Bedtime: Dormi bene
Sto tremando mentre scrivo tutto questo. Sono stato rilasciato dalla polizia meno di due ore fa e sono obbligato a registrare gli eventi degli ultimo giorno e dell'ultima notte il più velocemente e accuratamente possibile. In un certo senso voglio dimenticare, ma so che non posso, so che non dovrei.
Per la mia sanità mentale devo divulgare quanto è successo, è troppo importante. Dovessi mai permettere a me stesso di essere influenzato dalla natura meccanica e razionale del mondo ancora una volta, queste parole dovrebbero servire per ricordarmi che ciò che è invisibile è allo stesso tempo misterioso e spaventoso.
Dopo che Mary mi lasciò, capii che l'avevo persa per sempre, ma invece di essere consumato da depressione e apatia, mi diede il vigore di provarci un'ultima volta, di formulare un pensiero e un'idea che sapevo di dover portare a termine. Dovevo distruggere quella cosa perché dovevo impedire che ci fosse la possibilità che un giorno avrebbe ferito i miei cari, o dissacrare l'innocenza di un altro bambino.
Sapevo di aver affrontato la morte, ma sentivo di aver già perso tutto, che era solo un piccolo prezzo da pagare. Si dice che la vendetta sia un piatto che va servito freddo, ma avendo aspettato per tutta la mia vita di sbarazzarmi di questa cosa, dal suo ricordo e dalle ombre che aveva gettato su di me, avevo formulato il proposito di uccidere questo demone, questa forza corrotta e perversa, con un sorriso sul volto.
Quella notte lo avrei ucciso, a costo di portarlo all'inferno con me.
Mi affaccendai per le prossime ore, preparai i bagagli e scrissi una lettera a Mary e alla mia famiglia spiegando tutto ciò che era accaduto e che loro non ne avevano colpa. Telefonai a mio padre e mia madre, solo per sentire le loro voci un'ultima volta, ma non feci capire loro che forse non mi avrebbero risentito mai più. L'intuizione di mia madre l'ha portata a chiedermi se tutto andasse bene; sorrisi e le dissi che le volevo bene, prima di salutarla con riluttanza.
Verso le 7:00 mi sono fatto strada verso la macchina. Il sole era già tramontato e la strada sembrava essere stranamente tranquilla, come se vi fosse stato un inatteso lutto. Mi sono seduto sul sedile del conducente, lasciando la portiera sull'altro lato aperta, in attesa del mio passeggero più sgradito.
Fino alle 9:00 non successe nulla di anormale, il posto era rimasto deserto e l'aria fredda della notte che soffiava attraverso la portiera aperta cominciava a farsi sentire. Mentre rimanevo lì seduto, una contemplazione fece eco nella mia mente. Rimuginai sulla natura di questo parassita cadaverico. Una domanda si levò sopra il mare di pensieri, sovrastando tutto il resto, impassibile e continua:
"Puoi uccidere qualcosa che è già morto?"
Non sapevo se questo essere provenisse dalla tomba o se fosse qualche spettro ultraterreno in qualche modo considerabile come "vivo", ma proprio mentre stavo rivalutando il mio piano, eccolo lì. Era subdolo impercettibile, ma c'era stato un piccolo spostamento, quasi indistinguibile nella sospensione della vettura. In qualsiasi altra circostanza, avrei detto che si trattava di una folata di vento, ma mi era fin troppo familiare quella sensazione di tanti anni fa, come quando, nel caso del letto a castello, quella creatura scivolava sul letto sottostante. Sapevo che era il suo biglietto da visita. L'aria divenne più densa, come se fosse contaminata dall'odore di un cadavere.
Era nella macchina con me, invisibile sì, ma c'era comunque. Avvertendo il più tenue dei respiri dal sedile posteriore, mi allungai e chiusi la portiera del passeggero. Girai la chiave dell'accensione e, appena arrivato in strada, avrei giurato di aver sentito un risolino tranquillo, ma decisamente malizioso, come se si stesse beffando di me.
Sapeva cos'avevo in programma per lui?
