Capitolo 30 - Mal di denti

L'orologio scoccò le sei del pomeriggio in quel dì a San Francisco. Il giorno seguente al gala i due ragazzi avevano programmato di partire la mattina così da arrivare presto eppure una serie di incombenze - firmate Cost - aveva trattenuto il giovane detective che con aria scocciata aveva atteso l'uomo tutto il giorno. Solo qualche ora prima, Eddie sedeva con la testa appoggiata allo schienale di una poltrona della hall dondolando la gamba con fare frettoloso nell'attesa spropositata che l'ereditiero diseredato si rivelasse. Ebbene gli aveva promesso un assegno da cinquemila dollari tondi tondi e lungi da lui rifiutare una tale ricompensa solo per compassione o puro romanticismo. Lexi si presentò da lui una volta verso le quattro del pomeriggio, con un kebab oleoso tra le mani macchiate di salsa barbecue, ketchup e maionese. Si fece largo tra facchini e camerieri con quel concentrato di grassi a riempire il suo campo visivo, facendo inorridire chiunque l'avesse notata e stonando con il sofisticato ambiente dell'albergo. Indossava una maglietta a maniche corte, rubata direttamente dal borsone di Eddie, che le arrivava fino a metà coscia e dei jeans. Il ragazzo la osservò incuriosito, una mano a coprirsi la bocca, il gomito appoggiato: quella posa racchiudeva una sorta di atteggiamento difensivo nei confronti delle bizzarre affermazioni con cui Lexi prorompeva nelle conversazioni.

"Ne vuoi un boccone?" finalmente i suoi occhi azzurri si deconcentrarono dal suo cibo per dedicarsi al ragazzo che aveva di fronte, dal suo canto lui scosse la testa e distolse lo sguardo verso le porte degli ascensori. Tra loro si era instaurata un'ambigua freddezza dopo la sera prima.

"Come vuoi" fece spallucce. Due ore dopo David Cost fece la sua celeberrima apparizione, destando Eddie da uno stato di semiveglia per concedergli un colloquio.

Purtroppo per Lexi, lei non era stata invitata ed era stata costretta ad aspettare in macchina dato che, a detta dell'investigatore: 'non ci sarebbe voluto poi molto'. Così controvoglia si mise a contare il numero di finestre che aveva ogni grattacielo. Ma anche quello era diventato un passatempo noioso a lungo andare e di uscire non se ne parlava perché Eddie si era assicurato di chiuderla dentro, a chiave.

"Veramente fantastico." Lexi riflettè su ciò che gli aveva detto appena il pomeriggio precedente, la battuta sul sedativo per orsi; improvvisamente quella macchina ne aveva assunto metaforicamente i connotati. Sbuffò appoggiata con il gomito allo sportello e con una mano a reggerle la guancia se ne stava imbronciata desiderando di avere qualcosa per sfondare la porta e uscire. Era ferma, in una delle strade più affollate, ormai da tre quarti d'ora e stava perdendo la pazienza. Lo strombettio dei clacson le assordava le orecchie da quanto era forte e frequente. Il suo sguardo ricadde sul vano portaoggetti e un pensiero poco onesto le saltò subito alla testa.

"Deve pur tenere qualcosa lì dentro" rifletté ad alta voce non facendosi scrupoli a frugare. Non c'era effettivamente nulla di interessante tranne il libretto della macchina. Improvvisamente però ricordò che c'era una levetta all'interno della vettura che serviva ad aprire il portabagagli e un sorriso sardonico le adombrò il viso mentre guardava indietro. Si piegò guardando ovunque e quando la trovò la tirò senza esitazioni. Udendo il rumore dello sportello si precipitò acrobaticamente sui sedili posteriori che grazie ad un'ulteriore levetta inclinò quel tanto da riuscire a infilarsi nel bagagliaio.

Un bambino con un ghiacciolo non potè far a meno di sobbalzare quando, passando mano nella mano con sua madre, vide il bagagliaio di quell'auto vomitare una ragazza dai capelli neri legati in una coda bassa e una bendatura attorno al cranio. Quest'ultima si rialzò spolverandosi i vestiti e fece un profondo respiro.

"Ah libertà, ha proprio un odore intenso." con le mani sui fianchi si soffermò ad osservare il paesaggio affollato e caotico. Chiuse il baule e si incamminò per le strade di San Francisco con nient'altro che il cellulare e cinque dollari.

[...]

"Siamo d'accordo per domani allora, la ringrazio veramente di cuore signor Miller" David Cost camminava affianco al giovane dai capelli mori estenuandosi in una serie di rimostranze di gratitudine che non fecero altro che mettere il suo interlocutore a disagio.

