6. Incontri e scontri
Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso.
-Che Guevara
***
-AIUTO...! -urlai con tutta la voce che non sapevo nemmeno di possedere.
Entrai in camera mia di scatto chiudendo la porta così forte che pensavo si sarebbe rotta. Tentai di girare la chiave per barricarmi dentro ma con mio orrore sentii spingere verso di me dall'altro lato. Continuai a gridare e facendo forza con tutto il corpo riuscii a chiudere la porta, sbattendola. La chiave cadde a terra rimbalzando qualche centimetro più in là da me. Rimasi incollata lì mentre mi chiedevo quanto potessi resistere ancora a tenere chiuso l'ingresso della mia stanza.
Pensai che chi si trovava dall'altro lato, non dovesse avere poi molta forza perché riuscivo in qualche modo a tenergli testa, solo che dopo qualche minuto di lotta, ero consapevole che non avrei resistito oltre. Le braccia mi cedevano. L'adrenalina che mettendosi in circolo mi aveva sostenuta fino a quel momento, veniva a mancarmi. Ero all'estremo e temevo ormai di essere spacciata. Sapevo che presto avrei ceduto. Le forze mi stavano abbandonando.
-Ti prego no...! -furono le mie ultime parole poi scivolai giù finendo sul pavimento, stremata e dolorante.
Il silenzio. Riuscivo a percepire solo dei passi che si allontanavano mentre tentavo di riprendere a respirare e il mio corpo seguiva il movimento veloce dei miei polmoni in iperventilazione. La porta restò chiusa.
Quella persona era andata via?
Con le ultime energie e mentre piangevo ininterrottamente tanto da non vedere più nulla, raccolsi la chiave e la infilai tremando nella serratura. Non feci in tempo a girarla che nuovamente sentii spingere verso di me. Mi opposi fermamente... continuai a fare resistenza. Sentii poi chiamare il mio nome... Chi c'era dall'altro lato mi conosceva ed io conoscevo lui!
-Karin, sono io! -esclamò quella voce, attraversando il muro di legno che ci divideva e smettendo di spingere.
Ne approfittai per far scattare la chiave e poi mi gettai di ginocchia a terra esausta.
-Karin...! Stai bene...?!
-Nathan...! -urlai senza riuscire a sollevarmi. La sua voce camuffata, proveniente dall'altro lato della porta sigillata che ci separava, era grave, a sottolineare la sua preoccupazione. Ebbi timore però. E se stesse recitando!? Se fosse lui quella persona che tentava di entrare? Che ci faceva a casa mia alle tre di notte?!
-Karin aprimi! ...Per favore...! -mi implorò agitato.
Non sapevo perché ma il fatto che Nathan fosse venuto da me, mi infuse sicurezza e mi parve estraneo a quello che era appena accaduto. In quel momento l'unica cosa che desideravo era andare da lui.
Aprii la porta della mia stanza e mi gettai con foga nelle sue braccia.
-C'era qualcuno! O mio Dio...! Voleva entrare nella mia stanza...!
-Sta' tranquilla... è andato via! -mi strinse tenendo la mano sulla mia nuca. -Mentre salivo ho visto qualcuno per la tromba delle scale. Era arrivato quasi al portone...
-Ma tu...
-Ti ho sentita urlare. -spostò la mia testa indietro per guardarmi in faccia. Con i suoi occhi cielo, fissò i miei. -Stai bene? Che ti ha fatto?!
-Niente. Non è riuscito ad entrare.
-Solo un grande spavento quindi...
-Solo... si fa per dire.
Nei giorni che seguirono le riunioni condominiali fecero andare in tilt tutti gli inquilini del palazzo Palme. Evidentemente la democrazia aveva fallito perché a farla da padrona era la monarchia. Mai nome poteva essere più appropriato, visto che Regina, che era l'unica ad aver votato, con i suoi due figli Tomas e Mariana, contro l'installazione delle telecamere a circuito chiuso, faceva valere la sua opinione più degli altri che erano in maggioranza numerica. Tra l'altro per ogni famiglia il voto era uno... non capivamo perché nel loro caso ne valessero tre!
Mia madre quel pomeriggio lavorava e quindi con o contro la mia volontà, dovetti essere obbligatoriamente presente.
L'ennesimo raduno stava per terminare e nessuno era riuscito a convincerla a favore di questa "idea" che forse sarebbe potuta essere d'aiuto a far desistere il killer oppure addirittura a prenderlo.
-Dobbiamo rassegnarci passivamente a subire un omicidio dopo l'altro senza aver avuto nemmeno la soddisfazione di prendere quel maniaco che si diverte a terrorizzarci?! -urlando, Lela, la paffuta settantenne vedova del quinto piano, tentava di farsi ascoltare da colei che presiedeva la "seduta". -Io sono vecchia e credimi non lo dico per me ma per tutti i giovani che ci sono nel palazzo! Mia figlia, mia nipote... E per i tuoi figli! Non pensi a loro?! Anche Tomas e Mariana sono in pericolo! Insomma...! Hai avuto un omicidio in casa, Regina! Cosa aspetti, che facciano fuori anche te?!
-La spesa da affrontare è troppo pesante, punto! -aveva risposto lei categorica.
-Lela ha ragione! -aveva provato a dare man forte Stephanie, la donna separata del quarto piano. -Dobbiamo proteggere i nostri figli! Credevo ci tenessi ai tuoi! -concluse in tono allusivo.
-Tu sta' zitta! -l'aggredì Regina. -Non sei stata in grado di proteggere la tua dal marito che avevi a fianco e adesso hai pure il coraggio di parlare?!
