Eddie, my love
Il ticchettio dell'orologio, per alcuni istanti, fu l'unico suono percepibile nella stanza, ora satura di quella particolare tipologia di tensione che solo una confessione imbarazzante avrebbe potuto generare. Le palpebre di Richie erano calate e le mani, dai palmi giunti come in una sorta di preghiera, sfioravano le sue labbra, donandogli una stramba espressione pensierosa. Ben, accomodato sulla sedia di fronte al letto del suo interlocutore, si limitò a fissarlo pazientemente, con le guance arrossate e una gamba tremante per il responso che da lì a breve avrebbe ottenuto.
Eddie, a gambe incrociate di fianco al corvino, fece scorrere velocemente lo sguardo dall'uno all'altro, le sopracciglia aggrottate e una voglia matta di levare gli occhi al cielo e mettere fine a quello stupido teatrino che si era creato quel pomeriggio in casa Tozier.
Quando quella mattina Richie l'aveva invitato a passare per casa sua dopo pranzo, aveva creduto che finalmente l'altro avesse deciso di trascorrere un po' di tempo in sua compagnia. Solo in sua compagnia. Non che la presenza degli altri Perdenti lo infastidisse, semplicemente sentiva il bisogno passare del tempo con il suo ragazzo senza che qualcuno li interrompesse. Di certo non aveva messo in conto che si sarebbe ritrovato a fare da consulente per i problemi di cuore di Covone.
Che Ben Hanscom avesse una cotta per Beverly Marsh era un fatto di dominio pubblico da anni. Solo uno sciocco non si sarebbe potuto rendere conto di quanto quel ragazzo, già timido di natura, cadesse in una sorta di mutismo selettivo ogni qualvolta Beverly gli rivolgesse la parola. Per non parlare delle frasi balbettate (quasi peggio di Bill Tartaglia), quando per forza di cose era costretto a risponderle; o dei sorrisetti impacciati che provava ad indirizzarle se la rossa si fermava a studiarlo con lo sguardo per più di cinque secondi. Sotto sotto, Eddie era sicuro che anche Beverly si fosse resa conto della faccenda e, quasi sicuramente, anche Bill. Proprio per quest'ultimo, e per lo schiacciante peso della competizione da cui (lui credeva) non sarebbe uscito vincitore, Ben aveva celato per anni interi quei sentimenti. Magari sperava che così facendo, questi si sarebbero pian piano assopiti, fino a divenire gestibili e, in futuro, un ricordo agrodolce.
E invece ora, contro qualsiasi aspettativa, sembrava pronto a mettersi in gioco. Beverly e Bill avevano definitivamente chiuso, Covone aveva perso qualcosa come trenta chili e aveva acquisito una buona manciata di centimetri, una combinazione che l'aveva reso indiscutibilmente un ragazzo affascinante e di bell'aspetto. Non che prima non lo fosse, sia ben chiaro. Eddie aveva sempre covato la certezza che, se Ben avesse trovato il coraggio di dichiararsi già nell'estate dei loro tredici anni, Beverly sarebbe caduta ai suoi piedi, dimenticando in un batter d'occhio quell'amore che professava di provare per Bill.
Non che credesse che i sentimenti della ragazza per il leader del gruppo fossero fasulli, semplicemente era convito che lei li avesse mal interpretati, scambiando quel reverenziale rispetto e quell'ammirazione nei confronti del loro capo, per qualcosa di più profondo. Era la stessa stima che Eddie nutriva per Bill, la stessa che ovviamente tutti i Perdenti nutrivano per il proprio punto di riferimento. Poteva essere definito amore, certamente, ma non nella concezione romantica del termine; era bensì qualcosa di riconducibile alla sfera platonica, una devozione impossibile da reprimere, poiché derivante da un immenso senso di gratitudine.