La nostra destinazione non era lontana, ma giungemmo alle colline attraverso le quali era diretta la strada di campagna, che si alzò e si abbassò con regolarità; un duro monito dell'inquietante isolamento della notte. Di tanto in tanto potevo sentire qualcosa provenire da dietro, ma mi rifiutai di guardare quella cosa al buio. Pazienza, non sarebbe passato molto tempo prima di doverlo affrontare.
Ironia della sorte, ero preoccupato di spaventare la stessa cosa che aveva terrorizzato e mi ha torturato da bambino. Dovevo mantenere i nervi saldi, così guidai con attenzione e con calma attraverso la campagna, sommersa dal buio, sperando che il mio passeggero ultraterreno non sospettasse di niente.
Arrivai.
Le ruote della macchina lottarono e scivolarono sul terreno del sottobosco, mentre abbandonavo la stretta strada di campagna. Il paesaggio si estese, e guardando gli alberi spezzati e marci intorno a me capii che era stata una buona scelta venire in questo posto desolato nella fredda notte, per distruggere la più oscura di tutte le cose.
Il terreno finì improvvisamente; la scogliera sporgeva su un vecchio abisso, volto verso le scure acque del lago sottostante. L'estremità della scogliera era relativamente piatta e di fatto, un tempo, era una strada abitata, sprofondata nel lago decine di anni prima. I bambini del luogo raccontano storie sui fantasmi vendicativi di quelli uccisi durante lo sprofondamento, ma sono soltanto storie. O forse non lo erano. In passato avrei ignorato tali racconti, ma chi mi avrebbe mai creduto se l'avessi detto a qualcuno ora?
Spensi il motore e parcheggiai a diversi metri dal bordo della scogliera, spegnendo tutte le luci e preparando me stesso per ciò che sarebbe avvenuto. Mi sedetti in macchina per quello che sembrò essere una vita, l'unica compagnia che avevo era data dall'acqua che si scontrava sulla scogliera sottostante.
Aspettai.
Era una cosa intelligente da fare, non avevo alcun dubbio. Aveva giocato con me, assaporando il dolore e il tormento che aveva causato come solo un intelletto di ghiaccio potrebbe fare. Per questa ragione sapevo che avrebbe sospettato di me e che forse sarebbe addirittura scappato se avessi portato l'auto troppo vicino al precipizio; dovevo aspettare per attaccarlo, lasciare che si alimentasse, lasciare che si dilettasse e che si rimpinzasse a mie spese, forse solo allora non mi avrebbe notato mentre spingevo l'auto verso la scura, fredda acqua sotto di noi.
Stavo per affogare il bastardo.
Avevo valutato le possibili conseguenze nella mia testa e arrivai alla conclusione che ci sarebbe stato un singolo momento in cui avrei avuto una piccola opportunità di fuggire dalla macchina, poco prima di raggiungere il bordo. Mary e io eravamo soliti andare lì di tanto in tanto, un luogo in cui stare insieme, lontano da tutto il resto e non sembrava essere tanto desolato durante i giorni d'estate. Mi ricordavo del posto e lo conoscevo bene. La scogliera distava circa 10 metri dal profondo lago sottostante e non avrei voluto essere nella macchina quando avrebbe colpito l'acqua, o rimanere intrappolato all'interno con quell'abominio.
Aspettai.
Quindi lo sentii. Lentamente in un primo momento, per poi aumentare d'intensità, un affannoso, sibilante respiro da dietro. Stranamente, sembrava essere molto più affaticato di prima. Ogni respiro era una lotta, pieno di liquido, marcio e decomposto. Un brivido lungo la schiena. Un rancido, cattivo odore cominciò a riempire l'aria.
Il respiro si avvicinava da dietro.
Il mio cuore cominciò a battere velocemente, a un ritmo duro e veloce, mentre alzavo lo sguardo vedendo il parabrezza che si stava ghiacciando dall'interno. Potevo vedere il mio respiro, una cosa naturale senza dubbio, ma ciò che era innaturale era il respiro visibilmente in movimento al lato del mio volto. Mi girai lentamente, avevo voglia di piangere, avevo voglia di correre via, correre nella notte, ma dovetti rimanere, non potevo permettergli di fuggire.
