21. Non temere
Non temere le difficoltà. Anche il mare si serve degli scogli per arrivare in alto.
-Citazione.
***
-Nulla neanche qui... -dissi.
Nathan sospirò deluso. Entrò nell'ultimo garage come se non si fidasse di ciò che gli avevo appena detto poi ne uscì con il muso lungo.
-Eppure ero quasi certo delle mie teorie. Dove si nasconde mia madre allora...?
-Nathan, basta per oggi fare i detective... se nel palazzo si nascondesse una Margerette resuscitata, credo che chi svolge le indagini l'avrebbe trovata di già.
Lui abbassò gli occhi dall'espressione persa.
Fui tentata di sfiorargli la mano. Succedeva sempre così. Quando lo sentivo allontanarsi, quando mi ignorava o gli ero indifferente, avevo voglia di sentirlo vicino. Quando poi mi stava troppo addosso desideravo allontanarlo.
Lo amavo o ne ero solo invaghita?
Lo amavo?
Che domande mi facevo?!
Non era il momento e non lo sarebbe mai stato, forse.
Lui amava il suo accumulo e non avrebbe rinunciato a quella roba per me.
-A che stai pensando? -mi vide persa nei vari ragionamenti partoriti dalla mia mente sconquassata.
-No niente... -feci una pausa chiudendo gli occhi. Un fascio di nervi poi mi scosse. Quale "no niente"!? Lui doveva sapere che ero turbata. Lui doveva capire che io, a differenza sua, avrei lasciato qualsiasi cosa per stargli vicino... O almeno, credevo.
-Da ieri pomeriggio... ho troppi pensieri che mi tormentano.
-Immagino. Sarai rimasta scioccata dopo quello che ti ho mostrato.
-Non è quello che mi fa stare così. Sono state le tue parole. Davvero non senti il bisogno di cambiare? Davvero non vuoi essere aiutato?
-Non è facile... Non posso.
-Perché non puoi? Sei legato più alle cose che alle persone?
-Non mi sono mai posto il problema. Oltre a mia nonna non avevo altro...
-E quindi hai compensato la mancanza d'affetto in questo modo, giusto?
-Credo di sì.
-Nathan... io ho molto da darti, credimi. Non avrei immaginato neanche io di avere un giorno questo desiderio. Ma tu devi permettermelo...
Nathan, io e te...
-Non può funzionare... -ripeté una di quelle frasi che io odiavo con tutta me stessa. Nonostante il mio sguardo ostile mi venne vicino. Voleva consolarmi?
Non disse niente però ed io ripresi la parola.
-Una delle cose che mi ha insegnato mia madre è lottare. Lottare con le unghie e con i denti per ciò di cui vale la pena farlo.
-E tu pensi che valga la pena di lottare per uno come me?
Le idee mi si stavano chiarendo perché sì, volevo davvero lottare per lui. Lo volevo a tutti i costi!
-Ho sempre pensato di non essere all'altezza... Insomma, sei... cioè... per me sei qualcosa di irraggiungibile... fuori dalla mia portata...!
-Ma perché pensi questo Karin?! -mi rimproverò. -Smettila di sottovalutarti!
-L'ho pensato perché sono cresciuta così. Nell'insicurezza... Anche se mia madre ha fatto il possibile affinché avessi un po' di autostima ma... Il fatto di sentirti sempre così freddo e distaccato... mi riconduceva ad un'unica spiegazione possibile, e cioè che non ti piacessi.
-Lo sai che non è vero.
-A dire la verità io uno specchio ce l'ho. E so di non essere...
-Karin sei bellissima! -scavalcò la mia voce mentre mi afferrava per la vita. Così vicina a lui le mie emozioni iniziarono ad accavallarsi in un impasto di piacere e dolore. Mi mancò il respiro ma non volevo e non potevo permettergli di rubarmi qualcosa per cui non era possibile ci fosse un seguito, almeno da parte sua.
-Aspetta Nat. Lasciami... non voglio... -continuai confusa, tentando di divincolarmi. Le sue braccia però restarono lì, a circondare la mia vita, rigide, per nulla intenzionate a spostarsi.
-Quel giorno, sotto il tuo albero preferito... te lo ricordi?
-Sì... -sillabai solamente smettendo di muovermi.
-Mi hai insegnato una bella lezione. E cioè che bisogna andare oltre le apparenze. Mi hai detto che non tutto è così come lo guardiamo con i nostri occhi. Anche se qualcosa dal di fuori dovesse apparirci in un modo, potrebbe essere stupendo all'interno... come quell'albero secco.
-Perciò io sono come quell'albero? Insignificante fuori?
-Karin, quel che vedono i miei occhi quando ti guardo, è uno splendore di ragazza... dentro e fuori.
Restai lì ammutolita. Non volevo farmi illusioni ma sembrava davvero che dicesse la verità.
-Ricorda sempre chi è il mostro... Non sei tu Karin... ed io non so ancora quanto resisterò a tenerti lontana da me...
-Se ritieni che sia giusto così io mi metto da parte. -dissi tutto d'un fiato prima che cambiassi idea. Preferivo chiudere subito quella storia.
