Capitolo 33 - Castelli di carte

I genitori di David Cost avevano chiamato il dipartimento di sicurezza interna degli Stati Uniti segnalando la presenza clandestina di un'immigrata cinese e l'impellente necessità di espellerla dal suolo californiano. Per la seconda volta il sentiero di quella coppia innamorata appariva tortuoso e colmo di ostacoli e ancora una volta la loro unione vincolante era stata intaccata da due genitori tralignanti, corrotti da pregiudizi etnici. Eddie sprofondò nel terrore nel momento stesso in cui vide quelle tre lettere a caratteri cubitali incise sulla schiena di quegli agenti. Una sensazione per lo meno simile al terrore che gli si avviluppò nelle membra racchiudendolo in una morsa, percepiva la sua testa pulsare secondo un battito disperato: aveva commesso un errore. L'unico pensiero di forma compiuta era legato alla sera all'Intercontinental. Nitido, quel ricordo si proiettò nell'anticamera del suo cervello a ripetizione continua.

"Louisa Myiong mi ha ingaggiato per venire a cercarla, lei e il bambino non se la passano bene ultimamente. Il visto è scaduto ed è distrutta da quella che a lei pare come la sua scomparsa, signor Cost"

Come aveva fatto a commettere un errore così puerile? Aveva rivelato al nemico un'informazione vantaggiosa e nel rendersene conto, a distanza di giorni, provava una gran vergogna, un senso di smarrimento. I suoi occhi saettavano da una direzione all'altra cercando di venire a capo alla faccenda. Quei pochi invitati seguirono il promesso sposo fuori dalla chiesa, passandogli davanti con un fruscio di gonne e stoffa.

"Merda!" bisbigliò avviandosi verso l'uscita a passo spedito.

"Eddie" con un piede all'esterno della struttura, stava per oltrepassare il portone dai pesanti battenti quando una voce tranquilla lo chiamò arrestando i suoi movimenti. Si voltò con gli occhi socchiusi a causa della candida e accecante luce del giorno.

"Teoria dei castelli di carte" sussurrò piano, ma ugualmente quel suono riverberò nella sacralità di quelle quattro mura. Il vento smuoveva i suoi capelli corvini, i suoi occhi ambrati la fissarono senza particolare espressione mentre calpestava il bouquet e gli passava accanto diretta all'esterno.

In seguito avrebbe tentato con ogni mezzo in suo possesso, ma non potè fare nulla. Louisa Myiong, testimone chiave del processo, era fuori dalla scacchiera.

[...]

Giorni a seguire, dopo l'ennesimo tentativo e l'ennesimo vicolo cieco, tornò a casa e si sedette in sala da pranzo lasciando che la stanchezza gli scivolasse di dosso come per magia. L'orologio appeso al muro segnava le sei del pomeriggio con quel rintocco pesante che si diffondeva per la stanza e per il corridoio, appropriandosi di ogni spazio e sovrastando il religioso silenzio di quelle mura deserte. Si passò le mani sugli occhi strofinandoli.

Era solo.

Assieme ad una disturbante sensazione sulla pelle.

Ad un tratto però, il tintinnio delle chiavi e la porta che si apriva segnò la presenza di un'altra persona in casa. Henry reggeva la ventiquattrore e la giacca con una mano e le buste della spesa con l'altra, il suo sguardo mite incontrò la figura fosca e ricurva del figlio, immobile e taciturno. L'uomo rimase immobile per un attimo, i suoi lineamenti si contorsero spontaneamente in un'espressione angosciata. Dare forma a quell'aura scura che lo avvolgeva era pressocchè impossibile: Eddie era seduto, alla luce del sole, dando le spalle all'entrata e l'unica parola con il quale il padre riusciva a definirlo era "fermo". Privato della solita dinamicità mentale che lo contraddistingueva nel momento in cui indagava su un caso. Pungente era la sofferenza che scalfiva i suoi sensi ogni volta che cercava, con insuccesso, altre parole per definirlo.

Eddie alzò lo sguardo, suo padre era in piedi dietro di lui che sorrideva debolmente appoggiando i palmi delle mani sulle sue spalle. I suoi occhi blu scuro tradivano un chè di apprensivo.

"Eddie" si sedette lì accanto, appoggiando un gomito alla superficie liscia del legno.

"Papà"

"Ti stai impegnando davvero molto per questo caso, stai dormendo come si deve?" Non rispose, si limitò a guardare avanti evitando il suo sguardo. "Prendi qualche caso ogni tanto ma ho la sensazione che tu ti sia caricato di fin troppo lavoro stavolta" Ancora silenzio e la tacita opposizione nel confidare i suoi turbamenti. Henry lo guardò esaminando con attenzione il suo volto alla ricerca di un tentennamento o un segnale, una crepa in quella maschera ben costruita. La odiava con tutte le sue forze.