In fondo, si disse lanciando una breve occhiata a Richie, l'amore può esprimersi nelle forme e nei sentimenti più disparati. Persino quello che Ben provava per l'unica ragazza del gruppo era un sentimento diverso da quello che lui provava per Richie, eppure al contempo, di pari intensità. E proprio per via di questa diversità, Covone non avrebbe potuto permettersi di adoperare gli stessi stratagemmi di Boccaccia per conquistare la sua dama. Ma, riflettendoci bene, i metodi di Richard Tozier non sarebbero stati adatti a nessuno, escludendo Eddie Kaspbrak. E se lo aveva capito Eddie, allora quasi sicuramente c'era arrivato anche Ben, il cui intuito superava di gran lunga quello di tutti gli altri. La domanda, dunque, sorgeva spontanea: perché chiedere consiglio a delle persone che, evidentemente, non avrebbero saputo dare una risposta esauriente?
«Perché stai chiedendo aiuto a noi?» decise di dar voce a quei pensieri e di interrompere quel dannato silenzio.
«Che domanda sciocca, Eds. - allungò una mano nella sua direzione per pizzicargli una guancia. - Chiede aiuto alla coppia più bella del mondo, mi pare ovvio.» lo istruì con finta sapienza, per poi rivolgere all'amico un sorrisetto d'intesa, impaziente che questi gli desse ragione. Eddie sospirò a quell'affermazione; aveva i suoi dubbi al riguardo, dubbi che aveva deciso di tenere per sé.
«Siete l'unica coppia che conosco.» ci tenne a precisare questi, arrossendo ancora di più.
«Questo non è rilevante, mio giovane amico. - tese una mano nella sua direzione per impedirgli di aggiungere dettagli che screditassero la sua intuizione, poi guardò Eddie, piegando la testa di lato e sorridendogli. - Andiamo, dottor Kappa! L'amore bussa alla porta, chi siamo noi per non rispondere ad una chiamata tanto insistente?» domandò, circondandogli le spalle con un braccio per avvicinare il castano a sé: un contatto che non aveva assolutamente nulla di diverso da quelli che si scambiavano quando erano solo amici. Notare questa cosa fece storcere il naso ad Eddie.
«Non è questo il punto, genio. - lo apostrofò, scrollandoselo di dosso poco gentilmente, prima di mettere su un broncio infastidito. - Mai sentito il detto? "Tra moglie e marito non mettere il dito."» a quelle parole Ben rivolse ai suoi due amici uno sguardo sconsolato, intercettato immediatamente da Richie che decise di salvare la situazione in extremis con una delle sue battute.
«Oh, signor Covone, non sapevo che lei e la signorina Marsh foste già convolati a nozze. Il mio invito deve essersi smarrito all'ufficio postale di Derry.»
«Beep-Beep, Richie!» provò a zittirlo Eddie, senza alcun successo.
«Ma guarda! - esclamò, fingendo di non aver udito quell'ammonimento e prendendo a gattonare nella direzione di Ben, allungando una mano per afferrargli il polso. Ispezionò con fin troppa accuratezza il dito indice della mano sinistra, prima di riprendere parola. - Nessun anello, nessun matrimonio. Grazie per il tuo intervento assolutamente inutile, Spaghetti.» il sopracciglio inarcato di Richie fece tremare visibilmente l'occhio sinistro di Eddie, che dovette riempire i polmoni di più aria possibile e contare fino a dieci per non implodere.
«Hai finito? - domandò pacatamente, ricevendo in cambio un'espressione annoiata. Decise di ignorarlo per il bene della propria salute mentale, poi sorrise dolcemente a Ben. - Fra tre giorni Beverly tornerà da sua zia.»
