Capitolo 45 - I pony non crescono

"Voi tre mi dovete immediatamente delle spiegazioni!" esordì Henry Miller, stagliandosi in mezzo al salotto con un cipiglio a distorcergli in maniera allarmante i lineamenti affilati. Si era liberato della giacca e della ventiquattrore, prendendo ad arrotolarsi le maniche della camicia azzurra colto da una forte vampata di calore. Le punte delle sue orecchie andavano a fuoco, gli occhi iniettati di sangue saettavano da uno all'altro rapidi, inquieti. Lexi, sedeva di fronte a lui, schiacciata tra Eddie e Rudy sul divano. Non l'aveva mai visto in quello stato, eppure lo conosceva da molti anni, aveva trascorso molti pomeriggi della sua infanzia a giocare con i Miller, con Eddie, e inevitabilmente aveva legato con tutta la sua famiglia. Mai, neanche una volta aveva assistito ad una sfuriata del mite e condiscente padre. Mai come quella.

Aveva abbandonato il suo ufficio al college subito dopo aver chiuso la telefonata che gli comunicò la presunta dipartita di Darleen Forrest. Assistere alla patetica lite tra suo figlio e la sua assistita pseudo-orfana non fece che acuire l'irritazione che già serpeggiava sotto pelle. Si passò le mani sul viso ed espirò profondamente cercando di scaricare una grossa mole di rabbia.

"Allora?" domandò con i pugni sui fianchi notando quanto il silenzio si stesse prolungando esageratamente nella stanza.

Rudy e Lexi si protesero in avanti cominciando a narrare i fatti contemporaneamente seguendo due fili di pensiero di base opposti, impuntati su due aspetti della faccenda diversi. Il chiacchiericcio confusionario non fece altro che rompere la quiete senza tuttavia condurre a nulla poichè Henry sollevò una mano davanti a sé chiudendo gli occhi. I due tacquero immediatamente e tornarono ad appoggiarsi allo schienale del divano.

"Così rendete le cose ancora più caotiche di quanto già non siano." sospirò e agguantò una sedia poco più in là trascinandola fin di fronte al divano, poi vi si sedette.

"La polizia mi ha già informato."

"Com'è possibile che Darleen sia morta? Cosa le hai fatto?" Rudy emise un verso di scherno voltandosi dall'altra parte con le braccia incrociate.

Lexi alzò gli occhi al cielo.

"Ma perchè pensate che sia sempre colpa mia?"

"Perchè sei una viscida psicopatica." sbottò il biondino voltandosi di scatto, abbandonando il contegno che cercava di auto imporsi. "Papà dobbiamo subito denunciar- Aia!" esclamò alla gomitata tra le costole che la mora al suo fianco gli serbò.

"Silenzio! Parlerete quando verrete interpellati" asserì truce.

"Ma-"

"Nemmeno tu sei uno stinco di santo" fece presente Lexi sollevando le sopracciglia e distogliendo lo sguardo verso il cielo.

"Eh? Non penso proprio"

"Sei vile almeno quanto me, anzi di più perché io sono innocente." ricalcò l'ultima parola cercando di metterlo bene in testa ai tre uomini in quella stanza che detenevano scarsa fiducia nei suoi confronti.

Ridacchiò stendendo un braccio sullo schienale del divano. "Eh sentiamo cosa ti porta a questa opacamente brillante conclusione?"

A quel punto Lexi si voltò con un sopracciglio inarcato e un mezzo ghigno.

"Tu derubi le vecchiette."

Rudy le lanciò un'occhiata di sbieco borbottando un trasudante di menzogna "Non so di cosa stai parlando"

"Ragazzi!" li interruppe nuovamente l'avvocato, i palmi davanti a sé. "Ho detto di smetterla."

Il maggiore dei fratelli sbuffò ancora ricevendo un'occhiataccia dal genitore. "Rudy ti prego, sei il più grande qui e ti stai comportando in modo infantile."

"Cosa?" inarcò un sopracciglio. "Papà lei mi ha imbavagliato ad una sedia con il nastro adesivo!" il suo tono acquistò volume in un crescendo tanto che la parola adesivo fu praticamente sputata rabbiosamente contro l'uomo.

"E sono molto rammaricata per questo." la ragazza si portò una mano al petto simulando una mortificazione che fu accolta da uno sguardo affilato del biondino.

