Bedtime: Qualcosa di minaccioso sta arrivando

La notte scorsa è stata la più straziante e spaventosa della mia vita, tanto che riesco a malapena a credere che mi sia successa.

Ormai ho già spiegato cosa sia accaduto durante la mia visita a quel luogo maledetto che una volta chiamavo casa; una visita che ha segnato il ritorno delle mie paure d'infanzia. Non importa quale spaventoso avvenimento mi sia accaduto allora, nulla avrebbe potuto prepararmi alla scorsa notte.

Dopo essermi risvegliato alla vista di quell'agghiacciante soldato giocattolo, morso a metà, ho scoperto che la finestra della mia camera da letto era socchiusa. Osservando meglio, sembrava come se la finestra fosse stata aperta forzatamente dall'esterno. Il chiavistello era stato piegato all'indietro, fuori dalla sua normale posizione, come se fosse stato sottoposto a una forza bruta inarrestabile.

Guardando da fuori, potei notare tre rientranze causate dallo sgradito scassinatore, che avrà usato qualche genere di strumento per forzare il il chiavistello in modo innaturale, per impedire che potesse chiudersi. Di peculiare c'erano i segni che sembravano essere stati incisi dall'esterno sul telaio della finestra, come se fosse stato usato un vecchio rasoio irregolare, e non una spranga o altri strumenti che si sarebbero potuti utilizzare facendo leva su di essi, per aprire la finestra forzandola.

Nulla è stato rubato e cercai di razionalizzare i segni sulla finestra convincendomi che fossero stati fatti da un uomo, e non da degli "artigli" come sembrava che fosse. Il mio soldatino è tornato indietro così violentemente che non saprei come spiegarlo. Mi sentirei il cuore affondare a ogni pensiero su di esso.

Sapevo che era un messaggio, ma sembrava essere più uno scherzo contorto, che annunciava l'arrivo del mio predatore d'infanzia, piuttosto che qualcosa che dev'essere risolto o interpretato.

Trascorsi la mattina controllando ogni stanza della mia casa e ciò che v'era all'interno; non mancava nulla. Potevo solo sperare che qualsiasi cosa fosse sul sedile posteriore della mia auto la notte precedente avesse solo voluto spaventarmi un'ultima volta, per poi tornare per la sua strada.

Forse la probabilità di finire nelle sue grinfie era minore, ora che ero lontano dal mio letto d'infanzia.

È fin troppo facile per qualsiasi persona sana di mente persuadersi che un evento traumatico sia qualcosa più che benigno, ma in questi casi non riuscii a pensarla ugualmente; quel giocattolo rotto non era un semplice scherzo, ma una promessa. Una promessa che sarebbe tornato, per qualcosa che non desideravo sapere.

I miei pensieri naturalmente ricaddero nuovamente in quelle notti terrificanti che ho vissuto da bambino. Mi era tornata la paura di andare a dormire, il desiderio per il giorno, e l'ansia di notte. Come un vecchio e implacabile nemico, il mio terrore è cresciuto tutto il giorno, purulento dentro di me, che mi portava a pensieri strani e inquietanti circa le conseguenze dell'aver portato involontariamente a casa quella cosa.

Non fraintendetemi, la mia paura non era semplicemente per la mia sicurezza. Da bambino credevo che il mio visitatore serale fosse paralizzato e consumato dalla voglia di avermi, ma non sentivo che i miei cari fossero in pericolo. Ciò, tuttavia, era cambiato. Mi preoccupai. Questa volta non sentivo altro che la paura, perché, vedete, non vivo da solo.

La mia ragazza e io viviamo insieme da più di due anni. Ho causato abbastanza danni per ora, non vorrei chiamarla per il suo vero nome, quindi mi riferirò a lei come "Mary". Mary e io abbiamo vissuto un'esistenza felice e, di fatto, eravamo molto innamorati. Il mattino del Natale di quest'anno avevo intenzione di propormi, ma quel bel momento mi è stato ora amaramente portato via da questo abominio rancido.

