Capitolo 7
Cap. 7. La decisione.
Il mattino successivo, Grieswitc acconsentì che Angela visitasse sua figlia, con l'aiuto di due infermieri e di un letto con le ruote.
"Mi raccomando non si agiti, signora purtroppo la sua bambina per sopravvivere dovrà lottare, quindi potrà solo vederla". Stonfrend, prima si era opposto, a che Grieswitc mentisse, poi valutando che lui non sarebbe stato presente per confutare o no, quello che avrebbe affermato il collega, aveva assentito. Grieswitc aveva deciso di accontentare la donna, perché aveva valutato il poco tempo che le rimaneva per rivedere sua figlia viva. Già perché quando aveva chiesto a Stonfrend quanto tempo potesse ancora sopravvivere la bimba, lui aveva risposto, due, forse tre giorni.
Aveva valutato a fondo, ma nonostante ritenesse che il riposo avrebbe giovato alla sua paziente, sapeva benissimo che il benessere psichico era altrettanto importante. Sapeva inoltre che se la donna gli avesse creduto, non avrebbe sofferto per la piccola. Certo l'avrebbe fatto dopo ma se a quel punto era guarita, non aveva importanza che soffrisse, perché la stessa sofferenza l'avrebbe temprata. Nemmeno per un attimo pensò alla possibilità d'essere denunciato per negligenza, ma ricordò le "battaglie" di suo nonno contro la legge sulla sanità pubblica e quelle di suo padre che, in seguito, lo esortò a dimenticare le parole del vecchio, perché stantie nei contenuti, nella forma e nella valenza che la legge aveva portato. Ricordò le tante volte che gli eventi, scaturiti dal televisore di casa, lo portavano a idolatrare suo nonno che, nonostante non avesse conosciuto, gli rivelavano un aspetto della vita che, in un certo senso, lo gratificava. "Ventotto anni e già tanta grinta", pensò alla fine, "Come avrei voluto conoscerlo?". Lasciò quei pensieri, perché non era il caso di continuare a rinvangare nel passato, giacché la legge sulla sanità pubblica non sarebbe mai stata abrogata. Da buon medico assisté alla preparazione della donna, poi, dopo essersi assicurato che fosse calma, permise alla lettiga di avviarsi alla rianimazione.
"La parola stessa, "rianimazione", vuol dire che presto si riprenderà", pensava Angela, mentre la lettiga si avvicinava alla meta. Nel frattempo Albert sperava che Angela lo perdonasse.
"Ora la lascio signora Locosh ma mi raccomando stia calma".
Angela intendeva seguire quel consiglio, ma dall'aspetto di Lori e da quello che la camera indicava (la bambina non aveva in atto nessuna cura), capì che difficilmente sarebbe sopravvissuta. Chiunque di noi, però pur di vedere un suo caro in salute, crederebbe perfino che il cielo sia giallo se a dirglielo fosse qualcuno che potrebbe fare il miracolo quindi, anche nella certezza che ormai Lori fosse spacciata, un filo sottilissimo la legava ancora alla possibile guarigione.
Intanto Albert temendo che Angela, capendo lo stato di salute di Lori, desse fondo alla sua collera, aspettava l'esplosione. Passò qualche minuto prima che la donna si voltasse verso Albert e chiedesse: "Perché non si muove?". Quelle poche parole furono un coltello che si conficcò nel cuore dell'uomo, lacerandolo.
"L'hanno sedata per impedire che soffra troppo".
"Ah!" esclamò Angela, "Ora capisco". Tacque qualche attimo ancora poi riprese: "Avrei voluto vedere i suoi splendidi occhi" e un leggero isterismo la costrinse a fermarsi.
"Calmati tesoro", la esortò Albert. Lei spostò lo sguardo su lui.
