Capitolo 34 - 2°udienza

Era giunto il suo momento, lo accolse dopo averlo a lungo bramato e si crogiolò nella soddisfazione che quell'occasione le conferiva, perchè era sicura di sè stessa: avrebbe capovolto la sentenza.

"L'accusa chiama a testimoniare Alexis Wolfe"

Era il momento di andare in scena.

Raggiunse la sbarra con estrema lentezza, misurando ogni passo e conferendogli la risolutezza di chi non sarebbe indietreggiato di fronte alle accuse, di fronte alle calunnie che nell'arco di quasi un mese le erano piombate addosso come dardi una dopo l'altro. Si voltò verso il suo pubblico e guardò dritto negli occhi l'artefice di quelle stesse calunnie con un breve lampo nello sguardo che minacciava la sua dimora di menzogne. L'attimo successivo prese posto con eleganza. Si preannunciava tempesta.

"...consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza" giurò dinanzi alla corte. Riusciva a vedere quanto Rudy la guardasse intensamente, una velata minaccia che solo uno sguardo attento poteva interpretare. Se avesse sbagliato lui l'avrebbe strangolata. Metaforicamente si spera.

"Signorina Wolfe, la mattina del cinque maggio durante la fiera ad Alhambra Street lei aggredì la mia assistita Darleen Forrest?" domandò l'avvocatessa spilungona dai capelli biondo ghiaccio. Aveva marcate sopracciglia scure dal taglio talmente arcuato da farla sembrare perennemente arcigna. Lexi inspirò appoggiando le mani una sopra l'altra.

"Non è corretto" la donna assottigliò lo sguardo rubandole la parola.

"Vuole forse negare di aver colpito la signorina Forrest?" emise un verso di scherno spostando lo sguardo sulla giuria "Sarebbe falsa testimonianza"

"Non cerchi di traviare il significato delle mie uniche tre parole, avvocato Keets, non ho nemmeno iniziato." concesse un sorriso amabile. "La mia è stata legittima difesa"

"Signorina Wolfe, è vero che appena il giorno prima dell'aggressione lei ha aggredito verbalmente la mia assistita?"

"Se per aggredito intende essere stata insultata allora si"

"Ed è vero che ha minacciato di picchiarla?"

"Era una frase in senso figurato"

"Ma il giorno seguente, quando l'ha incontrata, lo ha fatto per davvero?"

Lexi aveva compreso la sua strategia: bombardarla di domande per non darle il tempo di pensare così da farle commettere un passo falso durante la risposta. Aprì la bocca e ispezionando le persone nell'aula cominciò a parlare.

"Già" inspirò in tutta calma. "Quando l'ho incontrata, io, ferma in un punto della fiera da molto tempo"

"Dove vuole arrivare?"

Quegli occhi cerulei andarono a posarsi sulla donna davanti a lei come incidendo a fondo nel suo campo vitale, c'era qualcosa di criptico ed enigmatico nella sua espressione che mise a disagio persino l'accusa. Henry invece, dal suo canto, si lanciò un'occhiata attorno perplesso.

"Avete appurato con la testimonianza del signor Willis che io ero ad Alhambra Street a sorvegliare il carretto e Darleen, che per la cronaca abita dall'altra parte di Sacramento, è venuta da me. Lei."

"Come chiarito, la mia cliente aveva un appuntamento quel giorno."

"Proprio nel mio quartiere?"

"È stato confermato da Steven Marsh"

"Quindi sta dicendo che l'incontro con me è stato una fortuita coincidenza" la sua non era una domanda ma un'affermazione che sembrò turbare l'equilibrio di quell'udienza. Non le diede il tempo di contrattaccare, aveva afferrato le redini e non se le sarebbe fatte scivolare per nulla al mondo. "Se è stata una fortuita coincidenza ne deriva che l'aggressione, che voi presumete sia stata cominciata da me, non è affatto premeditata."

"Questo non toglie che lei ne sia l'artefice" accusò la bionda rianimandosi.

