16• Ticci Toby
La lunga strada che riportava a casa sembrava andare avanti, sempre più avanti… la strada continuava a distendersi davanti al veicolo all’infinito.
La luce che filtrava attraverso i rami degli alberi illuminava i finestrini, facendo brillare i suoi occhi.
La zona circostante era piena di altissimi alberi verdi che formavano una foresta intorno alla strada. L’unico suono era quello del motore dell’auto mentre viaggiava lungo il sentiero.
Era tutto così tranquillo e sereno…
Anche se la corsa sembrava bella, mancava ogni forma di “bellezza” per i suoi passeggeri…
La donna di mezza età dietro al volante aveva corti capelli castani che si intonavano bene con la sua carnagione scura. Indossava una t-shirt verde scollata e dei jeans blu.
Degli orecchini a forma di diamante decoravano le sue orecchie, che si intravedevano da dietro il suo taglio di capelli. Aveva gli occhi verdi, profondi, che brillavano sotto quella debole luce. Non c’era molta importanza nel suo aspetto…
L’espressione del suo viso era cupa e triste, anche se sinceramente sembrava una che sorrideva spesso.
Si soffiava il naso di tanto in tanto, e spesso dava uno sguardo nel retrovisore per guardare dietro, suo figlio giaceva sul sedile posteriore… era curvo su sé stesso, con le braccia strette al petto, e la testa premuta contro il freddo finestrino.
Il ragazzo non aveva alcun aspetto normale… chiunque poteva chiaramente vedere che qualcosa non andava in lui. I suoi capelli marroni erano disordinati, la sua pelle era chiara quasi grigia, e brillava alla luce che attraversava quel gelido finestrino. I suoi occhi erano scuri, a differenza di sua madre, lui indossava una t-shirt bianca e pantaloni normali che gli erano stati forniti dall’ospedale.
Gli abiti che aveva indossato prima erano così insanguinati, che non erano più indossabili.
Sul lato destro del suo volto mostrava alcuni tagli, e uno gli divideva il sopracciglio. Il suo braccio destro era fasciato fino alla spalla, era stato tagliuzzato profondamente quando il suo fianco destro aveva colpito il vetro dell’auto che andò poi in frantumi.
Le sue ferite sembravano essere dolorose, ma in realtà non riusciva a sentire… nulla. Non ha mai potuto sentire una singola cosa. Era solo una delle glorie del suo essere. Una delle tante sfide che ha dovuto affrontare crescendo. E’ cresciuto con la rara malattia che lo ha reso completamente insensibile verso il dolore. Mai prima d’ora si era fatto male. Se perdesse un braccio non se ne accorgerebbe nemmeno.
Un altro disturbo importante che aveva affrontato nella sua vita, era quello che lui chiamava “soprannomi offensivi”, che dovette sopportare nel breve periodo in cui frequentò la scuola elementare, prima di essere trasferito in una scuola privata. La sua malattia si chiamava Sindrome di Tourette, che gli ha causato non solo insensibilità al dolore, ma soprattutto tic nervosi che non riusciva a controllare.
Aveva anche imparato a rompersi il collo in modo incontrollabile.
Il suo vero nome era Toby Rogers, ma i ragazzi che lo prendevano in giro lo chiamavano “Ticci Toby”, e gli insulti lo portavano certe volte ad avere reazione estremamente esagerate… così fu espulso dalla scuola pubblica per il bene dei compagni.
Era troppo difficile per lui vivere in un ambiente di apprendimento comune con gli altri bambini, anche perché il suo divertimento più grande era pugnalare…
Toby guardava con aria assente fuori dal finestrino, il suo viso era privo di qualsiasi emozione, e ogni tanto le sue spalle o braccia, o i suoi piedi, si contraevano.