"Eddie non devi fare tutto da solo, non sei il nostro facchino. Io e Rudy non siamo solo eloquenti in giacca e cravatta." Henry sospirò. Il suo sguardo ricadde sulla fede dorata che portava ancora al dito, nonostante tutto il tempo passato. Prese a rigirarsela sul dito, assorto nel turbinio dei ricordi che segretamente punteggiavano la loro vita come chiodi nella carne.

"A volte penso che sia dovuto a quel giorno." sussurrò. Eddie puntò i suoi grandi occhi ambrati sull'uomo alla sua sinistra.

"Fallita quell'unica, importante, essenziale richiesta d'aiuto trovi che non riuscirei più ad esserti di alcuna utilità."

"Non dopo...non dopo non esserlo stato quella volta." la voce infranta.

"Parlami ti prego" supplicò con gli occhi ormai lucidi. "Incolpi me non è vero? Per tutto questo tempo mi stai odiando?"

"No" ebbe il coraggio di sussurrare in risposta. Ma nient'altro che due letture, un suono, appena udibile. Henry sgranò gli occhi e poi fece una cosa che colse entrambi alla sprovvista: si alzò e lo abbracciò.

"Io si" il viso di Eddie, appoggiato contro il tessuto della camicia del padre appariva vitreo e inconsistente come se quell'abbraccio ne avesse annullato le qualità spirituali lasciando solamente un corpo vuoto e indolente.

"Perchè mi stai dicendo tutto questo proprio ora?"

"In questi giorni, quando pensi di non essere visto, rivedo in te la stessa dura espressione che avevi dieci anni fa. Quei lampi di urgenza nei tuoi occhi." Rimase ancora immobile senza ricambiare il gesto affettuoso poi suo padre si allontanò ricomponendosi.

"Darei la vita per cancellare quello che hai vissuto quel giorno Eddie, ma non posso e questo rimarrà per sempre il mio più grande fardello." bisbigliò raccogliendo le buste da terra per sistemare la spesa in frigo. Approfittando di quel momento di distrazione il ragazzo decise di squagliarsela in silenzio, ma seppur di spalle il padre ne percepì i movimenti siccome disse:

"Un'ultima cosa Eddie; non paragonare le due cose, la paranoia potrebbe distruggerti"

[...]

Più tardi, subito dopo mangiato, si spinse fino alla scrivania del padre colma di documenti ordinatamente impilati. Era solo, ad eccezione di Cotton che lo seguiva ovunque andasse rischiando di essere calpestata e di far incespicare il moro nei suoi passi. Il gesto che stava per compiere gli faceva venire le rughe sulla fronte: aveva un fascicolo in mano riguardante il testimone chiave per la prossima udienza che sarebbe stata il prossimo martedì, al quale ormai mancavano pochi giorni. Ma lo teneva stretto a pochi centimetri dalla superficie di legno scuro come se temesse di posarlo, come se quello fosse un diamante e la scrivania una distesa sconfinata d'acqua. Alla fine sospirò lo lasciò ricadere in bella vista per poi risalire con la testa bassa fino al piano di sopra.

Non appena imboccò le scale che conducevano al piano superiore, una voce lo chiamò dal fondo del corridoio. Si voltò quanto bastasse per vedere Rudy e Maya in piedi con le braccia incrociate al petto.

"Che c'è?"

"Dobbiamo parlarti, è urgente."

"Fatelo"

"Non qui, nel tuo bunker." storse il naso a quel termine, usato in modo quasi dispregiativo, ma i due sembravano irremovibili e così si ritrovò a scendere ancora le scale seguito a ruota dai suoi fratelli e un bizzarro cucciolo di gatto dai brillanti occhi cerulei. Passò di fianco al fascicolo, sembrava fissarlo e implorarlo di riprenderlo con sé. Lo ignorò e condusse i due oltre la porta segreta.

"Allora?" domandò sedendosi sulla sua sedia girevole.

"A Maya hanno detto una cosa interessante l'altra sera." cominciò Rudy incrociando le braccia al petto in tono leggermente accusativo. Indossava una camicia bianca dal colletto inamidato che aderiva al collo e dei pantaloni neri eleganti.

Eddie diede un'occhiata smorta prima al fratello e poi alla sorella per poi stravaccarsi sulla sedia con la schiena che affondava nell'alto schienale.

"Parli della sera in cui dovevi andare a prenderle e invece sei rimasto a scoparti qualche biondina nel dormitorio del college?" Rudy roteò gli occhi misurando la stanza a piccoli passi.

"Tieni a bada la tua sfrontatezza, sono ancora il maggiore e questa è una discussione seria"

"E tu tieni a bada la tua satiriasi"

"La mia cosa?"

