Capitolo 3 - Rugiada
Sabato 5 Maggio...
Il mondo si fece silenzioso. La gente cominciò ad ammucchiarsi attorno al carretto dello zucchero filato che si era rovesciato per terra assieme a Darleen. Lexi non riusciva a sentire nulla, come se fosse improvvisamente isolata in una boccia per pesci. Teneva gli occhi fissi a terra. Aveva il viso livido, profondi tagli e il sangue che continuava a colare senza sosta. E quello stramaledetto fischio...
Si spalmò una mano in viso, chiudendo con forza gli occhi e riaprendoli. I capelli scivolarono da dietro le orecchie appiccicandosi alla pelle.
"Lexi...Lexi..." si guardò le scarpe, imbrattate di polvere e terra. "Lexi!" Oliver le venne di fronte, la prese per le spalle e la fissò intensamente.
"Andiamocene via" sollevò gli occhi torvi. "Hai capito?" Si guardò attorno e i suoni la investirono come se il vetro della boccia si fosse infranto di colpo. Mormorii concitati e fiati trattenuti, donne e uomini, ragazzi, bambini si affannavano per guardare loro. Lei. Lexi ricambiò gli sguardi, le labbra strette in una linea: vide sbucare tra quelle facce sconosciute quella corrucciata del signor Willis. Sostenne il suo sguardo esterrefatto stringendo le mandibole.
"Ma che cosa è successo?" Ormai era ad un palmo da lei, ma la ragazza non ne volle sapere di smuoversi. Come un monolite, rimaneva piazzata nell'erbetta sgualcita dalla lotta appena avvenuta.
"Forza" Oliver la prese per una spalla e se la trascinò dietro. A grandi passi sparì dall'occhio del ciclone, seguito a sua volta da Alex che pareva un cencio per quanto era pallido. Camminarono per D street facendo il giro fino a trovarsi sul retro della casa di Lexi, ad Alhambra Street. Lontani dagli sguardi avanzarono di soppiatto nel giardino fino ad arrivare all'uscio di casa.
"Su dammi le chiavi" fece un gesto veloce e conciso, tenendo gli occhi bassi e le narici dilatate. Probabilmente non se n'era neppure reso conto.
"Posso aprire da sola, grazie" sputò fuori, tagliente come un coltellino svizzero. Tirò fuori dalla tasca della felpa il cellulare, i fazzoletti usati che teneva per ogni evenienza, degli assorbenti, il portamonete e infine il mazzo di chiavi. Le infilò nella toppa ed aprì la porta.
Poco dopo i tre si lasciarono cadere sui divani e sulle poltrone del salotto, le loro membra affondarono nell'imbottitura senza badare al modo in cui fossero seduti o se rispettasse il galateo. Non c'era mai nessuno tranne loro in quella casa.
" É stato un incubo." sentenziò Alex arcuando le sopracciglia fini. "Che diavolo le era saltato in mente?"
"Lascia perdere Alex." tagliò corto Oliver, la parte superiore del labbro macchiata di rosso.
"Tu piuttosto, sei sicura di non aver fatto qualcosa che l'abbia indotta a comportarsi in quel modo?" Gli occhi azzurro cielo di Lexi si mossero lentamente verso il giovane ragazzo seduto in poltrona. La luce della porta-finestra alle sue spalle faceva risaltare i contorni della sua figura.
"No, Oliver." ammise lentamente, pacata. "Perchè dovrei essere sempre io la responsabile?"
"Non si tratta di colpe, si tratta di parti. Ognuno ha la sua, non ci sono buoni o cattivi. Lei non è l'orco cattivo che ha attaccato la principessa, tutto qui." alla sua destra la ragazza si sporse appena.
"Ti posso giurare su Dio che non le ho mai arrecato un torto." Aveva gli occhi così sgranati da farli apparire quanto due palline da biliardo.
"Tranne i battibecchi a cui abbiamo assistito." precisò Alex, si passava una mano tra i capelli sfinito. "Almeno respirava quando ce ne siamo andati, starà...bene" aggiunse alzandosi dalla poltrona alla sinistra del divano e infilando la cucina. Lexi continuava a rivolgere uno sguardo dalla profonda intensità al ragazzo asiatico che con un espressione impassibile si massaggiava il naso arrossato.
