25. Un palazzo... tacito

Non dirmi che sarà per sempre, dimmi "a domani", ma dimmelo sempre.

-Anonimo

***

-Vieni Karin... versami un po' d'acqua per favore...

Mi alzai prontamente dalla sedia e presi la bottiglietta fresca, sul comodino di fianco al letto.

-Allora? -domandò Bianca emozionata. -Quanto devo attendere?

-Aspetta. Esco per vedere se arriva.

Corsi fuori dalla stanza e lui era lì, in fondo al corridoio.

Quanto l'amavo!

Non vedevo l'ora che tornasse a casa con me!

-Un attimo solo Nathan... vengo ad aiutarti. -gli andai incontro sfoderando il mio sorriso migliore che si spense quando dietro a lui, spuntò Mariana.

-Ci sono io a dargli una mano! -decretò mettendoselo sotto braccio. -Vieni fratellino... -gli sussurrò in modo gentile. Nat mi guardò accennando un sorriso. Camminava con le stampelle. Quella sarebbe stata la sua ultima passeggiata in quell'edificio.

Anche Bianca era prossima alle dimissioni e mentre ancora un po' seccata fissavo Nathan e Mariana passarmi davanti, pensavo a quanto eravamo stati fortunati in tutta quella storia.

Il palazzo Palme era stato completamente svuotato dei suoi abitanti. Gli unici "superstiti", potevamo definirci così dato che quella che si era abbattuta su di noi era una vera calamità, una specie di tornado, insomma, eravamo io, Nathan, Bianca e Mariana.

Regina era morta sul colpo mentre Natan, per assurdo, non si era fatto niente. Niente se si considerava il volo dal settimo piano. Aveva riportato qualche frattura, in particolare alle gambe ma non nulla di irreparabile. Ancora poco e sarebbe ritornato come nuovo.

Nat fece segno a Mariana di entrare e lei varcò la soglia andando ad abbracciare la nonna. Lui si avvicinò appoggiando la stampella al muro. Mi accarezzò la guancia e sorrise soddisfatto.

-Visto? Va meglio. -indicò le sue gambe che quasi si reggevano senza l'appoggio degli appositi aggeggi.

-Il "capo" mi chiede tutti i giorni come stai... Non vede l'ora che torni al Microscoppio. Nessun chitarrista può sostituirti. Queste sono le sue letterali parole.

-Anch'io non vedo l'ora di tornare a suonare. E tu? Come va il lavoro? Ti trattano bene? C'è qualcuno che ti infastidisce?

-Nat sono almeno venti volte che me lo chiedi! -dissi compiaciuta. -Tutto ok. Non preoccuparti.

-Quando torno al lavoro farò in modo di far combaciare i nostri turni, così ti controllo io...!

-Smettila. -gli tirai un pugnetto al braccio ma in fondo, mi piaceva ricevere tutte quelle attenzioni e quelle premure.

Lo sguardo di Nathan si posò su di me. Quegli occhi meravigliosi in cui mi rispecchiavo, mi avevano fatto innamorare di quel ragazzo. I capelli neri, perennemente scompigliati, gli davano un tocco di fascino in più. E più lo guardavo e più non riuscivo a credere che fosse il mio ragazzo. Il mio sogno, il mio irraggiungibile sogno, si era avverato. Io e Nat stavamo insieme, il responsabile dei crimini nel palazzo Palme era ormai sotto terra e anche se avevo perso la mia adorata mamma, sapevo che sarebbe sempre stata nel mio cuore.

Nathan continuò a guardarmi aspettando di vedere nei miei occhi quell'intesa che era sempre stata il punto forte nel nostro rapporto. I miei pensieri lasciarono il posto alla forte emozione che solo lui poteva procurarmi.

-Ti amo Karin...

Mi sciolsi. Allora era così sentirselo dire?

-Ti amo anch'io... Nat!

-Sì, ma se me lo dici così... -disse tirandomi per il braccio. In un attimo ero incollata a lui, nelle sua forte stretta e in un attimo eravamo uniti in un bacio. Durato pochissimo però.

-Se i due piccioncini hanno finito con le smancerie, la nonna freme per vedere Nat! -disse la guastafeste di Mariana, la mia... cognatina, sì, eravamo diventate nostro malgrado, cognate. Non avrei potuto chiedere di meglio no?

Nat mi stampò l'ultimo bacio e, ripresa la stampella entrò dalla sua famiglia. In fondo anche se Mariana non era proprio la mia preferita, ero felice che Nathan avesse di nuovo una famiglia. Bianca era una nonnina dolce e amorevole e sapevo che aveva tanto da dargli per farlo sentire al sicuro e concedergli un po' di pace.

