2-3 in due sullo scooter
Dopo aver fatto il tatuaggio – uno spago legato attorno al braccio – Becca si ferma a parlare col bel ragazzo che le ha inchiostrato quel piccolo capolavoro di sfumature e ombre. Oltre a essere belloccio – questo è un pensiero fugace di Genni – è stato anche bravo: sembra davvero stringere la pelle attorno a cui è annodato.
Genni pensa a cosa potrebbe tatuarsi e a quando si è fatta l'ultimo l'anno scorso, il piccolo aquilone sulla spalla; niente più che un vezzo per il suo ventiduesimo compleanno. Il pensiero successivo la porta a ricordare quando si è fatta gli altri. Ne ha tre in tutto. C'è stato il primo, le zampe di gatto sulla caviglia, cinque anni prima, appena maggiorenne e poi il nome di sua sorella, all'interno dell'avambraccio, fatto tre anni prima. Ripensare a quello riapre la strada a un ricordo doloroso. Riesco a vedere una corona di fiori appassita nel sole prima che la voce di Becca distolga la mente di Genni. La porta della memoria mi viene sbattuta in faccia, ma tutti questi pensieri sono riusciti a distrarmi dall'inconcludente disamina sul caso-non caso che io sia tornato proprio qui.
Le due amiche escono dal negozio commentando assieme il bel lavoro e Genni, desiderosa di leggerezza, commenta anche il fondoschiena del tipo. Ridono, ma il momento è breve; Genni adesso ha il colloquio di lavoro e non ha nessuna voglia di andarci. Ha bisogno del lavoro, ma non le piace l'idea che sia stato Sergio a procurarle quell'appuntamento.
Cerco qualche informazione su questo Sergio. Ha un volto maturo nella mente di Genni, riesco a capire che è suo padre anche se la mente di Genni non è troppo collaborativa nel fornire informazioni. Non hanno buoni rapporti da anni e Genni non vuole essergli grata nemmeno per quel colloquio di lavoro. Una parte di lei si augura che vada male in modo da chiuderla lì e non pensarci più. Per un attimo accarezza l'idea di non presentarsi proprio, ma Becca si offre di accompagnarla in motorino e l'idea piace sia a lei che a me.
Viaggiare in due sullo scooter. Era un pezzo che non succedeva. Farlo per le strade di Firenze è un po' come tornare ragazzo, quando nella bella stagione ci spostavamo in gruppo da un punto all'altro della città in cerca di posti nuovi per fare le stesse cose. All'epoca non ero tra i ragazzi più spigliati o tra quelli con lo scooter più veloce, avevo un vecchio e malmesso Piaggio – un Sì per la precisione – che arrancava anche in piano e mi toccava darmi un gran da fare per tenere il passo dei miei amici mentre gli invidiavo sia gli scooter che le ragazze sulle selle, dietro di loro. Certo, all'epoca non mi sarei mai immaginato che un giorno sarei stato io la ragazza seduta dietro.
Becca non aveva con sé un secondo casco e così, al pari di Genni, mi godo il vento tra i capelli mentre ci muoviamo in mezzo al traffico. Quando Becca prende una buca e sbanda, per un attimo penso che il momento di Genni sia già arrivato, e credo lo pensi anche Genni perché le scappa uno strillo e poi inizia a ridere per la paura mentre si stringe a Becca.
«Cazzo! Così mi soffochi!» impreca Becca e Genni allenta un po' la presa mentre continua a ridere stretta a lei. Io non posso fare a meno di far caso alle tette di Genni, le nostre tette, che premono contro la schiena di Becca. Non credo che riuscirò ad abituarmi tanto presto a questa cosa.
***
Il colloquio, nonostante tutto, è andato bene. Il tipo mi è parso un tantino troppo interessato a ogni curva del corpo di Genni, ma da lunedì siamo in prova come banconista e ci pagano pure. Genni è ancora indecisa se prenderla come una buona notizia o meno – dover essere grata a Sergio non le piace – ma i soldi le fanno comodo.
Rientra in casa, saluta Dado e Nina, i suoi coinquilini, e prende dal frigo una busta di insalata. La apre, siede al tavolo e mentre guarda i messaggi accumulati sul cellulare inizia a mangiarla pescandola con la mano, come fossero patatine.
«Sarebbe il tuo pranzo?» domanda Dado dando voce alla mia stessa perplessità.
«Non ho fame» taglia corto Genni sprofondandomi nella costernazione. A quanto pare io e lei abbiamo punti di vista diversi sul vuoto nello stomaco che avverto.
«Un giorno ti troveremo a brucare le piante sulla finestra» Dado vuole solo scherzare, Genni lo sa, ma non è dell'umore.
«Ti sei dimenticato di nuovo la carta igienica» lo rintuzza secca, giusto per fargli capire che non è aria.
Dado sorride. È chiaro che non ha capito l'avvertimento e con l'indelicatezza tipica del maschio medio si accinge a replicare e saltare così, a cuor leggero, dritto su una mina. Giunge in suo soccorso Nina. «Dado va' a togliere quella cazzo di bici dal corridoio, mi ci sono quasi ammazzata uscendo dal bagno!»
Dado dice una delle sue stronzate e Nina gli impreca contro ridendo mentre lui va a spostare la bici, poi si volta comprensiva verso Genni. «C'è riuscita Becca a non farsela nelle mutande?»
Genni annuisce sgranocchiando lattuga. «Sì, ce l'ha fatta.» L'accenno all'amica comune la distende.
«E a te com'è andato il colloquio di lavoro?»
«Inizio lunedì. In prova, ma mi pagano.»
«Sembra buono» conviene Nina, ma senza sbottonarsi tanto di più. Da come guarda Genni è chiaro che sa della storia di Sergio.
«Scendo a fare una lavatrice, non ho più niente da mettermi» chiude il discorso Genni, grata a Nina per il tatto, ma bisognosa di stare da sola. Non finisce nemmeno la busta d'insalata, con buona pace della nostra fame.
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