"Che stai facendo?" mormorò all'amico tornato dalla cucina che lo fissava di sottecchi in piedi, accanto.
"Buttaci questo" e gli porse una busta di piselli surgelati che scricchiolò, lo stesso rumore sordo di passi sulla neve abbondante.
"Quella messa peggio è Lexi." fece notare Oliver tuttavia non rifiutò il pacchetto che gli offrì Alex.
"Mi dispiace che ne siate rimasti coinvolti." Fu un sussurro appena accennato. La ragazza bofonchiò con sguardo distolto, trovando particolarmente affascinante una pellicina delle unghie. Il sussurro si perse nell'aria, ma gli amici alzarono comunque una mano in segno di pace.
"Non è successo nulla." il ragazzo dai capelli castani le si piazzò davanti sollevandole il mento con gesti delicati.
"Cos'ho dottore?" si morse appena il labbro inferiore, guardandolo negli occhi divertita, ma questo riprese a sanguinare in modo smisurato provocandole una leggera fitta che la fece sfuggire dalla sua presa calda.
"Scema." corrugò la fronte e prese a disinfettare i tagli con l'acqua ossigenata. A nulla servì la delicatezza da ali di farfalla del giovane crocerossino, Lexi emise strilli più striduli di una tromba mal accordata.
"Sta' ferma! Ferma." chiuse gli occhi, le palpebre tremanti, lasciò che l'ovatta le accarezzasse il graffio che le percorreva diagonalmente tutta la guancia destra.
"Rimarrò sfigurata a vita? Allora? Qual è la tua prognosi?" domandò impaziente con un misto di divertimento e ansia nella voce.
"Tieniti il ghiaccio e sta zitta" Alex si gettò al suo fianco sul divano e sbuffò. "Dovresti andare al pronto soccorso"
"Ancora intenzionato a diventare un medico senza frontiere?" lo schernì Oliver.
"Sta' zitto anche tu. Ti sei fatto pestare da una ragazza, il tuo ego starà sanguinando." si concesse un sorrisetto e così anche la sua amica.
"Oh non più del mio naso." Non era nemmeno servita più di tanto la busta di piselli quanto la carta per fermare un'emorragia che aveva un getto paragonabile ad un idrante o un estintore.
"Che giornata di merda" I tre tacquero, fu solo il ticchettio dell'orologio a far vibrare l'aria della stanza. La porta-finestra era appena socchiusa e il venticello primaverile smuoveva le tende color verde menta, fatte di lino, imbevute di luce mattiniera. La stessa luce illuminava i pulviscoli di polvere che fluttuavano nell'aria placidamente. Il tempo sembrò rallentare solamente osservandoli, o così parve a Lexi. Il gomito appoggiato al bracciolo del divano, fissava quello squarcio del salotto.
"Vorrei capire perché l'ha fatto. Cosa mai l'ha smossa a colpirmi in quel modo?"
"Glielo chiederai domani a scuola, ma evita in nostra assenza di incappare in un'altra rissa." tagliò corto Oliver alzandosi in piedi. Le dita insanguinate e gli anelli macchiati a loro volta. "Andiamo Alex e tu lavati la faccia" Il ragazzo scivolò al fianco dell'amico scompigliando i capelli del color delle rose.
"Ve ne andate?"
"Ci vediamo tra cinque giorni!" Due iridi celesti scattarono in alto, non più incantate nel vuoto, per un attimo parvero bucare l'aria, poi tornarono a terra con la stessa noncuranza dell'attimo prima. Oliver le lanciò al volo il pacchetto.