Sapevo che Mary sarebbe stata a casa quella sera. Per lavoro gestisce eventi e promozioni, di conseguenza è spesso lontana da casa per giorni, in giro per il paese a coordinare diverse conferenze ed esibizioni. Non mi lamento di ciò, sia io che lei siamo persone solitarie e pochi giorni di solitudine normalmente mi fanno solo del bene, dal momento che mi permettono di tuffarmi a capofitto nella scrittura, assorbendo ogni parola, indisturbato.

Nonostante questo, avverto sempre la sua mancanza, e per via degli eventi della scorsa settimana, rivivendo quelle notti tormentate e quindi permettendo a loro di tornare, mi mancò ancora più di quanto avesse mai fatto prima.

Arrivò attorno alle 18:00 e la salutai con un sorriso, un caldo abbraccio e un bacio appassionato. Cercai di nascondere il mio stato d'animo turbato da lei, ma Mary mi conosce meglio di chiunque altro e subito mi chiese:

«C'è qualcosa che non va?»

Sbiascicai e farfugliai parlando, mentre le spiegavo che avevo scritto una storia della mia infanzia e che riesplorare quei ricordi oscuri e contorti mi aveva lasciato sconvolto. Mary ha una natura incredibilmente premurosa e subito lasciò la sua valigia e le borse sul pavimento, mi fece sedere sul nostro divano e con il suo modo dolce e gentile mi chiese di parlare di tutta la faccenda.

Ma non potei!

Non potei parlare di questa cosa, questo disgraziato ora aveva trovato la strada per raggiungere casa nostra; un invasore invisibile e contorto che era stato guidato lì dalla mia stupida curiosità! In quel momento mi sentii come se lei pensasse che io fossi pazzo, ma ora come vorrei averle raccontato la verità!

Se c'è qualcosa di più dannoso per un rapporto di una bugia, è una mezza verità. Non perché sia ingannevole, ma perché è una corruzione della verità, pervertita e abusata per soddisfare le esigenze di colui che la dice.

Le ho detto la mia mezza verità.

Le ho raccontato la mia storia, della cosa che stava ad osservarmi ai piedi del mio letto, ma dove la verità si è conclusa la menzogna è iniziata. Ho volutamente e subdolamente detto che era ovviamente solo la mia immaginazione da bambino, e trascurai di parlarle delle mie esperienze riguardo al ritorno di quei crimini disgustosi. Sapendo che avrebbe visto la finestra danneggiata da segni di artiglio e marchi, ho allargato la mia tela di bugie dicendole che un ladro ha tentato di infiltrarsi nella nostra casa e che ho dovuto cacciarli via.

Ero praticamente l'eroe. Le ho mentito, e lei ha dimostrato grande empatia e gentilezza al mio inganno.

Ero imbarazzato dalla verità, allora, e mi vergogno della bugia ora. Se fossi stato sincero avremmo potuto affrontare questa minaccia insieme, ma, invece, quella cosa sfruttò la mia disonestà per mettere un ostacolo tra noi.

Gli eventi di ieri sera hanno profanato la cosa più importante al mondo per me.

La notte è arrivata in tutta la sua desolazione, e non era gradita. Mi sdraiai al buio, aspettando. Mary era profondamente addormentata accanto a me, ogni respiro era un calmante ricordo della compagnia, ma nonostante la mia crescente avversione alla solitudine, non avrei dormito quella notte. Sapevo per esperienza che quando il mio ospite indesiderato si sarebbe fatto avanti, l'avrebbe fatto subdolamente, aumentando in me il terrore a ogni visita, come se costruire la sua forza richiedesse tempo; una sanguisuga che si nutre della mia paura per alimentarsi.

L'alta tensione che si era creata in me aveva respinto mirabilmente il sonno. Alla fine, però, la biologia vinse e nel momento in cui il mio orologio sul comodino segnava le 4:00, mi addormentai; la rilassante coperta d'oblio notturno, l'ansia spazzata via, le mie preoccupazioni erano ormai un lontano ricordo, che affondavano nel soffice materasso sotto di me e, finalmente, finii in un lungo e cercato riposo.