Henry sospirò esasperato e concentrò i suoi occhi sul suo secondogenito, voltandosi col busto nella sua direzione.

"Eddie"

Il ragazzo, schiacciato in un angolino del divano rimase imperturbabilmente immune alla lite che si profilava proprio accanto a lui. Si reggeva la testa, con la mano a coprirsi la bocca, il gomito sul bracciolo del divano: tre paia di occhi adesso erano puntati su di lui.

"Voglio che sia tu a spiegarmi" Rudy lanciò uno sguardo a suo padre, un solco a contornargli un sopracciglio.

Il secondogenito si raddrizzò a sedere, il suo sguardo rimase placido come se si fosse appena destato dal sonno. Un sonno fatto di trame che stava silenziosamente tessendo e articolando.

"Sono piombati qui intorno alle otto, poco dopo che voi siete andati via" cominciò con un tono di voce molto basso e tranquillo. "Avevano un mandato quindi hanno perquisito la casa. Sanno che l'avete 'presa in custodia' perciò suppongo questo sia stato il primo posto dove siano venuti a cercare. Credo anche che ci sia qualche poliziotto in borghese a tenere d'occhio la casa." non sembrava un resoconto felice per cui evitò di spifferare il ritrovamento di quel microfono spia. Prima di lasciare la casa per andare a scuola aveva raccomandato alla latitante di ispezionare silenziosamente l'intero edificio, una mole ingente di lavoro ma era prudente assicurarsi che nessun altro tra i poliziotti avesse giocato un tiro sporco come quello.

Henry deglutì chiudendo gli occhi.

"L'hai nascosta e se adesso la trovano noi tutti passeremo guai seri."

"Lo so"

"E allora perchè cazzo l'hai fatto?" sbottò Rudy. Eddie spostò appena la testa per incontrare lo sguardo del fratello ma non disse nulla, la sua occhiata bastò come tacito avvertimento.

"Sta' calmo Rudy, ci sono cose più importanti della carriera." Eddie corrugò appena la fronte e si alzò. "Se l'ho fatto è perché ho un piano. Dovete solo nasconderla per un altro giorno."

"Cos'hai in mente?"

"Dovete solo fidarvi."

"Sai che lo faccio, mi fido, ma Eddie, ero appena riuscito ad ottenere una nuova udienza, dopodomani " avvertì il padre con un tono molto più apprensivo.

"Sarà tutto risolto per allora." e detto ciò, incassò la testa nelle spalle e si avviò al piano di sopra.

"Che diavolo gli gira per quella testa malata?!" Rudy sembrava sul punto di esplodere, lo si capiva da come la vena sul suo collo arrossato fosse enfia. Lexi gli scoccò un'occhiata austera.

"Quella testa malata riesce ad eseguire più sinapsi della tua"

[...]

La stanza era immersa nel buio a quell'ora della notte, che ne avrebbe divorato le mura, steso come folte pennellate di inchiostro se non fosse stato per il tenue bagliore lunare mischiato a quello dei lampioni che filtrava tra le tende scure in fasci frammentati. Eddie giaceva sul suo letto, la guancia premuta contro il cuscino, un braccio penzolante e gli occhi lievemente aperti sul nero vuoto che si profilava tutt'intorno.

La porta emise uno scricchiolio, poi un cigolio.

Sollevò lentamente le palpebre, non propriamente conscio di quanto ciò che percepisse fosse reale. Il dubbio fu infranto dal cigolio del letto causato da un peso che si aggiunse. Non ebbe la necessità di voltarsi per dedurre che ad essersi appena intrufolata nella sua stanza a quella tarda ora notturna non poteva che essere l'intrigante portatrice di occhi blu.

"Non ti senti bene?" fu la domanda appena mormorata che si sentì rivolgere. Tutto intorno sembrava meno denso, meno solido.

"Va' via"

"Posso dormire con te?" Corrugò la fronte e si voltò di scatto.

"Ho trascorso mezz'ora a gonfiare il materasso nella stanza al seminterrato" fece presente.

"Ma fa freddo lì."

"Ti ho persino sistemato le lenzuola!" Non distingueva i dettagli del suo viso, vedeva solo una sagoma più scura che si stagliava accanto al suo letto.

"Ehm...per favore?"

Eddie roteò gli occhi e si voltò di nuovo verso la finestra sistemando il cuscino. "E va bene"

Sentì un fruscio di coperte e l'attimo dopo un calore famigliare si propagò a pochi centimetri da lui.

