Capitolo 23 - Miraggio
No.
Peggio.
La figura contorta di Lexi se ne stava appollaiata nel baule, le ginocchia strette al petto e la testa premuta contro l'intelaiatura dell'auto. Alla luce del sole strabuzzò gli occhi e vedendo l'ombra che si stagliava sopra di lei stentò quasi a riconoscere fosse Eddie. Ma non aveva dubbi fosse lui. "Ehilà" sorrise maliziosa accompagnandosi con un gesto impacciato della mano che avrebbe dovuto rappresentare una sorta di saluto. Eddie la scrutava immobile, una mano a reggere lo sportello in aria l'altra ricadde lungo il corpo in una maniera esasperata.
"Esci" proferì monosillabico. Nessun tono sorpreso e nessuna smorfia trapelarono dal suo viso pallido nonostante la situazione in cui si erano andati a ficcare ne richiedeva in abbondanza. Lexi si tirò faticosamente fuori dall'angusto spazio e si sgranchì le gambe e la schiena, emettendo inquietanti scricchiolii. Le sue converse strusciarono sull'asfalto bollente, quel rumore si unì al suono delle cicale che frinivano all'impazzata tanto da sovrastare in alcuni frangenti il rombo dei motori sfreccianti.
"In primo luogo, tu non potresti uscire dalla città visto che è già tanto che non sei rinchiusa in una cella. In secondo luogo chi ti ha dato il permesso di intrufolarti qui?" chiuse il bagagliaio e tornò a fissarla in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
"Coraggio, mio adorato vampiro. Non sei felice di vedermi?" domandò con un sopracciglio sollevato mentre si spostava, all'altezza del colletto, un lembo della camicia che teneva aperta sul top scuro. Una serie di lividi della grandezza di coperchio di boccaccio si estendevano lungo il collo, sulla spalla, sulle clavicole e il petto. Eddie distolse lo sguardo imbarazzato: quei succhiotti glieli avrebbe rinfacciati per il resto della sua vita e anche dopo. Tossicchiò schiarendosi la gola.
"Dammi le chiavi." tese una mano concentrandosi attentamente sulle macchine che svettavano rapidamente.
"Quali chiavi?"
"Quelle della mia macchina, di cui hai fatto una copia naturalmente." La mora sbuffò ma visto che non demordeva e il suo palmo era ancora lì proteso a mezz'aria decise di dargli un sonoro cinque. Il moro si voltò a guardare prima la ragazza e poi il suo stesso palmo irremovibilmente proteso in avanti. Lexi sbuffò.
"Prenditele allora, sono nella tasca sul culo." Eddie annuì tra sé.
"E tu prenditi un passaggio, perché ti lascio qui." Si incamminò verso il posto del conducente e velocemente si chiuse dentro impedendole di entrare.
"Aspetta aspetta aspetta, non puoi lasciarmi qui, come torno poi?"
"Sta a te trovare la soluzione, Sherlock" forse fu solo una sua impressione, ma le parve che enfatizzasse troppo sull'ultima parola. Eddie mise in moto premendo a fondo il pedale dell'acceleratore scatenando un rombo sempre crescente come monito, o meglio dire, come ultimatum. Dopotutto l'aveva mollata in una lurida cella per un bel po' prima di tornare a prenderla, il chè lo rendeva tremendamente risoluto delle volte.
"E va bene e va bene" si arrese facendo il muso, gli porse la chiave facendola passare dal finestrino e quando l'afferrò Eddie si perse a fissarne i dettagli. Prima che potesse fare il giro della vettura e salire a bordo parlò ancora
"Anche l'altra" gli occhi ancora fissi sulle seghettature di quella che aveva in mano, con un ghignò la ragazza estrasse anche l'altra chiave e la consegnò.
"Dopo tutto non sono così imprevedibile come credo" Eddie le lanciò una lunga occhiata che odorava di biasimo e rimprovero lontano un miglio, ma alla fine le fece cenno di salire e lei non se lo fece ripetere. Indossò la cintura di sicurezza e finalmente ripartirono.
Il viaggio nel silenzio e nella tranquillità della sua solitudine era ormai un miraggio; un viaggio-miraggio. Lexi non finiva più di parlare.
"Bene, visto che stiamo andando a San Francisco avrò l'occasione di fare un po' di indagini." Proruppe ad un certo punto traendo da una tasca dei pantaloni una parrucca bionda tutta arrotolata.
" Come sai dove sto andando?"
"Non lo sa nessun altro, dì la verità?" ammiccò lanciandogli un'occhiata mentre lisciava i capelli biondi a caschetto.
"Hai sbirciato tra le mie cose." constatò corrugando la fronte.
"Sai, c'è un frammento di tempo. Dalle 5 alle 7, in cui i tuoi occhi si chiudono e la tua testa crolla sulla scrivania. Non ne sembri al corrente perciò te lo spiego io, mio adorato vampiro." si voltò platealmente e rispose secca: "Dormivi."
"Illuminante" commentò sarcastico mordendosi un labbro.
"Quello che non capisco è cosa devi andare a fare lì. C'era un indirizzo ma nulla di familiare. Stiamo cercando il testimone?" aggiunse montando la finta chioma su quella vera. Eddie le lanciò un'occhiata con tanto d'occhi, probabilmente perplesso dalla sua improvvisa e approssimativa metamorfosi, per poi raddrizzarsi con la schiena.
