virgin mary's saint
Era passato un bel po' di tempo dall'ultima volta che avevo visto mia nonna. L'indomani sarebbe stato il suo compleanno, così io e la mia famiglia avevamo deciso di farle visita. C'era stata una forte discussione tra lei e mia mamma nel corso degli ultimi anni, sinceramente, ancora il motivo non sembrava essere chiaro. C'erano stati momenti in cui avevo provato a chiedere a mia madre di spiegarmi il motivo, ma per qualche ragione evitava sempre l'argomento.
Mia madre, mio padre ed io eravamo in macchina già da un paio d'ore, ed eravamo quasi arrivati a casa di mia nonna. Avevo passato tutto il viaggio con la testa appoggiata contro il finestrino, ogni tanto aprendo gli occhi per guardare fuori. Avevamo passato tantissime case, lampioni e a gradualmente la luce del giorno era calata nella sera. Le luci di alcuni lampioni sfarfallavano ed altri ancora brillavano costantemente al buio. Il vicinato sembrava... in uno stato di abbandono. La maggior parte degli arbusti e degli cespugli erano cresciuti a dismisura invadendo le aiuole delle case, le quali sembrava avessero visto anni migliori. Il rumore del freno indicò che eravamo arrivati a destinazione.
«Siamo arrivati». Disse mia madre dal sedile davanti.
Ho afferrato le mie valigie. Erano stese sul sedile vuoto affianco a me. Poi, sono uscito dalla macchina, chiudendo la portiera. Ho visto mia madre voltarsi verso di me ed iniziare ad esaminare la mia faccia. Si leccò il pollice e lo premette contro la mia guancia, per pulire via dello sporco.
«Il mio piccolo bimbo deve essere sempre bello pulito, lo sai?». Disse sorridendo.
Sorrisi di rimando. Ci incamminammo sulla veranda e mia madre suonò il campanello. Scrutavo l'ambiente intorno, mentre aspettavamo pazientemente che ci venissero ad aprire alla porta. Non potevo vedere chiaramente, ma di quel poco che riuscivo a intravedere, i fiori in lontananza erano appassiti, l'erba era asciutta e il prato cencioso era ridotto a chiazze verdi e marroni.
Tornai alla realtà quanto udì la porta aprirsi. Rimasi in silenzio ad osservare mia nonna uscire sul pianerottolo e abbracciare mia madre, mio padre e infine, me.
«Ne è passato di tempo, tesoro». La voce di mia nonna suonò sorprendentemente amorevole e gentile.
Ci aveva fatto cenno di entrare, e noi le abbiamo obbedito con somma gratitudine dato che fuori faceva freddo. Come siamo entrati in casa, mia mamma e mia nonna continuarono a chiacchierare e ad intavolare piccole conversazioni. In quanto a me, avevo rivolto l'attenzione al soggiorno colorato e luminoso. Lì si trovavano alcuni strani ed eccentrici dipinti. La maggior parte dei quali, come la stanza, avevano colori caldi e vivaci. Mi ero sentito tirare per la manica e mi ero voltato per guardare mio padre afferrare le mie valigie.
«Le prendo io, te le porto su in camera. Chiacchiera con le graziose signore per un po', d'accordo figliolo?». Disse, sorridendo per un breve istante. Annuì, avviandomi verso il divano dove le "graziose signore" si erano sedute a conversare. Mi ero avvicinato a mia nonna e le avevo dato un abbraccio.
«Ciao, tesoro!». Disse mia madre felice.
«Oh cara, il piccolo Matthew è cresciuto molto dall'ultima volta che l'ho visto». Asserì mia nonna dandomi un pizzicotto sulla guancia, che istantaneamente arrossì. Mia madre rise.
«Sì, è cresciuto abbastanza, tanto da diventare un bel ragazzo. Quasi un gentiluomo». Disse, guardandomi con orgoglio. Ho alzato gli occhi al cielo. Alcune volte le donne sapevano come farti sentire a disagio.
