Il portale

La morsa dell'inverno era straziante in quella gelida mattinata di Dicembre. Riuscii a malapena ad alzarmi dal misero, consunto letto in cui ero solito rimuginare, al calar del sole, su certi avvenimenti passati che preferirei non rievocare. Guardando attraverso i vetri delle mie finestre notai che stava nevicando, come al solito... come non poterselo aspettare, d'altronde, lì a Syracuse. Non vedevo veramente l'ora di abbandonare il lurido grigiume, l'empio squallore che impregnava quell'insulsa città...

Senza la benché minima voglia mi diressi in cucina per preparare la colazione, accompagnato dal lacerante ticchettio delle lancette dell'orologio... assordante, fastidioso, mi dava sui nervi ogni secondo di più, quasi scandendo la mia esistenza con ritmi mesti, insipidi, privi di ogni significato.

"Padre Logan, quando tornerai nell'arcidiocesi a Denver? Abbiamo tanti progetti da completare insieme agli altri ragazzi e tutti siamo impazienti di rivederti presto!"

"Ahahah, tranquillo Aaron, tornerò prima di quanto vi aspettiate, promesso. Devo solo prendermi un periodo di riposo, tutto qui... vorrei stare un po' con me stesso per riflettere, staccare la spina insomma. Ma non temere, Chloe vi aiuterà con gli addobbi natalizi, sarà sicuramente alla mia altezza."

Mandai al diavolo la colazione. Ogni singola sinapsi, ogni singola cellula del mio corpo mi suggeriva di fare qualcosa, qualcosa che non afferravo, non riuscivo a capire... decisi pertanto di fare una bella passeggiata tanto per schiarirmi le idee ed allontanarmi per almeno qualche ora dall'opprimente noia del mio piccolo appartamento. Portai con me una giacca a vento e due guanti di lana, per fortuna non soffro più di tanto il freddo (inoltre qui a Syracuse penso di aver sviluppato una sorta di resistenza verso di esso) e mi diressi subito verso il boschetto vicino a casa mia, che spesso osservo dalla finestra: è un grande sollievo per me avere un simile svago in una tanto soporifera città, perlomeno considerando che nel quartiere in cui vivo si diffonde scalpore tra i cittadini per un semplice furto. Iniziai a camminare con passo cadenzato, finchè non arrivai al margine di una piccola radura - come il resto del bosco - completamente innevata. Dopo aver svoltato per un angusto sentiero, arrivai a quella che in passato doveva essere una piccola piazza.

Ormai non lo era più.

Tutto era completamente ricoperto da un densissimo strato di neve, superiore anche a quello precedente, tanto che feci fatica a muovermi nel terreno nonostante i miei scarponi.

E poi, beh... arrivai nel santuario, o almeno così mi sembrò più opportuno chiamarlo... e anche dopo tutti i miei viaggi con la diocesi nel cuore della Grecia, la cosa che si presentò davanti a me era ignota.

Il modo migliore che avrei per descrivere ciò che vidi è: un enorme arco (almeno dieci metri di altezza e cinque di larghezza), non complesso nella forma, formato da due colonne inclinate che si andavano a congiungere formando all'apice una sorta di triangolo. Dietro ad esso non c'era nulla che facesse pensare ad altre rovine, quindi esclusi subito che si trattasse della parte restante di una costruzione sacra. Solo un unico, enorme arco in mezzo al bosco....

Le mie emozioni in quel momento erano miste, quasi indecifrabili anche per me. Provavo un senso di meraviglia, stupore, misto ad una inquietudine di fondo. Era qualcosa che mi affascinava, ma al tempo stesso non doveva essere lì... né in quel momento, né in quella circostanza... non doveva esistere, impossibile. Mi avvicinai arrancando nella neve, sentendomi sempre più piccolo davanti a quel gigante sconosciuto. Notai qualcosa di insolito: entrambe le colonne portanti erano riccamente decorate con incisioni e segni arcaici, in parte irriconoscibili. In secondo luogo, tutto il terreno e gli alberi circostanti erano innevati, eccezion fatta per quell'artefatto, che sembrava pressoché intatto. Da quanto tempo era lì? La mia mente stava esplodendo, tanti erano i miei quesiti. Mentre non riuscii a decifrare la scrittura (sembravano geroglifici, ma presentavano analogie sia con l'aramaico che con l'ebraico) mi concentrai di più sul colonnato. Vi erano probabilmente rappresentati i bassorilievi migliori che io avessi mai visto, così variegati, vividi e magnifici da lasciarmi sconcertato, maledicendo il fatto di non aver portato con me la fotocamera. In essi riconobbi alcune scene riportate nelle Sacre Scritture: la strage degli innocenti, l'Esodo, l'Annunciazione... vi erano anche i tre patriarchi della Terra di Canaan, il Re Saul, David e il Cristo in persona che sembravano ammonirmi, con uno sguardo perso ma lacerante. Tutto però sembrava così vuoto, privo di energia, spento... come se l'antica forza che l'arco emanava un tempo fosse ormai venuta meno, caduta in un profondo sonno, in attesa di essere risvegliata da qualcosa, o qualcuno.