Si era seduto sul sedile passeggero.
Lo stavo fissando e lui stava fissando me. Curvo, coperto dal buio, contorto, scarno, le mani erano soggette a convulsioni, come se stesse cercando di liberarsi del rigor mortis. Si mosse lentamente verso di me. Una gamba ossuta si incrinò e gemette mentre scivolava sulle mie ginocchia, e poi l'altra.
Oh mio Dio, si era seduto su di me!
Si spostò più vicino a me e attraverso un raggio di luce fornito dalla luna, riuscii a vedere il suo volto. La pelle pendeva dai suoi lineamenti frastagliati. Occhi vitrei mi fissavano in profondità, mentre un ghigno si allargò sul suo viso, innaturalmente largo a causa della carne mezza decomposta, che esponeva i putridi muscoli, i denti rotti e i tendini del suo rancido sorriso sottostante.
Avvicinandosi ancora di più, aprì la sua bocca, rivelando una lingua umida e putrida che poteva essere vista attraverso la parte mancante della sua mascella. Il respiro affannoso e il cattivo odore mi facevano bruciare gli occhi e mi riempivano la bocca, come risposta del mio misero corpo, il mio tentativo di espellere i suoi fumi velenosi, e mentre ero nel bel mezzo di ciò si fermò per un momento per poi ridacchiare; felice, contento. Fissando i suoi occhi gelidi mi diede nuovamente l'impressione di un uomo vecchio, afflitto e sempre più debole. Era ancora incredibilmente forte, ma sembrava come aver perso parte della sua potenza.
Forse lasciare quella stanza allungata ha in qualche modo influito?
Le sue dita lunghe e sporgenti accarezzarono la mia faccia e quindi, come per dimostrare il suo intento, ne conficcò uno in profondità, nella mia spalla. Gridai, mentre lo piegava e rigirava dentro di me, il demone in decomposizione spostava il suo dito per causare la massima quantità di danni e dolore che poteva provocare. E mentre lo faceva, l'altra sua mano scivolò contro la mio corpo.
Mi toccava.
Era ora. Con il mio braccio libero accesi il motore e, malgrado la mia spalla fosse ancora inchiodata al sedile, riuscii a lottare contro il dolore, avviare la macchina e procedere in avanti il più velocemente possibile.
La creatura si agitò e gridò, tentò di scavalcarmi per raggiungere il sedile posteriore, ma lo trattenni con tutta la mia forza, il pensiero di ciò che aveva fatto a Mary aveva sufficientemente alimentato la mia rabbia.
Ci precipitavamo verso il bordo della scogliera e osservavo la portiera del conducente freneticamente. Mentre ci avvicinavamo al nostro tuffo ghiacciato, urlai con rabbia al suo marcio, rancido volto e lo spinsi via da me.
Si affrettava verso il sedile posteriore per salvarsi la vita mentre io facevo lo stesso per salvare la mia, sbloccando le portiere della macchina.
Era troppo tardi, l'auto si muoveva in maniera incontrollata verso il bordo della scogliera e in poco tempo colpimmo l'acqua scura, rompendo la superficie somigliante a del vetro nero con grande forza. Sarei morto in quel momento, se un air-bag non avesse attutito l'impatto, procurandomi solo qualche graffio.
Stordito, mi guardai intorno. I suoni che sentivo provenire da quella cosa era deformati, eppure familiari. Quello che sembrava essere lo stridio di un bambino demoniaco, presto lasciò il posto all'angoscia e alla rabbia di un'antica intelligenza che sapeva di aver quasi affrontato una morte certa.
L'acqua era gelida e si riversava attraverso la portiera dell'auto, che avevo ora aperto e ammaccata a causa di una forza che mi ha lasciato senza fiato. Cercai nervosamente di prendere aria come stava ora facendo la mia preda. Si contorceva e divincolava come se stesse cercando un'uscita. Scorgendo la porta aperta, si spinse in acqua verso di me.
Chiusi il mio pugno e colpii il volto di quella cosa. Pezzi di carne marcia si sfaldarono all'impatto, mentre un liquido nero fuoriusciva dalla ferita creatasi.
