Tre: sono meglio come cuoca che come architetto
Il mio primo giorno da babysitter mi insegnò due cose importanti che non mi sarei mai dimenticata:
-Mai saltare a conclusioni affrettate
-I bambini sono più lunatici di me
Quando ero rimasta sola con Laura, pronta ad iniziare il mio lavoro, avevo subito pensato che mi ero preoccupata troppo. La bambina mi aveva accolto con dolcezza e semplicità ed io, povera illusa, ero giunta alla conclusione che il lavoro sarebbe stato molto più facile del previsto.
Penso di non aver mai sbagliato così tanto in vita mia.
-Mi piace la tua felpa, mangiamo del gelato?- mi aveva detto. Mi era stata subito simpatica e dopo aver letto la lista, nella quale c'era anche l'autorizzazione a dare gelato e noci alla bambina, nel caso avesse chiesto una delle due cose. Era specificato, però, di non esagerare. E proprio da questa precisazione nacquero i problemi.
-Ecco Laura, mezzo bicchiere di gelato solo pet te!- esclamai entusiasta.
La bambina mi fissò per qualche istante, poi si scatenò il putiferio.
Scoppiò a piangere di colpo ed io, povera neo babysitter, entrai nel panico. Non proprio subito, ecco, ma furono sufficienti pochi istanti.
-Laura che succede? Perché piangi?
La bambina interruppe un attimo il suo pianto disperato, mi guardò con i suoi occhioni colmi di lacrime ed un po' arrossati e disse:
-Voglio il bicchiere pieno- per poi scoppiare nuovamente a piangere.
Strabuzzai un attimo gli occhi, pensando che stesse scherzando, poi mi ricordai che aveva solo tre anni, presi un profondo respiro e, con la voce più calma e dolce possibile (continuando così avrei finito per farmi venire il diabete), spiegai:
-Ma tua madre ha specificato che non puoi mangiare più di mezzo bicchiere di gelato.
Inutile, completamente inutile. La bambina continuò a piangere, ignorando completamente ciò che avevo detto.
Potevo percepire le campanelline del panico che si agitavano nella mia testa, con l'aggiunta di un'allarme d'emergenza con tanto di luci rosse.
Avevo appena iniziato ed era già finita: la bambina avrebbe detto alla madre quanto incompetente fossi, la donna mi avrebbe licenziato e avrebbe sparso in giro voci su quanto fossi terribile a lavorare. Avrebbe postato la sua opinione anche su Facebook e quando sarei diventata adulta, alla ricerca di un lavoro full-time, non l'avrei trovato propio per via di quei post e di quella reputazione. Mi sarei ritrovata presto sotto un ponte e a chiedere spiccioli ai passanti che mi avrebbero puntualmente ignorata. Non avevo nemmeno un'abilità da esibire, non avevo neanche imparato a suonare bene il flauto alle scuole medie. Era una catastrofe, la mia vita era finita. Perché me ne sorprendevo? Non riuscivo nemmeno a calmare una bambina di tre anni in preda ad un pianto isterico per del gelato.
D'accordo, forse stavo un po' esagerando. Dovevo ragionare, trovare una soluzione.
-Laura, c'è qualcosa che ti piace più del gelato?- chiesi ad un tratto, per poi annuire, soddisfatta dalla mia stessa idea. Soddisfazione che non sarebbe durata a lungo.
-I peluche di Stitch.- affermò prontamente.
Aveva l'aria innocente, ma ero sicura che sotto sotto se la rideva sotto i baffi che non aveva. I bambini a volte sanno essere veramente malefici.
-Hai idea di dove possa trovarne uno?- le chiesi il più gentilmente possibile.
-Sono solo una bambina. Come faccio a saperlo?- rispose lei.
Non aveva tutti i torti, ma questo era un gran problema. Dove avrei trovato un peluche di Stitch?
-Va bene. Te lo porterò il più presto possibile, andrò a cercarlo oggi stesso- dissi, per poi chiedermi mentalmente subito dopo se non avessi preso qualche botta da piccola. Ma come mi era venuto in mente? Non avevo idea di dove trovare un peluche del genere a Milano. Era già tanto se conoscevo il nome della mia via.
Lei sorrise, decidendo di interrompere definitivamente il suo pianto. Il resto del pomeriggio passò in modo tranquillo.
Laura propose una gara di Lego e lei stessa sarebbe stata il giudice di ciò che avremmo costruito.
Feci un bellissimo castello e lo riempii di omini vestiti da pirati e cuochi. Forse non avevano molto a che fare con l'ambiente in questione, ma l'idea era simpatica.
Lei costruì una torre di mattoncini di ogni colore che aveva a disposizione e sopra vi mise una barchetta.
Naturalmente vinse lei, a me disse che ci avevo provato ma che dovevo impegnarmi di più, facendomi però l'occhiolino. Quella bambina a momenti mi sembrava troppo sveglia per avere solo tre anni.
