Cap. 1

Non avevo per niente voglia di stare attenta. Non riuscivo a seguire la lezione neanche sforzandomi. Avevo sempre detestato fisica, non ci capivo nulla e il professore mi stava pure antipatico. Era un tipetto strano, impaziente e scostante. Aveva un tono di voce stridulo, e degli occhi perennemente ridotti a due fessure. Sembrava avercela col mondo intero, o forse ce l'aveva solo con l'intero corpo studentesco dato che le sue lezioni erano le piú detestate, dopo quelle di matematica. Era basso e aveva una pancia sconvolgentemente gonfia. Sembrava sproporzionata rispetto al resto del corpo. Ma forse ero solo io che nei momenti di noia cercavo di intrattenermi esagerando un po'. Non era giovane, anche se nessuno avrebbe saputo attribuirgli un'etá precisa. C'era chi sosteneva che avesse più di cinquant'anni, e chi invece era convinto che ne avesse di meno di quanti ne dimostrava. Nessuno tuttavia riusciva a dare una soluzione concreta.
Ad ogni modo, era pur sempre un insegnante, e nonostante non mi stesse per niente simpatico non potevo comunque prenderlo sotto gamba.

"Allora ragazzi, tutto chiaro?" La sua voce gracchiante irruppe nei miei pensieri, costringendomi a guardare prima il suo volto e poi il mio quaderno. Perfetto, pensai, anche oggi non sono riuscita a prendere uno straccio di appunti!
Mi sporsi lievemente verso la mia migliore amica, Sarah, che contrariamente a me sembrava abbastanza attenta. Cercai di sbirciare nel suo quaderno, in cerca di un qualche appiglio, cosa quasi impossibile. La sua grafia poco ordinata non aiutava di certo, né tantomeno tutte quelle formule per me prive di significato sparse qua e lá.

"Signorina Stewart, noto con piacere che ha tanta voglia di parlare. Prego, si renda partecipe: di cosa abbiamo parlato oggi?" Fantastico.

"Oggi.. abbiamo affrontato un argomento molto interessante, davvero, ha saputo illustrarlo.. brillantemente" farfugliai, cercando di non impappinarmi e di corromperlo con qualche complimento del tutto immeritato. Ma il volto del professore non subí il minimo cambiamento, anzi, se possibile, il mio tentativo di arrampicarmi sugli specchi lo fece accigliare ancor di più. "Voglio dire.. ci sono alcune cose che non ho ben chiare"

"Intanto mi dica quello che ha capito" Ero fregata. Vagai con lo sguardo rapidamente in cerca di un qualsiasi termine che potesse riferirsi alla lezione del giorno e gettai casualmente un'occhiata alla lavagna. Bingo!

"Ha parlato del moto uniformemente accelerato, spiegandone il meccanismo" rivolsi al mio interlocutore un sorriso innocente, sperando in cuor mio che fosse la risposta giusta. I suoi occhi piccoli si strinsero, inquietandomi.

"La prossima volta non voglio vederla disturbare, o la sbatto fuori. Chiaro?"

"Chiarissimo" sussurrai abbassando lo sguardo. Non era esattamente nel mio stile farmi rimproverare in quel modo, generalmente me la cavavo abbastanza bene a scuola. Solo che avevo un grande problema nelle materie scientifiche. E la sua mancanza di interesse nelle nostre capacitá di apprendimento non mi aiutava per niente, anzi, mi spingeva a chiudermi mentalmente sempre di più, spegnendo completamente la mia volontá.
Dopo qualche secondo suonó la campanella, segnando l'inizio della ricreazione e il professore lasció l'aula come inseguito da chissá quale mostro. Lentamente la classe si svuotó e io riposai libri e quaderni senza fretta.

"Vale.. si puó sapere che ti è successo poco fa?" Ed eccola, Sarah, con le sue domande scontate.

"Mmm.. mi sono salvata per un pelo da una nota?" Risposi ovvia, intonando la frase come se fosse una domanda.