Ancora una volta tentò di superarmi, ma sapevo che dovevo tenere quella cosa in acqua, abbastanza a lungo da affogarla, che sarei dovuto morire con essa. Mi sentivo intorpidito, l'acqua gelata scivolava fin sopra il mio mento, il mio cuore lottò contro il freddo e con un'ondata improvvisa venni sommerso e respirai per l'ultima volta.
Tenni il fiato, ma solo per prepararmi a una gelida morte dovuta a soffocamento. Speravo che non sarebbe stata dolorosa. I miei pensieri tornarono a Mary e alla mia famiglia e un consumante senso di tristezza e frustrazione mi pervasero, ma mentre lottavo contro quella cosa che cercava di oltrepassarmi e raggiungere la porta, afferrandomi e agitando le braccia, guardai in basso e la vidi.
La sua gamba era intrappolata tra il cruscotto e il pavimento della vettura a causa dell'impatto della caduta e malgrado si potesse muovere, non poteva abbandonarla.
Mi voltai subito verso la portiera, non riuscivo a vedere quasi niente, se non un piede davanti a me, in quelle acque scure, ma la luna non faceva abbastanza luce per illuminare sufficientemente il mio percorso. Proprio quando raggiunsi la portiera, il miserabile mi afferrò e mi tirò verso sé. Aveva abbandonato ogni speranza di fuga, ma voleva che io affogassi con lui.
Combattemmo per quello che sembrava un tempo infinito in quella fredda e amara tomba, mentre la macchina affondava sempre più in profondità. Ora potevo sentire il mio corpo implorarmi di prendere aria, di esalare il mio ultimo respiro per poi inalare l'acqua ghiacciata.
Sono felice di dirvi che ho usato il mio ingegno per uscire da un destino così terribile. Orientando il mio corpo, spinsi i miei piedi contro il cruscotto, con sufficiente forza da riuscire finalmente a sfuggire dalla sua scivolosa presa. Non mi ricordo molto altro, se non l'urlo angosciato e pieno d'odio che il mio aguzzino si lasciò sfuggire, avendolo lasciato morire sul fondo di quel lago ghiacciato.
Mi ritrovai a piedi attraverso su un'area desolata, freddo, bagnato, ma vivo. La ferita alla spalla mi aveva rallentato, ma tenni a bada l'emorragia facendovi pressione con l'altra mano. Mi ci sono volute due ore per tornare a casa, e mi stupisco del fatto che non sia crollato per la stanchezza o ipotermia. Il vedere la familiare strada in cui vivo, mi riempì di un senso di realizzazione. Un senso di orgoglio e di trionfo.
Avevo battuto quella cosa una volta per tutte!
Questo finché non entrai dentro casa e non notai una scia di grandi impronte bagnate, che si dirigevano dalla mia porta d'ingresso fino al mio letto.
L'incredulità prese il sopravvento. Provai una disperazione così forte e così schiacciante che non riuscirei ad esprimerla in semplici parole. Si era sdraiato sul mio letto, in attesa, con una coperta bianca che copriva il suo corpo emaciato, nascondendolo dalla vista.
La mente umana è una cosa meravigliosa. Proprio quando credi che il tuo corpo abbia raggiunto il massimo livello di esaurimento da cui non riuscirebbe nemmeno a riprendersi, che le tue emozioni siano così consumate che non ti sentiresti in grado di continuare, proprio in quel momento un pensiero, simile a un miracolo, si stabilisce nella tua mente stanca.
Lascialo riposare, per ora.
Tranquillamente strisciai per il buio e presi il portafogli che avevo lasciato su un tavolino da caffè, al centro del mio soggiorno. Lasciando la porta aperta, andai via per elaborare un nuovo piano e tornai un'ora più tardi. Con ciò che avevo preparato al momento, scivolai nella stanza degli ospiti.
Rimasi lì in quel letto senza macchie, in attesa. Ero sicuro che questa sarebbe stata la fine del gioco e che, invece di giocare ancora con me, sarebbe venuto ad uccidermi. Come fosse fuggito dalla sua tomba d'acqua non lo sapevo, ma sarei rimasto dannato se sarebbe scappato nuovamente. Potevo solo sperare che mi avvertisse dall'altra stanza.