Nel sonno, non importa quanto sia profondo, raramente si avverte l'ambiente circostante. Mentre mi trovavo nel bel mezzo di un sogno, qualcosa iniziò a infastidirmi. Qualcosa di invasivo, ma distante. Aprii lentamente gli occhi e permisi loro di abituarsi al buio.

Mary giaceva profondamente addormentata e mi calmai ascoltando il suo respiro nella notte. L'inalare era seguito dall'esalare, ancora e ancora, costantemente, ipnoticamente, mi feci avvolgere nuovamente dal sonno.

Ma, no. C'era qualcos'altro, distinto ma indefinibile.

Era distante, fuori dalla mia portata, quasi oscurato o soffocato, come se fosse proveniente da... dietro qualcosa. Tesi le orecchie nel tentativo di definirlo, ma era tutto troppo tranquillo. Rimasi a letto diversi minuti, ma ogni secondo che passava quel suono, quasi impercettibile, mi graffiava, come il vetro rotto su un nervo scoperto.

Il sonno mi aveva ormai abbandonato, e con molta frustrazione decisi di indagare a malincuore sulla fonte del rumore. Mi sedetti a letto e ascoltai con attenzione. Era diverso da qualsiasi altro suono che avessi mai sentito. Tranquillo, basso, ma man mano che la mia mente si abituava al suono, iniziai lentamente a capire la sua natura. Era certamente soffocato da qualcosa, ma la cosa che più vi assomigliava era... un mormorio ripetitivo.

Avevo sentito qualcosa di simile in precedenza, quando ero un bambino in visita di mia nonna nella casa di cura. Un luogo che aveva lasciato in me un ricordo, dei residenti che vagavano confusi e della loro mente spezzata, che vagavano in giro come detenuti persi, mormorando ripetutamente a se stessi dei giorni passati, ripetendo frasi e parole senza senso.

Questo è ciò che mi ha ricordato, un flusso continuo di parole indecifrabili, pronunciate da qualcuno pienamente confuso.

Mi voltai per controllare Mary, guardando il suo petto alzarsi e abbassarsi a ogni respiro. Mi assicurai che fosse indisturbata e lasciai il letto. Mentre mi alzavo, capii che il mormorio si stava facendo più forte. Essendo buio, avevo lasciato la luce accesa in sala come faccio sempre, che scivolava sotto alla porta e mi permise di vedere la stanza debolmente, ma visibilmente.

Mi guardai intorno per vedere se ci fosse qualcosa fuori posto, ma la camera apparve come previsto. La mia mente tornò a quella notte da bambino, nella seconda stanza, quando i rumori provenivano da qualche minaccia invisibile, ma sempre presente.

Feci un passo avanti e, come prima, il rumore crebbe ancora. Cercando di decifrare le parole, potei sentire il timbro della voce. Era vecchio, graffiato per l'età, con l'aggiunta di un sottofondo duro e gutturale. Le parole venivano ripetute a un ritmo frenetico e sembrava quasi ansioso, ma smorzato da qualche sconosciuta barriera.

Ero spaventato, ma ho tratto forza da Mary e dal suo essere nella stanza e, con un respiro profondo e pieno di trepidazione, feci un altro passo lento e silenzioso in avanti, avendo i miei piedi nudi sul pavimento freddo ammortizzato.

Anche in questo caso, la voce si fece più forte. Non ero sicuro di star immaginando, ma avrei giurato che, man mano che mi avvicinavo, diventasse sempre più agitato. Il passo che feci successivamente mi scosse l'anima, dal momento che per quanto rimanesse un mormorio, la voce era cambiata e continuava a crescere; tra il confuso, duro suono di esso, riuscii a percepire una parola. Una parola che fece insinuare nelle mie ossa un brivido gelido.

Ha detto il mio nome.

Dio mio, sapeva il mio nome! Per me era come realizzare che l'essere a conoscenza del mio nome avrebbe in qualche modo incrementato la sua forza. Che io non avrei mai potuto liberarmi di lui. Che mi potrebbe uccidere in qualsiasi momento.