«Beh, un motivo in più per non perdere tempo. Ho già in mente-»
«Vuoi chiudere quella fottutissima boccaccia, Tozier?» sibilò velenoso, forse troppo, data l'espressione assolutamente intontita che gli rivolse il corvino. Seriamente Ben voleva prendere spunto dalla loro relazione per far breccia nel cuore di Beverly? Sarebbe stato un piano fallimentare sul nascere, date le circostanze poco rosee. Eddie si rendeva conto di essere scorretto, aveva preso a trattare Richie con freddezza senza nemmeno spiegargli le sue ragioni; e la cosa che più lo faceva imbestialire era che questi pareva non accusare nulla.
Idiota.
«Lo so. - intervenne Ben, la voce ridotta ad un bisbiglio e gli occhi puntati sulle punte delle scarpe. - So che probabilmente passeranno mesi prima che io possa rivederla. Ma so anche di non poter andare via da Derry avendo un rimpianto del genere. Non voglio passare l'intera vita a domandarmi come sarebbe potuta andare se avessi avuto più coraggio. Credo che voi, più di chiunque altro, possiate capirmi.» quelle parole riscaldarono il cuore di Eddie e il suo viso, precedentemente contratto dall'irritazione si rilassò, lasciando posto ad un flebile e sincero sorriso. Per un attimo fece scorrere lo sguardo sulla figura di Richie, che ora gli dava la schiena, inorridendo al pensiero di cosa sarebbe accaduto se entrambi avessero deciso di nascondere ciò che provavano. Ebbe improvvisamente voglia di allungare le braccia per stringerlo e dimostrare a se stesso, per l'ennesima volta, che tutto quello fosse reale, ma la represse, rimanendo seduto al proprio posto.
«Volevo soltanto esserne certo.» mormorò. Non poteva permettere a Ben di fare qualcosa di così importante senza che questi fosse certo di tutte le conseguenze che sarebbero potute derivare dalle sue azioni.
«Ed ora che il dottor Kappa ha concluso la sua analisi psicologica possiamo passare all'azione.» annunciò Richie, portando indice e medio contro il mento e assumendo l'espressione di chi sta architettando un piano infallibile. Per un attimo il pensiero di Eddie ritornò a quella notte, quando si era imbucato nella sua camera da letto con quella sottospecie di lampada per riempire il soffitto di stelle artificiali. Al corvino, doveva dargliene atto, non mancava di certo l'inventiva, così decise di lasciar sfogare la sua immaginazione.
«Io stavo pensando di invitarla ad uscire, sapete una sorta di...»
«Appuntamento?» venne in suo soccorso il castano.
«Esatto.» le guance di Ben divennero fuoco, mentre Richie parve illuminarsi.
«Organizzeremo una giornata perfetta. La pupa cadrà ai tuoi piedi entro domani sera al tramonto. - batté il pugno contro una mano, poi si sistemò gli occhiali sul naso. - Io direi che potresti invitarla al cinema, ma nessun film sdolcinato. Punterei sull'horror e, quando spunterà fuori il mostro, indovina un po' da chi vorrà farsi consolare?» a quelle parole, Eddie sollevò entrambe le sopracciglia, guardandolo con aria scettica. Non poteva credere alle sue orecchie, possibile che Richie fosse così...
«Oppure la inviti a cena fuori. Ma che dico? Cinema e cena insieme sono l'accoppiata vincente!»...stronzo.
«Io... non saprei. Non vorrei risultarle banale. Voi cosa fate di solito durante gli appuntamenti?» chiese timidamente Ben, facendo scorrere lo sguardo dal viso di uno a quello dell'altro. Richie rimase interdetto per alcuni istanti, le labbra schiuse e l'espressione completamente imbambolata. Bingo! Pensò Eddie, oramai in attesa di quella precisa domanda da una manciata di minuti.
«Noi non ne abbiamo mai avuto uno.» rispose semplicemente il castano, scrollando le spalle come se quella fosse una questione di poco conto, ma sentendo l'irritazione, ora più simile alla rabbia, fargli tremare il petto. Ben parve accorgersene e, per quanto possibile, farsi minuscolo, quasi volesse mimetizzarsi con l'arredamento della camera. A quel punto Richie puntò i suoi enormi occhi scuri sulla figura del suo fidanzato, che ora lo guardava con lo sguardo carico di diffidenza. Incredibile quanto Richard Tozier fosse bravo ad organizzare la vita romantica altrui e non la propria.