Chiusi gli occhi, fingendo di essere profondamente addormentato. Il tempo trascorse e, malgrado avessi cercato di combatterla, la stanchezza infine mi travolse e mi fece sprofondare nel sonno.
Mi svegliai con le sue mani attorno al mio collo. Tossiva e farfugliava su di me, delle rancide gocce di liquido nero, provenienti dalle sue ferite, cadevano sul mio volto. Lottai, cercando di prendere fiato e di sfuggire dalle sue grinfie, ma era troppo forte e le mie mani non riuscirono a prenderlo saldamente, dal momento che sembrava come essere ancora bagnato dopo il tuffo nel lago.
Potrà non sembrare razionale sul momento, ma mentre la mia visione si offuscava e l'ultimo barlume di coscienza si spegneva in me, finsi di fare ciò che molti animali fanno nei loro ultimi momenti: mi finsi morto.
Giacendo immobile, trattenendo il respiro, mi scosse violentemente per il collo e mi lasciò. Aspettai un momento, la mia ultima possibilità per distruggere questa cosa. Il suo respiro affannoso si rilassò leggermente e sembrava fissarmi con aria quasi interrogativa.
Aspettai ancora perché spostasse il suo peso da me, che avrebbe potuto permettermi di gettarmi a terra.
Chinandosi sempre più vicino a me, il suo ampio, fatiscente ghigno spuntò sul suo volto. Raccogliendo la sua saliva putrida in bocca e ciò che era rimasto delle sue guance, mostrò poi il suo disprezzo per i vivi, e per i morti; sputò il suo fluido purulento sul mio volto, i cui resti gocciolarono verso il basso attraverso il buco della sua mandibola, su di me.
Avrei voluto urlare, fare qualcosa per togliere un liquido così viscido dalla mia pelle, ma non osavo muovermi, non era ancora arrivato il momento. Chinandosi ancora più vicino a me, si allungò e graffiò la ferita sulla mia spalla; il dolore attraversò il mio corpo. Con tutta la mia resistenza, rimasi immobile.
Poi, lentamente e pazientemente, fece scivolare una delle sue lunghe dita nella mia bocca. Il sapore era orrendo, rancido, putrido, morto. Lo scricchiolare artritico delle sue nocche scossero la mia determinazione. Mentre inarcava la schiena allegramente, improvvisamente spinse le sue dita in profondità, nella mia gola.
Mi venne un conato, come reazione istintiva.
Invece di rimanerne sconvolto, una incomprensibile risata si fece strada attraverso i denti marci, mentre spingeva le dita ancora più in profondità. Sentivo la sua fredda carne dura contro alle pareti della mia gola e supplicai senza parole affinché la smettesse.
Nei nostri momenti più bui, a volte troviamo la nostra vera forza. Mi girai di lato, usando il suo peso contro di lui e, finalmente, riuscii a liberarmi. Caddi sul pavimento. Le sue lunghe mani afferrarono i miei piedi, calciai e urlai e infine riuscii a liberarmi. Mi fissò, solo per un momento. Sollevandosi sul letto, le sue fragili ossa scricchiolavano sotto alla sua stessa forza, e ora torreggiava alto e pronto a balzare.
Sin da quando ero bambino sono stato una sua vittima. Mi terrorizzava, mi strappò via l'innocenza, attaccò Mary e mi distrusse la vita.
Non potevo più sopportarlo.
A volte la preda più pericolosa è quella che pensa di poterti battere, quella che si culla in una falsa sensazione di dominanza o superiorità, quella che ha conquistato ogni paura in te, con ogni sensazione di rabbia e tradimento. Era caduto nella mia trappola, quella concepita usando la logica, la ragione, una comprensione del mondo attraverso gli occhi di una mente scientifica.
Il fuoco purifica tutto.
Gemendo, strillando e contorcendosi, sembrava starsi preparando a un balzo, e con un movimento rapido tolsi una coperta dal pavimento, rivelando un secchio pieno di benzina che avevo comprato in quel breve tempo, poco dopo averlo visto sul mio letto. Lo gettai più forte che potevo, il liquido spruzzò sopra quell'abominio e il letto.
