Capitolo 48 - Fantasma e fenice
"Ordine! Ordine!" esclamò il giudice picchiettando ripetutamente il martelletto di fronte a quell'eccesso di esuberanza nella sua aula. I genitori della presunta vittima scattorono in piedi, le palpebre grondanti di lacrime, i lineamenti appesantiti da un'angoscia che andava scemando in favore di qualcosa di luminoso e splendido: sollievo. I giornalisti scalpitavano sulla soglia del portone alla ricerca di foto e dichiarazioni. Non furono gli unici a creare scompiglio poiché un polverone generale fu sollevato persino dalla giuria oltre che dal resto dell'accusa. Celermente un chiacchiericcio concitato si distribuì nella grande sala dalle tonalità legnose e marroni facendo serpeggiare una singola parola, più forte delle altre.
Inganno.
"Signor Miller mi spiega cosa sta succedendo?" quella del giudice suonò come una tagliente domanda. Era chiaramente oltraggiata per quell'enorme pagliacciata che stava avendo atto, accigliandosi a tal punto da scavare un solco tra le sopracciglia. Quando finalmente i poliziotti allontanarono la folla richiudendo le porte il moro poté nuovamente parlare, facendosi udire forte e chiaro.
"Darleen Forrest come vedete non è morta, ma ha simulato il suo omicidio per compromettere il processo." scandì avanzando verso la sbarra trascinandosi dietro quel fantasma dalle tendenze recalcitranti.
"E perchè farlo?"
"Perchè tutta questa storia è un'invenzione nata con il preciso scopo di calunniare e rovinare la vita ad un innocente: Alexis Wolfe"
Il braccio ancora parzialmente ingessato appoggiato alla sedia accanto e il viso contorto in una maschera maliziosa; Lexi gli sorrideva come una serpe, crogiolandosi nell'anticamera della sua vittoria e ammirando mentalmente il gran sfoggio di teatralità del ragazzo. Una sua apparizione così plateale non poteva che essere merito suo, d'altronde dopo tutto quel tempo insieme era inevitabile un contagio. Se per l'imputata la rapida successione degli eventi non aveva scombussolato i suoi pensieri non si poteva dire lo stesso di Henry, Rudy e Maya che conservavano ancora sui loro volti un'espressione attonita mista di incredulità.
"È la verità signorina Forrest?" ella non osò rispondere trovando le linee tra le mattonelle di gran lunga più interessanti, il petto era scosso da spasmi mentre respirava, le lacrime le bagnarono la lingua e scivolarono a terra in muti e piccoli tonfi. Se quell'immagine (che aveva accompagnato Eddie per un lungo quantitativo di tempo nel viaggio in auto fino a Sacramento) lo impietosì non lo diede a vedere.
"Un momento giudice Robinson, la mia cliente non è stata chiamata a testimoniare." proruppe la donna di ghiaccio alzandosi in piedi, ancora esterrefatta. Anche lei.
Quale persona sana di mente architetterebbe il proprio falso omicidio al fine di incastrare qualcuno?
Il giudice fece una smorfia assottigliando gli occhi e sollevando un lato della bocca.
"Avvocato Keats, la sua cliente era stata dichiarata morta fino a poco fa"
"Con il vostro permesso giudice Robinson vorrei testimoniare e mostrare le prove che scagionano senza più dubbio alcuno la signorina Wolfe." intervenì Eddie con un'insolita determinazione ad animarlo. Non era mai stato un ragazzo apertamente insicuro o timido, l'aggettivo che più gli calzava era riservato. Contrariamente a quanto faceva Lexi, lui non si esponeva, rimaneva intrecciato alle ombre tanto che spesso, in una stanza, persino il suo stesso padre faticava a notarlo. Quel giorno invece, Eddie Miller aveva fatto un passo avanti verso la luce, per lasciare che i raggi di sole illuminassero anche lui; ed era bellissimo.
"Obiezione; il ragazzo non è stato previsto come teste" si alterò l'accusa.
"No, agirei in modo poco ortodosso, ne sono consapevole. Ma penso che dopo oggi siamo tutti molti provati da questi voli pindarici." La donna dietro al banco fissava dall'alto al basso il ragazzo, soppesando la sua figura. "Sono incaricato dell'indagine difensiva in questo processo" aggiunse sperando di risultare il più pragmatico (anziché convincente) possibile.
