17. Ricordi
Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo.
-Isabel Allende
***
Ormai erano ore che mi avevano lasciato solo in quella stanza.
Se volevano farmi spazientire, c'erano riusciti e anche bene.
Finalmente la porta si aprì lasciando guizzare all'interno un fascio di luce accecante. Poi di nuovo l'illuminazione lieve di una lampada.
-Jenny... -riuscii solo a dire. Ero stanco. Non mi andava nemmeno di parlare.
-Nathan... Ora devi dire la verità. Devi raccontare come sono andate le cose.
-L' ho già fatto. Sono settimane che veniamo interrogati uno dopo l'altro.
-Hai capito bene a cosa mi riferisco. Nathan, abbiamo le prove.
-E quindi? Pensate che sia io l'assassino? -esclamai muovendo le mani. Sentii un tintinnio e ricordai che erano strette una all'altra da un paio di manette.
Jenny si alzò. Si levò il cappello e mi si avvicinò posando la sua mano sulla mia spalla.
-Confessa... Credimi tutto sarà più facile.
-Non posso confessare una cosa che non ho fatto.
-Ok. Non vuoi farlo?! -si innervosì lei puntando i suoi occhi dall'iride viola dritti nei miei. -Allora guarda questo!
Fece partire un video.
-Li riconosci? Quelli siete tu e Mariana, no? L'hai aggredita! -esclamò in tono secco.
-E che razza di prova è?! Vedi... l'ho lasciata poi. Mi aveva fatto arrabbiare. Tutto qui.
-Ok. -disse sedendosi. Appoggiò il viso su una mano e mi squadrò. Parve calmarsi. -Nelle tracce di sangue di Karin abbiamo trovato una piccolissima goccia che non apparteneva a lei. È sicuramente dell'assassino. Ricordi che da ognuno degli abitanti abbiamo prelevato un po' di saliva, no? Ecco, paragonando il tuo DNA a quella traccia di sangue, abbiamo trovato dei riscontri.
-È impossibile! Io non ho ucciso Karin!
-Nathan... abbiamo indagato su di te, come su tutti gli altri.
-Perché avrei dovuto fare una strage?! Per quale motivo?!
-Per tua madre. Margerette Sullivan.
A quel nome mi sentii morire. Odiavo mia madre, profondamente e avevo passato gli ultimi anni della mia vita a cercare di cancellarla completamente.
-Tua madre è morta lì, non è vero?
-Era malata... -dissi soltanto.
-Era un'accumulatrice compulsiva. Me ne vuoi parlare?
-Perché? A che serve...
-Ti manca?
-No.
-Era tua madre Nat...!
-Hanno fatto bene ad ucciderla.
-Ucciderla? Chi ha fatto questo?
Fissai Jenny. L'irrefrenabile desiderio di sfogarmi prese il sopravvento.
-La odiavano. Dicevano che da casa sua si sentiva cattivo odore e volevano che andasse via.
-I condomini del palazzo Palme? Ti riferisci a loro?
-Sì.
-Abitavi anche tu lì, con lei?
-Solo da bambino. Mia nonna mi ha portato via. Ricordo ancora la sfuriata tra lei e mia madre...
"Il piccolo Nathan viene con me... Lasciamelo senza fare storie o chiamo l'assistenza sociale! Non capisci? Lo faccio per lui... se resta con te farà la tua stessa fine... morirete entrambi!"
"...Ma lui è l'unica famiglia che mi resta! Non puoi portarmelo via! Che farò da sola?!"
"Allora fatti aiutare! Fatti curare... Quando sarai guarita Nat ritornerà a vivere con te..."
-Ricordo gli occhi di mia madre. Mi guardava sperando che dalla mia bocca uscisse qualche parola di diniego. Aspettava che mi opponessi, che dicessi che non volevo andare via di lì. Restò delusa quando mi attaccai a mia nonna perché temevo che mi lasciasse ancora in tutta quella immondizia. Non lo scorderò mai quel giorno...
Lo stomaco mi si scuoteva procurandomi una forte nausea. La salivazione era a zero e le labbra secche, infeltrite. Jenny mi versò un po' d'acqua.
-Sentivo come veniva trattata dai condomini:
"Ah, non hai i soldi per pagare l'acqua?" le urlavano."Venditi le tue cianfrusaglie allora!"
Piangeva quando si recava al mercatino dell'usato e abbandonava parte delle cose a cui teneva per pagare le bollette. Ero piccolo. Non andavo ancora a scuola ma tutto è chiaro davanti ai miei occhi come se fosse appena accaduto.
-Nathan... hai voluto vendicare tua madre?
-Forse non hai ancora capito: non sono stato io! E sarebbe questo il movente? Vendetta? No. Siete fuori strada! A me non importava niente di lei.
-Com'è morta?
-Non lo so.
-Perché ti sei trasferito al palazzo Palme?
-Non so nemmeno questo. Forse per conoscere chi ha ucciso mia madre.
-Allora non è vero che non ti importa niente di lei.
Tutte quelle domande mi stavano mandando in confusione. Volevo solo chiudere gli occhi e risvegliarmi a casa mia, quella in cui avevo vissuto con mia nonna prima che morisse. Desideravo riabbracciare Karin, lei e Grace erano le uniche persone che mi erano rimaste... e avevo perso anche loro.
-Nathan. Io ho imparato a conoscervi in questi mesi... Ho conosciuto te e Karin e mi sono affezionata a voi... ma non posso andare contro la giustizia e tu, se hai ancora un minimo di amor proprio... devi confessare. Fallo per Karin.
-Karin è morta.
-No. Non lo è...
-Mi stai prendendo in giro?! -esclamai alzandomi di scatto. Lentamente, Jenny mi spinse di nuovo verso la sedia.