Ogni movimento improvviso dell’auto lo faceva innervosire. L’ultima volta che Toby vide il sedile della sua macchina fu quando si schiantò… pensava in continuazione a quell’incidente… inconsciamente, la sua mente riproduceva tutto ciò che aveva vissuto. Toby era stato fortunato, ma sua sorella no. Quando pensava a sua sorella maggiore, non poteva impedire che i suoi occhi cominciassero a lacrimare.
Tutti quegli orribili ricordi…
Il suo urlo fu interrotto quando la parte anteriore della vettura fu distrutta con all’interno i due fratelli. Tutto diventò bianco per un attimo, prima che Toby riaprì gli occhi per vedere il corpo di sua sorella. La fronte era trafitta dalle schegge di vetro, i fianchi e le gambe erano schiacciati sotto la forza del volante, il suo tronco era stato spinto dall’airbag che si era gonfiato in ritardo.
Quella fu l’ultima cosa che aveva visto… il cadavere della sua adorata sorella maggiore.
Il viaggio per tornare a casa continuò per quella strada che non sembrava finire mai. Fino a quando lo circondò un quartiere familiare, entrambi erano pronti per uscire dalla macchina e ritornare a casa.
Era un quartiere più vecchio del normale, con pittoresche casette tutte una accanto all’altra. L’auto si fermò davanti alla loro piccola casa blu, con i vetri bianchi.
Entrambi hanno subito lo sguardo della figura familiare che si è distinta in modo rigido dietro i vetri bianchi. Toby poteva già sentire la rabbia e la frustrazione su di lui alla vista del padre.
Sua madre ha parcheggiato la vettura nel vialetto accanto a lui prima di spegnere il motore, e si preparò a uscire e ad affrontare il marito.
“Perché è qui?” Disse piano Toby mentre guardava sua madre che lo aveva raggiunto per aprirgli la portiera.
“E’ tuo padre Toby, è qui perché vuole vederti” Sua madre rispose con una voce monotona, cercando di apparire il meno triste possibile agli occhi del figlio.
“Eppure non è stato in grado di guidare fino all’ospedale per vedere Lyra prima di morire” Toby puntò gli occhi sulla finestra.
“Era ubriaco ieri notte, non poteva guidare” “Sì, certo!” Toby spinse la porta prima che sua madre incrociasse lo sguardo del padre.
Toby non poteva fare altro che presentarsi a testa bassa, guardando i piedi severi del padre, rigido su sé stesso.
Sua madre e suo padre si guardarono…
Suo padre aprì le sue braccia, in attesa di un abbraccio da parte di sua moglie, ma lei lo prese per mano e lo accompagnò dentro mettendo un braccio intorno alle spalle di Toby, e incoraggiandolo ad entrare in casa.
“Connie”, disse il marito con voce roca, “Ti ho dato il benvenuto a casa con un abbraccio…”
Lei ignorò le parole del marito, e prese per mano Toby “Hey, ha 16 anni, può camminare da solo!” disse suo padre mentre li seguiva da dietro.
“Ne ha 17!” Ribattè Connie prima di chiudere la porta.
“Toby, vuoi che ti accompagni in camera tua per riposare? Verrò a prenderti quando la cena sarà pronta”
“No, ho 16 anni posso camminare da solo”, ribattè Toby con tono sarcastico. Guardò il padre prima di salire la piccola rampa di scale per poi sbattere la porta con violenza.
La sua piccola camera non era molto per lui… un piccolo letto, una cassettiera, una finestra, e le pareti tappezzate di foto, tutte rappresentavano la sua famiglia… quando ancora erano una famiglia.
Suo padre era un alcolizzato, e ha agito sempre con violenza verso la sua famiglia.
Toby ricordò quando il padre discusse con sua madre, lui l’aveva afferrata per i capelli e l’aveva spinta a terra, e quando Lyra cercò di difendersi, la spinse con violenza e la sua schiena andò a sbattere violentemente in un angolo del bancone della cucina.
Toby non lo avrebbe mai perdonato per quello che aveva fatto alla madre e alla sorella. Mai.