"Ma non è un avvocato!" il tono acuto dell'avvocatessa sfiorò la linea sottile tra l'alterato e il vero e proprio strillo, tanto da guadagnarsi un'occhiataccia.
"Se preferisce posso consultarmi con la difesa così che sia l'avvocato Miller a presentarvi le prove"
A quel punto calò il silenzio. Un frammento di tempo in cui la portata dello sguardo misuratore della donna che presenziava quel processo si fece maggiormente tangibile, come una grossa mano che lo stritolava nel suo palmo.
"Respinta" sentenziò rivolta alla precedente obiezione dell'accusa, un'ombra di curiosità nel modo in cui lo disse. "Prego allora, detective Miller, ci illustri il quadro."
Eddie estrasse il portatile dalla borsa cominciando ad emettere quel ticchettio che ormai alle orecchie di Lexi era diventato famigliare. Quest'ultima lo fissava dal suo posto non perdendosi neppure uno dei suoi movimenti e il suo sorriso prese una piega del tutto diversa rovesciandosi e ruzzolando in un terreno troppo scosceso per essere intrapreso.
Fu animata dall'orgoglio.
"L'aggressione e l'accusa di tentato omicidio costituivano fin dal principio mezzi per far condannare la signorina Wolfe affinchè potesse essere appagato il desiderio di vendetta covato a lungo dalla signorina Forrest." si curvò sul portatile e premette il pulsante del mouse. Si udì una registrazione, le voci concise di Darleen e un ragazzo.
Stix Marsh.
"Deve pagare. Non posso tollerare che lei cammini felice su questa terra mentre...mentre Chantal non c'è più!" era chiaramente la voce spezzata e rauca della ragazza dai capelli castani, inconfondibile il ringhio sommesso di Darleen mentre discuteva con il suo ragazzo. Dal modo in cui il suono arrivava con alti e bassi sembrò stesse misurando la stanza a grandi passi nella sua irrequietezza. "È colpa sua, l'ha uccisa lei, è stata lei!" molte paia di sopracciglia si sollevarono per lo sconcerto.
"Calmati Darleen, avrà quel che merita, posso pensarci io..."
"E fare cosa? Picchiarla ancora? Già alla festa di Michael è stato rischioso colpirla in quel modo, ti hanno visto tutti!"
"Nessuno la difenderebbe, è una stramboide."
"I suoi amici l'hanno abbandonata, ma la giuria in parte ancora le crede. Ci vuole altro" le ultime parole furono mormorate così piano che a stento si udirono, ma presagivano vendetta e un piano avventato e irragionevole. La registrazione si interruppe, Darleen era a bocca aperta con un'espressione sgomenta e i puntini nella sua mente che si collegarono rapidamente mostrandole quel disegno ad opera dell'investigatore.
"Sei uno stronzo figlio di puttana!" gridò sbattendo i palmi sulla superficie in legno del tavolo, protesa in avanti verso la sua imperturbabile sagoma.
"Bada a come parli" si intromise Lexi dalla parte opposta, senza scomporsi, scoccandole un'occhiata di sbieco. "Dopotutto, adesso, sei in bilico tra inferno e paradiso" ammiccò facendole l'occhiolino.
"Questa è la prima registrazione della conversazione tra Darleen e il suo ragazzo Steven Marsh. Come avrete potuto intendere da voi c'era un accordo segreto per sabotare la nostra cliente. Questo accordo si è poi trasformato nel finto omicidio." Si curvò nuovamente collegando alla lavagna multimediale il pc. Pochi istanti dopo proiettò un video, quello delle telecamere di sorveglianza poste nei corridoi scolastici. Lexi era premuta contro gli armadietti e si vedeva, in bianco e nero, il suo viso che veniva sconquassato dai pugni del giocatore di football. La videro ridacchiare, ma non mosse un dito per difendersi e alla fine lui se ne andò. Eddie ingrandì e sgranò un segmento di quel video, mostrando una gigantografia del quarterback e identificando così di fronte a quella corte, l'aggressore Steven Marsh.