"C'è una domanda che devo farti" Eddie si riscosse, gettando un'occhiata di sbieco anche se neanche così poteva realmente vederla.

"Chi è stato?"

"A che ti riferisci?"

"Lo sai. L'esplosione, chi ha provato a uccidermi?"

Si lasciò sfuggire un sospiro pesante e si voltò. I suoi occhi, come quelli di un gatto, si erano lievemente adattati alla scarsità di luce tanto da permettergli di distinguere il taglio del suo profilo.

"Non ne ho idea"

"Falso." sentenziò nel preciso istante in cui pronunciò la sua ultima sillaba "Forse non lo sai per certo, ma hai dei sospetti e voglio conoscerli." Eddie si aspettava una risposta di quella impronta, ma confessarle direttamente ed esplicitamente i suoi sospetti non era nel suo stile.

"Bene" si arrese "sono dell'idea che siano stati i tuoi genitori." affermò senza mezzi termini.

Inconsciamente spostò lo sguardo su di lei, ricercando - per quanto riuscisse - un qualche tipo di variazione nei suoi lineamenti.

"Perché non Darleen e la sua cricca? Ne avrebbero avuto più motivo. Cosa sai su di lei che io non so?"

"La polizia cosa ha detto?" Non le sfuggì il tentativo di elusione alle sue domande, ma lasciò correre e dopo qualche istante di silenzio rispose.

"Fuga di gas" emise un verso di scherno. "Non è stato un incidente, qualcuno voleva uccidermi"

Lui non mostrò cenni di stupore di fronte a quella risposta. Ne era già perfettamente consapevole.

"Ci sono diversi modi di uccidere, ma questo appartiene a qualcuno di brutale e che non vuole lasciare traccia. Poteva avvelenarmi, poteva creare uno scenario suicida, poteva anche solo farmi morire con il gas, ma ha voluto bruciarmi viva per togliermi di mezzo. Chiunque sia stato deve odiarmi dal profondo del suo cuore e provare un sentimento di vendetta morboso."

Già.

Aveva ragione. Non era un ragionamento dalla vena sentimentale, per cercare di trovare punti a favore dell'innocenza dei signori Wolfe, no, c'era davvero qualcosa in quel tentativo di omicidio che aleggiava su di loro come un'ombrosa sagoma, dai contorni e la forma indefiniti.

Forse non erano stati i suoi genitori, ma ora come ora erano fermi ad un vicolo cieco. Sentiva però, sotto quella sua facciata sdrammatizzante un ché di nascosto e celato alla vista. Eddie era convinto che sotto quel ghigno temesse almeno un po' la piega disastrosa che quella faccenda stava prendendo.

"Suppongo che adesso io possa definirmi a prova di bomba"

"Non è divertente"

"No?" continuò a punzecchiarlo lei.

"No" serrò la mascella.

"E perchè?" Non rispose. "Dillo Eddie, dillo che ti preoccupi per me."

"Mi preoccupo del tempo che avrò perduto per difendere un morto."

"Eppure quando eri a Tijuana non ti sei preoccupato di verificare se fossi in vita oppure no. Se non lo fossi stata avresti perso otto giorni per nulla."

"Va' a dormire" le disse girando la testa e chiudendo gli occhi. Per un attimo fu quasi tentato di credere che gli avesse semplicemente dato retta, lasciando che recuperasse le ore di sonno arretrato che tanto agognava ma ecco che il clic di un interruttore mandò in frantumi le sue già deboli speranze. Si stropicciò gli occhi, disturbati anche da quella minima luce che inondò la stanza.

"Lexi" mugugnò sull'orlo dell'esasperazione affondando a più non posso la testa nel cuscino. Intanto la mora si mise a sedere appoggiata con la schiena alla testiera del letto. Sorrideva sorniona, i ciuffi di capelli che sfuggivano alla presa dell'elastico, i cerotti tesi dal movimento dei muscoli del viso. Concentrò immediatamente il suo sguardo sull'altra testa corvina; i suoi capelli ricadevano in morbide ciocche sul cuscino e spinta da un impulso vi avvicinò le dita in una carezza.

"Sei felice mio vampiro?"

"Cosa?" bofonchiò ancora con la faccia affondata nel tessuto della fodera.

