amico, trattenendo una risata.
Renato si interruppe un attimo e mi guardò stupito.
-Tu? Lavoro?
Sbuffai e mi sedetti sulla prima sedia che mi capitò sotto mano. Notai che la gelateria era praticamente vuota, fatta eccezione per noi ed una signora sulla quarantina che degustava il suo gelato ormai sciolto nella coppetta mentre leggeva, come iptonizzata, qualcosa sul suo cellulare*.
-Io, lavoro- confermai, mentre mi alzavo nuovamente per prendere il mio cono cioccolato e menta.
-Sarà una giovane badante!- spiegò Patroclo, passandosi una mano fra i folti capelli ricci color ebano, mentre fissava con adorazione e trepidante attesa Renato, che stava preparando il suo gelato.
-Baby sitter- lo corressi io, mentre fissavo il mio gelato come se fosse la cosa più bella che avessi mai visto sulla faccia della Terra.
-A me sembra lo stesso- osservò Renato, mentre porgeva il gelato a Patroclo che sembrava il ragazzo più felice sulla faccia della Terra. Il ragazzo fece per pagare ma il gelataio lo bloccò:
-No, consideratelo un mio regalo di buona fortuna. E, dopotutto, con tutti i gelati che prendete, in pratica lo mandate avanti voi questo posto.
Sorrisi, fiera della sua affermazione. Era bello che ce lo ricordasse, anche se lo sapevamo benissimo. Ed anche i portafogli dei nostri genitori ne erano a conoscenza.
-Com'è andata?- chiese mia madre non appena rientrai a casa, chiudendomi la porta alle spalle.
-Bene, Pat è veramente un genio e le zone dove abbiamo messo i volantini sono così frequentate che mi stupirei veramente se nessuno mi contattasse.
-Ma hai scritto che hai sedici anni sul volantino?- mi domandò mia madre alzando un sopracciglio.
Scossi la testa.
-Me ne sono completamente dimenticata. Ma lo chiarirò sicuramente nella mail di risposta non appena qualcuno mi contatterà, giusto per evitare fraintendimenti.
-Bene. Ora...cosa vuoi per cena?
Ci riflettei un attimo, per poi fare la mia migliore faccia da supplica e proporre, addolcendo la voce il più possibile:
-Pizza e tv?
Mia madre esitò per un attimo, dopotutto quel tipo di cena di solito era riservata solo al mio compleanno.
-D'accordo. Ma solo per festeggiare il fatto che forse avrai il tuo primo lavoro. Che non diventi un'abitudine.
-Nossignora. Il diavolo veste prada?- aggiunsi, giusto per sottolineare l'ovvio. Adoro sottolineare l'ovvio.
Lei sorrise, mi scompigliò i capelli e confermò:
-Il diavolo veste prada.
Spazio autrice
Hey! Spero che vi sia piaciuto il capitolo e grazie per essere arrivati fin qui, meritate un Oreo.
Questo è un genere ed un modo di scrivere un po' nuovo per me, ma mi andava veramente di sperimentare. È questo il bello di Wattpad no? Mettersi alla prova.
*Anche se non ha un impatto con la storia, sono curiosa di vedere le risposte: cosa immaginate stesse leggendo la donna sul cellulare?
Detto questo, tutti i vostri commenti, ipotesi, osservazioni e critiche sono ben accetti.
Ci si legge!
×Instagram: wattpad.riccia21_
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