23. Confessioni
Le confessioni possono fare bene all'anima ma fanno male alla reputazione.
-Barone Thomas Robert Dewar
***
Non mi riconoscevo più di fronte allo specchio. Chi era Nathan? Chi ero...
Mi rasai la barba come facevo ogni mattina. Tornai poi in cucina. Karin era ancora stesa sul pavimento. Era fredda. Il suo viso sbiancato.
Guardai quello che avevo nelle mie mani. Il sacco della spazzatura era nero, puzzava prepotentemente di plastica, procurandomi una sgradevole sensazione. Presto avrei dovuto riempirlo. Per certo avrei dovuto metterla lì dentro. Non sapevo nemmeno se ci sarebbe entrata... non volevo smembrarla. Almeno quello. Per me già era difficile sopportare ciò che avevo fatto, affrontare un altro scempio di quel genere mi avrebbe sicuramente procurato forte dolore.
Mi feci coraggio. Quello che sentivo nello stomaco era una forte nausea, come un profondo colpo infertomi da un pugno. E più andavo avanti e più quel pugno affondava, girando e rigirando su se stesso e lasciandomi senza fiato.
-Non devi gettarla per forza. -mi sentii afferrare per le spalle. Due braccia dalla pelle come pesca, scivolarono intorno al mio collo incrociandosi. Sulla mia schiena, il suo contatto freddo, gelato.
-Mi spiace... -dissi sentendomi in colpa.
-Dispiace più a me. -mi sorrise lei prendendomi le mani. Tirò fuori dal sacco nero una delle mie amate chitarre. -E sai perché? Perché non ricordo più nulla...
-Nemmeno io... -dissi notando come posava il mio strumento a terra, appoggiandolo alla parete.
-Sai cosa ricordo? Una lacrimuccia che ti scendeva sulla guancia.
-Ehi! Io non ho pianto! -esclamai sentendomi preso in giro.
-E invece sì. -rise lei e mi ci avventai contro facendole il solletico.
Karin iniziò ad urlare, ridendo e dimenandosi per liberarsi.
-No...! Ok, ok...! Hai ragione, hai ragione...!
Immediatamente la lasciai, mentre nella lotta eravamo finiti di ginocchia a terra.
-Però almeno ammetti che il film ti è piaciuto.
-Certo che mi è piaciuto. È molto bello. E sono contento di averlo visto insieme a te. -la fissai. I suoi occhi verdi, dalle ciglia lunghe, mi facevano impazzire. Dal primo giorno che l'avevo vista, in realtà, avevo perso la testa. -Karin, tu... mi fai stare bene...
-È la cosa più bella che potessi dirmi... -rispose timida mentre ci rialzavamo.
-Mi spiace averti fatto dormire a terra. Cioè... In mezzo a tutta quella roba che ho nelle stanze, ho trovato solo quella coperta ma immagino che il pavimento si sia sentito lo stesso. Come vanno le tue ossa?
-Scricchiolano un po'... non fa niente Nat. Solo che dopo il film, quando siamo scesi giù a prendere altra birra, abbiamo sicuramente bevuto troppo... no? Mi sembra di avere l'amnesia. La testa poi...! Non smette di girare!
-È proprio come mi sento io...
-Mi piace il profumo del tuo dopobarba. -mi diede un bacio lieve sulla guancia. Mi guardò con l'espressione seria. -Prima dicevo davvero. Non devi buttare via tutto. Alcune cose puoi venderle, altre puoi darle in beneficenza... e poi credo che tu abbia bisogno di un aiuto nel far questo.
-E cioè? Un'impresa di pulizia?
-Quella dopo. Io credo che dovremmo rivolgerci ad uno psicologo.
-Ah... -sospirai. Immaginavo che l'avrebbe detto.
-E qualche chitarra potresti tenerla... oppure potresti regalarla a me. Ti ho mai detto che mi piacerebbe imparare a suonarla?
-Davvero? Ti aiuto io allora.
-Bene. Ora facciamo colazione. Ho un mal di testa...! Credo che ci sia bisogno di un caffè forte. Che ne dici?
-Ottima idea!
Scendendo per le scale, sentimmo le urla strazianti di una voce femminile. Karin si gettò tra le mie braccia, traumatizzata ormai.
Un'altra vittima. Morris, il barista, cugino di Regina. A fianco a lui, nel letto, sua moglie Roxane.
La figlia diciassettenne, Lara, li aveva trovati così, tra le lenzuola, inzuppate di rosso, dappertutto.
Davvero il cerchio si stava chiudendo. Oltre a Regina, Mariana, Sal, io e Karin, il palazzo Palme era stato svuotato, completamente. E chiunque usciva di lì lo faceva in posizione orizzontale, chiuso in una cassa.