"Ce la farà Albert?". Quella domanda gli perforò la mente: che cosa avrebbe risposto per evitare che in futuro lo odiasse. Come avrebbe risposto, lui che non era stato capace di proteggerle e che forse era il vero colpevole di quella tragedia. "Se avessi installato il controllo satellitare, ora mia figlia non sarebbe in fin di vita". Pensò alla morte, che ora lo sovrastava come una cappa attraverso la quale non appare niente.
"Non lo so, siamo nelle mani di Dio".
Dall'espressione di Angela appariva evidente che non volesse aspettare che il fato le indicasse la soluzione, allora quasi urlando inveì: "Perché, Dio ha mai fatto qualcosa per noi? Ci ha mai aiutato quando pativamo la fame? Ti ha mai trovato un lavoro? Ha mai condiviso i nostri patimenti o li ha alleviati? Se esistesse, non permetterebbe a chi ha ridotto così tua figlia, di continuare a vivere". Si fermò ma solo perché si sentì male e svenne.
"Che l'è saltato in mente signor Locosh", lo redarguì l'infermiere che l'aveva in affidamento, "Eppure il dottor Grieswitc l'aveva avvertita di non contraddirla", si guardò rapidamente intorno poi aggiunse: "Presto riportiamola in camera e lei", si rivolse a Marc, "Chiami il dottor Grieswitc e gli dica di raggiungerci nella camera della signora". In un'altra occasione Marc avrebbe risposto picche a quella richiesta, ma ora, non era il caso di perdere nemmeno un istante, così mentre Albert seguiva la moglie in camera, si avviò a uno dei telefoni interni, dove, pigiò un pulsante col nome del medico interessato e questi rispose alla chiamata.
"Grieswitc" si qualificò il medico.
"Mi scusi dottore ma è richiesto d'urgenza nella camera della signora Locosh".
"Che cosa è accaduto?".
"La signora è svenuta e mi fu chiesto di chiamarla". Grieswitc riattaccò la cornetta e si avviò nella camera di Angela Locosh.
"Che cosa avranno combinato", pensava, mentre si dirigeva a rapidi passi all'ascensore, "Eppure li avevo avvertiti d'essere prudenti". Rifletté ancora poi, pigiò il pulsante e qualche minuto dopo fu nella camera di Angela.
"Spiegami tutto, intanto prendi la sonda per la tac", disse ad alta voce, mentre prendeva il polso alla paziente. "Il ritmo cardiaco è anormale", pensò mentre l'infermiere prendeva il terminale per eseguire la tac.
"Hai notato se la signora prima di svenire, abbia manifestato un qualche dolore".
"Non credo, però una forte agitazione sì".
"Spiegati?".
"Un malinteso, o forse una dimenticanza ha indotto il signore a provocare la paziente e lei ha reagito urlando".
"Allora partiamo dalla testa, dammi la sonda!".
L'infermiere passò lo strumento di diagnosi al medico che, qualche minuto dopo, trovò un ematoma.
"Ecco lo vedi anche tu?" chiese all'infermiere, "In un certo senso siamo stati fortunati: se quest'ematoma si fosse manifestato a casa della donna, difficilmente l'avremmo trovato in tempo. Chiama il dottor Stongai e informalo che lo aspettiamo in sala operatoria".
L'infermiere pigiò il pulsante per mettersi in comunicazione con Stongai, ma una voce sintetizzata lo informò che era assente.
"Non c'è, dottore".
"Chiedi alla reception, sapranno dov'è andato?".
L'infermiere partì in quarta, mentre Grieswitc radunava lo staff di Stongai per preparare l'intervento.
"Nella sfortuna costei è stata fortunata: oggi non c'è lavoro al Memorial".
"Già", aggiunse l'anestesista, non proprio soddisfatta di lasciare quell'inaspettato ozio.
Intanto Grieswitc aveva chiamato la reception per sapere di Stongai.
"Lo abbiamo rintracciato, era diretto al mare con la famiglia, arriverà presto".
"Dio sia lodato", esternò la sua contentezza, mentre si dirigeva da Angela. Pensava: "Spero che tutto vada bene, proprio non mi andrebbe giù se costei morisse per colpa mia".
