2. Nell'ascensore


Paura degli spazi stretti, paura del vuoto sotto, paura di chi sta con te in ascensore.

Cit.

***

Il cortile era circondato da vari alberi di palma. Da qui il nome del nostro palazzo. Un palazzo di sei piani. Su ognuno di essi, due appartamenti.

Un palazzotto grigio, molto carino visto di fuori ma ripieno di gente stupida all'interno.

Nelle riunioni condominiali, la voce che spiccava era quella di Regina, una donna bionda sulla cinquantina sposata ad un uomo "invisibile".

Il termine giusto era sottomesso. In pratica era lei che portava i pantaloni in casa. La sua voce penetrava negli altri appartamenti quando faceva un ragionamento, come se tutti dovessero essere costretti a conoscere i suoi argomenti di conversazione!

Una vera noia. E i parenti erano come lei, quando si riunivano, mettevano in subbuglio l'intero condominio!

Un'altra donna che si faceva grandi litigate con quasi tutti i coinquilini era Rose. Aveva chissà quanti anni. E suo marito era sull'orlo di morire almeno una volta al mese, visto che si ammalava di tutte le malattie esistenti.

Regina però era la "regina" incontrastata di quel reame di cui si era appropriata il diritto di governare essendone l'amministratrice. Dettava leggi, aveva tutto sotto controllo. Ogni angolo del palazzo e del cortile era gestito da lei e dai suoi delegati: i suoi familiari, o meglio, i suoi due figli: Mariana e Thomas, visto che al marito Michael era concesso a malapena di respirare.

-Quella signora è venuta a dirmi di non posteggiare più qui la mia auto. -disse Nathan, indicando lo spazio delineato dalla vernice gialla.

-Sì, scusa... ho dimenticato di dirtelo... avrei dovuto avvisarti. Qui ognuno ha il suo posto auto e guai se sgarri! In particolar modo con Regina. Cerca di tenertela buona... ti conviene.

-Ok, chiaro... -il tipetto strano, probabilmente della mia stessa età, vent'anni, mi guardò con i suoi occhi profondi.

Pareva sul punto di scusarsi.

-Non preoccuparti per l'altra sera... -lo anticipai prevedendo il motivo per cui mi fissava così.

-Lo so. Me l'hai detto che non devo sentirmi in colpa ma... dopo quello che era successo poco prima, la sera stessa, mi sento male ad averti fatto spaventare un'altra volta.

-Non è stata colpa tua... È Molly che deve essere impazzita! Non riesco ancora a capire perché ti abbia morso... non l'ha mai fatto...

-Volevo solo prenderla e riportarvela. Forse, non conoscendomi, si è spaventata e ha reagito così.

-Forse... anche se devo ammettere che è strano come comportamento... Tu... che ci facevi ancora fuori?

-Non riuscivo a dormire e volevo andare a farmi un giro... in un pub... poi ho visto la gatta... e il resto lo sai.

La sua spiegazione non mi convinceva più di tanto.

Certo come poteva mai essere convincente un ragazzo con i capelli che pareva essersi appena alzato, con un look punk e con quello strano sguardo da... mi sia concesso di dirlo.. da bambola assassina? Era l'unico modo che mi veniva in mente per descriverlo.

Anche solo a pensare che sarei potuta rimanere chiusa in ascensore con lui, rabbrividivo!

-Torniamo su in ascensore? -chiese proprio in quell'istante.

-No, no... resto qui a cercare la gattina di mia madre...

-Si perde sempre, eh?

-Ultimamente un po' troppo.

-Ti aspetto allora.

-Perché?! -tentai di non far notate tutto il mio disappunto.

-Tua madre mi ha invitato a pranzo.

-Ah... non mi ha detto nulla... forse è meglio che vada a chiederle se devo andare a comprare qualcosa al supermercato...

Camminando verso il portone pensai che quel ragazzo ce l'avesse con me... iniziai quasi a credere che quella mattina mi aveva chiamata non per farsi spiegare qualche regola di buona convivenza in un condominio che di pacifico non aveva niente, ma... non sapevo nemmeno io perché. Forse era come aveva detto mia madre. Era solo, visto che era arrivato in paese da poco. Strano però, era una coincidenza che quegli avvenimenti sconvolgenti, fossero iniziati proprio contemporaneamente al suo arrivo? Il signor Donson morto nel cortile, guarda caso, ritrovato da lui. Molly che si era tramutata in una vampira... Molto strano.

Con quei pensieri andai a fare la spesa. Al mio ritorno, lui era seduto sui gradini. Mi stava sicuramente aspettando.

Qualcun altro mi si parò contro prima che potessi raggiungere il cancello.

-Karin, devi parlare con quello strano ragazzo. -esclamò Regina tentando per una volta di non urlare.

-Buongiorno Regina... tutto bene? -le feci notare che non mi aveva nemmeno salutata.

-Sì, sì, buongiorno a te. Allora, hai capito? La prossima volta che trovo la sua macchina al mio posto gli buco tutte e quattro le ruote. Chiaro? Diglielo!

Perché non glielo dici tu? Avrei voluto chiederle. Invece, come sempre ingoiai tutto per non esasperare la situazione. Quando Regina si sentiva derubata dello scettro andava in escandescenza e finiva per perdere completamente la ragione.

-Capito? Diglielo! -ripeté. Io non mi avvicino più a quello. Ha due occhi da assassino! Ma vedo che a te piace.

-In che senso, scusa?

-È un ragazzo come te, no? ...Ma stai attenta, sai com'è. .. dopotutto è stato trovato vicino ad un cadavere... non si sa mai!

-Ok... posso andare? -troncai la conversazione seccata. -Le buste pesano...

Finalmente mi lasciò in pace. Notai però che Nathan la fissava nervosamente. Forse per la sfuriata che -come benvenuto- Regina gli aveva fatto quella mattina.

-Vuoi una mano? -si alzò lui dopo aver smesso di fissare la donna. Prontamente mi venne incontro, levandomi le pesanti borse.

-Ma no... ce la faccio... -riuscii solo a dire.

Lui aprì il portone e mi fece entrare. Molly sbucò all'improvviso. La presi in braccio perplessa e mi apprestai ad entrare, controvoglia, nell'ascensore con Nathan.

Lo guardai premere il tasto che portava al terrazzo.

-Ma no...! Hai sbagliato...! -esclamai avendo uno strano presentimento.

Molly si agitò schizzando letteralmente in aria e combinando un gran trambusto mentre graffiava tutto quello che aveva sotto tiro e finiva nelle buste della spesa.

Non capii più nulla. Poi vidi che Nathan l'aveva afferrata e la teneva così stretta che pensavo sarebbe soffocata.

Spalancai gli occhi gridando il suo nome.

Mi lanciai verso i tasti per tentare di arrestare quell'aggeggio che spedito saliva verso il terrazzo. Nathan mi bloccò il braccio, posando Molly a terra mi fissò con occhi grandi e si mise un dito sulla bocca intimandomi di fare silenzio.

Le porte dell'ascensore si spalancarono e io deglutii immobilizzata dalla paura.

Continuando a farmi cenno di tacere, Nathan mosse la testa, indicandomi che sarei dovuta uscire fuori.

-No... -dissi, soffocando dal terrore.

Mi prese e mi trascinò con la forza e visto che iniziavo ad alzare la voce, mi tappò la bocca con la sua mano.

Ero nei guai e non sapevo come e se ne sarei uscita.

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