*Capitolo 32 - Ghiaccio
Il tintinnio dei cucchiaini che rintoccavano ritmicamente nelle tazze si riverberò per tutta la cucina, descrivendo un'atmosfera tipicamente mattutina nel quale il silenzio era intervallato da gesti placidi avvinghiati da un'aura ancora pressochè sonnambula. La luce filtrava dalle tende di lino chiaro illuminando i volti dei tre fratelli seduti a tavola, con la schiena curva e lo sbadiglio facile, disturbati dal fascio luminoso increspavano le sopracciglia e assottigliavano gli occhi ancora gonfi e insabbiati dal sonno. Eddie sembrava più fiacco del solito appoggiato com'era, con il gomito sul piano in marmo dell'isola e la testa chinata sopra di esso, come sorvolato da una tediosa nuvoletta nera. L'avevano lasciato dormire con quella cozza di Lexi che aveva fatto del suo braccio un cuscino ed ora era in preda ad un formicolio che lo lasciava intorpidito. Maya afferrò la zuccheriera lanciandogli un'occhiata incuriosita.
"Eddie mangia qualcosa" lo rimbeccò in tono stranamento austero, versando molteplici cucchiaini di zucchero nel caffè, fin troppi.
"Devi essere ancora stanco dopo ieri Eddie" suppose Rudy a capo tavola addentando il suo croissant. "Cosa hai fatto esattamente?" Si reggeva il viso con il palmo della mano, masticando voluminosamente a bocca aperta tenendo d'occhio ogni possibile movimento del fratello per trarre da solo le sue somme. Non era raro assistere ad uno dei 'viaggi-sorpresa' di Eddie, per molti anni si era dilettato nell'ambiguo hobby di ficcare il naso negli affari altrui, hobby che il padre aveva ritenuto - dopo una prima impressione del tutto sgradevole - un ottimo modo di incanalare le sue abilità deduttive. Rudy non ricordava neppure quando fosse cominciato ma ricordava come: tramite un cappello a forma di cespuglio e un binocolo. Eddie ripeteva sempre "mi sto acculturando" che in termini meno eufemistici stava a significare "sto origliando le conversazioni altrui". Ma della sua 'cultura' lui non condivideva mai niente in anticipo. Rudy alzò gli occhi al cielo esasperato dal suo abituale silenzio; neppure questa volta gli avrebbe cavato uno spoiler.
"Pensi che dovremmo svegliare Lexi?" domandò Maya al biondino che in tutta risposta appoggiò la tazza che stava portandosi alle labbra facendo una smorfia accentuata puntando lo sguardo verso l'alto.
"Perchè dobbiamo rovinare tutto?"
Ad un certo punto si udì un tonfo proveniente dal salotto e in circostanze normali entrambi sarebbero scattati in piedi circospetti, ma sapevano perfettamente cosa avesse originato quel rumore per cui rimasero seduti senza muoversi di un millimetro dai loro posti. Qualche secondo dopo, tutta trafelata entrò l'oggetto della loro conversazione, i capelli ridotti ad un nido carbonizzato e lo sguardo fulminante.
"Ecco appunto" sputò acidamente Rudy di fronte a quell'inopportuna esuberanza mattutina, per poi portarsi la tazza alle labbra.
"Quel maledetto gatto mi ha graffiato nel sonno!" si lamentò cercando di ricomporsi.
"Accidenti Lexi, ma che hai fatto lì?" Maya sgranò gli occhi. La ragazza si portò i capelli vicino al collo con un'espressione di totale disinteresse nella questione. "Cosa sono quei lividi? Non ce li avevi la sera dell'incidente, come te li sei procurata? Ti fanno male?" Lexi si sedette accanto a lei e cominciò a sistemarsi i capelli districando i nodi con le mani.
"Mi sono svegliata così, forse mi ha morso qualcosa" disse facendo spallucce con uno sguardo di finta innocenza.