Uscimmo dall'ospedale e attendemmo fuori che Regina, Mariana e Sal ci raggiungessero. Tanto per non smentire la loro natura da parassiti, avevano chiesto un passaggio visto che non avevano un mezzo e quello di Sal era casualmente dal meccanico.
-Come la vedi Bianca? -mi chiese Karin con una nota di preoccupazione.
-Non so... Ho l'impressione che non sopravviverà.
-Hai visto com'è triste Regina? Non fa altro che piangere...
-Non fa altro che recitare! -la corressi.
-Nathan... Bianca è sua madre... non credo che non le voglia bene e tu... è ovvio che stia così dopo che hai saputo che Regina...
-Non farti problemi a dire che è mia madre...
-Non lo dico perché non possiamo esserne sicuri in modo assoluto.
-Io invece so per certo che è così. Margerette non mi ha mai mostrato amore come se fossi suo figlio... Io lo attribuivo al fatto che fosse malata, invece adesso si spiega tutto. Certo, non che Regina si comporti come tale, visto che mi ha dato via...!
-Mi dispiace Nat... immagino come ti senti e... davvero vorrei fare qualcosa per te... Ora come pensi di agire...? Le dirai che lo sai?
-Forse sì. Vorrei che mi spiegasse meglio ogni cosa... Vorrei anche che mi dicesse perché mi ha abbandonato... che ci facevo con Margerette? E perché mia nonna, o meglio, la madre di Margerette mi ha accudito come se fossi stato veramente suo nipote...? Troppe cose da chiarire...
-Ecco perché hanno trovato il DNA che coincideva con il tuo... se lei è tua madre... significa che è lei anche l'assassina. Caspita... possibile che sia così...?
-Sì, e Margerette può continuare a riposare in pace...
-Ecco perché non ha mai voluto farsi fare un tampone per rilasciare il DNA! Tutti nel palazzo l'hanno fatto: lei no.
-Inoltre era l'unica che non voleva le telecamere, ha sicuramente tutte le chiavi degli appartamenti ed ha agito indisturbata dall'interno... Mi chiedo: perché ha ucciso Donson... temeva che mi rivelasse che ero suo figlio, compromettendo la sua reputazione?!
-Hai parlato con mia madre quindi! -sbucò alle nostre spalle, Regina. Gli occhi stretti a due fessure. Le labbra tirate. La guardai e in lei non vidi la figura di una madre. Per me quella donna non lo sarebbe mai stata.
Karin rimase in silenzio e apprezzai questo suo gesto. Sapeva che quella questione avrei dovuto affrontarla io e si fece da parte.
-Tua madre non c'entra. Ha tenuto la bocca chiusa. Perciò non farle del male. -dissi.
-Ma cosa credi?! È mia madre! Non potrei mai farle del male! Non a lei!
-Già. Infatti con gli altri inquilini non ti sei risparmiata!
-Queste accuse sono infondate! Hai delle prove che sia stata io? -disse con tono tranquillo, come se davvero non c'entrasse nulla con gli omicidi.
-Non credi di dovermi delle spiegazioni? -dissi tutto d'un pezzo, con voce dura.
-Sì lo so, figliolo. -usò quel termine che che parve innaturale pronunciato dalla sua bocca. -Ma non qui. Tra poco Sal e Mariana ci raggiungeranno e non voglio che siano immischiati in questa faccenda.
-Ok. -dissi guardando Karin. I miei occhi poi tornarono su Regina. -Ok... nel palazzo. In terrazza, tra un'ora.
-Bene.
Karin mi si avvicinò mentre Regina entrò in macchina e gli altri due ci raggiunsero.
-Sei sicuro di quello che fai? -mi sussurrò all'orecchio. -Chiamo la polizia?
-No, non farlo. Voglio sapere prima tutta la verità. Non preoccuparti... non mi succederà niente.
Dopo un'ora ero lì. Regina mi aspettava seduta sul bordo del muretto che si affacciava nel vuoto.
-È stato Byron, vero? -mi disse.
-Non importa chi sia stato a svelarmelo. Dimmi solo se è tutto vero. Sei mia madre?
-Lo sono. -ammise. E quelle parole rimbombarono nelle mie orecchie come i colpi di un tamburo. Era difficile da credere. Ma era così. Avrei dovuto farmene una ragione.
-Perché darmi via? Perché ero frutto di un adulterio?!
-Tu non capisci... Michael non è mai stato l'uomo giusto per me. È stato un matrimonio combinato dai nostri genitori. E anche se ho cercato di amarlo e di stare con lui, solo con lui... alla fine ho ceduto al vero amore.
-Vero amore? -la ridicolizzai.