«Ma che diamine vai blaterando, Eds? Siamo usciti ieri!» inspirò a fondo dal naso ed espirò dalla bocca, imponendosi di non fare alcuna scenata isterica, nonostante la sua pazienza fosse ormai giunta agli sgoccioli.
«Oh, giusto! - convenne con lui, l'espressione assolutamente asettica. - Portala a giocare a Street Fighter, ne sarà entusiasta.» concluse con sprezzante ironia, inarcando un sopracciglio come a voler invitare il suo ragazzo a contraddirlo. Quello era un tasto dolente per Eddie. Certo, non si aspettava che l'inizio della sua relazione con Richie avrebbe sancito un cambiamento caratteriale da parte di quest'ultimo, né tantomeno aveva mai sperato in una cosa del genere. Ma non poteva negare che la situazione attuale lo facesse stare male. Cos'era veramente cambiato nel loro rapporto da quando avevano deciso di stare insieme? Ovviamente ogni tanto si baciavano, ma per il resto, quando si vedevano era tutto identico a prima. Non che detestasse andare in fumetteria o in salagiochi, ma non poteva nemmeno fingere che andasse tutto bene e che non avesse bisogno di altro. Da quella notte non avevano nemmeno più fatto sesso. Non che quello fosse qualcosa di assolutamente indispensabile, ma più di una volta aveva pensato che il corvino stesse facendo di tutto per evitarlo di proposito. A niente era servito provare a convincersi che la sua fervida immaginazione gli stesse giocando dei tiri mancini, a prova della sua tesi c'era un indizio incontrastabile: da quel giorno, Richie aveva fatto di tutto per non restare da solo con lui.
Non sgattaiolava più nella sua camera di notte, non lo invitava a casa sua di pomeriggio e ogni volta che Eddie gli aveva proposto di andare a nuotare o a fare un giro dai Barren si era ritrovato puntualmente con tutto il Club dei Perdenti a seguito. Evidentemente c'era qualche problema, ed Eddie non riusciva a smettere di pensarci. Che si fosse pentito e non avesse il coraggio di dirlo a voce alta? Magari non voleva deluderlo... Eddie inorridì al solo pensiero che il suo ragazzo stesse fingendo di essere felice per non deludere le sue aspettative.
«Ti è sempre piaciuto giocare a Street Fighter!»
«Non ho detto questo. - sussurrò, sospirando mestamente, prima di rivolgere la sua attenzione a Ben. S'impose di mantenere un minimo di decoro davanti all'amico e, nonostante sentisse gli occhi del fidanzato addosso, si sforzò di ignorarli. - Comprale dei fiori, offrile un gelato; qualsiasi cosa andrà bene. Sono sicuro che apprezzerà.» poi si alzò, raggiungendo l'angolo dove aveva posato zaino e marsupio, raccogliendoli velocemente.
«Aspetta, dove stai andando?» la voce stralunata di Rich giunse chiara alle sue orecchie in un misto di confusione e dispiacere.
«A casa di Bill.» lo informò con una scrollata di spalle, facendo un cenno di saluto a Covone e abbandonando la stanza, prima che Richie potesse bloccarlo. Mentre scendeva la rampa di scale sentì l'altro seguirlo a ruota, udendo i passi pesanti contro i gradini scricchiolanti, così si limitò ad accelerare, ma proprio quando fu ad un soffio dalla porta di ingresso, il compagno lo bloccò, posando una mano sulla maniglia.
«Fammi passare.» sentiva il respiro del più alto sfiorargli il collo e per un attimo la voglia di girarsi e premere le proprie labbra sulle sue fu più forte della rabbia. La scacciò via, troppo orgoglioso per cedere in un momento del genere.