"Pensiamo a te piuttosto." Lexi emise un verso di scherno. Tipico pensò. "Non c'era nessuna partita di scacchi, i tuoi amici ti hanno ingannata e nessuno dei due è mai andato a San Francisco." Lexi si voltò a guardarlo, le mani rimasero immobili sulla testa, interrotte nell'atto di sistemarsi l'acconciatura. Dopo quel primo istante di muta indignazione, i capelli biondi appena fissati furono strappati e gettati sul cruscotto.
"Mi togli tutto il divertimento" bofonchiò incrociando le braccia e puntando lo sguardo sull'autostrada. Il silenzio piombò finalmente nell'abitacolo ma Eddie non ne sembrava lieto poiché manteneva invariata un'espressione truce. I suoi occhi poi furono illuminati dalla luce e quel bagliore evidenziò ogni motivo nascosto come ad esempio i piccoli puntini grigi vicino alla pupilla.
"Quei due idioti sono invischiati in questa storia, non è così detective?"
"Quasi sicuramente. La vera domanda è: come?" Il motore ruggiva contro l'asfalto, il sole cominciava a bruciare di meno e piano piano si avvicinarono le quattro del pomeriggio.
"Il fulcro di questa storia è la morte di Chantal, ma io...neppure la conoscevo"
"Ci sto lavorando" Sospirò. I punti sulla fronte le facevano male da impazzire ed era costretta a tener su quelle garze a mo' di bandana. Tentò di grattarsi ma le venne difficile così rinunciò.
"E tu cosa ci sei venuto a fare qui?" Eddie non rispose risvegliando l'irrequietezza della mora. Continuava a cambiare posizione e a sospirare. Ad un certo punto con la testa appoggiata sullo sportello si mise ad osservare il paesaggio al di là del vetro.
"Qui c'è ancora un macchiolina del mio sangue." cercò di toglierla con l'unghia mettendosi a grattare il finestrino.
"Devi esserti spaventato ieri sera."
Silenzio
"L'incidente, io ricoperta di sangue..." Non rispose e lei continuò a grattare producendo una specie di strofinio che si faceva via via sempre più rumoroso. Sembravano viaggiare su due diverse lunghezze d'onda, non si guardavano, a stento si parlavano data la difficoltà di comunicazione e i loro piccoli 'io' intanto cercavano si trovare la strada comune.
"Sai non si muore facilmente. Tutti dicono che gli esseri umani sono creature estremamente fragili, ma allora perché rimangono pieni di crepe anziché andare in frantumi?" Le palpebre di Eddie si chiusero in un battito estremamente lento.
"Nessuno vuole bere dai bicchieri scheggiati" mormorò così a bassa voce da non sentirsi neanche lei per poco.
Bazzicavano per trovare il punto medio e guardarsi finalmente in faccia, anima contro anima.
"Ma sai cos'è ancora più fragile? Ma talmente tanto che se dovesse stare in un pacco, la scritta 'fragile' non basterebbe a salvargli la vita?" domandò a voce alta scattando diritta sul sedile.
"No, cosa?"
"I criceti"
"Ma certo, i criceti"
"Avverto del sarcasmo, mio vampiro." disse increspando le labbra, pensierosa. "Ho un sacco di storie sui criceti comunque. Per esempio Kiki, te lo ricordi? Aveva un pancione che sembrava un divano, una sera l'avevo messo sul davanzale della finestra a prendere aria ed è caduto." Il moro le lanciò un'occhiata indecifrabile. "Ma andiamo per gradi, dalla morte più ordinaria a quella più straordinaria" disse facendo ampi gesti con le dita e i palmi aperti. Narrò le vicende di tutti i criceti che aveva incontrato nella sua vita, sembrava un numero addirittura superiore a quello degli esseri umani. "E poi c'era questo che era stato aspirato dal tubo dell'aspirapolvere." rideva diabolicamente con il ginocchio appoggiato al sedile, il suo corpo in direzione del ragazzo al suo fianco. "Ma questa è la morte più magnifica, preparati." disse stringendosi il setto nasale tra le dita per trattenere le risate. "Gli diedero un pezzetto di pane e dopo averlo ingerito. BOOM" allargò le braccia. "Esplose!"
"Questo l'hai inventato." Mano sul cuore e occhi strabuzzati.
"Ti posso giurare che è vero."
"Secondo quale legge della fisica? Scusa ma ne dubito fortemente"
"E cosa ne so io? Mi hai vista all'ultima lezione di fisica, ti pare che stavo ascoltando?" chiese considerando ovvia la risposta. Alzò gli occhi al cielo.
"Trovi un gusto macabro nella morte." Lei sorrise.
"Ti sbagli, è che la trovo altamente insignificante." disse con quel ridicolo ghigno. Gli occhi dorati del ragazzo si abbassarono sulle sue mani, una di esse reggeva il volante pigramente, l'altra rimase appoggiata sulla gamba. Tornò a fissare subito la strada e a poco a poco i contorni della città si resero più nitidi e marcati. I grattacieli, il ponte, gli edifici a poco a poco si avvicinarono fino a farli immergere nella giungla di una nuova metropolitana. Vedeva una striscia di oceano all'orizzonte e il bagliore lucente che ne illuminava le acque in uno scintillio, come una miriade di perle lucide servite su un vassoio d'argento.
Cercavano e cercavano, ma ancora brancolavano nel buio con nient'altro che un piccolo lume spento.
"Non sono mai stato bravo in matematica sai." sussurrò, colto da una momentanea vena confidenziale, come se fosse una novità appresa da poco. Gli occhi azzurri della ragazza scattarono su di lui squadrandolo con un cipiglio attonito.
09/05/2022
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