"Sei felice?" insistè la ragazza adesso protesa verso la sua destra dove giaceva immobile il ragazzo, nella sua t-shirt nera e i suoi pantaloni della tuta. Al ripetersi di quella domanda voltò il capo nella sua direzione, un cipiglio ad adombrargli il viso concedendogli un'aria vagamente perplessa e circospetta.

"Ti ricordi quel discorso sulla felicità che facemmo nell'ufficio della preside?"

"Ricordo dicesti che chi ha ricevuto un pony a sette anni non ha il diritto di lamentarsi per il resto della sua vita."

"Avrei tanto voluto un pony" confessò senza aspettare che concludesse di parlare, lasciandosi sfuggire un sospiro. Eddie non se ne accorse, ma quando si mise a sedere inconsciamente cominciò a trattenere il respiro concentrando su di lei i suoi vispi occhi dorati, tinti di una sfumatura simile al vespro quasi da apparire di un arancio pastello come i colori del tramonto.

"Schopenhauer era ricco, ma non credo abbia avuto un pony." Lexi si portò le ginocchia al petto sollevando lo sguardo verso il cielo, quello sciocco ghigno ancora lievemente impresso sugli angoli della bocca.

Il volto di Eddie assunse un'espressione finora sconosciuta, come se per un microscopico frammento di tempo le sue membra avessero provato la tangibile sensazione di essere trafitti da una freccia dalla punta acuminata.

Poi

Scomparve.

Sotto il paralume dell'abat-jour accesa sul comodino, pulviscoli di polvere danzavano sulle note di quel silenzio che si venne a creare e che fu spezzato dalle tentennanti parole del ragazzo.

"Non devi per forza... averlo quando sei piccola."

"Si invece. Quando sei grande è tutto diverso non credi." fece leggermente risentita.

"Perchè?"

"Non lo riesci a riconoscere e il dubbio ti uccide."

Schiuse la bocca, come se volesse lasciarsi sfuggire qualcosa che teneva proprio lì sulla punta della lingua. Ma le parole gli morirono in bocca, ricacciate indietro dove non potevano far rumore. Si accucciò sotto le coperte e voltò la testa nel lato opposto, un nuovo pensiero intrusivo disposto sulla mensola con gli altri e portava il marchio della colpa anche lui.

Senso di colpa.

___ ______ _____ __ ____.

Con uno sbalzo improvviso Lexi si gettò sul ragazzo provocandogli un gemito di dolore.

"La milza, Lexi!" borbottò, ma la ragazza lo ignorò e la sua vittima fu costretta a voltarsi per sopportare meglio il suo peso. Concentrò i suoi occhi azzurri in quelli del giovane, il sorriso scivolò via come un velo e la fronte si curvò in un cipiglio greve. Vedeva i suoi zigomi bagnati dal bagliore giallo emesso dalla lampada e la sua pelle con qualche brufolo rossiccio qua e là come lentiggini alla fragola.

Era bello.

Era ciò che di più bello avesse mai visto.

Lui era il suo vampiro.

Era il suo vampiro? Anche Eddie la fissava: pallido, impassibile e i capelli a incorniciargli il viso. Lexi gli si avvicinò ancor di più. Sentiva il suo corpo completamente irrigidito sotto di lei, i muscoli dell'addome solidi e il petto caldo.

Posò dolcemente le sue labbra sulle sue, amare, avevano un sapore metallico di sangue a causa delle ferite impresse come marchi che faticavano a sbiadire. Dapprima si sfiorarono brevemente, discostandosi appena di qualche millimetro per cercarsi con lo sguardo. Poi furono le loro lingue a cercarsi e ogni traccia di titubanza si dissolse.

Le dita di lui le carezzarono la guancia con una delicatezza timorosa, lasciando che lei gli afferrasse il viso con le mani, lasciandosi travolgere. Lexi stava assaporando con veemenza quel bacio, con urgenza, con rabbia. Qualcosa nella sua espressione sembrò...rotta.

Si allontanò bruscamente per appoggiarsi con la guancia al suo petto e chiuse gli occhi; strinse i pugni e la stoffa delle lenzuola con così tanta forza da far sbiancare le nocche.

I pony non crescono. 


02/08/2022

angolo autrice: provate ad indovinare cosa poteva voler dire Eddie in quell'occasione nei commenti. Non l'ho scritto perchè Eddie è così riservato che è stato in grado di nasconderlo anche a me :P
Scherzi a parte, spero che il messaggio tra le righe non sia troppo incomprensibile.

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