"Si risparmi i convenevoli, l'importante è che venga fatto quanto prima" gli fece un cenno con la mano come per dirgli di lasciar stare mentre camminava con l'altra mano in tasca. Si stava finalmente dirigendo alla sua auto, parcheggiata al di fuori della proprietà dell'Intercontinental e l'erede aveva deciso di accompagnarlo fin lì come ulteriore atto di cortesia non richiesta.

"Per domani è già tutto pronto" aggiunse poi notando il pesante silenzio calato tra i due. C'era un chè di urgente nel suo incedere tanto che l'uomo rimase di pochi passi indietro sforzandosi di affiancarlo.

"Bene. Era il nostro obiettivo fin dall'inizio ma..." abbassò lo sguardo scostandosi appena per non andare a sbattere contro una signora anziana di passaggio. "...le cose non sono andate come sperato" il suo viso era offuscato da un velo di angoscia e delusione che emergeva ad ogni minima contrazione. Seppur tentasse di apparire contento, la serie di eventi che gli era piombata addosso impetuosamente una sera gli avevano concesso solo un pezzetto di felicità, imbevuto di pece.

"È chiaro." annuì Eddie ad occhi chiusi. Raggiunsero la macchina parcheggiata di fronte ad una pasticceria dall'insegna decorata con i cuoricini.

Per poco Eddie non fece cadere le chiavi a terra.

Il portachiavi penzolava dalla sua mano producendo un silenzioso tintinnio mentre i suoi occhi si fermarono sulla spiccata assenza di una persona. Sbatteva le ciglia come allucinato a tal punto da non cogliere la sua figura ma la verità era che non c'era, nessuno scherzo della vista.

"Lexi" bisbigliò a denti stretti stringendo il portachiavi violentemente nel palmo della mano fasciata da più giri di garza.

"Qualche problema?" fece il signore riuscendo finalmente ad avvicinarsi allo spilungone vestito di nero.

"Ho solo perso una cosa" disse vago guardandosi attorno con un cipiglio scavato in profondità. "Io la saluto signor Cost, ci rivedremo quanto presto" Non aspettò neanche un cenno d'assenso, né si preoccupò di guardarlo in faccia, si congedò seduta stante.

Come diavolo era possibile? Le aveva chiesto una sola cosa, rimanere ferma dov'era. Ma a quanto pare era un concetto a lei sconosciuto poichè non c'era stata una singola volta in cui l'aveva fatto suo. La sua vena di eccessiva dinamicità lo avrebbe condotto al manicomio, sentiva già le prime rughe avanzare sul suo viso e ben presto l'universo gli avrebbe regalato una striscia argentea tra i capelli corvini, marchio indelebile dello stress arrecatogli da quel caso. Dov'erano finiti i bei vecchi tempi nei quali il suo unico compito era fotografare - durante gli appostamenti - mariti infedeli sulla soglia di squallidi motel? Quasi li rimpiangeva.

Entrò come prima cosa nella pasticceria ma con lieve stupore non vi trovò nessuna peste con la testa fasciata e lo zigomo spaccato.

"Molto strano" borbottò tra sè conoscendo la sua sfrenata passione per i dolci. Uscì cercando il suo contatto nella rubrica. Squillò più e più volte, ma probabilmente aveva il silenzioso. Assottigliò gli occhi infastidito dal vento che sferzava ferocemente, le piccole ciocche scure gli accarezzavano il viso dandogli un'aria selvaggia.

"Cazzo!" esclamò udendo la segreteria telefonica per poi allontanarsi verso sinistra. Camminò in lungo e in largo, sorpassando anziani e bambini, persone troppo lente e cani al guinzaglio, fino a ritrovarsi in una grande piazza nel quale c'era ancora più traffico di prima. La posizione sul cellulare gli indicava di svoltare a destra seguendo una strada laterale, così di corsa attraversò nonostante il semaforo non fosse verde cercando di evitare le auto. Si beccò una serie di insulti concitati e una lunga cacofonia di clacson, poi, si ritrovò ancora circondato da grattacieli. Finalmente la vide, se ne stava all'entrata di un palazzo bevendo un'aranciata dalla cannuccia e lo sguardo puntato al citofono. Ripose il cellulare in tasca sospirando e si avvicinò piano alla ragazza. Mani in tasca, testa incassata nel busto la affiancò portando lo sguardo dove lo serbava lei.

"Mi hai trovata." il rumore della bevanda su per la cannuccia riempì il silenzio tra i due. "Cos'è? Mi hai impiantato un microchip nel molare?"

"Credi davvero che sia così sprovveduto da farmi fregare da te?" le chiese retoricamente continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé. La risposta la conosceva già. "Cos'è questo posto?"

"Il rinomato studio dentistico in cui lavoravano anche i miei genitori" tirò su un altro sorso.