A Toby non importava quando il padre lo picchiava, lui non poteva sentire dolore, ma quello che gli traffigeva il cuore è che aveva fatto del male alle uniche persone a cui teneva.
E quando in ospedale, la sorella aveva dato il suo ultimo respiro, l’unica persona che non era presente era proprio lui, il padre.
Toby restò tutto il giorno a guardare fuori dalla finestra.
Quando giunse l’ora di cena la madre lo chiamò, Toby scese le scale ed esitante si sedette al tavolo di fronte a suo padre, tra la madre e una sedia vuota.
Era tranquillo come i suoi genitori, la madre gli mise il piatto davanti, ma Toby non mangiò. Fissava continuamente il padre con sguardo vuoto.
Sua madre diede una leggera gomitata a suo padre, per evidenziargli il cibo di Toby, che non aveva toccato. Toby si lanciò sul letto. Era stanco, ma non c’era modo di addormentarsi. Non poteva, era invaso dai pensieri… proteggere sua madre, non poter mai perdonare suo padre, e il suo odio infuocato verso tutti coloro che lo circondavano.
Sentì la porta aprirsi. Sua madre entrò nella stanza e si sedette affianco a lui. Lei allungò la mano e gli accarezzò la schiena.
“So che è difficile Toby, credimi anche per me lo è, ma ti prometto che d’ora in poi andrà tutto bene”
“Per quanto dovrà rimanere ancora?” Disse Toby con un tono innocente e con voce tremante.
Connie lasciò cadere lo sguardo ai suoi piedi. “Non lo so tesoro, per quanto ne so lui potrebbe restare” rispose lei.
Toby non rispose. Continuò a guardare il muro, tenendo il braccio danneggiato vicino al suo petto.
Dopo qualche minuto di silenzio, la madre sospirò, si chinò a baciargli la guancia e si alzò per uscire dalla stanza. “Buonanotte”, disse mentre chiudeva la porta.
Le ore passavano lentamente, e Toby non poteva smettere di girarsi e rigirarsi. Ogni volta la sua immaginazione lo coglieva di sorpresa: poteva ancora sentire lo stridio dei pneumatici e le urla di sua sorella. Toby si contraeva in continuazione nel suo letto. Gettò via le coperte dalla schiena, immerse la faccia nel cuscino e pianse. Poteva sentire il suo petto alzarsi e cadere mentre alzava la testa per respirare…
Poteva sentire il suo pianto pietoso. Si sarebbe messo a urlare se non fosse stato per il cuscino. Dopo pochi secondi si staccò il cuscino dalla faccia e si mise a sedere, curvo, respirando affannosamente, le lacrime inzuppavano il suo viso. Non poteva fare a meno di piangere. Cercò di trattenersi, ma non poteva evitare di lamentarsi mentre sedeva lì tremante.
Si alzò, andò alla finestra e guardò fuori, prendendo respiri profondi e cercando di calmarsi. Si stropicciò gli occhi e guardò il gruppo di alberi di pino lungo la strada.
Si fermò di colpo, incentrò lentamente lo sguardo su qualcuno che stava in piedi sotto il lampione. Sentì un ronzio nelle orecchie e non riuscì a distogliere lo sguardo.
La figura giaceva lì, in piedi, accanto alla luce, era circa due metri più basso del lampione, le braccia lunghe drappeggiavano ai suoi lati mentre fissava Toby con i suoi occhi non-esistenti.
Senza occhi, senza bocca e senza naso, eppure il suo sguardo era ipnotizzato su Toby, apparentemente stava scrutando il suo essere. Il ronzio nelle orecchie diventava sempre più forte a ogni secondo che passavano a fissarsi, e improvvisamente tutto divenne nero.
La mattina dopo Toby si svegliò nel suo letto. Si sentiva diverso. Egli non era affatto stanco, e quando si svegliò, si sentì come se fosse stato lì disteso, sveglio per ore. Non aveva nessun pensiero che gli attraversava la mente. Si mise a sedere lentamente barcollando verso il muro, ma quando si alzò sentì automaticamente le vertigini. Barcollò verso la porta e scese le scale.
