Cap. 3
"Caro diario,
Come stai? Non ti scrivo da un bel po' e mi dispiace. È che ho avuto bisogno di un po' di tempo per pensare alla strana piega che sta prendendo la mia vita. O meglio, a quella che non sta prendendo.
Oggi ho rivisto Alex. Si, lo so, ti avevo promesso che non te lo avrei più nominato. Però è successa una cosa che mi ha fatto venir fuori tanti dubbi. Ci siamo solo visti, è stato solo uno sguardo ma.. mi manca. Mi manca davvero un sacco. Per quanto mi abbia ferita, per quanto io stia davvero cercando di andare avanti e per quanto lo abbia realmente fatto.. una parte di me non lo potrá mai lasciare indietro. Una parte di me resta ancorata a lui, e continua ad amarlo. Ed è lí, lui è sempre lí, non passa mai. È terribilmente frustrante. Non ce la faccio più a convivere con questa nostalgia continua. Cavolo, lui ormai dovrebbe far parte del passato. Io dovrei essere felice, dovrei approfittarne per iniziare a rifarmi una vita. Perchè non riesco ad andare avanti?"
Sbuffai posando la penna sul tavolo e chiusi il diario. Da un annetto circa avevo preso l'abitudine di annotare sporadicamente gli eventi più importanti, giusto per sfogarmi e per lasciare una traccia delle mie emozioni. Non sono assolutamente una persona puntuale, non rispetto le routine e odio schematizzare troppo la mia vita. Non mi piace la monotonia dell'eccessiva organizzazione. Eppure scrivere delle mie giornate mi aiuta un sacco. Ne avverto quasi il bisogno. Effettivamente in molti dicono che scrivere sia terapeutico, e non posso che trovarmi d'accordo.
Mi alzai e andai alla finestra. Era una bella giornata di sole, faceva anche un po' di caldo. Tra un mese sarebbe arrivata l'estate, la scuola sarebbe finita ed ero certa che mi sarei divertita un sacco. Volevo staccare la spina. Niente stress, niente compiti, niente preoccupazioni, niente problemi. Non avrei rivisto lui e avrei potuto conoscere altri mille ragazzi. Sarei andata a mare, alle feste, mi sarei abbronzata. Sarebbe stato fantastico. Sorrisi lievemente al mio riflesso sbiadito sul vetro della finestra per poi guardare oltre, perdendomi tra le infinite vie della cittá, le mille casette, le macchie verdi qua e lá e il mare, più in fondo. I raggi del sole trapassavano le piccole nuvole chiare che attraversavano il cielo azzurro, e si andavano a depositare sui tetti rossi delle case, sulle macchine, sulle panchine, sulle strade e sui sentieri, creando degli splendidi giochi di luce.
La mia camera era inondata dalla luce, era semplicemente un ambiente fantastico. Lasciai andare un lieve sospiro e mi decisi ad uscire. Avrei fatto una passeggiata per schiarirmi un po' le idee e per smetterla di pensare a lui come se fosse un chiodo fisso. Presi il cellulare e lo misi nella tasca posteriore dei jeans, ricordandomi di prendere le cuffiette. Infilai le converse e mi diressi verso la cucina, cercando mia madre per avvertirla che sarei uscita. Solo dopo esserci entrata mi resi conto che oggi lavorava, e che quindi non era in casa. Le lasciai un biglietto, nel caso tornasse e non mi trovasse. Lavorava come barista in una deliziosa caffetteria in centro, mi piaceva ogni tanto passare a farle visita, ma non oggi. Oggi avevo solo bisogno di una bella corsetta e della sana musica. Appesi il post-it al frigo, come facevamo sempre per lasciarci messaggi, e uscii di casa. Fuori tutto era calmo, esattamente per come sembrava dalla finestra della mia cameretta. Camminai per un bel po', diretta al parco locale. Non mi era mai piaciuto passeggiare con le cuffie in strada. Voglio dire, attraversare la strada o camminare sul marciapiede con le orecchie occupate mi metteva in ansia. Avevo il terrore di essere assalita da una macchina, un cane randagio o qualsiasi altro pericolo imminente. Si, forse la mia è solo paranoia, ma davvero, non sono in grado. Preferisco passeggiare con le cuffiette sul lungomare, o in grandi parchi. Lì corro meno rischi.
Lungo la strada notai un bar dal quale usciva un profumino promettente. Decisi di deviare per un attimo la mia strada ed entrai. Il campanellino produsse un suono simile ad una ninna nanna e una ragazza poco più grande di me mi chiese cosa avessi intenzione di ordinare. Optai per un cappuccino da portar via, in modo da poterlo consumare strada facendo. E così feci. Una volta pagato uscii dal locale, assaggiando un sorso di quella bevanda calda. Mhmm. Socchiusi gli occhi godendomi quella sensazione di benessere. Amavo il caffè in tutte le sue forme.
Iniziai a camminare, decidendo di abbandonare l'idea della corsetta. Voglio dire, sicuramente non mi avrebbe fatto male, ma mi sentivo già molto più rilassata e mi piaceva camminare. In lontananza vidi una coppia sbaciucchiarsi, e immediatamente fui tentata di distogliere lo sguardo. Poi però guardai meglio e notai che la ragazza assomigliava moltissimo a me, così lui ad Alex. E per un attimo ebbi una destabilizzante sensazione di déjà-vu.
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