Capitolo 33

Quando Lucas cadde a terra urlando per la paura, capì che c'era qualcosa che non andava. In quel momento non avevo capito che avevo la faccia mutata, ma questa "mutazione" non l'avevo per niente avvertita. Era quasi come la crescita: un giorno sei basso, ma gradualmente inizi a crescere e neanche due settimane dopo sei alto sui due metri e manco te ne sei accorto.

Fu la stessa reazione per me quando osservai il mio riflesso dal vetro del mio orologio: mi guardai innoridita, non riuscendo a capacitarmi di cosa fossi diventata. Continuavo a fissarmi perché non riuscivo a credere a quello che vedevo, e se quella non fosse la realtà avrei pensato di essere in un incubo. Quella terribile verità mi fece piangere, disperandomi sul fatto che dei mostri potessero farmi di tutto senza che io non potessi dire ne fare niente.

Caddi sulle ginocchia e mi osservai le mani perfettamente a posto, poi guardai i Jeans ormai sporchi e rovinati. "Appena uscita dai qui" pensai; "mi farò una bella doccia, mangerò il polpettone di mamma e andrò a comprarmi dei pantaloni nuovi". Non seppi perché pensai proprio a quello, visto che io e Lucas avevamo poche possibilità di uscire vivi da lì, ma pensare di mangiare qualcosa di decente e di comprare dei jeans nuovi mi sembrava una buona idea. Almeno avrei avuto un qualche obiettivo per cui andare avanti, anche il più stupido.

Mi voltai verso Lucas, le cui orbite si erano allargate in due chiazze rosse dai contorni neri, e dalla bocca colorata da diverse sfumature di rosso scuro. "Lucas" dissi con tono serio. Nessuna risposta da parte di lui e capì che si era fatto prendere per lo sconforto: mi sentii triste per lui, ma non era il momento, dovevamo reagire per andare avanti. Mi alzai sulle gambe e gli afferrai il braccio destro. "Muoviti. Dobbiamo andare" dissi seccamente. Ancora nessuna risposta.

"Muoviti Lucas, muoviti brutto idiota! Non possiamo rimanere qui!" esclamai infuriata. Lucas alzò il viso verso di me per osservarmi, anche se era difficile da capire visto che non aveva gli occhi, ma scosse piano la testa.

Scocciata da quella seccatura, e senza neanche stare a sentire il probabile discorso dis-motivale di Lucas, lo afferrai di peso e iniziai a dirigermi verso quella che credevo fosse l'uscita. Zalgo non si era impegnato a decorare la porta nera con un'uscita EXIT, così come il resto della stanza. "Chissene importa delle decorazioni! Devo salvare Lucas!" borbottai mentalmente.

Appoggiai la mano sulla maniglia in metallo, guardai per un secondo la camera dietro di me e le varie Creepypasta dal viso deformato, poi aprì la porta con una spalletta.

Un secondo dopo ero sotto la pioggia, e sotto di me, a kilometri di altezza, c'era la porta d'uscita.

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