10. Dolce Grace
L'amore è attenzione.
-Susanna Tamaro
***
-È assurdo! Prima le gomme bucate poi il vetro del finestrino rotto! Sembra proprio che qualcuno si sia accanito contro la mia macchina!
-Ma che diamine! -esclamai stizzita.
-Mi spiace solo che si trovi dal lato tuo... Morirai di freddo finché arriviamo in ospedale.
-Non preoccuparti per me. Mi chiedo chi possa essere entrato stanotte a fare questo. Il cancello è chiuso e...
-Non l'hai capito? -mi interruppe Nathan. -È la stessa persona che l'ultima volta mi ha fatto sostituire le gomme. Regina mi odia. Ancora di più da quando ha scoperto che tenevo nascosta Nirvana nello stanzino.
-Perché insisti nel sostenere che sia lei? Non hai prove.
-Ho visto un ragazzo stanotte che si aggirava nei dintorni della tua auto. -sentimmo una voce alle nostre spalle. Era Morris, il barista che abitava al quinto piano, sullo stesso pianerottolo di Sal, il nipote di Regina.
Morris Kent viveva nel condominio con sua moglie Roxane e la loro figlia diciassettenne, dalla nascita di quest'ultima. In qualche modo l'uomo, di circa quarantacinque anni, era imparentato con Regina, anche se tra loro non scorreva buon sangue.
-Non l'ho visto bene ma sono sicuro che si trattasse di Thomas.
-Thomas? Chi è? -mi chiese Nathan.
-È il figlio di Regina. -rispose Roxane al posto mio. -Mio marito gli ha lanciato un urlo quando ha visto quello che ha fatto e lui si è volatilizzato.
-Visto? -disse Nathan seccato. -Mi sono avvicinato. Non è stata lei ma il figlio.
-Karin sicuramente sa perché quel cretino ti ha fatto questo. -aggiunse Morris. -Spiegaglielo.
-Ma a cosa ti riferisci? -domandai imbarazzatissima.
-Alla gelosia! ...Andiamo Roxane. I ragazzi devono parlare. -concluse Morris ammiccando.
Smisi di fissare i due che si allontanavano e mi ritrovai gli occhi di Nathan puntati addosso.
-Sono solo stupidaggini! -dissi notando la sua insistenza.
-Allora, se ho capito bene, Thomas è innamorato di te e, ovviamente non è corrisposto. Ha notato la nostra amicizia e crede che ci sia qualcosa di più tra noi, per questo vuole farmela pagare... Wow! Che metodi virili usa...!
Mi chiedevo come avesse fatto a capire ogni cosa al volo. Era davvero molto perspicace.
-Innamorato... Non esageriamo! Diciamo che a quello non se lo fila nessuno... e quindi ha pensato bene di rivolgere la sua attenzione su di me perché anche a me...
-A te, cosa?
-Non mi si fila...
-Non ci credo.
-Credici. Mi hai mai visto uscire con un ragazzo?
-Ma smettila. -fece lui dandomi una piccola spinta. Era assurdamente strano parlare con lui di quell'argomento. Un po' mi vergognavo. Inoltre da quando mia madre era in ospedale io e lui avevamo passato ore ed ore insieme ma non avevo più pensato a lui come a qualcos'altro di più di un amico. In quell'istante, invece quel tarlo tornò a corrodermi. Nathan però aveva appena definito il nostro rapporto "amicizia". Quindi dovevo accontentarmi.
-Intanto ti dico che Claus e Larry, sono rimasti folgorati da te!
-Claus e Larry? Chi?
-Quei due pazzi del mio gruppo. Mi chiedono sempre di te. Perché una sera non usciamo?
Per un attimo, ma solo per una frazione di secondo, immaginai che avesse rivolto a me e solo a me quella domanda.
"Perché una sera non usciamo?"
Gli avrei subito risposto di sì! Ma era ovvio che parlava di un "appuntamento" con più persone. E sicuramente ci sarebbe stata anche Alina.