Avevano usato tutte le precauzioni che permettessero alla donna di attendere Stongai in sicurezza e ognuno sperava che bastassero.
Dieci minuti dopo Grieswitc ritelefonò alla reception e ottenne la stessa risposta. "Accidenti sembra che lo facciano apposta, non capiscono che questa donna rischia di morire". Aveva pensato non riferendosi a nessuno in particolare, anche perché era conscio che la colpa di quanto accadeva, era soltanto sua. Si rivolse ai medici.
"La reception ha riconfermato che presto Stongai sarà qui, ora vorrei che ognuno di voi fosse pronto come se lui fosse dietro quella porta" e indicò l'ingresso alla sala operatoria.
Nel frattempo Albert, seduto all'ingresso del reparto, soffriva le pene dell'inferno: si chiedeva perché avesse permesso alla moglie di vincere quella battaglia, se, per quella, rischiava di perdere la guerra. Inoltre il pensiero che Lori stesse agli sgoccioli e che lui non potesse fare niente per aiutarla, lo torturava non permettendogli nemmeno di soffrire adeguatamente per l'una o per l'altra. Già perché appena riusciva concentrarsi sulla sofferenza della moglie, entrava in "gioco", quella della figlia e allora dimenticava la prima per pensare alla seconda che immancabilmente accantonava appena ripensava alla moglie.
Marc che lo aveva accompagnato anche quella mattina, vedeva chiaramente che Locosh soffriva e benché non sapesse che fare per alleviargli la pena, sovente cercava di distoglierlo, chiedendo cose che apparivano senza senso, quali: "Che dice signore, Seimoor avrà portato il signorino Kit a scuola?".
Stongai arrivò circa un'ora dopo e nonostante che tutti fossero preoccupati per l'esito dell'intervento e stanchi d'aspettare il maggior chirurgo della struttura, ogni cosa finì bene e tre ore dopo, la donna uscì dalla sala perfettamente in salute.
Albert nel vederla sveglia e vigile per un attimo dimenticò l'altra sua angoscia. Lei lo guardò fissamente per alcuni minuti, prima di pronunciare quelle poche parole che, alle orecchie di Albert, suonarono come una condanna.
"Quanto è durato l'intervento, Albert?".
Che la donna non avesse chiesto della figlia lo stupì moltissimo, ma pensò che fosse l'effetto dell'anestesia quindi, rispose: "Tre ore tesoro mio" e le prese la mano. La donna la ritrasse quindi, guardandolo con maggiore intensità, aggiunse: "Lori non avrà nessuna possibilità e il vero colpevole sei tu". Poi sembrò agitarsi al che un infermiere alla lettiga, pregò Albert di allontanarsi.
"Sembra che la signora non la sopporti e questo non può compromettere il lavoro del dottor Stongai".
Locosh si fermò lasciando che la lettiga lo superasse, quindi si diresse da Lori: ora che Angela pareva fuori pericolo, aveva altro cui pensare e nonostante che lei gli addossasse ogni colpa, sarebbe rimasto con la piccola Lori fino alla fine.
"Mi dica dottor Stonfrend", chiese al medico della rianimazione, "Mia figlia soffre?".
"No, in questo momento lei dorme quindi, non avverte nessun dolore fisico, ma se questo dovesse manifestarsi, rimedieremo somministrandole antidolorifici a sufficienza perché non soffra inutilmente". Albert Annuì e si scoprì quasi disinteressato alla morte di sua figlia, allora per una sorta di ripicca nei suoi stessi confronti, chiese ancora se era possibile salvare la sua bambina.