-Michael è stato un anno fuori da Deer Park. Ha lavorato lontano da casa ed io mi sentivo tanto sola... tuo padre, Mark Donson, era sempre così gentile e premuroso e...
-Lascia perdere i dettagli. Sono disgustato.
-Non pretendo che tu mi chiami mamma! Ma almeno cerca di capire che non sono cattiva! Io non volevo fare del male a nessuno! Anche mio marito in quell'anno lontano da casa non è stato di certo un santo! È vero, io restai incinta di Mark e tenni nascosta la gravidanza a tutti, solo mia madre ne era al corrente. Mia madre e Margerette... E anche lei era in attesa di un figlio, ma al parto ci furono complicazioni e il figlio morì. Aveva preferito partorire in casa e la donna che l'aiutò non era nemmeno un'ostetrica! Era un'incompetente che non aveva le attrezzature adatte. Poco dopo partorii io e Mark mi costrinse a darti via. Margerette era mia amica e chiese di poterti prendere con sé. Ci parve la soluzione migliore per insabbiare tutto.
-Ma che brave! -iniziai a camminare nervosamente per il terrazzo.
-Già. Ma se noi siamo state brave, Michael lo è stato ancora di più. Infatti quando se ne tornò a casa... aveva con sé un bel bambino! Sì, un bambino! Aveva avuto una storia... ecco perché non voleva tornare a Deer Park! Aveva un'altra! Solo che la tipa si è volatilizzata dopo aver dato alla luce il caro Thomas! -continuò amareggiata.
Immaginai che probabilmente Mariana non lo sopportava perché sapeva che era stato concepito con un'altra donna che non era sua madre. E solo in quell'istante realizzai che era mia sorella. Di padri diversi, ma pur sempre mia sorella. Ecco perché Regina voleva che gli stessi lontano.
-Riesci ad immaginare cosa ho dovuto passare in questi anni?! Per i primi tempi, hai vissuto con Margerette e quindi spesso scendevo a trovarti ma poi la madre, che pensava fossi davvero suo figlio, decise di venire a "salvarti" e ti portò via. Quella donna non era mai stata vicina a sua figlia perché non sopportava i suoi accumuli. Perciò venne a sapere anni dopo che aveva un "figlio". Il marito di Margerette se n'era andato già da un po'. Anche lui pensava che fossi tu il bambino che aveva in grembo, perché anche lui si spostava in altri paesi per lavoro, dunque al parto non c'era e non ha mai saputo dello scambio. Non immagini quanti mesi abbia pianto quando fosti portato via... Ma Mark diceva che era meglio così. Che la moglie non sapeva nulla come tutti d'altronde e che più stavi lontano da noi e meno guai avremmo avuto. Da quel giorno l'ho odiato! L'ho odiato con tutta me stessa!
-Rispondi ad una domanda. È stata lui la tua prima vittima?
-Cosa ti fa pensare che l'abbia ucciso io?! -si mise sulla difensiva.
-Non so, magari il fatto che appena sono arrivato al palazzo, Donson è stato tolto di mezzo. Temevi che vedendomi spifferasse tutto e la tua reputazione che avevi tanto protetto, venisse meno?
-Io non ho ucciso nessuno!
-Nemmeno la moglie di Donson?!
-Quello è stato un incidente.
-Già. Come lo sono stato io!
-Tu non sei stato un incidente! Io ti ho amato dal primo momento che ti ho tenuto tra le braccia! Ho sofferto a separarmi da te e ancor di più quando ti ho visto tornare qui. È stato tremendo non poterti rivelare ogni cosa!
-E così hai deciso di togliere di mezzo tutti?!
-Te lo ripeto Nathan: non sono io l'assassina!
-Allora chi è?
-Non posso dirtelo... -abbassò la voce. Passò una gamba dall'altro lato del muretto e subito dopo l'altra. Guardò giù nel vuoto. -Se non fosse per Mariana io sarei laggiù, schiantata sulla soglia del portone del mio amato palazzo. -la sua voce iniziò a vacillare, spezzata dai singhiozzi. -Volevo solo che tutto fosse perfetto. Che tutto fosse amministrato bene, che l'organizzazione di ogni cosa fosse impeccabile. Avevo fallito come madre e come moglie... e pure come amica, perché non ero riuscita ad impedire a Margerette di uccidersi giorno dopo giorno... avevo fallito in tutto. Volevo solo essere una brava amministratrice di condominio... e sono morti tutti... Forse dovrei morire anch'io.
-No Regina ...non farlo! -la vidi sporgersi nel vuoto. Ero troppo lontano e mai sarei riuscito a raggiungerla. Sarebbe finita di sotto e con lei tutti i suoi segreti.
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