CAPITOLO 6
"Come iniziamo le investigazioni?"
Stavo seduto sul mio letto circondati da varie schifezze - cioccolata, patatine e simili. Avevo il portatile aperto davanti a me. Controllai la webcam. Leo stava dall'altra parte dello schermo, a casa sua, e comunicavamo attraverso una videochiamata Skype.
"Hmm... Io direi di iniziare scoprendo chi è la ragazza killer." pensai a voce alta. Non mi piaceva il fatto che a Middleforest si aggiri un omicida. "Però non so da dove iniziare."
"Ah bé, nemmeno io. Non sei tu il figlio del capo della polizia?"
"Sì, ma papà non porta mai il lavoro a casa. E figurati se ne parla con me! Tutto quello che so sugli omicidi l'ho imparato dalla serie TV Sherlock Holmes." Feci spallucce.
"Senti, Coso, facciamo così," propose Leo usando uno dei nomignoli che mi ha attribuito con onore (a detta sua), "domani ci alziamo presto la mattina, mariniamo la scuola e andiamo per la città a informarci se conoscono una ragazza con i capelli neri che sanguina dagli occhi. Che ne dici?"
"Ma non avevi detto che avremmo investigato oggi notte? Ho stampato tutti i fogli e mi sono bevuto tre tazze di caffè per tenermi sveglio!"
"Scusa, ma non è colpa mia se oggi trasmettono l'ultimo film di Star Wars. Dovevo andare a vederlo al cinema, ma avevo altri impegni. Capisci, vero?"
Io lo guardai torvo. "Leo..."
"Okay, amico! Grazie per la comprensione! Il film sta iniziando!" Mi chiuse la videochiamata in faccia.
Imprecai. Iniziai a mettere i fogli a posto e chiusi il pacchetto di patatine. Ero proprio di malumore. Mi raggomitolai sotto le coperte, spensi la luce e chiusi gli occhi. "Domani Leo tornerà a casa con un'occhio nero!" mi dissi, incavolato.
Per quanto ci provai non riuscii a dormire. Troppe domande mi frullavano in testa. Chi aveva ucciso i ragazzi? Perché commettere l'omicidio in un modo così brutale? Perché mettere su una messinscena con una falsa BloodyMary? È meglio sferrare il pugno nell'occhio destro o nell'occhio sinistro di Leo?
Finalmente riuscii a chiudere occhio. Beh, non proprio, perché ero in una specie di dormiveglia. Ma alla fine, circa alle tre del mattino, sprofondai in un lungo sonno.
O almeno, a me sembrava lungo.
E sognai.
Mi trovavo in un'enorme camera semibuia. Ai bordi della sala c'erano dei pilastri che sorreggevano un balcone che girò intorno a tutta la sala. Mi guardai intorno. Era tutto sfocato, perciò non riuscii a riconoscere il posto. Poi notai una sagoma nera in piedi davanti ad un trono nero. Tutto normale, o almeno lo sembrava, finché non vidi che si muoveva. Dal trono spuntarono facce terrorizzate che si spintonavano perché non riuscivano ad uscire, come se un campo di forza invisibile li teneva saldati al trono. Ma la mia attenzione si rivolse alla sagoma nera.
"Bene, bene, bene." La sua voce rieccheggiò per tutta la sala. Era una voce roca, quasi strozzata, ma molto profonda e mi fece accaponare la pelle. Mi si rizzarono tutti i peli sulle braccia. "Un altro pezzo è stato trovato. Fantastico!" Alzò una mano e vidi che teneva qualcosa in essa, ma non capii cosa. Sembrava una biglia rossa avvolta da fumo nero. "Hai fatto un ottimo lavoro, Antran." Guardò a destra. Seguii il suo sguardo e notai una persona che si muoveva nell'oscurità. Poi uscì dalla penombra e riuscii a vederla.
Non era una persona.
Era un androide. Era di un colore rosa-pelle con strisce blu lungo tutto il corpo. Gli si vedevano i cavi che collegavano i suoi arti e li facevano muovere. I suoi occhi erano bianchi con delle iridi blu elettrico senza pupilla. In mano teneva un'automobilina rossa. "Grazie, padrone." disse con voce robotica. "Apprezzo il suo complimento." Parlava come un vero robot ma sapevo che aveva una coscienza umana. Non mi saprei spiegare il perché: semplicemente lo sapevo.
"Bene. Continua a cercare." Con un gesto della mano, la sagoma nera scacciò via l'androide. "Dobbiamo trovare tutti i pezzi se vogliamo raggiungere il nostro scopo! E non manca molto."
Mi sentii scorrere i brividi lungo tutta la colonna vertebrale. Volevo andarmene.
In quel momento si sentì un ronzio. Poi il ronzio si trasformò in gorgolii, infine si sentì una voce profonda parlare: "Capo, Mary è tornata."
La sagoma nera si voltò dall'altra parte. "Oh, bene. Resoconto?" Mi voltai a vedere chi parlava, ma era così ben nascosto nell'oscurità che non mi fu possibile scorgerlo.
"Mrgh... A quanto pare è stata ripresa."
In quel momento la sagoma nera si zittì. Aspettò cinque, poi dieci secondi e alla fine parlò: "Chi l'ha ripresa?"
"Una delle vittime." ringhiò l'essere.
"Ha recuperato o distrutto il filmato?"
"No. È tornata ma il telefono non c'era. E finché non viene evocata..."
"Basta così. Sai chi l'ha recuperato?"
"Forse la polizia. Ma non ne sono sicuro."
L'uomo nero esitò, mordendosi un'unghia. "Quando scopri chi ce l'ha, vieni subito a dirmelo, Man. Capito?" Si sentì l'ansia nella sua voce.
"Sì, signore."
In quel momento mi svegliai di soprassalto. Guardai l'orologio. Erano le sei e tre quarti del mattino. Mi alzai dal letto e ripensai allo strano sogno. Ero tutto sudato. "Era tornata ma il telefono non c'era..." pensai, ricordando le parole del sogno. "Non è che forse..." Con gli occhi sgranati guardai il cellulare per metà rotto della vittima appoggiato sul comodino, la biglia azzurra che scintillava sotto i raggi mattutini del sole, emanando una debole luce ciana.
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