"O qualcuno" borbottò Rudy ridendo sotto i baffi. Lexi alzò un angolo della bocca, cogliendo la sua allusione e afferrò il termos con il caffè. Notando la strana immobilità di Eddie gli lanciò un fazzolettino accartocciato che gli scivolò addosso senza produrre effetti.
"Penso si sia di nuovo addormentato." le disse Maya. A quel punto le espressioni di Rudy e Lexi si contorsero in un ghigno malefico, degna riproduzione di quello del grinch che andava da un orecchio all'altro.
"Gli disegniamo i baffi?"
"No Rudy, sii più creativo."
"Ha il sonno leggero ti avverto, ma questo suppongo che tu lo sappia già." aggiunse continuando a tessere le sue magiche allusioni, che probabilmente non rientravano nella comprensione di Maya, guadagnandosi un sorrisetto compiaciuto dalla mora.
"Basterà un po' di panna spray" I due annuirono complici e si alzarono fiondandosi al frigo. Quasi litigarono per chi dovesse aprire l'anta, ma dopo una spallata Rudy si impossessò della maniglia e afferrò anche la bottiglia di panna.
"Vi prego lasciatelo in pace, è sempre così sfinito." Maya non fu ascoltata e rimase con il cucchiaino a mezz'aria e un'espressione apprensiva stampata in volto. I due uno a destra e l'altro a sinistra trattennero il fiato mentre Lexi gli spostava una ciocca di capelli scuri. Si dimostrava più giovane mentre dormiva, la testa appoggiata al braccio e le ciglia che fremevano, la bocca schiusa. I lineamenti sembravano così dolci che per un momento Lexi si ritrovò ad abbandonare la sua espressione sardonica.
Rudy, a quel punto, infilò il beccuccio della panna spray all'interno della sua narice e schiacciò. Si udì lo scroscio della panna che usciva come una sorta di schiuma fino a traboccare dal setto nasale e ricadere sulle labbra. Il moro si svegliò di soprassalto e cominciò a starnutire panna montata da tutte le parti schizzando la sorella, che ancora sedeva di fronte.
"Che schifo" commentò mentre i due se la spassavano dalle risate piegati in due e con le lacrime agli occhi. Eddie si soffiò il naso, le occhiaie profonde gli scavavano il volto. Poi si girò verso i due scoccando loro un'occhiata truce che raramente gli contorceva i lineamenti.
"Idioti" si alzò e fece per andare al piano di sopra.
"Aspetta Eddie, non te la sarai mica presa?" chiese Lexi smettendo di ridere finalmente. "Cambiati. Abbiamo un lavoro da sbrigare" avvertì sparendo nel corridoio.
"Ricevuto capo" ironizzò facendo il saluto militare. "Vi saluto ragazzi"
[...]
Trascorse all'incirca mezz'ora, Lexi indossava una canotta lilla e dei pantaloni scuri cargo. Aveva legato i capelli bicolore in un semiraccolto tanto che il biondo platino spiccava sul nero come la neve sull'asfalto nuovo. Sedeva in quell'auto ormai fin troppo familiare con le mani sulle ginocchia e un sorrisetto pestifero.
"Dove mi porti? Ad un appuntamento, mio vampiro?" Anche Eddie si era dato una lieve aggiustatina, che comprendeva l'essersi fatto una doccia e aver indossato un dolcevita anziché una delle sue solite felpe. Aveva uno speziato odore di cannella addosso e Lexi prese ad annusare l'aria nell'abitacolo per identificarlo meglio.
"Ad un matrimonio" disse allacciandosi la cintura e mettendo in moto. Sgranò gli occhi.
"Ed è così che mi fai la proposta? Mi aspettavo qualcosa di più eclatante e glorioso." lo rimproverò incrociando le braccia al petto. "Non sono neppure vestita di bianco!"
"Non il nostro, ovviamente."