"Forse, ma basta a mettere in dubbio la solidità delle vostre accuse avvocato Keets." si appoggiò allo schienale della sedia. "Non ho altro da aggiungere, giudice Robinson"

"Un momento! Non funziona così." ribatté la donna in tailleur corrugando la fronte in un'espressione tediata. "Mi voglia scusare un attimo vostro onore" Si allontanò verso il banco dell'accusa sul quale appoggiò le nocche cominciando a parlottare sommessamente con i suoi colleghi. Lexi non poteva guardarla in faccia, ma in compenso riuscì a vedere Darleen che sembrava sul punto di costruire una rift valley tra le sue sopracciglia. Per un brevissimo istante si venne a creare un contatto visivo e nulla beò così tanto la mora se non quell'indignazione impressa a fuoco sui suoi lineamenti. Piccoli passi. Avrebbe cominciato insediando il dubbio, fino a torcere ogni singola sillaba in suo favore. Se la verità non fosse venuta a galla avrebbe affondato ogni bugia ed allora, si che avrebbe vinto.

"Ci sono pervenute nuove prove della colpevolezza della signorina Wolfe."

"Obiezione vostro onore, non era stato stabilito" Henry si alzò, opponendosi a quello stravolgimento del programma ma il giudice non sembrava accogliere le sue rimostranze. Una bustina di plastica fu posta sul piano di legno. Gli occhi azzurri fissavano quella pallina all'interno e per un microscopico istante l'angolo della bocca le si sollevò.

"Signorina Wolfe, riconosce l'oggetto che ha davanti? Le ricordo che è sotto giuramento."

"L'avevo buttato, perchè ripescarlo dalla spazzatura?" La donna sorrise malignamente voltandosi.

"Quello che abbiamo vostro onore è una sorta di bambola voodoo dalla testa tranciata e deturpata che raffigura Darleen Forrest. È stata trovata nel suo armadietto il giorno prima dell'aggressione, quando, ci tengo a ricordare alla giuria, l'imputata aveva minacciato di aggredire la mia cliente." Lexi tentò di mascherare il disappunto con un'espressione perplessa. "Vuole negare che appartenga a lei?" L'aula fremette nel silenzio che seguì quella domanda. "No" soffiò fuori. "Ma nego ogni coinvolgimento di Darleen a quella bambola."

"Abbiamo la prova tangibile che l'imputata sia responsabile dell'aggressione vostro onore, un pegno, un avvertimento prima dell'ora x."

"Obiezione vostro onore" Henry scattò nuovamente in piedi. "La prova dimostrata è fuori contesto."

"Accolta." L'accusa scoccò un'occhiataccia al signor Miller.

"Quell'oggetto somiglia a Darleen come somiglia ad altri milioni di persone, non per questo esso costituisce una prova"

"Tuttavia è finito nel suo armadietto"

"Obiezione, è irrilevante"

"Accolta" la giudice sospirò fissando torva la donna dai capelli biondi. "Avvocato Keets, i fatti concordano sulla mancata premeditazione dei fatti, non divaghi in questo modo." sussurrò a denti stretti. "L'imputata può sedersi."

Mentre Lexi tornava al suo posto cercò di rievocare alla mente il ricordo di quel giorno. Si sedette accanto a Rudy tenendo lo sguardo vacuo.

"Che cazzo era quella cosa?" mormorò discretamente senza farsi udire da nessun altro. "Perchè non puoi avere hobbies normali come fare shopping oppure andare dall'estetista? Perché devi collezionare bambole voodoo?"

"L'avevo tirata via quando ero nel corridoio della scuola" disse riesumando le sue memorie.

"E come ci è finita nell'armadietto di Darleen?"

"Di sicuro non è una mera coincidenza" Per quel che le aveva rivelato Eddie, il sussurratore di verità grigie, l'artefice di quell'insulsa messinscena era sicuramente Darleen. Certo, perchè no, dopotutto non si era fatta scrupoli nell'architettare quell'aggressione diffamatoria, figurarsi nello scabroso ritrovamento di prove incriminanti. Inoltre Lexi era sicura che Oliver l'avesse aiutata anche in quello.

"L'accusa chiama a testimoniare Arthur Wolfe." Di colpo la sua attenzione fu catturata, come una falena dalla luce; coloro che presiedevano tra i banchi della difesa, lei compresa, aggrottarono le sopracciglia, scossi da quel cambiamento di programma.