"Nella precedente registrazione Darleen cita un'aggressione nei confronti dell'imputata, ad una festa. Purtroppo non si hanno prove visive di quell'episodio ma non è stato l'unico. Poichè due giorni dopo l'aggressione ad Alhambra street, il ragazzo della signorina Forrest ha molestato la signorina Wolfe"
Silenzio. Nessuno osava intervenire. E così avviò una nuova registrazione.
"Che ci fai qui?"
"Dovevo parlarti"
"E di che? Stai bene?"
"Devo scappare, fingermi morta e scappare."
"Cosa? Ma di che stai parlando Darly"
"Ho un...un amico a Tijuana, per un po' starò lì. Ma tu...aiutami a mettere in scena il mio omicidio." Silenzio.
"Questo è folle."
"Non capisci! Loro non l'arresteranno! Non dopo quella testimone. Non le accadrà niente, la passerà ancora liscia e non può, non deve. Deve pagarla" gridò come sull'orlo di un esaurimento nervoso.
"Sta calma ti prego."
"Mi aiuterai?" Silenzio.
"Si. Lo farò." Eddie sollevò le sopracciglia e cliccò sul computer terminando il suo resoconto delle prove.
"Una vendetta immotivata, senza alcun fondamento." proferì fissando Darleen. "La signorina Forrest crede fermamente che la morte di Chantal Velazquez avvenuta quattordici mesi fa a Tijuana sia stata per mano dell'imputata che per una coincidenza si trovava sul luogo del delitto. Ma non è così, il caso è stato chiuso, la ragazza aveva alti livelli di droga nel sangue, il chè non è venuto fuori perchè i genitori hanno gestito il rapporto dell'autopsia con la massima riservatezza."
Una serie di emozioni oltrepassò il volto di Darleen, da rabbia, a confusione, a disperazione.
"Quindi come l'omicidio, anche l'aggressione è stata organizzata, il che elude da ogni responsabilità penale la signorina Wolfe che ha reagito per autodifesa"
I suoi occhi sgranati percorsero il tribunale, tutt'intorno a lei taceva e persino nell'accusa, coloro che avrebbero dovuto prendere le sue parti, tacquero. I suoi genitori tennero lo sguardo basso mortificati. Una grossa lacrima le scivolò sulla guancia umida.
"Andatevene tutti a fanculo!" disse in un crescendo, cominciando la frase in un sibilo per concluderla urlando. La ragazza si passò la manica sotto il naso e fuggì spalancando violentemente le porte.
"Ordine! Ordine!" il martelletto componeva una cruda melodia. "Recuperate la signorina Forrest, vi do cinque minuti." tutti cominciarono ad uscire in una fiumana di gente e quando Lexi si alzò in piedi, in mezzo a tutte quelle teste, perse di vista Eddie.
"Ce l'abbiamo fatta sei praticamente già libera!" Maya piombò davanti a lei con un saltello, battendo le mani entusiasta. Lexi abbassò lo sguardo su di lei, un sorriso le andava da un orecchio all'altro illuminandole gli occhi azzurri. "Te l'ho detto Lexi, i buoni vincono sempre" si fiondò ad abbracciarla e la ragazza fu spiazzata totalmente, rimanendo rigida sotto la sua presa affettuosa.
"Si..." le diede un'impacciata pacca sulla testa, a mo' di gesto affettuoso. "Però non cominciare a dirlo in giro. Mi rovinerebbe la reputazione da stronza" la rossa ridacchiò discostandosi e insieme uscirono di nuovo nel corridoio. Pochi istanti dopo, fece la sua comparsa (stavolta in modo meno eclatante) il loro salvatore.
Si teneva in disparte, non li aveva ancora intercettati in quella piccola folla, con le mani in tasca, la maglietta nera spiegazzata e i jeans scuri. Quando Lexi lo distinse in mezzo a tutti gli altri, sorrise compiaciuta. E poi con l'intensità di mille soli infuocati, le sue iridi dorate si scontrarono con quelle limpidamente azzurre. Come la sabbia con l'oceano, inevitabilmente e indissolubilmente i loro sguardi si fusero.