"Non c'è scritto nulla però"

"Già...perché non esiste. Neanche questo era reale. Ti deve essere sfuggito." ammiccò considerando le indagini segrete di Eddie. "Non ci sono mai stata, mi avevano detto solo dove si trovava ma non mi ci avevano mai portata e non ho mai avuto bisogno di andare dal dentista se non una volta a dieci anni."

"Quella in cui ti sei fatta tirare un dente a secco, senza anestesia?" domandò inarcando un sopracciglio in sua direzione. Colse nei suoi occhi un chè di vitreo, come se stesse guardando ma non stesse vedendo ciò che aveva davanti.

"HAHA" ridacchiò "Non ti raccontai proprio tutto di quella storia. In realtà non ho mai avuto paura degli aghi, era solo una delle rare occasioni in cui i miei genitori erano a casa e fu mio padre a strapparmi quel frammento di dente, una tenaglia imbevuta nel whisky e un chilo di ghiaccio." fece roteare la cannuccia come un'elica per poi portarla nuovamente alle labbra.

"Un latitante rapitore ti ha tolto un dente in casa con una tenaglia?" Sembrava contrariato dall'occhiata guardinga che le scoccò.

" Assurdo vero?" sorrise scuotendo la testa. "Ero una poppante e non capivo molto, ma avevo cominciato a chiedere di prendere un appuntamento nel loro studio, andava fatto no? Insistevano dicendo che era una cosa da nulla e che si poteva risolvere in quattro e quattrotto." "Sostanzialmente hanno rischiato di danneggiare la tua dentatura sottosviluppata per lo scopo ultimo di nascondere la loro fantomatica menzogna?"

"Esatto."

La sua espressione era indecifrabile, in quella patina di austerità non lasciava avvicinare nulla.

"Ero una bambina intelligente" aggiunse compiaciuta "Li avrei smascherati subito se mi avessero portato in uno studio dentistico messo in scena."

"Lo so"

Con uno scatto la ragazza si voltò finalmente verso il ragazzo che la scrutava serio, con quelle sue pepite d'oro al posto delle iridi.

Silenzio.

"Dobbiamo andarcene." aggiunse dopo quell'ambiguo e prolungato scambio di sguardi.

"Certo." Si incamminarono uno di fianco all'altro, lei a testa alta che quasi trotterellava con quella bibita in mano e lui mogio mogio che la affiancava scoccandole occhiate di sbieco, la bocca stretta in una linea dura.

"Maya ti invita a cena da noi stasera" borbottò evitando il suo sguardo. "Voleva ringraziarti come si deve per be', sai." Gli occhi cerulei della ragazza si assottigliarono a due fessure che baluginavano di malizia.

"Ah si?" Il suo passo si affrettò. "Non è che ci sei tu dietro, mio vampiro?"

"Dacci un taglio con questo nomignolo." sibilò estraendo le chiavi dell'auto.

"Vampiro, vampiro, vampiro" gesticolò muovendo freneticamente le dita vicino al suo viso arcigno. "Oh no!" esclamò a gran voce portandosi le mani al collo come se si stesse strozzando con un chicco d'uva. "NOO"

"Ci risiamo con un'altra scenetta teatrale" bofonchiò fermandosi a guardarla come un turista farebbe con un giocoliere, ma senza lo stesso entusiasmo. La gente nei pressi la fissava interdetta e alcuni affrettarono il passo inquietati. Eddie non poteva biasimarli.

"Lui mi ha morso ed ora anche io sono un vampiro! Costretta a nascondermi dalla luce del sole e condannata ad un paio di occhiaie (dalla sfumatura discutibile) perenni!" si portò le dita al ponte del naso fingendo un pianto.

Silenzio. Se si fosse aspettata un qualche genere di acclamazione sarebbe rimasta delusa poichè non un anelito poteva essere percepito su di Eddie.

"Hai finito?" domandò pacato.

"Si possiamo andare" come se nulla fosse, si raddrizzò e tornò a sorridere normalmente camminando verso l'auto. "Lo sapevi che qui le bibite costano 5 dollari pieni pieni? Un furto, chiamiamo tuo padre e facciamoli causa."

"Ti giustifico perché hai preso una botta in testa di recente." lei ridacchiò in risposta.

"Si torna a Sacramento!" esclamò subito dopo saltando a bordo dell'auto. Ad Eddie, la mano sullo sportello del passeggero aperto, diede da pensare che forse quelle bibite che vendevano erano così care perché il contenuto era...stupefacente.

"Su perchè non metti in moto?" Gli chiese una volta che anche lui fu salito a bordo. D'altro canto, non fece altro che fissarla per un interminabile momento, le mani sul volante, il motore spento.

"Voglio sapere come sei uscita dall'auto."

Lexi sorrise avvicinando il viso pericolosamente al suo. "Esattamente come sono entrata." sgranò gli occhi "Dal bagagliaio" 



(25/05/2022)

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