"Perché lo chiede? Eppure sa che la legge è contraria a che qualcuno impossibilitato a guarire completamente, gravi sulle casse dell'erario". "Già" pensò Albert, "La legge, come se ognuno di noi fosse un automa agli ordini di chi fa le leggi", in quell'attimo ricordo le parole di un uomo che si era fermamente opposto all'attuazione della riforma sanitaria del Presidente. "Non possiamo permettere che questa riforma passi, perché priva i cittadini di manifestare la propria volontà e questo sarebbe il principio che potrebbe decidere la fine della libertà di ogni americano". Pensò: "Già, ma della libertà di ogni americano rimane ben poco. Manca solo che ci controllino anche nelle nostre case e toccheremmo il fondo".
"E se portassi Lori a casa con noi?".
"Che cosa intende signor Locosh?", chiese il medico interessato.
"Che potremmo badare noi a mantenere in vita la bambina, loro dovranno solo innestare nel dna il gene ...".
"Lo sa che cosa sta chiedendo signor Locosh? Inoltre ha un'idea di quanto le costerebbe mantenere in vita sua figlia?".
Il medico sembrava proprio che non capisse le parole dell'uomo.
"Non ha importanza, lei acconsenta e al resto penserò da me".
Il medico, per la prima volta nella sua carriera, aveva trovato qualcuno cui non interessasse il denaro, però sapeva che l'ammontare della somma, avrebbe facilmente smontato ogni volontà. Era anche cosciente che alla fine, o magari dopo poco tempo, lo stesso Locosh, che ora appariva impaziente e motivato, rinunciasse al progetto pur di non vedere più sua figlia soffrire. D'altra parte, il tempo per pensarci era poco ed era impellente decidere se acconsentire.
"Potrei anche acconsentire, per la legge, Lori Locosh è ormai morta, ma dovrei comunque violarla nel praticare gli innesti per la riformazione degli organi distrutti. Ora, se lei potesse pagare anche questa prassi, allora ogni cosa si ridurrebbe a un acquisto e in questo caso la legge non potrebbe ritenermi responsabile di elusione. La fattura d'acquisto parlerebbe chiaro in proposito liberandomi da ogni addebito".
"Quanto?", chiese Albert, incurante di ogni altra considerazione e Stonfrend quasi rilassato che l'uomo avesse accettato, sorrise.
"Venga con me in amministrazione, quanto prima sua figlia riceverà il viatico per sopravvivere".
Albert sembrò rinascere, anche se non sapeva a fondo a cosa andasse incontro, ma la tranquillità di sua moglie e la vita di sua figlia, valevano molto più di qualunque sacrificio. Seguì il medico e nel volgere di qualche ora, Lori ricevette le cure che le avrebbero permesso di non morire là in quella tetra sala di rianimazione.
"Ecco" continuò Stonfrend appena fuori dalla sala numero cinque, "Ora sua figlia non morirà per blocco renale né per insufficienza respiratoria, ma non potrà rimanere in questa sala più di qualche giorno. A questo proposito le consiglio questa concessionaria per comprare la macchina che le permetterà di continuare a vivere". Gli diede un biglietto da visita e con quello, anche un ultimatum. Lesse il biglietto e costatò che il posto non distava tanto da Pitman. "Almeno non è lontano", pensò guardando l'indirizzo. Dalla sua auto telefonò alla concessionaria, ma sia mentre parlava, che quando si avviò all'ospedale, non appariva soddisfatto. "Parlerò ad Angela, spero che capisca, del resto Lori è anche sua figlia".
"Papà?", si sentì chiamare e riconobbe subito la voce di Kit. Seimoor, nonostante si trovassero nel capace posteggio del nosocomio, lo teneva per mano.
"Perché non sei a scuola, Kit?" gli chiese come se quella fosse la cosa più importante.
"Voglio vedere Lori!". Albert si voltò verso Seimoor e chiese: "Sai che non è possibile, Seimoor, perché lo hai portato qui?".
"Veramente, signore, sono io che muoio dal desiderio di sapere".
"Ebbene, credo che una speranza ci sia, naturalmente Lori non vivrà una vita normale ma almeno l'avremo con noi ancora per moltissimo tempo". Tacque per qualche attimo come se riflettesse, mentre Seimoor e Kit parvero rilassarsi. Qualche attimo dopo continuò: "Ho una domanda, Seimoor".
