CAPITOLO 3
"Ahi!"
"Shh! Fa silenzio!"
"Mi hai pestato un piede, Leo!"
"Ho detto shh!"
Era già notte fonda. Dissi ai miei che andavo a dormire, ma in realtà stavo dietro un edificio nel centro di Middleforest ad osservare la scena del crimine, da lontano. E anche da questa distanza sentivo i brividi scorrermi per la schiena, come se qualcuno mi stesse facendo scivolare cubetti di ghiaccio giù per la spina dorsale.
"E lì come ci entriamo?" chiesi. "Ci sono poliziotti ovunque!"
"Che domande! Ci intrufoliamo!" bisbigliò Leo.
"Ma se ci vede qualcuno siamo morti!"
"Non succederà, credi in me!"
"Certo, ci crederei se solo non fossi tu a dirmelo!"
Poi Leo, con scatto furtivo, saltò in un vicolo. Correndo nell'ombra riuscimmo ad aggirare l'edificio nel quale avevano ucciso i cinque poveri ragazzi. La porta del retro era bloccata.
"Cavolo!" dissi. "Beh, adesso cosa facciamo?" Guardai Leo. Sperai si decidesse di tornare a casa: quasi sentivo il mio letto chiamarmi!
"Scassiniamo una finestra, che domande!" disse contento e, mettendosi i guanti, forzò la finestrella vicino alla porta. "Ecco!"
"Come hai fatto?" Strizzai gli occhi e lo guardai scioccato.
"Ringrazia le serie tv. L'ho visto fare lì."
"Tu sei pazzo!" gli dissi, mentre stava entrando nell'edificio. "Non so nemmeno perché ti ho ascoltato e sono venuto qui!" Lo seguii, brontolando.
Ringraziando il cielo, nei paraggi non c'era nessun poliziotto. Ce n'erano tre fuori, vicino alle volanti, ma non si avvicinarono più di tanto all'edificio. Forse gli investigatori hanno ordinato di non avvicinarsi alla scena del crimine.
Arrivammo ad una porta segnata da dei nastri gialli con delle scritte nere KEEP OUT e CRIME SCENE.
"Vieni!" mi incitò Leo, scavalcando un nastro. "Passami la torcia. E mettiti i guanti!"
"Sì, sì." Lo seguii. Scavalcando il nastro, le mie narici furono invase da una puzza di sangue insopportabile. "Bleah!"
Leo illuminò la stanza. "Wow, guarda che schifo!" Iniziò a saltellare per la stanza, cercando di non pestare il sangue, ormai secco, appiccicato sul pavimento.
"Non fare idiozie, Leo! E cerca di non cancellare le tracce!" Parlavo con una voce strana perché mi tenevo forte il naso per non odorare quell'insopportabile puzza.
"Si, si, mr. antipatico! Rilassati, dai, che vuoi che succeda?"
Entrai anch'io. Vedere tutto questo sangue mi faceva ruotare lo stomaco. Guardai Leo. Si stava avvicinando allo specchio, appeso sopra il lavandino, quando ad un tratto ci passò sopra con un dito dopo aver passato due interi minuti a studiarlo.
"Ehi!" bisbigliai in tono duro. "Che stai facendo?"
"Vieni qui!" mi invitò gesticolando con la mano senza nemmeno guardarmi. "Veloce!"
"Che c'è?" Mi avvicinai.
"Guarda." Passò con un dito sopra una macchia di sangue. Io guardai attentamente, poi mi accorsi che, per quanto Leo provasse a rimuovere quella macchia, essa non si levò da lì.
"Sarà solo sangue secco." dissi piano. "Adesso andiamocene, Leo, prima che ci becchino! Abbiamo passato abbastanza guai, lo sai..."
"Ma ti dico, Axel, che questa macchia, anche se fosse secca, si leverebbe!" continuò Leo convinto. "Sembra come se fosse... dentro lo specchio!"
Io lo guardai. "Ma sì, sì," dissi dopo un po', "certo. Dentro lo specchio. Come no."
Poi lo presi per il braccio e lo trascinai fuori. Stavamo per uscire, quando a terra, sotto il bancone, vidi qualcosa di luccicante. Mi piegai e raccolsi la cosa. Era un cellulare con un ciondolo a forma di biglia azzurra.
"Alex, che stai facendo? Muoviti! Sta entrando qualcuno!" Leo mi diede uno strattone che quasi mi mandò a terra. Presi in fretta e furia il cellulare trovato a terra e me lo misi in tasca.
Riuscimmo ad uscire all'ultimo momento prima di essere visti.
• • •
Sfortunatamente per me, raccogliere quel cellulare fu l'errore più grande che ebbi mai fatto.
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