Qualcosa improvvisamente catturò la mia attenzione: un movimento accompagnato da uno stropiccio di tessuto. Sapevo ora dove quella ritmica, agitata voce aveva origine. Ora sapevo perché era ovattata e difficile da decifrare. Ora potevo vederla, in piedi di fronte a me.

In piedi.

In piedi dietro le tende chiuse.

La luna stava calando al di fuori, e non riuscendo il suo bagliore a penetrare del tutto il tessuto spesso, si riusciva a malapena e debolmente delineare la cosa che guardava attraverso la mia finestra e le tende. Non posso raccontare a parole il senso di stranezza che mi ha pervaso. La mia ansia e il terrore erano aumentati, ma un bisogno insolito, la voglia di darvi un senso si impossessò di me.

Dovevo vedere che cosa fosse.

Feci un altro passo esitante verso le tende. Oscillavano leggermente, come se fossero trasportate dalla brezza, ma non capii se il movimento era causato da me o dalla mano che si nascondeva dietro al tessuto. Ora ero abbastanza vicino da poter sentire il suo respiro affanoso, lo spostamento di liquido nella sua gola, percettibile a ogni inalazione.

Eccomi qui.

Stavo per confrontarmi con questa mostruosità del mio passato, questo aguzzino dei bambini, questo vigliacco. Alzando la mano destra, lentamente, toccai accidentalmente il tessuto della tenda, provocando una sottile increspatura che le divise momentaneamente. Rimasi senza fiato. Tramite quella fessura temporanea, anche solo per un momento, l'ho visto.

Mio dio, come posso descrivere ciò che stava lì in piedi? Persino ora chiudo gli occhi, augurandomi di poterlo cancellare dalla mia memoria. Sobbalzò e si scosse mentre continuava a mormorare, ripetendo una frase indecifrabile, che suonava come un bizzarro miscuglio di numerose lingue. La sua pelle era tesa su una struttura innaturale di ossa fragili e sporgenti; vertebre, costole e altri meccanismi interni che sembravano come sporgere attraverso della carta sottile, pallida, di un rosa smorto, che sembrava quasi essere coperta da lividi.

Si presentava malnutrito, lo stomaco era gonfio e la sua struttura ossea non riuscì comunque a diminuire la sensazione che fosse capace di esercitare brutalmente la sua forza su qualsiasi sua vittima.

La mia nausea crebbe, uno sporco, fastidioso odore riempiva l'aria e man mano che mormorava nell'oscurità attraverso quelli che sembravano denti rotti, fratturati, non riuscii a fare a meno di provare pietà per questo disgraziato, come se fosse la vittima di una lunga inedia.

Ripresi velocemente la consapevolezza di ciò che stava accadendo e realizzai che quella cosa non era da compatire, ma da temere. Non da essere compreso, ma da essere smascherato. Non tremava perché faceva freddo, stava tremando per l'eccitazione, come un tossicodipendente che pensa alla sua prossima dose.

Ero lì in piedi, a contemplare ciò che avevo appena visto tra le tende, e ancora una volta mi preparai per rimuovere il suo rivestimento, la sua protezione di tessuto e rivelarlo per quello che era; un vandalo dal cuore freddo, un ladro della peggior specie, una deviante piaga nel proprio diletto.

Sollevando ancora una volta la mano verso la tenda, qualcosa catturò la mia attenzione. Il suo incessantemente confuso, duro e inarticolato respiro, spremette attraverso quella sua bocca marcia le quattro parole più terrificanti che io abbia mai sentito:

"Guarda dietro di te".

Un brivido freddo scivolò lungo la parte posteriore del mio collo.

Mi congelai momentaneamente, ma l'amore è una forte motivazione. Se fossi stato da solo la paura mi avrebbe travolto, scuotendo ogni mia possibilità di resistenza da parte della mia mente, ma con Mary che dormiva profondamente nella stessa stanza, proteggere qualcuno che amavo da quel mostro era il mio unico pensiero.