La sera le chiesi cosa volesse mangiare.
-Un enorme polpettone di caramelle, cioccolato e pizza- mi rispose ed era pronta ad aggiungere altri ingredienti, per cui mi affrettai a risponderle.
-Che ne dici di una cotoletta? Sono bravissima a cucinarla.
-Va bene. Ma un giorno dovrai fare il polpettone- accettò lei. Sospirai per il sollievo, avevo paura che scoppiasse niovamente in lacrime.
-Ci penserò- dissi.
-Ma allora non era una bugia!- esclamò Laura, con in bocca un boccone della cotoletta.
-Quale?
-Hai detto che sei bravissima a cucinare la cotoletta. È vero!- sembrava stupita e non sapevo se offendermi perché aveva pensato che avessi mentito o essere fiera della sua osservazione. Mi limitai a sorridere e a chiederle che frutta volesse.
-Mmm...pesche, arance, fragole, kiwi...- cominciò il suo elenco, che venne prontamente interrotto da me:
-Vada per le pesche allora, anche perché non mi pare di aver visto gli altri frutti che hai elencato in casa.
Lei sembrò inizialmente un po' contrariata, ma decise di accettare la mia contrattazione. Quasi sospirai dal sollievo. Ero veramente esausta e quella mattina non avevo fatto altro che cantare sotto la doccia e guardare un film drammatico, piangendo sia per il film che per il fatto che avessi finito un tubo di Pringles nei primi venti minuti del mio momento cinema ed a quel punto non avevo niente per consolarmi per la morte della protagonista.
Non osavo immaginare come sarebbe stato fare la babysitter durante il periodo scolastico. La cosa positiva era che con i soldi che mi davano per quel lavoro avrei potuto benissimo pagarmi eventuali ripetizioni. Rassicurante.
Dopo cena mancavano ormai pochi minuti alle otto, così mi limitai a sparecchiare la tavola e pulire un po' la cucina mentre Laura mi raccontava dei suoi pensieri riguardo all'imminente inizio dell'asilo.
-Secondo me saranno tutti cattivi. All'asilo nido erano tutti simpatici tranne due bambini che ridevano quando io ed i miei amici cadevamo. Loro non erano simpatici- mi spiegò.
-E pensi che all'asilo saranno tutti come loro?- le chiesi io, curiosa di conoscere il suo punto di vista.
-Sì. Perché saranno tutti più grandi- rispose lei semplicemente.
-Ma anche tu lo sarai- obiettai io, mentre lavavo il suo piatto con cura. Avevo il terrore di romperlo, se fosse successo sarebbe stata la fine. Mi obbligai a non creare mentalmente un altro dei miei soliti scenari apocalittici.
Laura sbuffo, si picchiò la manina sulla fronte ed affermò:
-Ma non tanto grande. La mia amica Catia va già all'asilo e ha detto che sono tutti alti. Io sono bassa.
-Non mi sembri così bassa. Catia ha un anno in più di te?- osservai, mentre mi sedevo sulla sedia accanto alla sua, fiera di aver pulito tutto perfettamente. La cucina sembrava rinata.
-Sì ed è più bassa. Ma anche io sono un po' bassa. Non sono alta come te- disse lei.
Scoppiai a ridere, le scompigliai i capelli e risposi:
-Ma Laura, io ho sedici anni! Alla mia età anche tu sarai più alta- le spiegai.
"Probabilmente anche più di me" riflettei. Alla sua età ero sicuramente più bassa, perciò magari lei lo avrebbe raggiunto il fatidico metro e settanta.
Lei sbuffò ed esattamente in quel momento fece il suo ingresso in casa sua madre. Sembrava distrutta e aveva il naso arrossato, sembrava avesse pianto.
-Allora Laura, come è andata? Ti piace Melania?- chiese alla figlia dopo averci salutato. Era incredibile come cercasse di apparire il più naturale possibile, benché fosse chiaro che aveva in mente tutt'altro. Forse cercava lei stessa di trovare qualcosa che la distraesse.
Lei mi squadrò per un attimo, poi mi rivolse un sorriso, annuì energicamente e rispose:
-Sì, sì e sì. È simpatica. E poi è una cuoca.
-Non esagerare, non cucino così bene!- esclamai io, seppur molto compiaciuta.
Giulia mi rivolse un debole sorriso.
-Bene, ne sono molto felice. Ora, immagino che tu sia stanca, ci vediamo giovedì- affermò, sempre con molta cortesia.
-Certo, arrivederci e buona settimana. E ciao anche a te, Laura!- dissi io.
Era passata a prendermi mia madre, mi buttai sul sedile del passeggero senza neanche salutare. Ero esausta.
-Sembra che tu abbia passato il pomeriggio a costruire una casa- osservò mia madre, divertita.
-Qualcosa del genere- risposi, ricordando della gara con i Lego.
Mia madre mi guardò per un istante, confusa, poi scosse la testa, decidendo di lasciar perdere. Non era la prima volta che non capiva una mia affermazione.