Mi sorrise, beffandosi della mia stessa esistenza, consapevole del dolore e dell'agonia che mi aveva causato.
Dalla mia tasca tirai fuori un accendino, lo accesi e lo lanciai su quella cosa. Si contorceva e urlava in agonia, parti della sua carne si sfaldavano, bruciando nel nulla davanti ai miei occhi; quasi provavo dispiacere per quella creatura.
Lascialo bruciare.
Il fuoco sfuggì dal controllo e per fortuna un vicino sentì le urla e vide il fumo, andando così a chiamare i vigili del fuoco. Non ricordo come io sia scappato.
Trascorsi diverse ore in ospedale, a causa del fumo che avevo inalato e alle dolorose bruciature sulle mie mani. Fa ancora male mentre digito, ma come succede per molte ferite superficiali, guariranno. Forse avrò poche cicatrici, ma dovrò conviverci.
La polizia mi arrestò poco dopo, credendomi un assassino. Sospettano che io abbia ucciso qualcuno con quell'incendio e trovano del tutto sospetta la profonda ferita alla spalla, e i graffi sul mio corpo. Mi è stato detto di non allontanami molto nel caso in cui volessero pormi altre domande, ma possono anche non farlo, dubito che crederebbero alle mie risposte. Non hanno trovato alcun resto, né alcuna prova che qualcun altro fosse lì, se non una strana impronta in profondità, sul letto e la parete. Sembrava come se qualsiasi cosa si fosse trovata lì, avesse tentato di sfuggire, ma io non credo che ce l'abbia fatta.
Ora mi sono tolto un peso e quello di cui ora mi rendo conto è che è sempre stato lì, fin da quando ero bambino. Credo che questa cosa mi abbia influenzato, anche se è oramai un evento lontano, e che ora che è andato mi sento nuovamente bene.
Sono devastato dalla perdita di Mary, la mia casa potrebbe venirmi strappata via, dal momento che sono probabilmente accusato di incendio doloso dopo che hanno scoperto che sono stato io ad appiccarlo, il che significa che posso dire addio a qualsiasi mia richiesta di risarcimento.
Le mie mani mi fanno male, così come la mia spalla, ma il mio animo no. Sto scrivendo questo da una stanza d'albergo, è piccola e senza pretese, ma adatta al mio scopo. Stasera ho intenzione di dormire e sognare, come ho fatto da bambino, prima che quel sciagurato invadesse la mia vita.
Credo che sia stata la mia razionalità a salvarmi, la mia logica, che mi ha permesso di distruggere un tale male, ma non potrò mai sfuggire alla conclusione che c'è molto di più nella vita oltre questo velo, oltre l'oscurità. È un mondo che ho conosciuto e che non mi importa di rivedere, ma stanotte riposerò e domani ricostruirò di nuovo la mia vita, con la certezza che il mio ospite sgradito se ne sia andato per sempre. Lo sento, lo so!
Mi prenderò del tempo per regolarmi e forse la mia mente mi giocherà uno scherzo o due durante il mio percorso di vita, è difficile abbandonare la paranoia che mi ha perseguitato finora. Devo imparare ad accettare la mia salvezza, ancora una volta. Mi rifiuto di guardarmi alle spalle per il resto dei miei giorni, ma sarò sempre prudente, come quando ero all'ospedale questa mattina, sdraiato sul letto, in un reparto tranquillo, e il mio letto si scosse per un impercettibile momento, ma sapevo che era solo la mia immaginazione.
Sono felice di aver riportato le mie esperienze, mi ha fatto capire molto di me stesso e, cosa più importante, se qualcuno si dovesse mai trovare in una situazione simile, che Dio non voglia, saprà cosa fare.
Ora, è l'ora di andare a dormire e devo riposare, non avendo mai conosciuto una stanchezza tale a quella che sto provando ora.
Buonanotte e dormite bene...
[Creepypasta di | Traduzione italiana di Nah'Kaal, Creepypasta Wiki]
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