"Prego signore".
"Quanto possiamo ricavare dalla vendita delle azioni di mio Zio e da una parte della proprietà, naturalmente compreso il tesoro della stanza blindata".
"Non saprei con esattezza, signore, ma stasera le farò sapere".
"Non c'è tempo Seimoor, devo saperlo stamattina: mi occorrono urgentemente sei milioni di dollari". Dapprima Seimoor non capì perché a Locosh servisse tanto denaro, ma dopo un'attenta riflessione comprese.
"E' per la piccola Lori, vero?".
"Certo, ma non pensarci, piuttosto fammi sapere quanto potremo ricavare e se raggiungeremo la somma richiesta".
Seimoor s'incupì, ma Albert non se ne accorse, perché presto avrebbe riportato sua figlia a casa.
"Porta con te Kit e appena saprai, telefonami sul cellulare, ora scappo per informare Angela".
Seimoor lasciò il parcheggio del Memorial. "Dove potrà trovare tanto denaro?" si chiedeva riflettendo, "Lui non si rende conto che la proprietà non vale che un paio di milioni di dollari, in quanto alle azioni, potrebbe ricavarne altrettanto, mentre circa ottocentomila dollari dal tesoro di casa. Se a questa somma aggiungiamo il contante che possiede, arriviamo a quattromilioni e mezzo di dollari. Se anche vendesse tutto, non riuscirebbe a trovare la somma necessaria per portare sua figlia a casa e poi, in quale casa?". Rifletté ancora cercando un modo di risolvere il problema, ma non vide nessuna via d'uscita. "Gli avrei parlato là nel posteggio del Memorial se avessi avuto un po' di coraggio, ma non ho potuto: come avrei continuato a vivere, sapendo d'aver distrutto ogni sua speranza". Intanto Kit taceva seguendo la vita ai bordi della strada. In un'altra occasione Seimoor lo avrebbe distolto da quel modo di comportarsi, magari chiedendogli di discorrere con lui, ma in quel momento niente era più importante della vita di sua sorella quindi, anche lui, nel suo piccolo, pensava a come risolvere il problema.
"Ho una sorpresa per te, Angela", esordì Albert. Lei era ancora rammaricata, ma ascoltando che Albert aveva accennato a una sorpresa, chiese: "Di che si tratta?".
"Porteremo Lori a casa". Angela spalancò gli occhi incredula.
"Davvero? E come?".
"Mentre la vedevo tra la vita e la morte, ho pensato che non provarci era disumano, così ho chiesto al dottor Stonfrend se esistesse qualche possibilità che la bambina sopravvivesse".
"Ebbene?". Allora Albert le spiegò ogni cosa rimarcando che per ottenere che il rene e il polmone si rigenerassero, aveva pagato sessantatremila dollari e ora, che non rischiava più di morire per quelle patologie, doveva acquistare una macchina che avrebbe permesso a sua figlia di continuare a vivere, chiarendo però, che la sua non sarebbe stata una vita normale. Angela parve felice, allora lui si avvicinò, baciandola teneramente.
"Ora c'è solo d'aspettare che Seimoor mi riferisca su quanto denaro possiamo contare".
"Certo", aggiunse Angela, "Del resto, prima di quest'avventura non avevamo niente quindi, se alla fine non avremo più nemmeno un dollaro, amen".
"Già" si limitò ad aggiungere Albert.
La donna pareva aver superato ogni rammarico, al punto che aggiunse: "Sia ringraziato Dio!".
Marc intanto, per ordine di Albert, rimaneva presso la rianimazione, aspettando che si manifestassero miglioramenti da riferire. Ancora non sapeva cosa aveva architettato Albert, perché era assente quando l'uomo parlò con Stonfrend, poi quando accompagnò Locosh in auto per telefonare, non ascoltò la conversazione.