«No, finché non mi dici che diamine ti passa per la testa! Perché dovresti andare da Bill? Noi stavamo-»
«Stavamo cosa, Rich? - si voltò, rivolgendogli un'occhiata glaciale e percepì l'altro rabbrividire. - Non puoi risolvere i problemi d'amore delle persone e ignorare i tuoi!» non voleva essere così duro, era certo che il suo tono l'avrebbe ferito ancor più delle parole stesse, ma proprio non riuscì a tenere per sé quelle incertezze che, ormai, gli impedivano di dormire tranquillamente. Era spaventato, la sola idea che l'altro potesse essere pentito lo destabilizzava e l'unica autodifesa che conosceva in casi come quelli era l'attacco. Non riusciva a non domandarsi se quella notte avesse esagerato, spingendolo a compiere un passo che forse non era disposto a fare.
«Quali problemi dovrei risolvere? - gli domandò invece, come se cadesse dalle nuvole. - Non mi pare ce ne siano.» quell'affermazione per Eddie fu come un ceffone in pieno viso. Come poteva non rendersi conto che entrambi erano giunti in una situazione di stallo?
«Evidentemente, allora, vogliamo cose diverse.» sentenziò, troppo stanco mentalmente per potersi permettere di portare avanti quella conversazione. E forse anche troppo codardo. Già, perché in fondo si vergognava da morire e aveva una fifa blu. Come si faceva a dire alla persona con cui si stava insieme di desiderare di più, quando ci si era quasi convinti che questa non fosse disposta a concederglielo? Voleva sentirsi a tutti gli effetti il ragazzo di Richie e quei baci fugaci che si scambiavano quando si vedevano, non saziavano neanche in parte quel suo disperato bisogno di sentirsi amato.
Si voltò nuovamente, scansando in malo modo la mano di Richie, ancora artigliata al pomello, solo per poter finalmente abbandonare quell'abitazione. Nemmeno quando il ragazzo lo chiamò con quel nomignolo che tanto odiava e che allo stesso tempo adorava, riuscì a girarsi. D'altronde, se Richie non desiderava con la stessa intensità ciò che lui tanto disperatamente anelava, non sarebbe servito a nulla parlarne.
...
Il pomeriggio seguente, Eddie era rintanato nella sua stanza, lontano dalle domande assillanti di sua madre che, da dopo pranzo, aveva cominciato a russare sonoramente, sovrastando il volume della televisione, accesa più per compagnia che per volontà di guardare un qualsiasi programma. Stretto tra le mani aveva l'ultimo volume degli x-man e lo sfogliava pigramente, sperando di ricavare un briciolo di compagnia da quei personaggi di carta e inchiostro. Aveva deciso di non scendere dai Barren per evitare il confronto che certamente avrebbe avuto con Richie. Non era seriamente arrabbiato con lui, in fondo non gli aveva arrecato nessun torto, quanto più era deluso dal suo atteggiamento e spaventato dalle conseguenze che sarebbero scaturite da una loro possibile discussione.
Certo era che non avrebbe potuto continuare ad evitarlo per sempre, prima o poi gli sarebbe toccato cantare e a quel punto chissà cosa ne sarebbe stato della loro relazione.
Fu il flebile e ormai noto suono dei sassolini che battevano contro il vetro della sua finestra che mise fine al suo flusso di pensieri. Era lui, su questo non vi erano dubbi. Il cuore di Eddie prese ad accelerare al solo pensiero di quello che sarebbe accaduto da lì a pochi minuti. Il suo ragazzo sarebbe salito in camera sua, avrebbero discusso e la loro relazione sarebbe finita proprio come giorni prima era iniziata.
Il rumore divenne improvvisamente più insistente, così il castano, per non rischiare che sua madre si svegliasse, si affrettò ad aprire le finestre, scansando per un soffio uno dei sassolini che rotolò contro il suo pavimento.