Suo padre guardava la tv, e sua madre si dedicava alla lettura del giornale. Subito voltò lo sguardo quando sentì la presenza di Toby dietro di lei.
“Beh, buongiorno dormiglione!” disse salutandolo con un sorriso.
Toby lentamente, guardò l’orologio e si accorse che erano le 12:30.
“Ti ho fatto la colazione, stavo per svegliarti, ma faceva freddo e avevi bisogno di dormire” La sua espressione felice si trasformò in preoccupazione quando Toby non rispose…
“Stai bene?”
Toby inciampò e si sedette affianco a suo padre. Si sentiva folle, e non aveva alcun controllo delle sue azioni. Vedeva tutto ciò che faceva, ma il suo cervello non registrava in modo corretto.
Allungò la mano per tenersi a suo padre, ma la sua mano finì per dargli uno schiaffo. Suo padre si voltò verso di lui bruscamente e spinse la sedia con il piede. “Non mi toccare ragazzo! “Urlò.
I giorni passavano, e le cose continuarono ad accadere come sempre. Connie trascorreva la maggior parte del tempo a pulire la casa, e suo marito a imporgli ordini.
Toby restava chiuso nella sua stanza. Stava seduto sul suo letto…a tremare. Camminava in continuazione intorno alla sua camera come un animale in gabbia, e avvolte guardava fuori dalla finestra.
Connie continuava ad essere sottomessa dal marito, inconsapevoli di cosa stava accadendo all’interno di quella “gabbia”.
Prima che potesse rendersene conto, comincò a masticarsi le mani, strappando la carne dalle sue dita. Rosicchiò le mani fino a farle sanguinare.
Quando sua madre entrò in camera, lei reagì orribilmente. Si precipitò al piano di sotto e afferrò il kit di primo soccorso. Avvolse le sue mani nelle bende. Da quel momento non lo lasciò più da solo.
Toby si isolò, come se non bastasse il suo odio per gli altri. La sua memoria cominciò a mancare per minuti, poi per ore, giorni, e così via. Cominciò a parlare di cose senza senso, di cose del tutto estranee alle conversazioni dei suoi genitori. Iniziò a vedere e a sentire cose che non c’erano: squali nel lavandino mentre lavava i piatti, sentiva grilli nel suo cuscino, e vedeva fantasmi fuori dalla finiestra. Sua madre si preoccupò moltissimo per lo stato mentale del figlio, e si convinse che sarebbe stato meglio rivolgersi ad un professionista.
Connie entrò insieme a Toby nell’edificio, tenendo la sua mano stretta a sé. Sentì una voce alle sue spalle:
“La signora Rogers?” Chiese una donna.
“Sì sono io” Connie annuì: “Siamo qui per vedere la dottoressa Oliver”
“Sì, proprio così” La signora si alzò e li condusse verso un lungo corridoio. Toby non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle bellissime pareti colme d’arte…
Aprì la porta di una stanza, all’interno, un tavolo e due sedie.
“Toby può entrare e aspettare il dottore” Disse la donna sorridendo.
Toby entrò nella stanza e si sedette davanti al tavolo. Guardò sua madre prima che la donna chiudesse la porta dietro di lui. Si guardò intorno… via libera… alzò le mani strettamente bendate e cominciò a mordere le bende e a scartare le sue mani, ma fu interrotto quando la porta si spalancò e una giovane donna in abito maculato e con capelli biondi, entrò nella stanza, in possesso di un block notes e una penna.
“Toby?” Chiese con un sorriso.
Toby la guardò e annuì.
“Piacere di conoscerti Toby, io sono la dottoressa Oliver” gli porse la mano, ma l’abbassò quando vide le mani bendate di Toby. “Oh…” sorrise nervosamente prima di schiarirsi la gola, si sedette al tavolo davanti a lui.