In quel lungo tempo che Nathan aveva passato fuori casa, mi aveva fatto una richiesta: al suo ritorno voleva trovarla sgomberata da tutte quelle cose che aveva accumulato. Quindi avevo assunto un'impresa di pulizia e tutto era tornato come in un appartamento normale. Speravo tanto che Nathan non stesse troppo male e soprattutto che non riprendesse ad accumulare. Per quel motivo avrebbe iniziato subito le sue sedute dallo psicologo che sicuramente gli sarebbe stato di grande aiuto.

Dopo circa una settimana, anche Bianca fu dimessa e nonostante tutto quello che era successo, il palazzo Palme incominciò a ripopolarsi. Arrivarono nuovi inquilini e gli appartamenti non furono più vuoti.

Al sesto piano, dove un tempo abitava il signor Donson, si stabilì una famiglia di quattro persone. Marito, moglie e due figli, un maschio ed una femmina.

-Qui c'è bisogno di una brava amministratrice condominiale...! -esclamò la donna, biondina e grassoccia. Per assurdo, ricordava Regina, sia fisicamente che nel modo di fare.

Quando la incontrammo, presa a dare ordini agli operai che facevano il trasloco, ci disse quelle parole, proponendosi di ricoprire quell'incarico, rimasto vacante dalla morte di Regina.

-Mi chiamo Elizabeth Queen... e voi siete?

Rimanemmo bloccati nel sentire il suo nome. Peggio ancora quando fece un'altra constatazione.

-Sai che tu assomigli molto a mio figlio? -disse rivolgendosi a Nathan. Lui si voltò con gli occhi sgranati.

-Mi sa che qui avete proprio bisogno di una come me...! Ci sono un po' di cose da sistemare! -continuò. -Innanzi tutto il nome del palazzo deve essere cambiato. Mh... Tacito! Palazzo Tacito! Che ne dite?! Poi il colore... Grigio...! Oh che colore morto! Un bel arancio è quel che ci vuole!

Nathan prese la mia mano e in un lampo eravamo fuori.

-Elizabeth Queen! -esclamò. -Un'altra Regina no! Per favore... no! Regina Elisabetta, per giunta!

-Nat guarda! -fui distratta dal mio albero preferito, quello che si trovava al centro del parco. -Ha messo i fiori...! Sono bellissimi... vieni!

Ci sedemmo sotto. I raggi solari iniziavano a farsi più caldi visto che ormai era primavera, e così permettemmo che quei fasci di luce attraversassero la chioma fiorita e ci baciassero la pelle. Nathan mi circondò con il braccio scordando quanto era appena successo grazie all'incontro con la nostra nuova inquilina e forse anche nuova amministratrice.

-Un giorno ci sposeremo... -disse lui inaspettatamente.

-Come mai questo pensiero adesso? Non siamo noi donne ad avere sempre in testa le nozze?

-Io voglio vivere con te Karin...

Ripensai a come sembravano lontani quei giorni quando ripeteva che eravamo solo amici. Quando fuggiva, quando era freddo e distante.

-...E possibilmente non nel palazzo Palme!

-O Tacito! A quanto pare cambierà nome...

-Quella donna non ha ancora fatto i conti con mia nonna!

Ridemmo, e le nostre mani scivolarono una nell'altra. Il sole, penetrando negli occhi trasparenti di Nathan, li fece brillare e mi regalò l'ennesimo brivido.

I nostri profili nella penombra, si unirono e, fusi in un'unica persona, scordammo tutto ciò che ci stava attorno.

Per quanto il passato fosse stato triste e a volte tragico, era ormai sepolto.

E per quanto il futuro potesse spaventare o nascondere incertezze, eravamo uniti.

Io e lui. La nostra intesa sarebbe stata la nostra forza.

Per sempre.

~~~~~~F I N E ~~~~~~

~~~Hotel "DEER PARK-RESORT"

-Ecco signora, questa è la chiave della sua camera. -l'uomo alla reception, guardò la donna. Due gemme azzurre incastonate, al posto degli occhi, uno stile raffinato e molto giovanile nonostante apparisse una donna vissuta. Destava sicuramente curiosità, vedere da quelle parti una persona così, che pareva non aver nulla a che fare con Deer Park.

-Cosa la porta qui, signora? Affari? -non poté fare a meno di domandare l'uomo.

-Diciamo che sono venuta a riprendermi ciò che è legittimamente mio. -disse lei con fare naturale.

-Ah... quindi come dicevo: affari?

-Sì ma... affari di famiglia.

-Capisco. Allora buona permanenza qui da noi... -rese lui la carta di identità dalla quale sbirciò il nome. -...Signora ...Margerette Sullivan.

-La ringrazio. Senta, può far portare su in camera la mia roba e chiamarmi un taxi? Sa... certe cose non possono aspettare... vanno sistemate subito!

-------T H E E N D . . .

**(ogni riferimento a persone NON È puramente casuale!)**

**(sul serio!)**




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