Mi voltai lentamente e, mentre lo facevo, potei sentirlo affannato, come se stesse cercando aria. A un quarto di giro, potei sentire il suo respiro, il fetore della morte che aleggiava in aria, appestato e sudicio. Poi ho sentito un'altra voce. Non era qualcosa di orribile nell'oscurità, ma Mary. Cacciò un urlo che mi fece trasalire e mi angustiava l'animo. Un urlo che mi perseguiterà per il resto dei miei giorni.

Mi girai velocemente e diedi un rapido sguardo, ma non era dietro di me, era sul letto! Si contorceva e raschiava, ansimando di gioia, la sua spina dorsale era curvata dall'angoscia di innumerevoli anni, sporgente attraverso dei frastagliati frammenti di stoffa che pendevano dal suo torso, nel vano tentativo di sembrare quasi umano.

Ma era umano? È stato umano, in passato? O era qualcosa di così vile, spregevole, così assolutamente e dolorosamente spregevole che nessun uomo e nessuna donna avrebbe mai potuto tentare di capirlo?

Balzai verso quella cosa, afferrandola, colpendola, tirandola via con ogni grammo di forza che avevo, ma la sua flaccida pelle mi scivolava dalle mani. Tenette premuto e forzò il volto di Mary contro il cuscino, con gioia, mentre gli altri arti, arcuati e contorti, le strappavano la camicia da notte, facendo scivolare le sue lunghe, ossute dita sul suo corpo nudo, in una sordida carezza.

Le urla di Mary erano state attutite dal cuscino, mentre cominciavo a temere che stesse per essere soffocata.

Gridai, urlai, supplicai quella cosa di lasciarla in pace, di prendere me, di farmi tutto ciò che voleva, ma servì solo ad alimentare la depravazione del demone. Le stava facendo del male, la stava graffiando... la mia bellissima Mary.

All'improvviso smise di attaccarla, ma mantenne una delle sue fragili, lunghe e scarne dita dietro alla testa di Mary, spingendo la sua faccia contro al cuscino. Avevo le mie mani attorno al suo putrido collo, provando come meglio potevo a strangolare la bestia, ma i miei sforzi furono vani. La sua struttura in pelle e ossa era ingannevole riguardo alla sua forza travolgente. Guardai con aria di disgustata incredulità quando iniziò a far passare le sue dita cadaveriche tra i capelli di Mary, lentamente, e quasi affettuosamente.

Ora riuscii a sentire la torsione e lo spezzarsi delle ossa, lo scoppio della cartilagine, lo schiocco dei tendini.

Grazie a Dio non proveniva da Mary! Ora ero sul suo dorso, con il mio braccio avvolto intorno al suo collo e con il mio mento che si strofinava sull'abrasiva pelle della sua spalla. Quando la sua spina dorsale affondò sulla mia pancia, girò la testa in un modo totalmente inumano. Il collo scricchiolò e gemeva sotto sforzo ad ogni movimento artritico, come se fosse bloccato da migliaia di anni di rigor mortis.

Ora stava guardando me.

Ho sentito parlare spesso di persone che si focalizzano su piccoli dettagli non capendo la situazione nella sua totalità, e in quel momento ne capivo appieno la sensazione, così tanto vicino ero al suo sguardo nero, di ghiaccio, che non riuscivo a ricollegarlo alle altre sue caratteristiche.

Rinforzai la mia presa, imprecai, gridai, gli avrei strappato la gola se avessi potuto, ma tutto sembrava essere inutile, mentre continuava a passare le dita scarne tra i capelli di Mary con nonchalance, guardandomi.

Non penso che potrò mai veramente riprendermi dal suono che passava attraverso quella che sembrava essere l'approssimazione di un ghigno; un sospiro affannoso; un grugnito; qualcosa che sembrava molto vicina a una risata sinistra, ultraterrena.

Come se il suo volto stesse toccando il mio, i suoi occhi fissavano in profondità, dentro di me. Nemmeno il mio riflesso ritornava; due pezzi di vetro in un rifugio di oscurità che scrutavano per i sentimenti oscurati, privi di luce, di felicità e amore. Mi stava guardando come se stesse cercando di trasmettermi una semplice idea.