-Non avrei dovuto dirtelo. Karin è viva. Ed io so perché. Perché la ami. E anche se in quel momento l'hai aggredita, non sei riuscito ad ucciderla. Non ce l'hai fatta... Le hai solo fatto un taglio superficiale.
-Karin... Karin è viva...?! -continuai ignorando le accuse che mi erano appena state fatte.
-A quanto pare per quell'ora tu non avevi un alibi... -disse Jenny.
-Io... ero al Microscoppio...
-No. Ci hanno detto che sei andato via alle 2:30 e quindi avresti avuto tutto il tempo...
-Sono stato in giro per Deer Park...
-Sì ma ti ha visto qualcuno? Hai delle prove che tu fossi in giro per il paese?
-No.
-Nathan... tutto è contro di te. Manca solo la tua confessione.
-E le telecamere? Anche le telecamere sono contro di me?
Jenny sospirò e riprese fiato.
-Non sappiamo come tu abbia fatto a eluderle...
-Jenny non sono stato io! Vuoi credermi?!
Sul suo viso potevo notare per la prima volta un velo di titubanza.
-Ti prego, dimmi se Karin sta bene! Voglio sapere solo questo.
-Sta bene. Chiede sempre di te.
Lasciai cadere la mia testa sul tavolo. Karin era viva. Questo mi bastava. Ora il resto non contava più. Nemmeno il fatto di finire in prigione mi importava granché.
Passai la notte in cella e il pomeriggio successivo mi tirarono fuori. Mi dissero che avevano controllato le videocamere sparse nel paese e in effetti mi scagionavano. Nell'ora dell'aggressione ero a circa un chilometro dal palazzo. Inoltre una grafologa aveva paragonato la mia calligrafia al biglietto di minacce, quello che aveva ricevuto Karin e che non era stato più trovato ma di cui avevo l'immagine nel cellulare. La grafia non corrispondeva.
Il fatto che avessero trovato riscontri nel DNA però, mandava in tilt chi conduceva le indagini.
Avevano rintracciato mio padre, l'unico che avrebbe potuto avere qualcosa in comune con me, ma fu un buco nell'acqua. Aveva alibi di ferro per ogni omicidio commesso.
Nel frattempo mi informarono che al palazzo Palme era stato commesso un altro assassinio. Questa volta duplice. Fedric e Nadia. Erano stati trovati morti nel loro letto.
Jenny non volle dirmi dov'era Karin. Me ne tornai a casa disperato e felice nello stesso tempo. Sentimenti contrastanti si facevano strada nella mia testa.
Un paio di giorni dopo ricevetti una visita.
-Ah... Mariana...
-Mi spiace per quello che ti è successo... Posso entrare?
-No.
-Senti... ti chiedo scusa se l'ultima volta ti ho... ti ho minacciato. Il fatto è che mi piaci...
-Uh... non me n'ero accorto! -replicai sarcastico. Quelle parole avrebbero dovuto mettermi a disagio ma ero troppo sconvolto per fermarmi a rifletterci sopra. -Quindi ti comporti così con i ragazzi che ti piacciono?!
-No... Solo che... Vedi, ho capito che non ho nessuna possibilità con te. Lo so. -la sua voce si fece ancora più dolce. -E poi c'era Karin di mezzo e...
-Non nominarla nemmeno!
-Io e lei non siamo mai andate d'accordo. Non la sopportavo per niente e quando ho visto che avevate legato... Poi quello stupido di Thomas...!
-Thomas? Tuo fratello? -mi suonava strano che avesse definito suo fratello deceduto da così poco tempo, in quel modo.
-Sì... Lui era stracotto di Karin! Parlava sempre di lei! Non lo sopportavo quando faceva così! -disse corrosa di rabbia.
-Mariana! -esclamai afferrandola per un polso. Ebbe un sussulto. -Tu sai chi è l'assassino! -l'accusai, illuminato da un'idea che mi era balzata in quell'istante.
-Cosa?! -si turbò improvvisamente. -Che... che stai dicendo?!
I suoi occhi lucidi cercarono altro da fissare. Non riusciva più a reggere il mio sguardo, segno di un profondo imbarazzo.
Si soffermò sulla mia mano che reggeva e teneva ben stretta la sua. Le scese una lacrima. Prontamente l'asciugò con un gesto secco delle dita. Passò gradualmente da un sorriso appena accennato ad una fragorosa risata, decisamente cinica.
-Tu stai delirando! -continuò a guardare la mia mano. Le faceva piacere il mio contatto, era evidente, perciò disgustato la lasciai.
Si toccò il polso con l'altra mano, accarezzandolo.
-Perché dovrei saperlo...? -fece con occhi maliziosi. Strinsi i miei seccato. Qualcosa mi diceva che quella sottospecie di persona non me la raccontava giusta. E dalla sua reazione alla mia accusa me ne convincevo sempre di più. Le feci segno di entrare ma lei accennò con la testa che non l'avrebbe fatto.
-Ho capito cosa vuoi... Adesso che hai un tornaconto vuoi farmi entrare? No caro. Io non dirò proprio nulla... anche perché non so chi sia l'assassino. -concluse con voce suadente. Mi mandò un bacio volante e salì su per le scale. Attesi indeciso. Volevo che confessasse. Di certo sapeva qualcosa, era evidente che fosse così. Indugiai poi decisi di salire anch'io ma arrivato al terzo piano sentii una voce soffocata provenire dalla casa della vecchia Bianca, la mamma di Regina. Non ne ero sicuro ma quella che udivo, sembrava proprio una richiesta d'aiuto. La porta era chiusa, così a strattonate riuscii ad aprirla.
-Aiutami giovanotto... ti prego! -esclamò l'anziana donna riversata sul pavimento -Aiutami...!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top