4. Mostro
Prova a fare piccoli passi verso te stesso. Prova a Piacerti davvero. Come Puoi pretendere di stare bene in questo mondo, di non sentirti estraneo, se il primo a non piacerti è quel riflesso di fronte a te nello specchio?
-Anton Vanligt
***
-...E questo è il mio posto preferito...
-Un albero?
-Oh no... è molto più di un albero! Devi andare oltre le apparenze. -dissi sedendomi a terra. -...Vieni. -invitai Nathan a sedersi vicino a me.
-Lì? Devo sedermi lì? -storse il naso.
-E dove sennò?! Dai non fare lo schizzinoso! Dopo te li lavo io i tuoi bei pantaloni neri... ok?
Sbuffando, il caro tipetto, si accomodò a gambe incrociate al mio fianco.
-Che vuoi dire con andare oltre alle apparenze?
-Intendo dire che tutto quello che vediamo non necessariamente deve essere quello che è. Non tutto è nero o bianco, giusto? Ci sono molte altre sfumature nel mezzo, no?
-Va' avanti...
-Questo è un albero... ma potrebbe anche essere altro...
-Non ti seguo.
-Se tu fossi un uccello, sarebbe la tua casa. Se fossi accaldato in una giornata afosa, sarebbe la tua ombra e quindi anche un modo per ristorarti dal sole infuocato.
-Siamo in inverno... dove lo senti tutto questo caldo?
-Uffa ma non vuoi proprio capire?! Ti sto facendo solo un esempio...!
Nathan sorrise sotto i baffi ed io mi accorsi che mi stava prendendo in giro.
-Nat, smettila! -lo strattonai prendendolo per il giubbotto.
-Aspetta aspetta...! Come mi hai chiamato?!
-Nathan... -risposi imbarazzata. -Cioè... Nat... -confessai. -È che a furia di sentire mia madre che usa questo abbreviativo...
-Puoi usarlo anche tu.
Lo fissai imbarazzata. Poi alzai la testa a scorgere i rami spogli dell'albero. Il sole timido mi baciò la pelle. Tentai di continuare il discorso.
-D'estate adoro guardare i raggi del sole che filtrano dalla folta chioma.
Un groppo mi salì in gola e non riuscii più a trattenerlo. Cercai di chiudere la bocca perché odiavo mostrare la mia fragilità, in particolar modo a quel ragazzo che conoscevo da poco ma che mi imbarazzava da morire.
Le lacrime uscirono da sole e così anche il singhiozzo che mi opprimeva da giorni.
Nathan rimase sorpreso di quel cambiamento di umore repentino. Poi capì.
-Dai, dai... vedrai che è finita. -tentò di consolarmi.
-No... me lo sento... È appena iniziato! -riuscii a dire tra i singhiozzi.
Lui era visibilmente imbarazzato, riuscii a notare questo mentre inondavo i miei abiti di lacrime. Si muoveva come se volesse venire in mio aiuto ma evidentemente si rendeva conto che non era abbastanza intimo per abbracciarmi. Invece in quel momento, ciò di cui avevo bisogno, era proprio un abbraccio.
-Tua madre come l'ha presa? Sta bene?
-Sì sta bene. All'inizio è stato scioccante anche per lei, dopotutto conoscevamo il marito di Regina da anni ormai... ma adesso sembra tranquilla. -dissi asciugandomi il viso. Il mio non era dispiacere per quell'uomo e per sua moglie, figli compresi perché c'eravamo sempre stati antipatici e non esisteva un rapporto d'amicizia tra noi. La mia era paura. Era il secondo omicidio avvenuto nel palazzo dove abitavo... il che iniziava a non sembrarmi più una coincidenza.
-Il prossimo chi sarà? -chiesi come se lui potesse saperlo.
-Non ci sarà un prossimo. -tentò di darmi sicurezza con il suo tono deciso.
Rimase distante per il resto del tempo passato assieme, come se qualcosa lo bloccasse.
Ci separammo davanti alla porta di casa sua. Mi guardò con un velo di malinconia.
-Ti farei entrare, ma...
-No, non preoccuparti. Voglio andare a farmi una doccia e poi è quasi ora di pranzo.
-Ascolta: stasera vorrei che venissi con me al pub "Microscoppio"...che ne dici?
-Dove?! -chiesi non capendo più nulla. A quelle parole avevo avuto un colpo al cuore che poi aveva iniziato a galoppare come un cavallo imbizzarrito. Forse perché Nat, o Nathan... insomma perché quel ragazzo mi stava chiedendo di uscire?!
Cosa dovevo rispondergli? Era presto? Stavamo correndo o, come si suol dire, stavamo bruciando troppo velocemente le tappe?
-Ho trovato lavoro lì. -continuò lui salvandomi da una figuraccia.
Arrossii per le cose che avevo pensato. Mi strofinai il viso per non dare a vedere che stavo per sprofondare dalla vergogna.
-Ok! -sillabai solamente poi senza guardarlo più in faccia, scappai su per le scale.