-Butterò via tutto.
Mi spiazzò. E mentre mi teneva ancora immobilizzata, tra le sue braccia, tentai di capire se avessi sentito bene.
-Butterò ogni cosa!-ripeté con più vigore per dare un peso maggiore alla sua dichiarazione. -È una promessa Karin.
-Ma poco fa hai detto che non poteva funzionare...
-...Però poi mi hai fatto venire in mente Grace...
Sussultai pensando a lei.
-Tua madre mi ha parlato di te una volta. Ci siamo incontrati mentre rincasava ed io uscivo. Mi ha detto di starti vicino, di... aiutarti, in qualche modo.
Restai zitta, ancora con il respiro smorzato. Gli occhi inevitabilmente mi si inumidirono mentre guardavo il suo viso che tanto adoravo, di fronte al mio. Anche lui era commosso. La sofferenza viscerale era percepibile dalla sua voce rauca e dalle ciglia che sbattevano incontrollate.
-Voleva che tu avessi qualcuno da voler bene, si rendeva conto che non poteva bastarti solo il suo amore. Le promisi che sarei diventato il tuo migliore amico.
Non sapevo se mi faceva piacere sentire quelle cose. Tutto, a quel punto, mi portava pensare che la sua, non era un'amicizia incondizionata.
-L'hai fatto per lei allora... -dissi sottovoce.
-No. Quando me l'ha detto io già provavo qualcosa... per te.
-E lei lo aveva capito... -dissi accennando ad un sorriso.
-Sì. Voleva che promettessi che se le fosse successo qualcosa, io mi sarei preso cura di te. Le ho detto del mio problema e...
-Quindi mia madre lo sapeva?
-Gliel'avevo rivelato. È stata comprensiva con me... Sai cosa mi ha detto? Che al momento giusto avrei capito da solo cosa fare. E ora lo so.
Con una mano mi spostò i capelli che un po' di vento mi aveva fatto scendere su metà viso. Li ripose delicatamente dietro l'orecchio.
Avvicinò lentamente il suo viso al mio non smettendo un attimo di guardarmi. Mise la sua guancia sulla mia e sentii le sue fresche labbra che lasciavano un bacio sul mio zigomo.
-Non sarà facile Karin... -sussurrò al mio orecchio, abbracciandomi. -...Ma... non temere... io non torno più indietro... -disse in tono solenne.
-E nemmeno io lo farò. -al ché si spostò nuovamente indietro e dopo l'ultimo sguardo che mi smosse lo stomaco e me lo rivoltò violentemente, Nathan mi baciò.
Chiusi gli occhi e non vidi più niente e tutto quello che stava attorno a noi sparì.
Ma solo per un attimo.
-Bravi! -sentimmo uno scroscio prepotente di mani che battevano una contro l'altra. -Bravissimi!
Mariana era poco distante da noi che applaudiva e si strofinava gli occhi rossi. Il viso, dello stesso colore, sicuramente per la rabbia che provava. Le labbra tese e che poi iniziò a mordersi nervosamente...
-Lo sapevo! Spero che adesso siate contenti, Romeo e Giulietta!
-Mariana vattene! -le disse Nat severo.
-Certo che me ne vado! -si pulì il naso che colava con le mani, ormai su tutte le furie. -Ma ricordate che la loro storia è finita in tragedia! Avete capito?!
Scappò via di corsa, in un movimento costruito che pareva stesse recitando in un film drammatico. Dopotutto lei era così: artefatta, finta.
-Secondo te, quanto peso dovremmo dare alle parole di Mariana?
-Meno di niente... -disse Nathan. Tuttavia non aveva l'aria di essere troppo tranquillo. -Non è di lei che dobbiamo preoccuparci.
La sera stessa, dopo aver salutato Bianca che già stava meglio, andammo via dall'ospedale. La sua stanza era affollatissima di parenti che erano andati a trovarla. Eppure la povera donna aveva uno sguardo stampato sul viso che rasentava la paura. Guardava Nathan in continuazione e sembrava lì lì per parlare ogni volta che ci avvicinavamo a lei. Avevamo provato a capire quali cose nascondesse Regina per cui aveva quasi minacciato la madre a tenere la bocca chiusa. Era difficile però riuscire a dedurre cosa fosse accaduto, probabilmente nel passato.
In macchina, Nathan mi disse qualcosa di sconvolgente.
-Quando mi sono avvicinato a salutare Bianca mi ha detto nell'orecchio di aiutare Regina.
-In che senso? Non ha detto altro?
-No. Ha aggiunto solo di andare a cercare i parenti di Mark.
-E chi è Mark?
-Non ne ho la più pallida idea. Ma non potevo farle domande. Regina era lì a guardarci...
-Dobbiamo scoprire dunque chi è questo Mark e andare dai suoi parenti... Semplice, no?
-Già. Ma perché i familiari di questo tizio? Come mai Bianca non mi ha detto di cercare lui, piuttosto che altre persone...
-Forse chi lo conosce bene può dirci di più... o forse... Nat, credo di aver capito chi è quest'uomo... -dissi ricevendo per così dire, un'illuminazione. -Sì, ho capito!
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