-Se vuoi farmi distrarre non preoccuparti... -deviai l'invito. -Sto bene ma... ho una questione in sospeso con te.
-Capisco. Entriamo in macchina e me ne parli.
Come in un incubo le parole di quell'uomo riecheggiavano nella mia testa, alternandosi a quelle di mia madre...
"Sei un mostro, hai capito?!"
"Josh! Lascia andare Karin.... ti prego...!"
"No! È solo un piccolo mostro! Non merita di stare sulla faccia della terra!"
"Josh! Ridammi la mia bambina! Chiamo la polizia...!"
"Chiamala pure! Finché arrivi sarà troppo tardi!"
"Karin...! Karin!"
"Non avvicinarti! O la butto giù! Hai capito?! Non avvicinarti!"
"O mio Dio...! NO...!"
-...E così sotto lo sguardo impotente di mia madre... lui mi buttò giù...
Nathan socchiuse le labbra. Annaspò in cerca di parole ma non ne trovò.
-Non ricordo quasi nulla... -continuai. -Avevo sei anni e credo di aver rimosso molte cose legate a quella... tragedia. Eravamo in un bosco o qualcosa del genere. Lui mi teneva in braccio e sotto c'era il vuoto. Ricordo la paura impressa sul viso di mia madre e un odore sgradevole che veniva dagli abiti di quell'uomo. Alcol e fumo e non so cos'altro... Io ero pietrificata. Volevo solo che smettesse di stringermi e mi permettesse di correre dalla mia mamma... Quando mi lasciò, fu solo per posarmi a terra e poi spingermi di sotto.
Immaginavo che le mie parole dovevano essere scioccanti per chi ascoltava. Però era successo tutto in quel modo. Non c'erano altri termini per descrivere quella terribile vicenda.
-La mia mamma ha rischiato di perdermi. Ero messa davvero male ma... alla fine ce l'ho fatta. Ho dovuto superare non so quanti interventi. La dolce Grace si è presa cura di me. Non mi ha lasciata un attimo anche se all'inizio, quando ho ripreso conoscenza, non sapevo minimamente chi fosse. Ecco perché spesso la chiamo così... Non riuscivo a ricordare che fosse mia madre ma vedevo che stava in ospedale con me ventiquattro ore su ventiquattro e così la consideravo una carissima e dolce amica... la dolce Grace. È così che mi ha dato la vita per la seconda volta. È stata fondamentale per la mia guarigione fisica... Lui... lui invece l'ha passata liscia. È finito in un ospedale psichiatrico ritenuto incapace di intendere e di volere. L'hanno fatto disintossicare, l'hanno imbottito di farmaci e poi fuori... guarito...!
Nathan accostò la macchina. Spense poi il motore ed ebbe il coraggio di guardarmi in faccia. Scosse la testa tirando un profondo sospiro.
-È incredibile... quello che mi dici... non ci posso credere... Perché Karin?
-Era malato. Depressione, droga, alcol... disturbi di ogni genere... Non gli è bastato l'amore di mia madre per stare meglio... Lei gli è sempre stata vicino ma aveva un trauma alle spalle che si portava da bambino. Era stato maltrattato e abbandonato dai suoi genitori. E poi evidentemente non ero la figlia splendida che desiderava...
-Perché dici così...! Quello che è successo, pensi che sia colpa tua?! -si innervosì lui d'un tratto.
-A volte lo odio da morire...! Vorrei che non esistesse. E a volte penso che se fossi stata più carina...
-Non dirlo nemmeno per scherzo o ti tiro uno schiaffo! -esplose alzando la voce. La sua espressione era cupa, sembrava esageratamente coinvolto.
-Non arrabbiarti... è solo quello penso. -dissi con poca voce mentre sentivo il suo respiro affrettarsi.
-È quello che LUI ha voluto che tu pensassi! Ed è riuscito a trasmetterti questa convinzione! Ma ricorda Karin... -mi prese le spalle e mi fece specchiare nei suoi occhi. -Il mostro non sei tu... e ...Non sei affatto un mostro. -sollevò un angolo della bocca che si assottigliò per metà.
