Capitolo 43 - Coordinate perdute

"È morta"

Il solo pronunciare quelle due parole gli corrose la lingua mentre un peso opprimente andò a serrargli la gola, come due mani fantasma pronte a strangolarlo. Per qualche istante tutto ciò che sentì fu un fischio, o meglio un tenue ronzio. Probabilmente proveniva dal frigorifero, c'era così tanto silenzio da far emergere piccoli suoni sconosciuti. Oppure era il ronzio dello sciame delle sue elucubrazioni, accatastate una vicina all'altra come una miriade di vespe ne formavano una sola. Eddie la sentiva seppur l'inconscio ancora la conteneva. Provò un brivido lungo la pelle, un piccolo solco si venne a formare tra le sopracciglia quando il torbido pensiero sfuggì alle sue barriere.

Rimpianti. Volle sotterrarli.

Suo padre sgranò gli occhi.

"Oh no no no, non dirlo neppure." scosse le mani come a voler cancellare quell'insinuazione che riverberava nell'aria come il colpo su un'incudine. "È viva e vegeta, anzi dice di essere più forte di prima." si affrettò ad aggiungere. A quelle parole Eddie sollevò il capo, la bocca schiusa gli occhi sbarrati; di colpo ogni cosa si fermò e ne fu grato. Sospirò, sollevato e sta volta non fece nulla per dissimularlo. Quello sarebbe stato forse il più grande sollievo della sua vita.

"Pensa di aver acquisito dei super poteri perché stavolta era più vicina alla morte rispetto alle altre." commentò Rudy alzando gli occhi al cielo. Eddie spostò lo sguardo da lui a suo padre che lo guardava con un che di diverso, una sfumatura che aveva alleggerito i suoi lineamenti sempre tesi quando si trattava di lui, sempre all'erta.

"Quindi..."

"L'udienza è rimandata a tempo indeterminato, questo periodo di pausa potrebbe protrarsi per mesi e mesi."

"Che ne è dei signori Wolfe?" Si scambiarono un'occhiata rammaricata e Maya si fece avanti andando a sedersi sul braciolo della poltrona vicino ad Eddie.

"Non si sono mai presentati in ospedale, sono sempre stata lì, a volte anche la notte e mai, neppure una volta sono andati a trovarla." il suo tono era tinto di delusione, rabbia, incredulità. Seppur la verità sul loro conto fosse emersa, l'animo gentile di Maya faticava ad adattarsi ad una versione della storia tanto indifferente. Eddie annuì distogliendo lo sguardo da lei, dopotutto era prevedibile anzi, in quel quadretto lui aveva riservato loro un volto peggiore, un volto più meschino e vile di semplici genitori menefreghisti.

Si alzò in piedi seguito a ruota dagli altri tre; imbarazzato da come i suoi movimenti erano tenuti strettamente sotto controllo strinse le labbra e evitando di dire una parola fece per imboccare il corridoio e dirigersi nella sua adorata stanza segreta. Ma si fermò sulla soglia.

"Ti nominava sempre nel sonno." proruppe sua sorella fermamente, alle sue spalle. "Dovresti andare da lei."

Seguì un lungo attimo di silenzio, scomodo e poco adatto al contesto per i gusti di Eddie che per lo più evitava situazioni di pubblico affronto di temi così delicati. No, rettifichiamo, egli evitava ogni qualsiasi situazione nel quale si poteva anche solo fare un minimo accenno alla sfera personale. La sua mano restò per un attimo appoggiata allo stipite della porta.

Gli stava chiedendo di raccogliere l'acqua con le mani e lui non voleva vedere scivolare i suoi pezzi tra le dita, perdendo ogni controllo.

"Ho cose più importanti da fare." fu quindi ciò che uscì dalla sua bocca. Chiuse gli occhi e serrò le labbra dopodiché si incamminò nel seminterrato.

[...]

Il giorno successivo un gran trambusto svegliò Eddie che si era appisolato sulla sedia girevole nella sua stanza sotterranea. Gli occhi ancora impastati dal sonno, la testa sulla superficie di legno della sua scrivania e i capelli corvini che gli sfioravano le palpebre. Immobile cercò di decifrare le parole che udiva in lontananza, poi un vaso che cadeva e si frantumava segnò la fine delle sue riflessioni interiori.

Lexi.