"Allora ci vediamo" La porta si richiuse alle sue spalle con un tonfo e rimase solamente la padrona di casa con una busta di piselli in grembo e il fastidiosissimo suono della lancetta dei secondi. Salì al piano di sopra percorrendo il corridoio fino al bagno. Incontrò il suo riflesso allo specchio scheggiato, non ci vide nulla di bello. I lividi salivano dal collo dove teneva il nastrino nero, fino alla testa, i tagli erano più di uno e non avevano l'aria di potersi ricucire così facilmente e un occhio si stava chiudendo dal gonfiore. Alex le aveva detto di provare a mettersi un paio di cerotti se ne avesse trovati nel mobiletto del bagno (o ancora meglio farsi visitare al pronto soccorso), ma ella continuò a tenerli in mano senza accennare ad usarli. Si accorse del ghiaccio che raffreddava e inumidiva il palmo della sua mano e ponderò anche quello. Le sue mani come piatti di una bilancia. Tirò su col naso e gettò entrambi nel cestino della spazzatura. Rimase soltanto lei, a guardarsi in quella faccia pesta con qualcosa che strideva nel suo sguardo. Gli occhi non gioivano, non baluginavano di nulla.
[...]
Qualcosa vibrò nell'aria: era il suono di un campanello, quello dell'abitazione di Lexi. Si perse nell'ambiente, vuoto e desolato, così pulito da sembrare una casa da esposizione; se la giovane padrona si fosse sforzata un po' di più avrebbe potuto vedere i compratori di passaggio che brulicavano come all'Ikea. Al piano di sopra, nella stanza in fondo alla casa, sepolta da una marea di cuscini Lexi si godeva il suo sonno domenicale. La sveglia segnava le 9.08 a caratteri rossi cubitali, era l'unico bagliore che illuminava la stanza date le pesanti tende blu scuro ben chiuse. Il campanello ricominciò a suonare, stavolta tradiva insistenza, inadeguata al finesettimana. Fu probabilmente alla settima scampanellata che Lexi si smosse, corrugò la fronte e si rigirò nel letto. Le labbra solitamente schiuse mentre dormiva si serrarono fino ad assottigliarsi impercettibilmente. Il dolce devastante suono fu sostituito da pressanti colpi alla porta. Probabilmente colui o colei che restava al di fuori della porta aveva un irrequieto desiderio di vederla. Con un mugugno concitato Lexi gettò via le coperte a calci e si infilò un paio di pantaloni della tuta. Scese le scale a suon di colpi sul legno, il passo andava a tempo con il bussare, facendosi con tutta tranquillità uno chignon semi raccolto. Arrivò all'ingresso con gli occhi ancora semichiusi, un po' per le percosse ricevute e un po' per il sonno di cui ancora si percepiva l'ombra. Afferrò la felpa sull'attaccapanni e se l'abbottonò aprendo la porta allo strano visitatore mattutino.
"Che c'è?" sibilò concentrando il suo sguardo sull'uomo di fronte.
"Alexis Wolfe?" la domanda tradì consapevolezza e un presagio che la ragazza non poté far a meno di cogliere perché i suoi occhi divennero fermi, concentrati.
"Che volete?" il suo tono divenne circospetto mentre ispezionava le persone presenti nel suo vialetto. Uniformi nere, gilet dello stesso colore, e una volante con le luci rosse e blu che lampeggiarono nel silenzio di quella domenica mattina.
"Cerchiamo Alexis Wolfe" gettò nuovamente un'occhiata all'uomo di fronte e le sue labbra si dispiegarono in un sorrisetto malizioso, si pentì subito di quel gesto spontaneo poiché ebbe una fitta di dolore. Appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate proferì: "Che ha fatto stavolta quell'inetta?"
"Lei non è Alexis?" l'uomo portava dei baffetti ridicolmente puerili e a quella domanda l'espressione torva si accese di perplessità dissipando le sue certezze.
"É mia sorella"
"Ne è sicura?"
"Sta notte non è tornata, probabilmente si è infilata nel letto di qualcuno come fa di solito il venerdì e il sabato. Io le dico di darci un taglio ma lei proprio non mi ascolta." attaccò a parlare con naturalezza finendo per sospirare. "Ed ora si è cacciata in qualche guaio, prevedibile." Trascorse ancora qualche secondo di completo silenzio, smarrito il poliziotto si guardò attorno incrociando lo sguardo severo del partner. Tossicchiò e tentò di ripristinare la sua voce austera.
"Si tratta di una questione della massima urgenza signorina!" La ragazza si prese il lusso di evitare la domanda, squadrando l'uomo da capo a piedi. Poteva avere tre o quattro anni in più di lei, lo definì mentalmente come un novellino. Il colletto della camicia fin troppo abbottonato, il modo in cui i suoi occhi apparivano irrequieti, il movimento repentino delle mani.