Il silenzio di tomba che regnava nel luogo fu solo interrotto dalla presa di volontà del mio senso interiore, che in quel momento si manifestò con tutta la sua inarrestabile potenza. Quasi guidato da una forza inesplicabile ed eterea, valicai il confine dell'arco, passandoci esattamente sotto.

Sussultai.

Mi sentii avvolgere da una sorta di nebbia che mi fece raggelare il sangue, come se all'improvviso fossi entrato in contatto con temperature glaciali. Vidi il cielo diventare sempre più scuro, la neve tutto attorno sciogliersi all'istante. Non riuscivo ad emettere un singolo lamento, ma fortunatamente potevo muovere il mio corpo... al che mi attraversò la mente il pensiero di essere stato punito da Dio in qualche modo. Egli sapeva, in fin dei conti. Vidi gli angeli di granito grondare di una melma nera come la pece, la quale emanava un tanfo indescrivibile. Capii a mio malgrado che ero entrato nella tana del lupo: in una frazione di secondo congiunsi le mie mani e con tutte le mie forze recitai tra me e me il Pater Noster, pronto in qualsiasi momento ad affrontare la mia nemesi... sia che fosse un morto che un vivo, sia un umano che un demonio. Mi sentivo ghernito da mille forze, in agguato da ogni singola direzione in cui volgevo lo sguardo.

All'apice della sofferenza, caddi a terra annichilito e stremato. Non vidi più nulla.

Mi risvegliai poco dopo, o forse molto tempo dopo... non ne avrò mai la certezza assoluta. Mi alzai a stento, ancora colpito da dei forti capogiri. Analizzai l'ambiente in cui mi trovavo. Era sempre lo stesso. Stessa radura, stessi alberi. Ma c'erano dei particolari diversi: lo spesso manto di neve era stato sostituito da uno di foglie autunnali, presumibilmente appena cadute. Eh, mi ci volle poco a capire che l'incubo non era ancora finito. Il "portale" sembrava sparito, e la zona era completamente desolata. Per quanto riguarda il cielo, esso presentava dei colori a dir poco tetri, ma senza nuvole. Colto da un'ira improvvisa, iniziai a dimenarmi furiosamente, sbraitare e invocare l'aiuto del Signore affinché mi proteggesse da quella mostruosa trappola. Mi accorsi solo dopo che non ero solo.

Una strana figura incappucciata sembrava scrutarmi dal limitare del bosco. La guardai intensamente, con le lacrime agli occhi, per più di un minuto, prima che si muovesse. Avanzò di parecchi metri, ponendosi esattamente di fronte a me, senza che io riuscissi tuttavia a scorgere altri particolari. Con il cuore traboccante di terrore, mi avvicinai al figuro dopo aver chiamato a raccolta tutte le mie forze rimanenti. Lo vidi, lo guardai dritto negli occhi. Il suo volto era estremamente pallido, apparentemente liscio e levigato come quello di un bambino. Anche le sue mani erano perfette, affusolate, quasi come quelle di un pianista. Se non fosse stato per il colorito cadaverico, lo avrei tranquillamente scambiato per una persona comune.

Ormai in preda all'orrore più totale, portai d'istinto la mano dentro la tasca del mio cappotto, dove mettevo sempre il mio crocifisso... solo per scoprire che era stato letteralmente trasformato in polvere. Alzai il capo affranto. Lui continuava a tenere gli occhi fissi su di me, questa volta accennando un sorriso assorto. Nel frattempo, il mio corpo e il mio animo erano allo strenuo delle forze, ormai alla sua mercé.

Dopo non molto, egli distolse lo sguardo da me... tese il suo braccio, indicando un punto nel terreno in mezzo a noi due. Lentamente, lo strato di fogliame si scostò, rivelando il corpo esanime di un bambino. Distrutto dal dolore e dal rimorso, mi inginocchiai ai suoi piedi e piansi, piansi per la prima volta dopo un lungo periodo di tempo. Piansi lacrime amare, e cercai di supplicarlo affinché avesse pietà di me, affinché ottenessi la redenzione...

E con sguardo neutro, quasi indifferente parlò. La sua voce distorta, metallica, malevola e opprimente mi trapassò l'animo facendo morire in me ogni speranza, portando alla luce le tragedie passate che io credevo sepolte.

"Chiunque si sia macchiato di infanticidio non verrà ammesso nel Regno dei Cieli."


[Creepypasta scritta da CacoDaemon, Creepypasta Italia Wiki]

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