Avevo sentito i passi di mio padre avvicinarsi, mentre stava camminando giù per le scale. Aveva appena finito di mettere le nostre cose in ordine nelle rispettive stanze.
«Ok, ragazzo». Disse l'uomo alto, piazzando una mano sulla mia testa.
«Vai a disfare la tua valigia e poi riposati». Ho annuito, alzandomi dal divano e dando a mia nonna un abbraccio per augurarle la buonanotte, «È un piacere averti rivisto». Le dissi prima di andare al piano di sopra per coricarmi.
. . .
Ho aperto la porta della mia stanza e sono entrato. Il posto sembrava più polveroso dell'ultima volta che eravamo venuti a farle visita. La vernice si stava staccando dal muro, lasciando intravedere la vecchia tinta che c'era in precedenza. Mi ero avvicinato alla mia valigia e avevo iniziato a tirar fuori le mie cose, mettendo in ordine i vestiti nell'armadio a cassettoni. Avevo ordinato la mia roba disponendo in cima le cose che avrei indossato subito e poi, ho continuato a scavare nella valigia. Ho tirato fuori un orologio di aspetto metallico. Quando lo attaccai alla presa della corrente, i numeri digitali comparvero sullo schermo illuminati di una intensa luce verde. Poi, lo avevo riposto sul comodino accanto al letto. Non avevo più tirato fuori altre cose, dal momento che saremo rimasti solo per due giorni. Mi ero tolto la maglia e avevo indossato quella quel pigiama, di color nero carbone. Mi ero cambiato anche i jeans con un paio di confortevoli pantaloni della tuta di un blu scuro.
Prendendo il mio spazzolino dalla borsa, mi ero fatto strada verso il bagno. Lì mi ero fermato ad osservare qualcosa di strano che era stato piazzato nell'angolo del corridoio. Qualcosa aveva catturato la mia attenzione. Il panno, originariamente bianco, aveva delle macchie di sporco. Dopo essermi avvicinato, lentamente l'ho tirato su. Nascosto sotto il tessuto vi era la statua della Vergine Maria. Perché era stata coperta? Non era affar mio, avevo pensato. Quindi, avevo rimesso il panno com'era prima, poi ero andato in bagno.
Dopo essermi lavato i denti, ero tornato nella mia stanza, lasciandomi sfuggire un grande sbadiglio lungo il tragitto. Mi ero gettato a capofitto sul morbido cuscino ed avevo sorriso, contento. La stanza poteva avere un aspetto umile, ma il letto era molto comodo, decisamente molto piacevole. Avevo spento le luci, accogliendo l'oscurità della notte. L'unica luce che inondava la stanza era il bagliore della Luna, che filtrava dalla finestra per proiettarsi sul pavimento in una pozzanghera di luce. Stando sdraiato sul fianco, avevo chiuso gli occhi, iniziando a sentire il mio corpo intorpidirsi dal sonno.
Avevo spalancato gli occhi. Avevo sentito bussare improvvisamente alla finestra. La fissai per un momento, sorpreso. Forse la mia mancanza di sonno mi stava facendo sentire rumori inesistenti. Avevo sbadigliato ancora, nella speranza di riprendere sonno... e poi, l'ho sentito di nuovo. Sicuramente era stata la mia immaginazione. Il bussare alla finestra aveva iniziando a farsi più insistente, e a diventare un fastidioso stridio contro la finestra, come se qualcuno stesse grattando le unghie contro la lavagna. Mi sono drizzato a sedere sul letto, colto dallo spavento e da un senso di inquietudine. Mi sono avvicinato alla finestra, e ho rapidamente scostato le tende senza alcuna esitazione per notificare che non c'era niente. Solo la Luna, gli alberi e il resto del cortile della casa di mia nonna. Quel rumore era rimasto inculcato nella mia testa. Ho richiuso le tende, decidendo semplicemente di ignorarlo. Mi sono sdraiato di nuovo sul letto e ho chiuso gli occhi per l'ultima volta.