Malizia.

Con uno straziante, brusco e violento movimento, strappò un'intera manciata di capelli dalla testa di Mary, lasciandole una ferita aperta. Quindi sparì. Mary non urlò, si limitò a piangere. Accesi la lampada sul comodino, ma nessuna parola di attenzione o empatia avrebbe potuto consolarla.

Piangeva incontrollabilmente.

Il letto era intriso di sangue, che era fuoriuscito dai numerosi graffi sulla schiena e dalla grande ferita in cui prima c'era un'intera parte di capelli. La abbracciai, lei disse che sarebbe andato tutto bene, ma poi mi guardò.

Guardandola negli occhi pieni di lacrime, sapevo immediatamente a cosa stava pensando. Lei pensava che l'avessi attaccata, che le avevo fatto tutte quelle cose orribili. Tra tutte le esperienze che ho avuto lo sguardo tradito, disgustato e disprezzante sul volto di Mary rimarrà quella più dolorosa.

Se n'è andata.

Dopo essersi ricomposta, raccolse alcune cose che aveva lasciato. Ho cercato di spiegarle, ho cercato di dirle tutto quello che stava accadendo, ma non mi avrebbe sentito. Chi avrebbe mai creduto a una storia così assurda? Ha semplicemente detto che non avrebbe chiamato la polizia, ma che se avessi mai riprovato a contattarla, l'avrebbe fatto. Per lei ero io l'aggressore, non quella cosa. Andandosene, provò a guardarmi un'ultima volta, ma scoppiò in lacrime.

Ora so che l'ho persa per sempre. La donna che amo più di qualsiasi cosa su questa terra pensa che io sia un essere umano terribilmente violento. Se solo avesse potuto capire che cosa ha fatto tutto ciò, che non era umano, e che se mai lo è stato aveva da tempo abbandonato la sua natura.

Erano le 5:00 quando Mary mi ha lasciato, ora sono le 9:00. Sono seduto qui, alla fredda luce del giorno, al mio tavolo in cucina, scrivendo ciò in modo da avere un ricordo scritto di ciò che è avvenuto, in modo che la gente sappia, in modo che Mary sappia che qualsiasi cosa accada, che tutto ciò che avverrà d'ora in poi, che tutto si verifica a causa di quella spregevole creatura della mia infanzia, di quella maledetta stanza stretta, tanti anni fa, che ha portato tanta miseria a me, a noi.

Devo rinunciare ai sentimenti. Potrei facilmente rimanere qui, rimpiangendo la perdita del mio rapporto con Mary, o potrei permettere a me stesso di non lasciarmi sopraffare dalla paura; di non fare niente. Cosa che però, semplicemente, non avverrà.


Riesco a sentire le risate dei figli del mio vicino da fuori. In diverse fasi della mia vita, ricordo quella stessa sensazione di gioia e felicità nata da qualcosa di semplice, come giocare con gli amici, o arrampicarsi su un albero, o baciare la donna che ami, o anche coricarsi a letto immaginandosi che cosa si sognerà, nella sicurezza di una casa, di una famiglia felice. Tutto ciò mi ha distrutto. Ma sono risoluto. Qualunque cosa quell'orribile disgraziato abbia in serbo, qualsiasi cosa voglia fare con me, io non permetterò che quella cosa faccia del male ad altre persone, o che invada la vita di un bambino come ha fatto con me tanti anni fa.

Devo lasciarvi ora, dal momento che c'è molto da fare prima che diventi buio, prima che ritorni. Ho già progettato i miei piani e, con un po' di fortuna, mi riusciranno. Vorrei tanto poter dire che ci sentiremo ancora, ma penso che sia improbabile. Spero che voi capiate cosa dev'essere fatto.

Perché stasera, ho intenzione di ucciderlo.


[Creepypasta di  | Traduzione italiana di Nah'Kaal, Creepypasta Wiki]

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