"Già, per quello c'è ancora tempo." Il moro sospirò tenendo gli occhi ben fissi sulla strada. Il polso pigramente appoggiato al volante, la mano sul cambio.
"È tutto nella tua testa" cantilenò provocando nella ragazza un sorriso sbilenco. Era una mattinata soleggiata a Sacramento, non c'era neppure molto traffico quando uscirono da Alhambra street; passarono accanto ad un edificio dalla forte prevalenza di vetri su cui si riflettevano le rare nuvole che contornavano il cielo. Qualche giardino ospitava una palma di tanto in tanto ma pur trovandosi in California, non era una zona ricca di quel tipo di alberi quella nei pressi delle loro residenze. Si fermarono al semaforo aspettando che la fatidica luce verde dettasse il via libera, c'era quiete nell'aria. Eddie nell'attesa si mise a sbocconcellare un croissant senza particolare intenzione, ne strappava un pezzetto alla volta con una mano sbriciolando inevitabilmente nel vano porta bibite.
"Ne vuoi un po'?" le chiese vedendo che lo fissava.
"Cosa c'è dentro?" lui rivolse un'occhiata stanca alla brioche e tornò a osservare la strada che nel frattempo si era liberata da ogni ostacolo.
"È vuoto."
"Oltraggio! Sai che i cornetti si mangiano pieni di qualcosa? Anche la marmellata andrebbe bene ma così..."
"Ma che ragionamento è?"
"È come se ti mancasse una parte importante, come se avessi un vuoto. Come un calzino spaiato o la lancetta delle ore senza quelle dei minuti, Will Herondale senza Jem Carstairs, Patroclo senza Achille o Eren senza Mikasa. Non puoi avere il cornetto senza crema dentro, mi dispiace."
"Perché citare coppie tragiche per descrivere qualcosa di indivisibile?"
"Perché i legami più forti sono quelli spezzati dalla vita, ma che si sono presi l'eternità e perché la loro frattura ancora riverbera nel mondo."
"È un'altra delle tue teorie come quella del pony?"
"Filosofico, non è vero?"
"È un controsenso" commentò svoltando per Capitol Avenue.
"Noi filosofi lo chiamiamo paradosso" sollevò un dito in aria con saccenza suscitando in Eddie un verso di scherno, poco convinto in merito alla questione. "È un po' come un castello di carte. Nell'inevitabile momento in cui viene distrutto ciò che lascia è una vibrante sensazione di amarezza non indifferente, qualcosa rimane, qualcosa di importante. Per farlo ha bisogno di un innesco."
"Riflettici, cos'erano Romeo e Giulietta senza il veleno?"
[...]
L'auto fu parcheggiata nei pressi di una chiesa in stile gotico, silenziosamente vi si intrufolarono presero posto nelle panchine in fondo. Nonostante non ci fosse quasi nessuno all'interno rimasero discretamente distanti. Il vetro colorato del rosone sulla facciata di ingresso gettava ombre multicolore sul pavimento in mattoni rossi e smaccati dall'usura. Il legno delle panche era visibilmente consumato e le travi dell'alto soffitto erano ricoperte di ragnatele vellutate e fluttuanti a causa del vento. Mani in grembo, i piedi appoggiati sull'inginocchiatoio, Lexi riconobbe un viso per la quasi totale assenza delle sopracciglia. Louisa Myiong subentrò in chiesa con un semplice abito bianco che non appariva per nulla nuziale.
"Era necessario prender parte al loro matrimonio?" sussurrò a denti stretti per non soccombere all'effetto sonoro generato dalla struttura.
"Lo so, preferivi un funerale." Eddie sospirò fintamente dispiaciuto.