La mamma mi seguì mentre correvo spedita in bagno a lavarmi la faccia infuocata.
-Com'è andato il vostro giro per il paese? Sei stata una brava "Cicerona"? ...Ho avuto una bella idea eh..? Vedrai che ancora poco poco e ti chiederà di uscire.
-Mamma! Che dici?! -le urlai ancora scioccata dalla gaffe che stavo per fare con Nathan. Come mi era venuto in mente che potessi piacergli?! Lui era bello, con un fisico perfetto, un portamento sicuro ed estremamente affascinante.
Cosa avevo appena pensato? Davvero pensavo di lui tutte quelle cose? Fino a quel momento non me n'ero resa conto nemmeno io!
Alzai la testa verso lo specchio, seguendo le goccioline che lente avevano tracciato linee verticali sul mio viso ancora rosso fuoco.
-Che mostro! -mi uscì spontaneo.
-Cosa? Chi è un mostro? Nat?
Sempre nello specchio notai che mia madre era ancora in bagno di fianco a me, con l'espressione di chi si prepara ad elencare tutti i motivi per cui Nathan non era un mostro.
-Mi riferivo a me! -la bloccai prima che partisse spedita in quarta.
-Tu un mostro? -domandò rattristandosi. -Ancora con questa storia...? Karin tu sei bellissima...
-Non conta molto se a dirlo è tua madre...
-Conta invece! Tesoro... pensavo che la tua autostima si fosse un po' alzata negli ultimi tempi. Scusa se non mi sono accorta che hai ancora questa opinione errata di te... forse ho lavorato troppo... ti ho trascurato...
-Mamma, non iniziare a sentirti in colpa... sai benissimo che questa è una cosa mia, solo mia. Tu fai già tanto per me.
Un sorriso le sbocciò tra gli zigomi.
-Di' la verità. Nat ti piace!
-No... mamma... cioè... Ok, sì! Lo ammetto. Ma non lo conosco ancora e poi... non credo mi veda in quel modo... Bello com'è, può avere tutte le donne che vuole. Perché dovrebbe scegliere me...
-Perché tu non sei come tutte le altre donne. Tu sei speciale. Fidati di una che ti conosce bene.
La guardai increspando le labbra. Era mia madre, ero la sua unica figlia... ero anche l'unica persona che le era rimasta dopo l'abbandono di mio padre. Ovvio che fossi speciale per lei.
-Mamma stasera Nathan mi ha invitata ad andare al pub Microscoppio... ma non è un appuntamento... mi ha detto che lavora lì. Tu lo sapevi?
-Sì. Me l'ha detto qualche giorno fa, ci siamo incontrati sul suo pianerottolo.
Certo che lo incontrava più lei che io! Mia madre a volte era proprio assurda. Aveva cinquant'anni, ma sembrava una ragazzina.
-Quindi fa il barista? -domandai.
-Credo di sì... cosa potrebbe mai fare in un pub? Lo spogliarellista?! Non me lo vedo proprio! -esclamò ridendo.
-Mamma, smettila! -la sgridai quasi fosse lei la figlia. -poi pensai... ma se lui lavorava lì, perché mi aveva invitata? -Mamma... ma se sarà impegnato nel lavoro... io che faccio? E se poi mi lascia sola?
-Cara... credo allora che questo sia proprio un appuntamento! Evidentemente stasera non è di turno.
-Oh no...! Io mi sento a disagio...! Che devo fare adesso?
-Niente. Quando arriva l'ora, ti prepari, ed esci con lui. Semplice.
-Sì semplice... per te!
-A che ora è l'appuntamento?
-Non lo so! -esclamai, ricordando solo in quel momento che ero scappata subito su per le scale e quindi non c'eravamo messi nemmeno d'accordo.
-Mandagli un SMS. -consigliò la mia moderna mammina.
Il cellulare mi precedette.
"Ti aspetto alle 19" recitava il messaggio.
"Ok... dove?" scrissi come una sciocca.
"Giù da me. Mi pare inutile salire sopra a prenderti, però se preferisci così..."
"No aspettami a casa tua. Alle 19 sarò da te."
Non sapevo proprio perché ma qualcosa mi diceva che in quella serata avrei combinato qualche guaio di troppo. Avrei sicuramente fatto una figura... ne ero certa.
La mia dolce mamma mi rassicurò. Per tutto il pomeriggio si impegnò per farmi sentire più carina. Alla fine, dopo avermi piastrato i capelli che io odiavo visto che erano praticamente rossi, mi specchiai. Come sempre dovetti convenire che di "carino" avevo solo il nome... Liscia, riccia, ondulata, con o senza trucco, restavo sempre brutta.
-Sei molto bella così. Non trovi?
-Grazie... si mi piacciono molto. -tentai di accontentarla. Non volevo che stesse male per me.
Come spesso succedeva, anzi, tutti i giorni, sentimmo la voce di Regina provenire dalle scale. Quella voce mi rievocava dei ricordi spiacevoli.
Urlava... urlava ancora. Stavolta cos'era successo?
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