Me lo diceva sempre mia madre e la psicologa ma nessuno era mai riuscito a convincermi. Ora che di fronte a me Nathan, aveva pronunciato quella frase, una liberazione dall'interno mi fece quasi spiccare in volo. Credo che il mio viso dovesse essere luminoso in quel momento perché l'espressione di Nathan cambiò. Si accese anche lui e parve un cielo che veniva sgomberato da nere nuvole e lasciava spazio al sole e al cielo terso. Forse non avrei dovuto perdere tutte le speranze... probabilmente, almeno un po' gli piacevo...
Senza pensarci appoggiai la mia fronte alla sua e bisbigliai una sola parola: -Grazie...
Lui si irrigidì e quando spostandomi in dietro lo riguardai, i suoi occhi erano tornati come poco prima, spenti.
Avevo sbagliato tutto. Avevo capito male. Le sue parole le aveva dette per incoraggiarmi ma evidentemente non provava nulla per me.
Rimise le mani sullo sterzo e abbassando la testa guardò in giù. I suoi lisci capelli neri sfioravano il volante confondendosi con esso poiché erano dello stesso colore. Seguii ogni suo movimento. Notai gli occhi che si chiusero e come si lasciava cadere le spalle. Ero in totale confusione.
-Scusami... -tentai di recuperare in qualche modo il dialogo con lui. -Non volevo... cioè... il mio era un gesto di affetto... perché ormai mi sono affezionata a te.
Risollevò il capo.
-Anch'io. -disse guardando dritto di fronte a sé.
Spostò gli occhi verso l'orologio incastonato nel cruscotto.
-Stiamo facendo tardi.
-Sì andiamo. -furono le mie ultime parole.
I pensieri che mi turbavano assalendomi e facendomi sentire in colpa, svanirono all'istante quando dietro alla vetrata della camera di terapia intensiva, incrociai lo sguardo dell'uomo più spregevole e disgustoso del mondo.
-Karin... -disse lui vedendomi.
Ero stata io a chiamarlo ma non immaginavo minimamente che avrebbe avuto il coraggio di tornare.
-Sei venuto? -dissi, mantenendo le distanze. Con pochi passi mi arrivò vicino. Mi spostai mentre allungava le braccia per stringermi a sé. Non gli avrei permesso di toccarmi e tanto meno di abbracciarmi.
Gli occhi marrone scuro, sommersi dalle lacrime, le sopracciglia sollevate in una smorfia di dolore... mi faceva quasi pena. Ma non avrei mai abbattuto il muro di insensibilità che lui stesso mi aveva aiutato a costruire.
-Sta morendo...? -frignò indicando la vetrata.
-Se conoscessi bene la mamma, sapresti che non molla mai... non senza lottare!
-Hai ragione... -continuò lui tentando di trattenere i singhiozzi. Aveva la stessa identica faccia di quando era uscito dall'ospedale ed era venuto a chiedermi scusa. Ero stata durissima con lui. Gli anni erano passati e crescendo avevo capito cosa mi aveva fatto. Non poteva cavarsela solo con delle scuse!
-Sì... -disse soffiandosi il naso. Mi accorsi che Nathan non era più vicino a me ma dietro ai vetri a guardare mia madre. -Hai ragione. È la donna più forte che io conosca. Grazie Karin per avermi avvisato. Apprezzo molto il tuo sforzo. Ora vado... non voglio metterti in difficoltà. Tornerò stasera.
D'istinto aprii bocca per chiedergli dove avrebbe alloggiato. Poi mi trattenni. L'orgoglio mi trattenne. I suoi genitori e quindi miei nonni non erano più in vita e non aveva nessun parente che avrebbe potuto ospitarlo. Forse sarebbe andato in albergo...
-Ciao. -mi uscì solamente. Corsi poi vicino a Nathan a guardare la mia dolce, dolcissima Grace.
L'amavo. Se l'avessi persa, la vita non avrebbe più avuto senso per me.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top