"Dottore?", si rivolse a Stonfrend che gli passava accanto. Il medico riconoscendolo come un accompagnatore di Locosh, si fermò.
"Prego?", invitò l'uomo.
"Sono l'autista del signor Locosh ...".
"So chi è", lo interruppe il medico, "Vada avanti".
"Il signor Locosh mi ha chiesto di comunicargli eventuali miglioramenti della figlia, ora, visto quello che gli ha riferito ieri, credo sia impazzito per il dolore".
"Non è esatto, signor ...".
"Tacston, Marc Tacston".
"Ebbene signor Tacston il suo datore di lavoro ha pagato l'ospedale per una cura che consentirà alla bambina di riprendere quasi tutte le funzioni vitali. Ora, non so se riuscirà a completare il percorso, perché il resto è molto costoso, ma spero che ce la faccia".
Stonfrend per un attimo si sentì a disagio: la chiarezza di cui faceva vanto, in quell'occasione forse era stata avventata. Sperò che l'uomo tenesse per se quelle parole, perché in caso contrario avrebbe rischiato una radiazione dall'albo.
"Capisco dottore e mi associo a lei nella speranza".
"Ora mi scusi" tagliò corto il medico e lasciò il corridoio. "Ecco, ora mi spiego ogni cosa" pensò Marc, "Era strano che ieri Locosh piangesse per la futura perdita della figlia e oggi gioisse come se avesse assistito alla sua guarigione", girò il capo in direzione della bambina, "Spero che possa tornare quella di una volta".
Marc non aveva avuto modo di conoscere bene Lori, perché l'aveva accompagnata a scuola per pochissimo tempo, ma dai pettegolezzi che Seimoor riferiva alla cuoca, a volte ridendone insieme, altre, preoccupandosi vicendevolmente, sapeva tantissimo. E da queste informazioni era nata una stima tale che si sentiva più che in dovere di avvertire Locosh di un eventuale miglioramento. Frattanto Seimoor decideva che avrebbe riferito ad Albert ogni cosa: continuare a tergiversare non sarebbe servito, né a Lori, né ai Locosh.
Il cellulare di Albert squillò mentre era accanto alla moglie. Una rapida occhiata quindi, aprì la comunicazione.
"Allora Seimoor, quanto ricaveremo?".
"Purtroppo non arriveremo alla cifra".
"A quanto?".
"Quattro milioni e rotti, signore".
"E se vendessimo tutto?".
"Questo è tutto, signore". Ad Albert mancò la parola. "Purtroppo i prezzi degli immobili sono in calo e inoltre, sapendo della nostra urgenza di vendere, molti se ne approfitterebbero abbassando il prezzo stimato".
"Che succede Albert?", chiese Angela notando in Albert una sorta di rassegnazione.
"Non abbiamo il denaro per salvare Lori".
Al che, Angela aggiunse: "Potremmo chiedere un prestito".
Intanto Seimoor ascoltava quello che i coniugi si dicevano.
"Già!" esclamò entusiasta Albert, "Non ci aveva pensato". Riappoggiò il cellulare all'orecchio e chiese a Seimoor se era possibile e quando tempo ci sarebbe voluto.
"Mi dispiace contraddirla ancora una volta, ma non è facile ottenere un prestito, inoltre occorrerebbe troppo tempo, senza contare che sulle azioni della Chrysler e su quelle della ...".
"Che stai dicendo, ma ti rendi conto che mia figlia rischia di morire?", lo interruppe Albert.
"Mi dispiace, ma questo non accelererà le pratiche, inoltre quando la banca sentirà l'entità della richiesta, richiederà ancora maggiori garanzie. Mi dispiace signore ma purtroppo, questa è la vita reale".
"Provaci lo stesso Seimoor", tacque per qualche attimo, poi riprese: "Ti prego".
"Le assicuro che farò del mio meglio, signore".
Chiusero quella comunicazione e mentre da una parte la sofferenza si acuiva, dall'altra il dolore di non poter essere utile, prostrava Seimoor fino a renderlo quasi una larva priva di volontà.