«Scusa.» bisbigliò il corvino, giungendo le mani e chiudendo gli occhi in una di quelle buffe espressioni che normalmente avrebbero fatto sganasciare Eddie dalle risate.
«Idiota. - lo apostrofò solamente, accantonando l'orribile pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se quel minuscolo proiettile fosse finito nel suo occhio. - Che ci fai qui?» domandò, pur conoscendo già la risposta, ma deciso a prender tempo per metabolizzare quello che presto sarebbe accaduto.
«Scendi!» gli disse invece, tradendo ogni sua aspettativa e lasciandolo per un attimo sbigottito. Gli stava sorridendo. Perché diamine gli stava sorridendo?
«Oggi non vengo dai Barren.» rispose, dando per scontato che quella fosse l'intenzione del corvino. Invece questi estrasse dalla tasca anteriore dei bermuda, un paio di biglietti color rosa pallido, poi inclinò la testa, guardandolo con quegli occhi, tanto grandi quando schermati dalle lenti spesse.
«E al cinema?» chiese prontamente, ed Eddie si ritrovò improvvisamente ad arrossire. Forse se lo stava immaginando, anzi sicuramente era così. Richie Tozier era ottuso di natura, non avrebbe mai potuto intuire al volo ciò che velatamente aveva provato a dirgli il giorno prima.
«Al cinema?» ripeté, alla ricerca di una conferma. Non riusciva a crederci; tutto ad un tratto si vergognò immensamente dei dubbi che aveva nutrito nei confronti del suo ragazzo. Magari la sua mente aveva seriamente viaggiato a velocità troppo elevata, facendogli tirare le conclusioni sbagliate.
«Al cinema.» affermò, annuendo con la testa e tirando indietro i ricci che gli ricadevano sulla fronte, passandoci le dita attraverso. La voglia di essergli accanto e di poter essere lui stesso a giocherellare con quelle ciocche disordinate lo pervase.
«Con te?»
«No, pensavo di parcheggiarti lì e venire a fare compagnia a tua madre. Sai ci sarei andato con lei ma-»
«Beep-Beep, Richie.»
«Stai scendendo?» ci fu bisogno di tutto l'autocontrollo che aveva a disposizione per evitare di esultare, nonostante ciò non riuscì a non sorridergli. Si disse che tutte le pene che aveva provato nei giorni passati, erano state abbondantemente espiate da quell'unico gesto. Era uno sciocco? Magari sì. Uno sciocco estremamente felice.
«Dammi cinque minuti.»
...
La gioia che provò fu tanto intensa quanto breve. Le sue certezze caddero come un castello di carte quando, arrivati fuori all'Aladdin - l'unico cinema presente nella piccola cittadina di Derry - ad Eddie si spalancò la bocca per via della surreale scenetta che gli si era parata davanti.
In fila alla biglietteria, c'erano infatti Ben e Beverly. Lei assolutamente radiosa, avvolta nel suo vestito color panna decorato con minuscoli fiorellini viola, che le fasciava il seno e scendeva morbido sulla gambe affusolate. Lui con il volto paonazzo e le mani infilate nelle tasche dei calzoni, probabilmente per celare alla sua amata i palmi sudati. Stava ricambiando il sorriso che la ragazza gli stava rivolgendo e sembravano così... teneri. Lui e Richie avevano mai suscitato qualcosa in altre persone che non fosse ilarità? Ne dubitava fortemente.
Non fu difficile per Eddie mettere insieme i pezzi di ciò che stava accadendo, ma allo stesso tempo si rifiutava di credere ai propri occhi, così cercò Richie con lo sguardo per avere la conferma di aver capito bene. E infatti, il corvino guardava nella sua stessa direzione, sul viso nemmeno una traccia di sgomento e le labbra curvate all'insù in un ghigno... cospiratore?