Era indubbiamente lei e tutto era tornato come prima.

Tese le orecchie ma difficilmente poteva decifrare le loro parole da laggiù. Così salì di soppiatto le scale cercando di attutire possibili cigolii.

"Ti sistemeremo nella camera degli ospiti, puoi stare qui tutto il tempo che vuoi davvero. L'importante è che non ti accada nulla." udì la sorella mentre egli confinava fuori dalla stanza evitando di mostrarsi, la voce velata di entusiasmo e preoccupazione.

"Ho sempre desiderato avere una sorella Ape Maya" rispose divertita.

Eddie si avviò di soppiatto, con la stessa andatura pacata di un gatto nero, al piano di sopra verso il bagno. Non appena vi entrò richiuse la porta alle sue spalle, indugiando con la mano sulla maniglia per qualche secondo di troppo. Espirò scrutando la stanza quadrata come se non credesse di essere davvero lì, a casa. Ripensò al bagno del motel a Tijuana e fece un verso di scherno scuotendo la testa, dopotutto era bello essere a casa. Si spogliò e si infilò dritto dritto sotto la doccia.

Gocce bollenti scorrevano lungo il suo torace, lungo i suoi addominali dalle linee non troppo marcate. Scorrevano fino alla v del suo bacino, e più giù. Il rumore dello scroscio costante fu pressappoco l'unico suono che riuscì a udire. Sentiva il peso di giorni affievolirsi e scivolare giù assieme all'acqua. I capelli bagnati gli si appiccicarono alla fronte. Si lasciò sfuggire un altro sospiro e si appoggiò al muro della doccia con il braccio, affondando il viso nell'incavo del gomito. Il vapore invase la stanza e lui chiuse gli occhi deglutendo.

Era finalmente finita, ormai aveva tutte le prove per scagionare Lexi da ogni sospetto, aveva vinto lui. Ma allora perché si sentiva così stanco? Così perdutamente esausto?

Si avvolse nell'asciugamano fino al bacino e si stropicciò la chioma scura frizionandola con un altro panno. Quando risollevò il capo fu colto da un capogiro che lo costrinse a cercare un appoggio nel bordo della vasca da bagno. Vi si sedette e prese a massaggiarsi le tempie; avrebbe dovuto per prima cosa mangiare ma c'era un alto rischio di incrociare una vampata di guai e occhi blu al piano di sotto, per cui si obbligò a frenare i gorgoglii del suo stomaco per andare a vestirsi.

E invece Lexi lo aspettava proprio lì, sul suo letto: i capelli raccolti in una coda bassa e disordinata. Il braccio ingessato, il viso ancora più ammaccato di prima. Spiccavano infaustamente sgargianti ematomi violacei e croste scarlatte e sanguinolente.

Lo fissava con la bocca serrata e gli occhi seri, senza alcuna scintilla di divertimento. Il suo sguardo scivolò lungo il suo corpo mezzo nudo e poi si sollevò verso il viso di Eddie. Produsse un sorriso che non gli riuscì molto bene, avrebbe dovuto essere un ghigno forse, uno dei suoi.

Eddie rimase pietrificato, le dita contratte attorno al pomello della porta, le nocche diventate bianche, le spalle rigide.

"Ciao Eddie" Serrò la mascella al suono della sua voce, quella voce... Non si aspettava di riceverla al piano di sopra considerando come il covo segreto-non segreto era diventato il suo punto d'arrivo. Eppure era proprio lì e il groppo che appesantiva il suo petto crebbe.

"Lexi" distolse lo sguardo. "Esci"

"No"

"Devo vestirmi" scandì scostandosi per farla passare dalla porta, la mano sempre stretta sulla maniglia.

"Fa come se non ci fossi" incrociò le braccia al petto.

"Sparisci"

"Sembri incazzato."

"Cazzo che occhio, adesso via" i suoi occhi ambrati puntavano a terra, evitando con ogni briciola di autocontrollo di incrociare la sua figura.

Silenzio.

"Come vedi sono viva."

"Per adesso Lexi, per adesso. Cosa mi garantisce che lo sarai anche domani?" mormorò con quella sua solita calma piatta trafitta da pungenti aculei rabbiosi.

"Niente"

Eddie sbarrò gli occhi improvvisamente, come colto da uno schiaffo in pieno viso.

Niente.