Si fece forza superando in parte quella prostrazione quindi, al computer si collegò con la banca, dove Locosh era correntista e aperta la pagina prestiti, la compilò in tutte le sue parti, poi inserì la password di Locosh e attese.
"In altri tempi" pensò, "Qualunque fosse stata la somma richiesta l'avrebbero concessa, perché le azioni di Locosh avrebbero avvallato il prestito e la proprietà era pur sempre qualcosa di cui tenere conto. Ora però non credo che lo concederanno, anche se con questo rifiuto perderanno Locosh come correntista". Infatti, qualche minuto dopo la banca rigettò la richiesta, dichiarando che, in quel caso, il rischio era eccessivo.
"Me lo aspettavo" disse a voce alta Seimoor quindi, stampò la risposta della banca e si diresse all'ospedale.
"Ti raccomando Kit", disse a Rose mentre usciva, poi incrociando Delajadar, le ordinò di cercare Marc, perché qualcuno doveva sorvegliare la casa.
"Ti riterrò personalmente responsabile", aveva terminato.
"Responsabile io!" pensò la donna, "Se solo sapesse che tutto quello che è accaduto è opera mia, chissà se mi darebbe tutta questa fiducia". Fu tentata di telefonare a Eric ma soprassedé, perché ora, tutto era alla sua portata. Pensò: "Certo potrei farlo, ma sarei l'unica a essere sospettata e confesso che sentirmi braccata, non sia la più grande delle mie aspirazioni. Potrei provare a telefonare a Ten ma credo sia scappato: al contrario di me, avrà pensato che Marc avrebbe riferito della nostra tresca. Povero imbecille!". Poi, dopo aver riflettuto ancora, aggiunse: "Mi converrà stare al gioco, del resto fino a ieri rischiavo addirittura di perdere questo splendido lavoro, spero solo che a nessuno venga in mente che avevo una relazione stabile con Ten".
Quando Seimoor giunse al Memorial per riferire l'esito della richiesta alla banca, all'ingresso vide lo sceriffo Redlord che chiedeva qualcosa a un medico. Passando non poté evitare d'ascoltare le ultime parole di Stonfrend.
"Spero vivamente che Locosh riesca a comprare l'apparecchiatura per mantenere in vita quella ragazzina".
Seimoor passò oltre e poiché lo sceriffo gli dava le spalle, non dovette nemmeno salutarlo.
Aveva pensato abbastanza a come riferire quella brutta notizia ai coniugi Locosh, ma anche così cominciava a dubitare che ce la facesse. "Spero che mi perdonino questa tremenda notizia".
"Allora Seimoor, tutto a posto?".
L'uomo cercò di non guardare Albert negli occhi e questo bastò a che Locosh si rendesse conto che non aveva ottenuto nessun prestito, ma poiché la speranza è l'ultima a morire, aspettò che il maggiordomo gli parlasse.
Seimoor tentò ancora di comunicare che la richiesta era andata male con il linguaggio del corpo ma vedendo che Locosh sembrava non badargli parlò: "Mi dispiace signore, ho riferito alla banca la sua richiesta ma per risposta ho ricevuto un diniego assoluto. Se vuole, può vederlo scritto sulla richiesta che inviai". Ora, Albert sapeva, ma contrariamente a quello che temeva, non un muscolo del suo corpo si mosse, inoltre la stessa Angela rimase di sale, ora sapeva che la sua Lori sarebbe morta.
"L'avevo capito Seimoor ma fino all'ultimo ho sperato d'aver frainteso".
Si voltò verso Angela e osservò il suo volto. "Sembra una maschera di terracotta, ma non poteva essere altrimenti. No! No!" e si strinse il volto con entrambe le mani, "Lori non può morire!".
"Sapesse, quanto mi dispiace signor Locosh". Continuò Seimoor, mentre una lacrima compariva negli occhi di Angela, unica prova che mostrasse che la donna fosse ancora viva.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top