"Signor Miller" i due quasi coniugi si avvicinarono ai due giovani, mano nella mano, con due straripanti sorrisi sulle labbra, facendo si che Eddie per educazione si alzasse a sua volta "Non so proprio come sdebitarmi per tutto ciò che ha fatto per noi. Se adesso stiamo per sposarci è solo merito suo." il moro affiancato dalla pestifera vicina di casa alzò una mano stringendo le labbra, le sue orecchie si erano arrossate nonostante il suo sguardo risultasse alquanto distaccato.
"L'importante è che lei, signora Myiong rispetti gli accordi." la fissò intensamente con quei suoi occhi intriganti.
"Assolutamente si" annuì sorridente, sembrava non stare più nella pelle. Gonfiò il petto e lanciò uno sguardo al suo futuro marito. "Andiamo?" lui annuì e le mise una mano sulla schiena conducendola lui stesso all'altare. Non ci furono marce nuziali, ne petali e chicchi di riso lanciati alla sposa. Solo pochi amici e quei due ragazzi seduti in fondo.
"E guardalo il mio vampiro" accennò Lexi tenendo gli occhi puntati in avanti verso la statua del cristo crocifisso posta nell'abside della chiesa. Eddie invece guardava lei, solo lei. "Sei diventato una specie di Cupido?" spalancò gli occhi e sorrise come solo lei sapeva fare. Eddie sospirò.
"Raccattare parenti di Ron Wesley a San Francisco e farli sposare mi farà riottenere la mia libertà?" ironizzò con una punta di insolita cattiveria nella voce. Le striature rosso carminio che decoravano la pelle deturpata dai chiodi spiccavano anche da quella prorompente distanza, sulla statua. Gesù teneva la testa inclinata e il volto corroso da un'angosciante espressione d'agonia: c'era qualcosa in esso che Lexi trovava particolarmente degno del suo sguardo studioso.
"Io David Cost prometto di amarti e onorarti, in salute e malattia, in ricchezza e povertà, in dolore e gioia finché morte non ci separi." le stringeva le dita delle mani con un sorriso estremamente sincero, si poteva notare dalle zampe di gallina sugli angoli degli occhi. Il sacerdote riprese la parola scuotendo impercettibilmente la tunica che indossava.
"Sei uno spirito libero Lexi, lo sei sempre stata. Ed è per questo che sto lottando." confessò Eddie tutto ad un tratto, facendo sovrapporre le sue parole sussurrate a quelle del sacerdote, evitando accuratamente quegli occhi azzurri guardando dritto davanti a sé. "Non si può separare la crema dal croissant" lo disse con un tono così lapidario e privo di intonazione che per un attimo il peso formidabile di quelle parole non fu colto. Lexi lo fissava perplessa. Ad un certo punto le porte della cappella si spalancarono interrompendo la cerimonia sul finire. Gli sposi e tutti i presenti si voltarono di scatto, come colti di sorpresa dallo scroscio di un fulmine per quanto rumoroso fosse il suono dei battenti. Uno stuolo di agenti fece irruzione, tre grandi lettere erano impresse sulle loro divise e nel leggerle Eddie sgranò impercettibilmente gli occhi.
"Merda" disse tra i denti alzandosi in piedi con uno scatto agitato.
C'era scritto I.C.E.
Quattro uomini avanzarono lungo il pavimento in mattonelle rosse; il rumore ad ogni movimento degli anfibi e delle giacche a vento che indossavano rimbombò nella chiesa - simile a plastica accartocciata - mentre avanzavano lungo la navata principale con particolare austerità.
No.
Era stato fregato.
Rimasero a guardare mentre la donna dall'abito bianco veniva trascinata via senza aver avuto il tempo di recitare le sue promesse. La mano protesa verso il promesso sposo che tentava di avvicinarsi chiamando al tempo stesso il suo nome. Fu come vederlo in maniera rallentata: un bambino che pianse, gote bagnate dalle lacrime e un bouquet di rose bianche che si infranse contro il pavimento della chiesa, cadendo e rimbalzando un istante prima di adagiarsi al suolo e perdere i suoi petali.
04/06/2022
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