-Come osi!? -aveva risposto interdetta la donna sui cinquantacinque anni. Mettendosi le mani nei capelli corti e completamente bianchi nonostante non fosse poi così vecchia, si preparò ad aggredire la donna come avveniva quasi a tutti gli incontri, o meglio, scontri, perché ogni riunione era sempre un vero e proprio round di boxe.
Fedric, l'unica persona nel palazzo, insieme a sua moglie Nadia, con un po' di buonsenso, si alzò immediatamente per dividere le due prima che si avvinghiassero una all'altra com'era già successo in passato. Al giovane uomo, sui trentacinque, molto affascinante e virile, bastò un gesto delle mani ad evitare il peggio.
Rose si alzò con la velocità di una lumaca increspando labbra e fronte.
-Sono d'accordo con Reginetta! -si intromise con la sua flebile voce mentre pareva parlare in falsetto, usando quel nomignolo che stridette alle orecchie di tutti. Quando mai le due erano d'accordo su qualcosa?
Regina parve soddisfatta, ma si infuriò nuovamente quando Stephanie batté i pugni sul tavolo e accusò lei e Rose di negligenza.
-Certo che sei d'accordo con la Regina! Tu che hai da perdere?! Tuo marito è vecchio e già sul punto di morire! Anzi, non vedi l'ora che si levi dalle scatole anche lui... proprio come tu Reggi cara, non vedevi l'ora di sbarazzarti di Michael!
La cosa stava prendendo una piega troppo pericolosa. Guardai Nathan che sicuramente doveva sentirsi imbarazzato e forse anche scioccato da quello che era costretto a sentire. Invece pareva tranquillo, per niente a disagio.
Con mia sorpresa si alzò in piedi e tutti zittirono e restarono a fissarlo curiosi.
-Hai da dire qualcosa, ragazzo? -l'unica che parlò fu Regina.
-Metto io la parte che spetta a te. -disse riferendosi alla donna. -Ora vado, sono stanco...
-Aspetta aspetta aspetta! -parlò velocemente lei infuriandosi. -Cos' hai detto?! Credi che io non abbia i soldi?! Credi che sia una morta di fame?! E poi ogni riunione la sciolgo io! Come ti permetti? Noi abitiamo qui da cinquant'anni e arrivi tu a cambiare le leggi?!
-Regina... -disse lui senza lasciarsi intimorire. -È arrivata l'ora di lasciare lo scettro. Perciò, deponi la corona e alzati dal tuo trono. Quelle videocamere verranno installate e tu non lo impedirai!
-Avete sentito tutti?! L'avete sentito? -rimase spiazzata lei. -Mi ha mancato di rispetto! Non basta quello che mi è successo...!? Non basta già la perdita di mio marito!? Arriva questo tipo e vuole fare il padrone! Ma a che gioco stiamo giocando?!
Nessuno diede ascolto alle sue disperate parole e Stephanie, battendo una mano sul tavolo come se stesse colpendolo con il martelletto di un giudice concluse:
-Così è deciso. Sciolgo la riunione!
Interdetta e con la faccia che sembrava aver avuto una paresi, Regina guardò tutte le famiglie del palazzo sfilarle davanti e tornarsene ognuna a casa propria.
Seguii Nathan che ormai era quasi arrivato al suo appartamento.
-Wow! -dissi con un sorriso stampato in faccia. -L'hai stesa! -per rimanere in tema con l'incontro di boxe.
Lui non rispose. Mi guardò con un mezzo ghigno, tornando poi serio.
-Che c'è? -mi accorsi che qualcosa non andava.
-A te posso dirlo... -preparò lui il terreno. -Ricordi Alina?
A sentire quel nome storsi le labbra seccata. La ricordavo bene. Era la cantante del gruppo in cui suonava lui.
-Certo.
-Mi ha chiesto di uscire.
-Ah... e tu... cosa vorresti fare...?
-Ovvio che uscirei volentieri con lei... è carinissima ma...
-Ma...? -chiesi mentre il sangue mi ribolliva.
-Non è la ragazza per me...
Quello che disse mi tirò su e sospirai sollevata.
-E... qual è la ragazza giusta per te...? -azzardai vergognandomi da morire per quello che avevo appena detto.
-Non lo so... non l'ho ancora trovata. Di certo non è lei...
Non l'ho ancora trovata, aveva detto.
Avrei voluto dirgli: "Guarda che sono di fronte a te...!", ma in effetti era da stupidi pensare che potessi piacergli.
La vecchia Rose uscì dall'ascensore a passo di tartaruga e per tutto il tempo prima di arrivare alla sua porta, proprio a fianco di quella di Nathan, ci fissò curiosa com'era suo solito quando vedeva qualcuno che chiacchierava. Chiuse l'ingresso del suo appartamento con un movimento lentissimo, causato dagli interventi multipli che aveva subito alla schiena, anche a motivo del marito che assisteva ormai da più di dieci anni.
-Tutti i personaggi strani del paese vivono qui... -dissi a Nathan rassegnata.
-Inizio a farmi un'idea di ciascuno di loro.
-Sei capitato in un palazzo di matti! -gli dissi ridendo.
Rose riaprì la porta e ci guardò con occhi increduli.
-Jhonatan... Jhonatan...
-Che è successo, Rose?! -esclamai temendo il peggio.
La donna si lasciò cadere lentamente. Io e Nathan accorremmo a prenderla e facemmo appena in tempo a non farla battere a terra.
Per Jhonatan, il marito di Rose... niente da fare. Anche lui assassinato.
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