Codex Gigas
Il Codex Gigas (tradotto come "libro gigante") è il più grande manoscritto medioevale giunto fino ai nostri giorni e attualmente si trova nella Biblioteca Nazionale di Svezia.
Le sue dimensioni sono impressionanti: 92 centimetri di lunghezza, 50 centimetri di larghezza e 22 di spessore, e il peso totale è di 75 chilogrammi. É rilegato da una copertina di legno ricoperta da pelle, ed inizialmente possedeva 320 pagine in vellum; tuttavia otto di queste risultano essere state rimosse per motivi non ben chiari. Il vellum é un tipo di pergamena molto fina, anche denominata "pergamena uterina", poiché ricavata dalla pelle di vitellini nati morti o ancora in fase fetale.
Il testo include moltissimi scritti: la Etymologiae di Isidoro di Siviglia, due lavori di natura storica di Giuseppe Flavio, ovvero Antichità giudaiche e la Guerra giudaica, una storia della Boemia (Chronica Boëmorum) di Cosma Praghese, vari trattati di storia, etimologia e fisiologia, un calendario con la lista dei santi, l'elenco dei monaci dei monasteri di Podlažicama, alcune formule magiche e altri documenti tra cui gli alfabeti greco, cirillico ed ebraico. L'intero libro è scritto in latino.
Per questi motivi l’opera è considerata uno degli oggetti più strani, enormi e affascinanti del passato.
Il codice pare sia stato scritto attorno al 1229 da un monaco benedettino del monastero di Podlažice, in Repubblica Ceca, un certo Herman il Recluso.
Secondo la tradizione, egli fu condannato ad essere murato vivo per aver infranto i voti. Per salvare la propria vita, il religioso decise di scrivere in una sola notte una summa enciclopedica che racchiudesse tutto lo scibile umano in un libro: in questo modo avrebbe glorificato il monastero e avrebbe ricevuto la grazia.
Secondo un’analisi recente, la calligrafia è giudicata pressoché identica dall’inizio alla fine, oltre al fatto che non ci sono errori: è possibile dunque che il manoscritto sia stato scritto da un'unica persona. Se ciò risultasse vero, questa dovrebbe aver impiegato attorno ai 20 anni per concludere l'opera.
Leggenda, tuttavia, vuole che, affinché potesse ultimare il suo lavoro entro il sorgere del sole, il monaco avesse chiesto aiuto al diavolo; da qui ha guadagnato il nome di "Bibbia del Diavolo", anche per la presenza di un'illustrazione di Satana in una delle sue pagine. Alcune pagine prima dell'immagine sono scritte su fogli di pergamena stranamente anneriti che le danno un aspetto inquietante.
Per togliere un po’ di mistero va detto che forse ci fu un’errata interpretazione della parola inclusus: alcuni pensavano che significasse “essere murati vivi”, ma secondo gli ultimi studi l’espressione vorrebbe dire “scelta di reclusione”.
Dunque è probabile che il frate abbia scelto lui stesso di essere “murato vivo” per liberarsi dei suoi peccati e mettere su carta il lavoro e gli studi di una vita a favore dell’umanità.
Nella pagina precedente alla raffigurazione del diavolo, troviamo una pagina con il regno dei cieli, come dire che nell’eterna lotta tra il bene e il male, forse il frate è riuscito a liberarsi dai suoi peccati.
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