Suonava così vera, così coerente. Realisticamente parlando non c'era àncora che avrebbe potuto legarla a questa terra: volente o nolente la morte avrebbe colto chiunque, in qualunque momento.

Annullando.

Tagliando.

Smarrendo le coordinate altrui.

Niente

Quando aveva smesso di pensare in modo razionale? Quando aveva smesso di essere Eddie?

Niente

"Non capisci mai un cazzo." sibilò tra i denti sbattendo violentemente la porta. "Sono tornato e ho visto la tua casa in fiamme , l'ho vista bruciare con l'unico è solo pensiero che tu fossi lì." scoppiò andandosi a sedere sul letto, alle sue spalle la finestra e il bagliore che emergeva disegnava i suoi contorni controluce. "Che fossi lì per colpa mia." mormorò con più pacatezza prendendosi la testa tra le mani.

Lexi lo guardò con qualcosa che somigliava alla paura.

Non riusciva a riconoscerlo e lo stesso valeva per il ragazzo.

Eddie sospirò cercando di incanalare nuovamente il suo buon senso, i suoi lineamenti si rilassarono e ciò incoraggiò Lexi ad avvicinarsi con cautela. Gli sfiorò la spalla nuda e poi il collo fino a fargli sollevare il mento. I suoi occhi erano spenti, irremovibilmente calmi come al solito. Ma quelle parole, sfuggite da una piccolissima crepa del suo mutismo emozionale, avevano fatto breccia anche nella sua corazza. Si ritrovò a fissarlo ammutolita, due sguardi carichi di gelo, carichi di quello che era un bagaglio chiuso a chiave con i catenacci.

Lo abbracciò.

La sua testa mora le bagnava la maglietta, il petto contro di sé, sentiva i muscoli contrarsi mentre respirava. Si alzò in piedi sovrastandola con la sua altezza e preso da un impulso l'abbracciò a sua volta. La strinse forte a sé, con occhi vitrei fissava un punto imprecisato del pavimento.

"Vivi" le sussurrò all'orecchio, le sue ciocche scure le inumidirono la spalla. "La morte non è insignificante."

Lexi lo fissò negli occhi, scostandosi da quel contatto, avvicinando le labbra alle sue.

Eddie abbassò lo sguardo placidamente sulle sue di labbra, non oppose resistenza e accettò quel bacio delicato e quella carezza che Lexi gli lasciò sulla guancia.

Con uno schiocco le loro labbra si allontanarono, rimanendo a pochi centimetri di distanza.

"Vivere?" domandò Lexi con occhi maliziosi.

"Per te?" Eddie distolse lo sguardo e si precipitò verso l'armadio tirando fuori una maglietta nera a maniche corte e dei jeans.

"Allora?"

"Ho lavorato sodo a questo caso, quindi non gettare i miei sforzi al vento sciocca intrigante" borbottò

"Intrigante" Lexi ridacchiò. Erano tornati quelli di sempre, Lexi si sdraiò sul letto, il braccio buono sotto la testa a mo' di cuscino.

"Ti intrigo, Eddie?"

"Dovrebbe essere una specie di insulto." Fece uscendo dalla stanza con i vestiti e un'occhiata furente.

"Ma dove vai?" si lamentò sobbalzando a sedere mentre la porta si richiudeva con un cigolio. Scosse la testa.

All'improvviso un bussare ripetuto e irruento la fece accigliare.

Arrivò fino al corridoio al piano di sotto, tenne stretto contro il torace il braccio ingessato mentre avanzava.

Di fronte c'era la porta di ingresso ma qualcosa non quadrava; il modo in cui la superficie di legno vibrava sotto i colpi non prometteva nulla di buono.

All'improvviso un braccio la tirò indietro, ella si voltò accigliata sfuggendo alla presa del ragazzo che le lanciò eloquenti sguardi ammonitori.

Sta' ferma

Insolitamente mansueta, Lexi lo fece passare così che poté accostare l'occhio allo spioncino. Ma quello che vide fu tutt'altro che positivo.

"Cazzo!" bisbigliò tra i denti.

23/07/2022

angolo autrice: piaciuto lo scherzo? :P
forse Lexi è davvero immortale comunque sia ho sparso piccoli indizi simbolici negli ultimi venti capitoli che rivelano il finale. Andrà tutto bene <3<3

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