I minuti passarono, e finalmente mi addormentai.
. . .
Mi svegliai col rumore ripetitivo e costante della sveglia. Irritato allungai un braccio verso il comodino, tastando il pulsante per spegnere l'allarme. Ho aperto lentamente gli occhi, per rimanere un attimo accecato dalla luce abbagliante del sole che filtrava dalla finestra. Mi sono messo a sedere, stropicciandomi gli occhi. Una volta che ho iniziato a distinguere meglio le figure e quello che avevo intorno, ho notato la statua della Vergine Maria ai piedi del mio letto... che mi stava fissando. Ho avvertito del sudore freddo sulla fronte. Non avrei mai pensato che la Vergine Maria potesse sembrare tanto raccapricciante. Mi sono alzato dal letto e mi sono stiracchiato, continuando a guardare la statua con la coda dell'occhio.
«Forse era stata messa lì da qualcuno dei miei parenti...». È stato quello che ho pensato. Mi sono avviato verso la porta e sono uscito dalla mia camera...
Non sapendo che la Vergine Maria mi stava ancora fissando.
Mi sono avviato giù per le scale e mi sono guardato attorno. Sembrava che tutti quanti stessero ancora dormendo. Mi sono diretto in cucina e ho trovato un post it appiccicato alla porta del frigo.
"Siamo andati a comprare una torta per la nonna. Torneremo sulle due. - Mamma". Ho sospirato, scompigliandomi i capelli già in disordine. Mi sono ritirato dalla cucina per tornare al piano di sopra e andare nella stanza di mia nonna per augurarle "buon compleanno". Prima di entrare, bussai tre volte.
«Ehi, nonna...? Sei sveglia?». Ho aspettato pazientemente la risposta.
L'unica cosa che avevo udito era stato un basso borbottare. Lentamente ho aperto la porta e ho fatto un passo dentro, quando il pavimento ha scricchiolato sotto ai miei piedi. Piccole candele illuminavano la minuscola stanza. Mia nonna era seduta al centro di esse, mentre stava mormorando strane parole. Ho sentito la porta chiudersi alle mie spalle e fare rumore.
«Nonna?». Ho domandato, guardandola.
Lei mi fulminò con un'occhiataccia e rapidamente mi gettò dell'acqua addosso. Bruciava. Era acqua santa? Non ho avuto nemmeno il tempo di reagire che l'ho vista afferrare un grosso martello da sopra l'armadio a cassettoni e farlo scontrare violentemente contro le mie ginocchia, facendomi crollare sul pavimento in una morsa di dolore. Lei mi trattenne giù, mentre i miei occhi avevano iniziato a riempirsi di lacrime a causa del dolore che si stava irradiando alle gambe.
«Perché...? Perché mi stai facendo questo?». Le ho chiesto, cercando di riprendere fiato.
Il cuore ha iniziato a battermi all'impazzata nel petto, quando ho visto i suoi freddi occhi verdi fissare i miei.
«Tu sei il figlio di una peccatrice».
Fece una breve pausa e poi, continuò a parlare con un tono di voce più pacato e gentile.
«Tua madre... ha commesso adulterio, che ha portato alla tua nascita, un figlio allevato da un profano. Dio non perdo-».
Rapidamente la interruppi. «Ma lei è la tua figlia cazzo! Ha importanza questo? Tu hai peccato allo stesso modo per averla!». Le ho urlato, nero di rabbia per le strane idee che aveva in testa mia nonna. Una bassa risata provenne da lei, «Figliolo... lei non è mia figlia. Lei è stata adottata, per questo io non ho peccato».
I miei occhi si spalancarono.
«Cosa... che cosa hai detto...?». In quel momento il mio corpo ricevette una scarica di adrenalina. La donna di fronte a me non disse una parola. L'unica cosa che fece, fu di continuare il suo compito.