“Ho intenzione di farti alcune domande, cerca di rispondere nel modo più onesto possibile, va bene?” disse appoggiando il block notes sul tavolo.
Toby annuì mentre teneva le mani sul grembo.
“Quanti anni hai Toby?”
“17” rispose tranquillamente.
Lei annotò subito nel suo blocco…
“Qual è il tuo nome completo ”
“Toby Erin Rogers”
“Quand’è il tuo compleanno?”
“28 Aprile”
“Da chi è composta la tua famiglia?” Toby si fermò per un minuto prima di rispondere alla sua domanda…
“La mia mamma, il mio papà, e…” si fermò… “M-mia sorella…”
“Ho sentito parlare di tua sorella… Mi dispiace davvero, Toby” la sua espressione svanì in uno sguardo triste, pieno di compassione.
Toby annuì.
“Ti ricordi qualcosa dell’ incidente Toby?” Toby distolse lo sguardo dalla donna. La sua mente si svuotò per un momento. Guardò in giro, nei dintorni, sentì un tintinnio flebile. I suoi occhi si spalancarono e si bloccò…
“Toby…” chiese la donna “Toby stai ascoltando?”.
Toby sentì un brivido lungo la schiena, finchè non si bloccò nuovamente, e lentamente guardò fuori dalla piccola finestra… dove lo vide. Il buio totale avvolgeva la figura alta che sbirciava dalla finestra per poter vedere dentro di lui. Lo fissò, spalancò gli occhi, tornò il ronzio nelle orecchie, come la prima volta che lo vide, sempre più forte fino a quando una voce non lo fece sobbalzare.
“Toby!!!” urlò la donna.
Toby saltò e cadde di lato, sbattendo la schiena contro l’angolo del tavolo.
La Dottoressa Oliver si alzò e lo prese di petto. Lo guardò con sguardo sorpreso.
Toby chiuse i suoi occhi, respirava affannosamente per quanto si era contratto.
Quella notte Toby se ne stava sdraiato sul letto. I suoi occhi smarriti fissavano dritti verso il soffitto. Sentì una dispersione di passi venire dal piano di sotto.
Si mise a sedere e guardò verso la porta spalancata. Non c’era luce, tutto era illuminato dal bagliore luminescente blu della luna che attraversava la finestra. Si alzò e si diresse lentamente verso la porta, quando improvvisamente gli venne sbattuta in faccia. Lui rimase a bocca aperta e cadde all’indietro. Appena colpì il pavimento iniziò a respirare affannosamente con gli occhi spalancati. Attese qualche secondo prima di rialzarsi in piedi. Allungò la mano e afferrò la maniglia fredda della porta con la mano fasciata… la portà cigolò.
Guardò nel corridoio buio e uscì in punta di piedi fuori dalla sua stanza. La finestra in fondo al corridoio illuminava l’oscurità con la luce blu della luna.
Sentiva dei passi fruscianti attorno a lui, delle deboli risatine accompagnate dal ticchettio di piccoli piedi… come… se fosse… un bambino…
Il corridoio era molto più lungo di come se lo ricordava… Sembrava senza fine… come il ritorno a casa dall’ospedale. Udì il cigolio della porta di fronte a lui.
“Mamma?” Gridò con voce tremante.
Improvvisamente una porta sbatté dietro di lui, saltò e si voltò. Dietro di lui sentì un lungo gemito lugubre. Si voltò più in fretta che poteva.