«Hai intenzione di spiegarmi?» domandò il castano, mentre la delusione, questa volta più schiacciante di quella provata il giorno prima, s'insidiava nel suo petto, lasciando in esso un grande senso di vuoto.
«Siamo in missione, Spaghetti! Controlliamo che Covone non faccia cazzate e che segua il mio piano alla perfezione.» lo informò, circondandogli le spalle con un braccio come se quell'assurda trovata fosse stata opera di entrambi.
«Non so di cosa tu stia parlando. - si lamentò, facendo un passetto verso sinistra per divincolarsi da quella sottospecie di abbraccio. - E poi quali sarebbero le tue intenzioni? Cosa dovremmo fare noi se Ben non riuscisse a dichiararsi? Spuntare dal nulla e raccontare tutto a Bev?»
«Ci penseremo quando e se accadrà.» Richie scrollò le spalle con noncuranza; proprio non si rendeva conto di quanto Eddie si sentisse ferito da quella situazione. Possibile che la loro prima vera uscita fosse in realtà una scusa per pedinare due persone? Perché non potevano semplicemente andare al cinema come una normalissima coppia desiderosa di passare del tempo assieme? Non pretendeva certamente che Richie lo prendesse per mano mentre passeggiavano per le vie di Derry, o che lo baciasse davanti a degli estranei. Era il primo ad essere consapevole che non tutti, in quella minuscola città del cazzo. avrebbero visto di buon occhio la loro relazione. Ma almeno un minimo...
«No, io non ci sto. - disse scuotendo più volte il campo in segno di diniego, infilando la mano nella tasca per stringere il suo inalatore; non lo estrasse, gli bastò sapere che era al suo posto per sentirsi un minimo consolato. - Me ne torno a casa.» annunciò, voltandosi per riprendere a camminare. C'era un limite a tutto, perfino alla dose di idiozie di Richard Tozier che era disposto a sopportare, e questo era stato definitivamente oltrepassato.
«Eds, aspetta! Avevi detto che saresti venuto con me!» lo inseguì, afferrandolo per il polso per bloccare la sua marcia.
«No, Rich. Ho detto che sarei venuto con te al cinema. Una missione di spionaggio non rientrava nel programma.» non provò nemmeno a celare il risentimento dalla propria voce, arrivati a quel punto sarebbe stato futile.
«Ma andremo anche al cinema!»
Stupido, stupido Richard Tozier.
«Io non avevo voglia di andare anche al cinema. Io volevo andare al cinema. Con te. Senza secondi fini.»
«Eds-»
«Non. Chiamarmi. Eds. - sbottò, stufo di quella situazione ai limiti dell'assurdo. - Se hai dei ripensamenti, se non vuoi più stare con me, dimmelo chiaramente Richie.» non riusciva a credere di averlo detto seriamente, eppure, il volto del corvino, improvvisamente addolorato, ne fu la prova schiacciante.
«Eddie, ma che stai dicendo?»
«Ti sto dicendo quello che penso. Noi non stiamo mai insieme. Non da soli, almeno. C'è sempre qualcuno, e per quanto mi piaccia passare del tempo con gli altri, io...» gli morirono le parole tra le labbra; Richie manteneva la presa salda attorno al suo polso, ma sapeva che, se avesse voluto, districarsi non sarebbe stato un problema.
«Tu?»
Voglio uscire assieme a te come una coppia, avere un fottuto appuntamento, andare al cinema senza alcun secondo fine, camminare al tuo fianco senza avere il timore di essere di troppo. Voglio stare con te, abbracciarti, baciarti fino a non sentire più la sensibilità alle labbra, fino a non avere più aria nei polmoni e fare talmente tanto sesso da perdere finanche la capacità di pensare. Voglio sentirmi desiderato quanto io desidero te, voglio essere indispensabile per te quanto tu lo sei per me, sentirmi il tuo ragazzo al cento per cento.
«Niente, lascia perdere.»
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