«Possa questo mio gesto purificare la tua anima».
Lottai, incapace di prendere le mie difese, perché ormai ero diventato una bambola di carne paralizzata dal dolore e dalla paura. Mia nonna aveva iniziato a recitare le sue preghiere a memoria.
«Spirito di Cristo, santificami... corpo di Cristo, salvami... sangue di Cristo, inebriami... acqua dalla parte di Cristo, lavami... ascoltami... attraverso le tue ferite, nascondimi... da quelli cattivi, proteggimi... nell'ora della mia morte, e con i tuoi santi, io ti celebrerò per sempre...». Proseguì con il suo rituale.
Sentii il dolore intensificarsi. I miei occhi avevano iniziato a diventare bianchi. La sensazione di bruciore che stava pervadendo il mio corpo mi fece sprigionare un grido agghiacciante. Girai la testa verso destra, e vidi la statua. Questa volta aveva qualcosa di diverso. Il sangue colava dai suoi occhi e dal naso. Il mio cuore ha accelerato quando ho iniziato a realizzare una sensazione familiare. Il sangue ha iniziato a colare dai miei stessi occhi. Ho voltato da testa dall'altra parte, cercando di spostarmi di dosso quella donna completamente fuori di sé.
«Vattene via!». Ho piagnucolato forte, interrompendola.
Finalmente ero riuscito a spingermela via di dosso. Ho provato a rialzarmi, ma il dolore mi ha tenuto in ostaggio. Ho cercato di controllarlo, ma era troppo per me. La mia tanto amata "nonna" si rialzò, prendendo questa volta una ciotola d'acqua santa accanto a lei, e gettandola contro di me. Ho sentito la mia pelle bruciare come se delle fiamme mi stessero avvolgendo, mentre quella orrenda sensazione era accompagnata dalle mie grida incessanti che non potevo soffocare. La mia ragione andò lentamente a farsi benedire. I ricordi di una vita mi balenarono davanti in una serie di flash.
Raggiunsi la porta.
Abbassai la maniglia e rapidamente la aprì, precipitandomi per portarmi in salvo, ignorando il dolore lancinante alle ginocchia. Il sangue copriva la mia faccia in parte, proprio come la statua maledetta della Vergine Maria nella stanza di mia nonna. Presto i miei occhi divennero bianchi, privi di iride e pupilla, come gli occhi di quella statua, lasciando solo l'area bianca dell'occhio tempestata di piccole vene e lacrime di sangue che colavano dagli occhi. Inciampai nel momento stesso in cui raggiunsi il fondo della scalinata di legno. Le mie ginocchia cedettero e mi costrinsero a carponi sul pavimento.
Nel frattempo mia nonna mi raggiunse.
Il mio corpo impassibile giaceva ormai esangue sul pavimento. Lei mi trascinò verso il cortile, iniziando a pianificare come eliminare mio padre e intrappolare mia madre in casa.
Mia nonna tornò in casa, per prendere dei materiali più adeguati per seppellire suo 'nipote'. Afferrando una pala che aveva rimediato dall'armadio sopra le scale e diversi fiori appassiti che aveva estratto da un vaso giù dalle scale, si avvicinò al mio cadavere. Nel momento in cui tornò verso la porta sul retro della casa, il suo corpo si paralizzò. Aveva appena realizzato che il suo 'impuro nipote', che credeva di aver ucciso, era scomparso.
. . .
Passò un anno da quando la nonna di Matthew era stata arrestata per aver tentato di uccidere suo 'nipote'. Erano state aperte le indagini, quando Laura e Drew diedero ogni tipo di informazione che possedevano alla polizia per ritrovare il figlio scomparso. Ogni notte, la coppia col cuore spezzato aveva pregato nella speranza che il loro piccolo bambino sarebbe tornato da loro.
In ogni caso, alla fine, il caso del bambino scomparso, Matthew Sullivan, fu dichiarato irrisolto
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