Un'auto si fermò davanti all'abitazione, poco dietro la volante.
"Che diavolo succede qui, McNally!" Un uomo in completo gessato, dai capelli scuri pettinati di lato fuoriuscì dal veicolo controllando l'ora mentre percorreva a grandi falcate il prato.
"Ca-capo"
"Dovevate solo andare a prendere una ragazzina, che è successo?" Ispezionò tutti dall'alto in basso, tuonando con quella voce ruvida e profonda.
"A quanto pare...non c'è..." L'uomo non mancò di fulminare tutti con lo sguardo prima di prendere la parola e con esso il comando dell'azione. Si piazzò sullo zerbino in tutta la sua presenza ingombrante, costringendo il poliziotto ad arretrare rispettosamente.
"Siamo qui per Alexis Wolfe." asserì dopo un breve momento di religioso silenzio, quasi un'attesa da teatro poco prima di assistere all'imponente suono dell'orchestra.
"Come ho già detto non so dove si sia cacciata." continuò irremovibile a tirare i fili del suo teatrino.
"Voglio un documento, un suo documento." marcò ogni sillaba con estrema durezza per poco sputando in faccia alla ragazza. Quest'ultima smise di sorridere e fissò immobile l'uomo fronteggiando il suo sguardo. Era chiaro come il sole che lui non se la stava bevendo.
"Per cosa sono accusata?" domandò suscitando versi contrariati nei due agenti di poco prima. "Allora abbiamo finito con i giochetti, molto bene." Lexi roteò gli occhi. L'uomo vestito di tutto punto fece un cenno alla recluta che sfilò le manette dalla cintura.
"Alexis Wolfe, la dichiaro in arresto per tentato omicidio, danni e percosse aggravate ai danni di Darleen Forrest, ha il diritto di rimanere in silenzio. Ha il diritto di chiamare un avvocato, se non se lo può permettere gliene sarà affidato uno d'ufficio. Tutto chiaro? Bene, fate strada." continuò a gesticolare ai due poliziotti, ordini non detti in un tremito frettoloso.
"Un momento, un momento! Sono senza scarpe!" esclamò Lexi che nel frattempo veniva condotta alla macchina, i polsi ormai freddi. L'uomo le lanciò un'occhiata contrariata abbassando lo sguardo sui suoi piedi e schioccò ancora le dita all'agente.
"Due passi scalza non hanno mai ucciso nessuno. Andiamo!" ma lì, in mezzo al vialetto Lexi non aveva più voglia di rimanere docile.
"No!" si scrollò di dosso le manacce dell'uomo in divisa e si allontanò di due passi verso casa.
"Tenetela!"
"Non avete il diritto di farlo, voglio leggere il mandato del giudice prima di essere sbattuta al fresco." la sua divenne una maschera corrucciata, le mani dietro la schiena e i calzini a contatto con l'erba gremita di rugiada mattutina. Che risveglio patetico.
"Non fai altro che peggiorare le cose così, non credo tu voglia dare spettacolo." sussurrò passando ad un tono confidenziale e minaccioso. Era vero, era tutto vero. Lexi si guardò attorno, i vicini sembravano incollati alla scena: chi dalle finestre, chi sul portico, chi armeggiando con una cassetta della posta ormai vuota. Non vi era più segno della fiera del giorno prima, se non qualche involucro di carta abbandonato e trascinato dal vento, ormai la volta di alberi era diventata scabrosa. E poi alla sinistra, una figura spiccava per la sua presenza scomoda. Allampanato e tetro, un ragazzo fissava la simpatica compagnia con il giornale e un misterioso pacchetto. Lexi ebbe un brivido quando colse quella macchiolina con la coda dell'occhio, voltatasi qualcosa la tenne aggrappata ad essa.
"Fatemi mettere le scarpe e vi seguirò senza opporre resistenza." finalmente acconsentirono alla sua richiesta. Quando l'auto lasciò Alhambra street con una potenziale prigioniera, lui era ancora lì. Con due occhi da lemure a registrare ogni informazione.
(24/02/2022)
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