Arrivata a casa misi il pigiama e feci per buttarmi sul divano, quando mi ricordai della promessa fatta a Laura. Andrò a cercarlo oggi stesso. Avevo detto.
Mi sfilai la maglia del pigiama, per sostituirla con la prima felpa che mi capitò sotto tiro, che in quel caso era una felpa blu XXL di Oxford. Poi dissi a mia madre che andavo a mangiare con Patroclo: era abituata alle uscite improvvise con il mio migliore amico, quindi non ebbe nulla da ridire. Come poteva immaginare che alle quasi nove di sera di un lunedì stessi andando alla ricerca di un peluche di Sitch?
All'inizio pensai di chiedere a Patroclo di accompagnarmi, per poi ricordarmi che quella sera aveva promesso alla sua famiglia di essere presente a cena. Sì, la sua era una di quelle famiglie che fanno le cene di famiglia. E a volte anche le riunioni di emergenza (la massima emergenza fortunatamente fino a quel momento era stata una storta alla caviglia presa da Cassandra).
Per cui presi da sola la metropolitana, a farmi compagnia c'erano solo la mia musica ed i miei pensieri. Nessuna grande riflessione, non immaginatevi chissà che cosa, il viaggio durò al massimo dieci minuti e tutto ciò che la mia mente fu in grado di elaborare fu una serie di film mentali sulle possibili vite di un paio delle persone presenti sul mezzo.
C'era una donna sulla trentina d'anni, vestita con un completo da lavoro con tanto di camicia, giacca e cravatta e pantaloni che avevano l'aria di essere estremamente scomodi. Dal viso sembrava si fosse truccata rapidamente, magari in un bagno pubblico e sembrava abbastanza agitata. Batteva il piede sul pavimento e lanciava spesso occhiate al suo orologio da polso.
Immaginai che fosse una grande donna di carriera, con un appuntamento quella sera, sicuramente il primo. O forse il terzo, sì, poteva essere anche il terzo. Non usciva spesso per degli appuntamenti, perciò non sapeva bene comportarsi.
C'era anche un ragazzo sulla ventina d'anni, forse qualcosina in meno. Era seduto, aveva la testa poggiata contro il finestrino ed sembrava molto stanco. Ma di una stanchezza quasi innaturale, come se avesse ricevuto una notizia pesante, che non si aspettava. Forse non aveva superato un esame in cui credeva sarebbe andato bene...no, qualcosa di peggiore. Forse la sua ragazza era incinta?
Prima che potessi scegliere il film mentale più adatto, la metro arrivò alla mia fermata ed io scesi di corsa per paura che mi si chiudessero le porte in faccia. Prendevo quel mezzo da anni ma quest'ansia non era mai andata via.
Quando uscii dalla metro mi misi subito alla ricerca di un negozio adatto. Provai con diversi posti, molti li frequentavo anche io normalmente perché avevano tante cose belle da regalare alle persone care. Andavano da semplici portachiavi a piccoli freezer che raccontavano una barzelletta diversa ogni volta che venivano aperti.
Nulla, nessuno sembrava avere i peluche di Stitch. Era mezzanotte passata ed ero ancora in giro per le strade di Milano centro, che, essendo ancora estate, comunque erano molto popolate, soprattutto dai giovani, più di quanto non lo fossero durante l'anno.
Fu proprio in quel momento che accadde una cosa così cliché da farmi pensare di essere finita in una teen fiction: mi scontrai contro qualcuno.
-Ma tu sei la babysitter strana!- esclamò la voce del ragazzo contro cui mi ero scontrata. La riconobbi: era quella di Tommaso, il fratello di Laura.
-Di solito in queste situazioni si chiede scusa per essersi scontrati...- borbottai.
-Come mai in giro per il centro da sola?- mi chiese, ignorando completamente ciò che avevo detto.
Sbuffai.
-Ho promesso a tua sorella un peluche di Stitch. Tu, invece?- risposi, evitando di approfondire la spiegazione.
-E non ne hai ancora trovato uno?- domandò. Doveva essere un vizio quello di ignorare completamente alcuni parti dei discorsi.
Scossi la testa, quasi imbarazzata.
-Dai, ti dò una mano nella ricerca. Dopotutto, non ho nulla di meglio da fare- si offrì.
-Lo vedo- osservai.
Spazio autrice
Hey! Come va? Dato che ormai è quasi finito...come è stato il vostro Settembre?
Non aggiornavo da un po', lo so, ma con l'inizio della scuola ho decisamente meno tempo per scrivere, e con 100 parole per volta ci è voluto un po' per completare il capitolo.
Cosa ne pensate di Melania, ora che cominciate a conoscerla di più?
Vi siete fatti anche un'idea di Laura?
Sono veramente molto curiosa di conoscere le vostre impressione, amo i commenti, quindi non esitate a scriverne.
Ci si legge!💙
×Instagram: wattpad.riccia21_
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