Lexi cominciò a correre nella sua direzione, scansando ogni uomo o donna che ostacolasse il suo percorso e gli gettò le braccia al collo stringendolo in un abbraccio. Eddie si curvò sotto il suo peso, le mise le mani sulla schiena e sorpreso rimase in quella posa scomoda. Fu talmente stupito che per un momento si guardò attorno senza fare niente. Poi chiuse gli occhi e le circondò la vita con le braccia. La strinse a sè delicatamente, il viso nell'incavo del suo collo, i capelli che le solleticarono la pelle.
"Sapevo che eri un piccolo genio, vampiro." Cercò di issarsi meglio con il braccio ingessato. Lui non disse nulla ma si allontanò ponendo fine all'abbraccio per guardarla, con quell'occhiata dalle sfumature maliziose, che sapeva di Lexi.
"E sapevo anche che quella stronza non era morta." incrociò le braccia al petto sollevando la testa per fissarlo meglio, da quella distanza ravvicinata aveva bisogno di buttare il capo all'indietro per poter avere una giusta visuale.
"L'avevi capito quindi"
"Ovviamente mio adorato vampiro, le nostre menti sono in simbiosi, noi siamo stati scritti con lo stesso inchiostro." Eddie le scoccò un'occhiata di sbieco mentre si avvicinava al gruppetto famigliare.
"Sei apparso di nuovo" lo salutò Maya.
"E che apparizione." commentò il padre sorridendo. "Ottimo lavoro." aggiunse.
"Quindi sei stato ancora a Tijuana? Si nascondeva lì?" domandò invece Rudy
"L'ho presa che era a tre chilometri dal confine, poi l'ho costretta a tornare."
"Hai un futuro come cacciatore di taglie." disse Rudy
"E come avvocato dopo oggi" Qualcuno ridacchiò. "Ma come facevi ad avere quelle registrazioni?" domandò facendosi serio.
"Che non sia stato per via di un souvenir proveniente da San Francisco?" sorrise Lexi con un sopracciglio inarcato.
"I giocatori di football non resistono al fascino di essere chiamati campioni" scherzò in risposta.
[...]
Qualche minuto dopo Darleen fu riaccompagnata in aula, conservando tuttavia quell'aura straziante e irascibile che la avviluppava senza tregua. Lexi osservò che almeno il suo petto aveva smesso di sollevarsi spasmodicamente. Riportò lo sguardo davanti a sé, dove il giudice prese posto sospirando.
Ci siamo.
Ancora qualche istante e la sua reputazione sarebbe stata risanata, le manette e le luride celle spoglie sarebbero state soltanto un ricordo da seppellire e soprattutto - intercettò brevemente la figura di Eddie seduto più in là verso la sua sinistra - sarebbe stata libera.
Le sue mani fremettero, si costrinse e congiurgerle per nascondere quella buona dose di eccitazione che le circolava in corpo. Ancora pochi attimi e avrebbe potuto cominciare a lasciare terra bruciata attorno a sé.
"La giuria ha emesso il suo verdetto." impercettibilmente si protese in avanti.
"Con un voto all'unanimità, l'imputata Alexis Wolfe è stata dichiarata non colpevole e scagionata da tutte le accuse."
I Miller si alzarono di scatto, vittoriosi, entusiasti e Lexi tra loro. Niente fu per lei così appagante quanto il rintocco del martelletto contro il legno, un suono percepito come il migliore tra tutti (tanto che Lexi fu quasi tentata di rubarlo e tenerselo). Maya si fiondò di nuovo ad abbracciarla vittoriosa e persino Rudy abbassò la sua coltre d'astio e di formalità per lasciarle una pacca sulla spalla. Eddie li guardò con la coda dell'occhio scambiarsi cenni vittoriosi, tenendosi ben alla larga e scollegando i cavi del suo computer per rimettere tutto al suo posto.
"Lo sa, signor Miller" sollevò lo sguardo incontrando la figura della donna che aveva tenuto il processo, finalmente in piedi oltre il suo palcoscenico pseudo divino. "Oggi mi è piaciuto."
Lui si limitò a guardarla, il portatile infilato solo per metà nella borsa.
"Per essere un ragazzino sa il fatto suo."
"Grazie"
"Dica la verità, come ha fatto?"
"Ricerche...fortuna..." fece spallucce chiudendo la borsa del pc.