E improvvisamente si ritrovò faccia a faccia la sorella… I suoi occhi offuscati di bianco, la sua pelle era pallida, e la parte destra della mascella penzolava dal tessuto muscolare, pezzi di vetro era conficcati nella sua
fronte, sangue nero colava dal suo viso, i capelli biondi erano tirati indietro in una coda di cavallo come li aveva sempre portati, indossava la sua t-shirt grigia e i pantaloncini da atleta, era completamente ricoperta di sangue… Le sue gambe erano piegate in un modo innaturale… il suo viso era a solo un centimentro di distanza da quello del fratellino…
Toby strillò e cadde all’indietro. Cominciò a strisciare all’indietro lontano da lei, ma non era in grado di rompere il contatto visivo, il suo volto vuoto, i suoi occhi morti…
Si trascinò all’indietro fino a
quando non lo bloccò qualcosa…
Si fermò per un secondo. Regnava il silenzio più totale, si sentiva solo il suo respiro pesante e i suoi singhiozzi. Lentamente alzò lo sguardo fino ad incontrare il volto bianco di un’alta figura scura che si ergeva sopra di lui.
Dietro quell’enorme alta figura sinistra, giacevano i cadaveri di tanti bambini, fra i 3 e i 10 anni, i loro occhi completamente neri, i loro corpicini insaguinati… il sague era ovunque…
Urlò e si alzò più in fretta che poteva, ma cadde a pancia a terra, e si accorse che le sue caviglie erano legate da dei giganteschi rami neri. Cercò di urlare, ma non riusciva ad emettere nemmeno un suono. Ansimava e non riusciva a respirare… poi tutto divenne nero.
Toby si svegliò di soprassalto. Urlò e si mise a sedere più in fretta che poteva, completamente senza fiato. Cercava di respirare, teneva le sue mani bendate strette sul petto. “E’ stato solo un sogno”… “solo un sogno…”
Si alzò e si diresse verso la finestra.
Non vide niente. Nessuno era là fuori. Nessun fantasma. Non esistono. Niente.
Sentì il padre tossire, il suono proveniva dal corridoio.
Si avvicinò e aprì la porta. Guardò fuori nel corridoio, come aveva fatto nel suo sogno. La tosse proveniva dalla cucina dove trovò suo padre in piedi, circondato completamente dal fumo…
Toby aspettò un secondo, lo guardava da dietro l’angolo prima che quella sensazione ardente iniziò a bruciargli il cuore….
Era profonda, bollente, la rabbia lo stava mangiando vivo…
“Fallo, fallo, fallo”, sentiva una voce dentro la sua testa. Si voltò e alzò le braccia. Riprese il controllo di sé stesso, a differenza delle ultime settimane, da quando era tornato a casa dall’ospedale. Per quegli ultimi pochi attimi, aveva veramente sentito la SUA voce nella testa.
“Uccidilo, uccidilo, uccidilo”, continuò. Toby tremava… No!!! No!!! Non poteva uccidere suo padre… stava impazzendo?
No!!Toby non poteva uccidere!!! Non poteva. Odiava suo padre, ma non così tanto da volerlo uccidere.
Ma cosa stava succedendo?!?! Non ce la fece più… la SUA voce era troppo pesante… era troppo dolorosa…
Cominciò a camminare verso suo padre.
Mimetizzandosi fra il fumo afferrò il coltello più grande che aveva in casa sua e lo strinse nella mano. La SUA voce, quella sensazione ardente… era troppo forte…
Emise una risatina. “Eh… eheheh… hehehehehe! HAHAHAHA!” cominciò a ridere così forte che aveva difficoltà a respirare. Suo padre si voltò bruscamente prima che uno spintone lo sbattesse violentemente a terra. Lui grugnì. “… Che cosa!?…” guardò il ragazzo che stava sopra di lui, con il coltello da cucina in mano.
“Toby cosa stai facendo!?” Andò a sedersi e mise le braccia davanti a sé per autodifesa… Toby gli afferrò il collo, ma il padre si allungò e gli bloccò la mano afferrandolo per il polso.
“Non riuscirai a sbarazzarti di me, stronzetto!” Urlò, riuscì ad impiantare il coltello nella spalla di Toby, ma lui non si fermò. Lo sguardo negli occhi di Toby… non era quello di un sano di mente.
