Capitolo 34
Pioveva. Non una poggia torrenziale, ma una pioggerellina che non infastidiva neanche così tanto. Alzai gli occhi verso il cielo e notai che la cupola era di un inquietante nero pece. Effettivamente, l'unica fonte di luce era dove c'era l'uscita, a non so quanti metri sottostanti. Tutto il resto era solo una parete di uno spesso strato di nero pece, e nient'altro.
Io e Shannon ci trovavamo su un tetto di un palazzo, visto numerose volte nei film ambientati a Brooklyn, con il cemento grigio, una scala antincendio e e una porta che portava sicuramente ai piani inferiori. Provai ad aprire la porta, ma la maniglia era così vecchia e arrugginita che me la ritrovai in mano dopo qualche tentativo.
Ritornai da Shannon con il mio premio di consolazione, e osservai l'uscita, che aveva l'aspetto un cratere nel cemento, causato probabilmente da un'incidente d'auto. Dell'auto, però, nessuna traccia.
"Quindi.... dobbiamo buttarci di sotto per superare la prova?" chiesi perplesso. "A quanto pare" rispose Shannon. Il becco da tucano stava lentamente scomparendo dal suo viso, ma il colore inquietante c'era ancora e non si accennava a sparire.
"Mi sembra un po' esagerata come prova. Non c'è un'altra uscita?" chiesi, anche se sapevo che non era così. Non avevo tutta questa gioia di buttarmi senza qualche sistema di sicurezza o con un paracadute, anche se... "Shannon, togliti la maglietta!" esclamai convinto, sapendo che come frase sembrava molto ambigua. Infatti Shannon mi guardò malissimo.
"Non ti preoccupare, non voglio vederti nuda per strane cose, possiamo costruire un paracadute con le nostre magliette così da attutire la nostra corsa verso il basso. Non saremo la mela della situazione" dissi convinto. "Idea bocciata. Sinceramente non voglio provare un'idea inventata sul momento e con tante probabilità di insuccesso e di morte orribile" ribattè Shannon seccata. "Mica vorrai buttarti così su due piedi" dissi stupito.
Shannon alzò le spalle. "Vedi altre possibilità?" disse. Si mosse lentamente verso il cornicione, ma l'afferrai il bordo della maglietta con uno scatto. "Tu non ti butterai capito? Dobbiamo trovare per forza un'altra soluzione! E insomma!" Sbottai spazientito.
"Hai ragione Lucas. Avete calcolato la scala antincendio o la porta era la vostra unica altra opzione disponibile?". Ci voltammo entrambi verso la porta, dove una Suicide Sadie li osservava con un'espressione malinconica in volto. "La scala antincendio? Aspetta, si poteva usare?" chiese sorpresa Shannon. Sadie sorrise.
"É un classico: vedete, le mie sfide si basano sempre sulle possibilità che una persona può avere nella vita o no. Ad esempio, la porta rappresenta sempre la possibilità più veloce e che salta subito all'occhio. Infatti, appena arrivati qui, avete provato ad aprirla senza troppo successo. Quindi, visto che secondo voi non c'erano più possibilità di uscita, avete preso la decisione più estrema: quella di buttarvi al piano di sotto, senza prendere in considerazione che forse c'era un'altro modo per salvarvi ma che non vi ha minimamente attraversato la mente. La scala antincendio appunto" spiegò con calma.
Io e Shannon ci guardammo tra la realizzazione e lo stupore. Davvero avevamo pensato di buttarci? Ma cosa stavamo facendo? La mossa che fino a pochi istanti fa ci sembrava super intelligente si era trasformata in quello che era veramente: l'ultima mossa di due persone disperate che non avevano avuto la consapevolezza di un'altra uscita per sopravvivere. Sospirammo entrambi.
"Grazie Sedie, sei veramente intelligente" disse Shannon. "Grazie davvero" ripetei. Ci dirigemmo verso la scala antincendio, che si allungava lungo il fianco dell'edificio, e ci salimmo sopra. Lentamente iniziammo a scendere, stando attenti a non scivolare sul metallo bagnato, osservando il muro nero con la pioggia ad intermittenza, che via via sciamava fino a smettere completamente.
Arrivammo con tranquillità alla fine della scala, dove trovammo un normalissimo marciapiede, e ci incamminammo verso i potenti fari e il suo portale/ incidente stradale.
"Lucas, stavo pensando che effettivamente questa sfida non è che un modo per rappresentare il suicidio" disse improvvisamente Shannon. "In che senso?" chiesi imbarazzato. Era la prima volta che tirava fuori un argomento così delicato, tranne quando ne parlavamo a scuola per far venire la consapevolezza a noi adolescenti, ma non era mai successo che ne parlassimo così senza che qualcuno lo nominasse volutamente.
"Per un'attimo avevo pensato seriamente di buttarmi, ma quando Sedie ha detto che c'era un'altra possibilità che però non avevo preso in considerazione... quella scelta sarebbe aprirsi anche con qualcuno, tipo un amico o uno psicologo. È un'ottima lezione, non credi?" disse Shannon. Ci pensai su. "Hai assolutamente ragione, sai?" dissi.
La mia amica sorrise. Forse era proprio quello che intendeva dirci Sadie con questa prova: c'era sempre una vaga possibilità, anche nelle situazioni più disperate.
E con questa consapevolezza, io e Shannon ci buttammo nel portale pronti per la prossima sfida.
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