Eddie sospirò chiudendo gli occhi e massaggiandosi la tempia. "Dovevi andare a prenderle quella sera. E invece le hai lasciate lì e hai continuato con la tua scopata, spero almeno che Sarah Thompson abbia raggiunto l'orgasmo o i punti sulla testa di Lexi sono stati del tutto inutili" commentò con un chè di amarezza. Il fratello sbatté le ciglia più volte.

"Come sai che era Sarah Thompson? A stento lo sapevo io"

Silenzio. Rimasero nel silenzio più totale. Il moro lo fissava con una mano a coprirsi la bocca mentre si reggeva il capo, allibito ed esasperato dal comportamento superficiale del fratello. Lo riconosceva, sapeva essere di una pragmaticità e di un'organizzazione esemplare, ma era anche un idiota.

"Mi piace acculturarmi. Acculturarmi di cultura grigia" spostò lo sguardo su Maya. "Allora? Cosa volevate dirmi?"

"Michael mi ha detto: 'perché sei venuta con quella maniaca, finirà per uccidere anche te'. Anche te" Le lunghe ciglia scure che contornavano quegli occhi dorati ebbero un fremito in seguito a quelle parole e improvvisamente sentì raffiorare una serie di nuovi punti nel suo cervello che si collegavano in linee rette tra di loro e con i puntini preesistenti. Una costellazione. I dati che cominciavano ad essere rielaborati visto che non combaciavano con la precedente visione di insieme.

"Tu sai tutto Eddie, sono certo che avrai fatto qualche indagine su Lexi. Ora, le domande sono due: chi pensano che abbia ucciso? Ed è vero?" continuò Rudy con le braccia incrociate al petto. Aveva i capelli lisci scompigliati e il naso dalla forma affilata, che tendeva ad uno di stampo greco.

"Non so ancora esattamente cosa sta-"

"Basta chiacchiere" lo ammonì il fratello fermandosi accanto alla parete coperta. Eddie sentiva la necessità di scoprirla e agguantare il suo pennarello nero per tracciare nuovi collegamenti, ma regola numero uno: non mostrare la sua mente a nessuno.

"Spiegaci e basta, evitando queste scuse del cazzo. Stiamo difendendo un'assassina? E cosa c'entra con Darleen?"

"Non erano solo due le domande?" ironizzò Eddie inarcando un sopracciglio. Rudy lo guardò in cagnesco. "E va bene." sospirò arreso.

"Chantal Velazquez, morta durante lo spring break dell'anno scorso a Tijuana, cadendo dal terzo piano di un locale. Collo spezzato, morta sul colpo." Dopo aver recitato il pezzo del giornale tornò a concentrare il suo penetrante sguardo su di loro.

"Ne ho sentito parlare, il caso è stato chiuso e dichiarato come incidente."

"Un po' troppo in fretta però." commentò il ragazzo. "Lexi era presente."

"Tsk" Rudy alzò gli occhi al cielo emettendo un verso di scherno. "Come poteva non esserci"

"E pensi davvero che l'abbia uccisa?" il tono di Maya lasciava presupporre un ché di incredulo.

"Non lo so, sono un investigatore, il mio compito è scovare la verità. Bella o brutta che sia, Maya." ella corrugò la fronte.

"E cos'hai scoperto?"

"Ancora nulla, come vi ho già detto" Rudy si guardò attorno senza davvero far caso alla stanza. "Ma Darleen pensa che sia stata Lexi ad ucciderla, pensa che non sia stato un incidente. È per questo che ha architettato tutta la storia dell'aggressione."

"È esatto. Questo processo non finirà tanto in fretta, utilizzerà ogni cavillo giudiziario per farla condannare."

"Tutto per punirla di un evento che si è rivelato solamente un incidente e che è stato ormai chiuso e archiviato in Messico." mormorò Rudy grattandosi la nuca. "Dobbiamo capirci di più, potremmo interrogare Darleen-"

"Rudy" sibilò con una voce più alta del solito. "Vi ho messo al corrente, adesso state zitti e buoni e non interferite" avvertì glaciale.

"Che cos'hai in mente?"

"La soluzione." tagliò corto accorgendosi della palla di pelo grigio che faceva le fusa contro la sua gamba. "Adesso sparite"

Maya aprì la porta borbottando qualcosa in tono contrariato e l'attimo dopo i due sparirono oltre.

"Ah Eddie" Rudy ritornò sui suoi passi affacciandosi ancora una volta nel suo bunker. "Visto che ti diletti tanto con la tua cultura grigia ti interesserà sapere che Sarah Thompson ha raggiunto tre volte l'orgasmo."

"Spaziale" commentò Eddie con scarso entusiasmo. Il fratello si dipinse sulle labbra un ghigno soddisfatto e mimò con le dita una penna che scrive.

"Segnatelo mi raccomando" si morse il labbro inferiore annuendo per poi sparire una volta per tutte.


05/06/2022

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top