Sembrava che un demone avesse preso il suo controllo. Urlò e pugnalò il petto di suo padre, ma lui gli afferrò nuovamente il polso, ancora una volta. Provò a spingerlo indietro, ma Toby gli sferrò un duro colpo dritto sul viso. Suo padre si ritrasse e afferrò con le mani la sua faccia, ma Toby colpì dritto nella sua spalla.
Suo padre si lasciò sfuggire un grido e riuscì a strappargli il coltello, ma prima che potesse difendersi, Toby gli tirò nuovamente un duro pugno in faccia. Riempì la faccia del padre di pugni ridendo, nonostante non riuscisse a respirare. Gli spezzò il collo e si riprese il coltello. Pugnalò in profondità il petto di suo padre, affondò il coltello nel cuore ripetutamente, il sangue schizzava dappertutto.
Non si fermò fino a quando il cuore del padre non si fermò violentemente.
Gettò il coltello e si chinò sul suo corpo, tossendo e ansimando. Fissò il cadavere di suo padre, completamente ricoperto di sangue e con la faccia fracassata, fino a quando un forte grido ruppe il silenzio. Vide sua madre in piedi a pochi metri di distanza, coprirsi la bocca, e con le lacrime agli occhi.
“Toby!” urlò: “Perché l’hai fatto?” gridò. “P-perché!” gridò di nuovo. Toby si alzò e si allontanò dal cadavere insanguinato del padre, correndo fuori dalla cucina.
Guardò le sue mani ricoperte di bende e sporche di sangue, si voltò, guardando sua madre per l’ultima volta prima di dirigersi fuori casa. Corse in garage, sbattè la mano contro il pannello di controllo sul muro e premette il pulsante per aprire la porta del garage. Afferrò le due asce di suo padre, una era nuova, aveva un manico arancione e una lama lucente, l’altra era vecchia con un manico di legno e una vecchia lama smussata. Guardò il tavolo e puntò gli occhi su una scatola di fiammiferi e su un serbatoio di benzina rossa situata sotto il tavolo. Tenendo entrambe le asce in una mano, afferrò i fiammeri e la benzina prima di correre fuori dal garage, lungo il viale.
Poteva sentire le sirene della polizia che lo raggiungievano. Si voltò e vide le luci lampeggianti rosse e blu che erano vicinissime, Toby si precipitò giù per la strada. Si fermò per un secondo prima di togliere il tappo dal serbatoio di benzina, sparse la benzina su tutta la strada fino ad arrivare agli alberi.
La versò fino all’ultima goccia, tirò fuori un fiammifero, lo colpì contro la scatola, e lo lasciò cadere immediatamente. In un istante, le fiamme scoppiarono intorno a lui.
Il fuoco ardeva sugli alberi e sui cespugli intorno a lui, e prima di poter fare qualsiasi cosa, fu circondato dall’incendio.
Le sagome delle auto della polizia erano visibili attraverso le fiamme, mentre si allontanavano dalla foresta. Si guardò intorno, ma la sua vista era stata offuscata, il suo cuore batteva forte, e lentamente chiuse gli occhi. “Ecco… finalmente… è arrivata la fine” pensò Toby.
Qualcosa si poggiò sulla spalla di Toby. Aprì gli occhi e si voltò per vedere una grande mano bianca dalle lunghe dita ossute che giaceva sulla sua spalla. Con lo sguardo seguì il suo braccio con mano fino a vedere una figura scura e torreggiante. Sembrava indossasse un abito nero, la sua faccia era completamente vuota. Si sentì circondato… quell’uomo enorme l’aveva preso in braccio.
Toby si risvegliò… era completamente circondato da rami neri… sì… SlenderMan gli aveva salvato la vita, e lo aveva preso con sé.
E’ così che Toby diventò un Proxy.
Slender lo costrinse a diventare suo schiavo… da quel giorno, Toby, si aggira con degli occhialoni arancioni, una maschera da cannibale, e le due ascie insanguinate di suo padre…
…Va ad uccidere…
…Per Lui…
…Per lo Slender Man…
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