"No, non è solo questo." Ma il ragazzo tacque e allora fu di nuovo lei a prendere la parola.
"Ha programmi per il college? Perché sarei disposta a mettere una buona parola con organizzazioni a livello nazionale, l'FBI per esempio." sorrideva come se scherzasse, ma la determinazione nel suo sguardo faceva intendere tutt'altro.
"L'FBI?"
"Lei è in gamba signor Miller, prevedo un roseo futuro per lei." annuì e se ne andò lasciandolo a fissare il vuoto con una curiosa perplessità.
"Ehi detective?" si voltò verso la sua famiglia "Che fai lì impalato? Dobbiamo festeggiare!" esclamò la mora. Uscirono tutti insieme una volta per tutte da quell'aula imboccando la scalinata marmorea che li avrebbe condotti all'uscita. Ma proprio quando furono a metà una voce interruppe la loro discesa, come un fulmine a ciel sereno, quella che - Lexi si augurò - sarebbe stata l'ultima nube temporalesca ad offuscare i suoi giorni.
"Non continuerai a passarla liscia per sempre Lexi!" tuonò alle sue spalle. Si voltò, un piede già sul gradino successivo: il sorriso non le morì dalle labbra, bensì crebbe a dismisura. Darleen si ergeva davanti a lei, i pugni stretti lungo il corpo, le nocche sbiadite e i lineamenti tesi e contorti.
"Ma l'ho già fatto" salì un paio di gradini per avvicinarsi alla sua rivale, appoggiando la mano sulla ringhiera in marmo. Faccia a faccia, in una lotta di sguardi, fulminandosi a vicenda. Sotto di loro l'atrio era in fermento, decine di persone andavano e venivano e i giornalisti sulla soglia diventavano sempre più affamati di notizie. "E indovina un po'? Ci riuscirei altre mille volte."
"È stato un bel tentativo, lo riconosco, ma sono ancora qui." fece spallucce. Poi lentamente la permanente piega del suo sorriso si indebolì, fino a scomparire. Niente aveva mai incupito i suoi lineamenti in tal modo. "E voi brucerete nel vostro stesso fuoco" sentenziò solenne, le sue parole risultarono taglienti, il colpo di un'ascia, la lama di una ghigliottina, che infusero vero e proprio terrore negli occhi di Darleen. Non rabbia, non amarezza, paura.
"Permettete che sia io a gettare il fiammifero"
E detto ciò fece dietrofront scendendo la scalinata con risolutezza e determinazione, superando i Miller senza dire niente.
"Che vuole fare adesso? Dimmi che non farà nulla di stupido" pregò Rudy massaggiandosi una tempia.
"Lexi!" la chiamò Maya preoccupata, ma fu perfettamente ignorata.
"Non preoccupatevi, deve soltanto dare spettacolo." mormorò Eddie insipido mentre scendeva le scale assieme agli altri. Rudy non poté fare a meno di sospirare roteando gli occhi. Nel frattempo Lexi raggiunse l'atrio dove la luce dell'esterno si imbattè sul suo viso, misto ai flash delle fotocamere delle decine di giornalisti piazzati all'ingresso per una dichiarazione.
"Buongiorno a tutti i Californiani che mi stanno guardando. Qui è Lexi - fottutamente immortale - Wolfe che vi parla." esordì puntando lo sguardo su alcune telecamere.
Rudy si schiaffeggiò la fronte per quell'eccesso di dramma impresso a fuoco nelle sue parole.
"Già perchè sono quasi morta (più volte) durante questo mese"
"Nelle ultime settimane molti hanno cercato di rendermi la vita un inferno, a cominciare da Darleen Forrest, colpevole di simulazione di reato, e il suo ragazzo Steven Marsh, colpevole di aggressione e percosse." sputò acidamente e senza più traccia di ilarità nei toni.
"E confesso che ha bruciato, letteralmente. Ma sono ancora qui e sono ufficialmente e fottutamente libera"
"Come si dice? L'inferno sono gli altri" aprì i palmi delle mani, gesto per sottolineare l'ovvietà di quelle parole e con un sorriso di congedò oltrepassando la calca di paparazzi sulle scie dei luminosi colpi di flash che alle sue spalle enfatizzavano la sua figura, rimarcandone i contorni.
06/08/2022
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