"Dimmi che hai preso qualche appunto.." disse piano lei guardando con disperazione il mio borsellino chiuso.

"Ehm.." seguii il suo sguardo, facendo una smorfia.

"E va bene" sbuffó dopo un po' "te li passo pomeriggio. Ora mi accompagni in mensa? Ho voglia di pizza."

"Sai che ogni volta che nomini la pizza mi fai impazzire, vero? Dai, scendiamo, hai fatto venire fame anche a me" io e lei eravamo cosí: amavamo mangiare schifezze per poi lamentarci di continuo di non essere magre come le modelle di Victoria's Secrets. Ma, in fondo, chi non lo fa?
Scendemmo al piano inferiore per catapultarci in mensa. C'era una marasma di gente, studenti dagli occhi illuminati che correvano da una parte all'altra del bancone in cerca di cibo. Che creaturine amorevoli che eravamo. Chissà se ogni tanto i baristi hanno paura di noi.

"Cosa volete ragazze?" La signora dietro al bancone ci aveva dato la sua attenzione e sapendo che non sarebbe durato a lungo rispondemmo quasi in coro.

"Due tranci di pizza, per favore" pagammo e iniziammo a mangiare quella prelibatezza.

"Dio, quanto puó effere buona la piffa!" Dissi dopo un po' io con la bocca piena, facendo ridere la mia amica.

"Dai, smettila, faremo sicuramente qualche figuraccia!" Mi disse lei abbassando la voce, ma continuando a ridacchiare.

"E allora? Tutti devono sapere quanto fantasticamente meravigliosa sia la pizza!" Dei ragazzi attorno a noi si girarono sospettosi e noi scoppiammo a ridere, scappando verso la nostra classe.

"Vedi, te lo dico io che facciamo brutte figure!" Continuó lei, senza smettere di sorridere. Eravamo quasi arrivate alla porta della nostra aula quando improvvisamente il suo sguardo si spense un po'. Mi bastó voltarmi per capire a cosa fosse dovuto quel repentino cambio d'umore. Alle mie spalle, appoggiati alla parete, c'erano Giulio, l'ex di Sarah, e una ragazza, apparentemente più piccola di lui dai capelli biondo-paglia-bruciata, che si stavano sbaciucchiando. La scena era un po' voltastomaco, considerando il fatto che lui poco meno di un mese prima aveva lasciato la mia migliore amica senza darle alcun tipo di spiegazione. Era una persona spregevole, sarei stata ben contenta di dirgliene quattro se Sarah non mi avesse implorata di lasciar perdere. Mi voltai a guardare negli occhi la mia amica, notando gli occhi lucidi.

"Sarah. Sarah, guarda me." Vedendo che non funzionava la voltai in modo che desse loro le spalle, costringendola a guardarmi "Giulio è un idiota, okay? Non si merita tutte queste attenzioni. Fin'ora gliene hai date troppe. Dai, vieni con me, e dimostragli chi sei veramente. Ricordati quanto stronzo sia stato nei tuoi confronti. L'indifferenza dovrá essere la tua arma più potente." Le asciugai una piccola lacrima imprudente e l'abbracciai forte.
"Andiamo, ora abbiamo educazione fisica! Vedrai quanti bei ragazzi gireranno"
E cosí ci dirigemmo in palestra, prendendoci il nostro tempo. Ci sedemmo su un grande materassino e piano piano ritrovammo il buonumore. Come previsto, c'erano davvero un sacco di bei ragazzi, tutti presi dal loro fascino, intenzionati a fare colpo su ogni essere di sesso femminile. Ad un tratto mi arrivó una gomitata che mi fece sussultare.

"Sei impazzita?" Quasi urlai schiaffeggiandole il braccio con il quale mi aveva colpita.

"Guarda chi sta arrivando" ammiccó lei.

E si, beh.. la gomitata ci stava.

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