"Obiezione vostro onore, il signor Wolfe non era presente durante l'incidente e neanche questo era designato nel programma che le abbiamo presentato stamattina" terminò la frase con una velenosa occhiata rivolta alla sua avversaria; durante le udienze, racchiuso in quelle quattro mura dai colori legnosi ogni traccia di cordialità e apprensione svaniva dalla sua persona. Henry lì era un uomo attento e circospetto, ma nessuna forma di machiavellismo lo contraddistingueva in modo particolare contrariamente alla Keets o al suo stesso figlio, Rudy, lo squalo, che a diciannove anni già mostrava le sue prime zanne da latte.

"Respinta, avvocato Keets proceda." Lexi si voltò verso il padre ma non riuscì ad intercettare il suo sguardo perché lui guardava Eddie. Nel suo completo elegante se ne stava a braccia incrociate e con una gamba appoggiata sul ginocchio. Non disse nulla, non poteva e non era sua abitudine, ma Lexi colse il messaggio che stava inviando al teste a sorpresa quando lo vide toccarsi la caviglia poggiata sulla coscia. Di sbieco, con i suoi brillanti occhi ambrati ridotti a due fessure, guardava il latitante che dal suo canto inarcò un sopracciglio alzandosi in piedi. Seguì con lo sguardo suo padre che andava oltre la sbarra ed eseguiva il giuramento come da prassi.

Non era necessario essere dei geni per prevedere il totale disfacimento dei progressi ottenuti finora davanti a quella corte, bisognava solamente mettere da parte i sentimenti e gli idealismi e guardare la realtà in faccia: lei non contava niente per i suoi genitori.

"Signor Wolfe, sua figlia ha mai avuto problemi con la legge o problemi di rabbia incontrollata?" L'uomo scosse la testa, un velo sconcertato e mortificato gli aveva improvvisamente inglobato lo sguardo rendendolo irriconoscibile senza la sua solita maschera di tracotanza.

E il calarsi di quel velo, fu il calarsi del suo sipario.

"Obiezione, non è pertinente al teste."

"Respinta"

"La verità è che..." rivolse lentamente lo sguardo a qualcuno seduto tra le file di personaggi. E non era Lexi, ma Eddie. "Sono stato un padre assente, il mio lavoro mi tiene piuttosto impegnato e la cosa deve aver indubbiamente inciso sul comportamento di mia figlia." Rudy, con le braccia incrociate al petto, inarcò un sopracciglio attirato dal risvolto della situazione.

"Se oggi le sue azioni sono incontrollate, dettate dalla rabbia, se picchia le persone, se alza la voce contro le autorità forse bisogna cercare di capire che è una persona debole, una persona fragile." Lexi rimase ad ascoltare le sue parole come curiosa, la testa inclinata. Fragile, internamente quella parola faceva quasi ridere alle orecchie della giovane imputata.

"Reputa che sia un soggetto incline a cominciare una lite?"

"Si ed è con profondo turbamento che lo dico. Ma sono sotto giuramento e la verità è più importante di proteggere le pessime azioni di una figlia che...che non sono stato in grado di educare come si deve." Distolse lo sguardo. "Se ora ha sviluppato qualche psicosi aggressiva nei confronti di persone innocenti che non le avevano fatto alcun torto io...mi dispiace tesoro, ma quello che hai fatto è imperdonabile." impietrita in quell'espressione curiosa fissava così imperturbabilmente la scena che per poco dimenticò di trovarsi in tribunale.

Tutto come volevasi dimostrare; aveva indossato una mera maschera che alla luce del sole, di fronte al giudice, ai giurati e all'intera corte sembrava mortificazione dell'animo tuttavia se guardata dalla fosca prospettiva in cui Lexi era immersa da tutta la vita, si vedeva come quella maschera brillasse di perfidia e qualcosa si peggio: sufficienza. Le stava nascostamente comunicando come la sua esistenza fosse un semplice contrattempo, un filo che poteva arrotolarsi come più preferiva.

Giurò a se stessa che quello stesso filo gli si sarebbe attorcigliato alla gola fino a strangolarlo.

"Non c'è altro, la corte si-"

"Un momento" Il signor Miller si era alzato in piedi, voltandosi in avanti verso il giudice.

"Vostro onore mi permetta di introdurre un ultimo teste" 

13/06/2022

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