Capitolo 22 - Lacci di plastica
"Obiezione vostro onore"
Lexi si alzò in piedi. Rudy, lì accanto, sgranò gli occhi verdi fissi su di lei per poi imprecare silenziosamente cercando di riportarla a tacere nel suo cantuccio; le tirava il braccio per farla sedere ma ella non si smosse di un millimetro, sfuggì alla sua presa con un rapido scatto. "Avvocato Miller tenga a bada l'imputata."
"Ho il diritto di dissentire, il teste sta procurando una falsa testimonianza" disse pacata mandando un'occhiata incisiva al suo amico. Nessuna emozione scaturiva in modo eccepibile dal suo viso, tuttavia il contegno che mostrava non era sufficiente a conferire ai suoi gesti una parvenza accettabile.
"Lei non è nella facoltà di obiettare signorina Wolfe, non aggravi la sua situazione." Lexi annuì tentando di dimostrarsi il più rispettosa possibile, ma non accennò a sedersi nuovamente. Gli occhi di tutti erano puntati sulla sua figura dalle movenze battagliere che lentamente si andarono attenuando. I muscoli tesi si rilassarono, passò in rassegna le varie facce attorno a lei incrociando un velo di sorpresa nel suo difensore.
"Signor Miller obietti per me, per favore, le dica che la falsa testimonianza è un reato." Rudy non poté far a meno di sbattersi una mano sul viso in preda all'esasperazione chiudendo gli occhi per non dover sorbirsi quella scena pietosa. D'altro canto Henry rimase totalmente spiazzato con i polpastrelli bloccati su uno dei gemelli che portava al polso in un gesto meccanico e inconscio
"Signorina Wolfe se non vuole avere un richiamo per oltraggio alla corte si sieda e stia zitta." La mora le lanciò un'occhiata ponderata ma non accennò a muoversi. Fu in quel preciso istante che due mani si appoggiarono sulle sue spalle e la spinsero giù bruscamente facendola sedere. Lexi strinse la mascella voltandosi appena alla sua sinistra per incrociare la sagoma del moro, alle sue spalle, nel suo campo visivo che le concesse un'occhiata insinuosa aperta a poche interpretazioni plausibili.
"Non puoi vincere così." le bisbigliò Eddie con quella voce sibilante, i capelli le solleticarono il viso mentre il suo fiato sfiorava la pelle del suo orecchio. Dopodiché si sedette correttamente e la ragazza spostò nuovamente il suo sguardo davanti a sé, inspirando profondamente.
"Le mie scuse, giudice Robinson" abbassò il capo in segno riverente. "Non era mia intenzione mancare di rispetto a voi o...a questa corte" Aveva commesso un errore. Percepiva il silenzio dell'aula come una morsa, un cappio che si faceva lentamente più stretto attorno al suo collo. Una volta strinse a mo' di bracciale uno di quei lacci di plastica che si usano spesso per il bricolage; l'unica opzione era stringere, non si poteva tornare indietro. Ma era veramente stupida perché tentò di allargare l'apertura e liberare il polso. La pelle strideva, si arrossava e si scorticava sotto quella crescente stretta.
Sospirò sentendo la pungente sensazione degli occhi del nemico incollati addosso, Darleen la stava fissando e avrebbe giurato che se avesse sollevato a sua volta gli occhi avrebbe intercettato uno sguardo avidamente spietato semi celato dalla sua maschera ben costruita.
"La corte si aggiorna" stabilì il giudice con un'occhiata contrariata rivolta esclusivamente all'imputata. Incassò il colpo senza far trapelare alcuna emozione; il suono del martelletto dettò la fine della seduta e tutti si alzarono spalancando le porte poco dopo. Lexi si avvicinò ad Eddie che la guardò di sottecchi senza dire una parola.
"Ops" fece spallucce concedendogli un sorrisetto nervoso. Il moro si diresse verso l'uscita con le mani in tasca e nessuna parola di riguardo per nessuno. La ragazza lo seguì a ruota ma la voce del giovane studente di legge la raggiunse come un fulmine a ciel sereno o uno schiaffo in pieno viso, a voi la scelta.
"Mi spieghi che cazzo ti frulla in testa? Sei un irresponsabile, sciocca, testarda, bastarda ragazzina del cazzo" la sequela di insulti sputati acidamente con un tono di voce più o meno basso terminò solo nel momento in cui Lexi con gli occhi al cielo si fermò all'esterno dell'aula di fronte alle porte spalancate.
"Volevo poter dire la mia" incrociò le braccia al petto voltandosi verso il biondo.
"Lo farai quando ti sarà ordinato."
"Bada a come mi parli Rudy, sono ancora io."
"Si" sollevò le sopracciglia "Sei una testa di cazzo" annuì come a volerle dare ragione. La ragazza in tutta risposta distolse lo sguardo, scocciata.
"Perché lo ha fatto?" Henry sbucò dal nulla intromettendosi in quel puerile battibecco tra i due. Una cupa ombra adombrava il suo sguardo tenuto basso, puntato sul pavimento di marmo dalle striature rosa. Lexi si concentrò su di lui, i suoi occhi azzurri si incastrarono nei suoi con una serietà raggelante.
"Cosa lo ha spinto a tradirti così? C'è qualcosa che non ci stai dicendo?"
Silenzio.
"Vi ho detto tutto." E si allontanò passando accanto ai suoi genitori che dal loro angolino sembravano parecchio divertiti.
"Dopo tutto riesco a comprendere, anzi mi trovo d'accordo con quel Moore." si soffermò alle parole del padre, inarcando un sopracciglio. La pelle della fronte sotto la bendatura si tese arrecandole una fitta.
"Sei un essere talmente spregevole." aggiunse con le braccia incrociate al petto e un sorriso crudele stampato in viso, la donna premette le labbra per bloccare un verso di scherno e lanciò un'occhiata divertita al marito. Lexi, dal suo canto, si voltò completamente verso i due cominciando a sorridere maleficamente. Si avvicinò di un passò e si schiarì la voce producendo un bisbiglio appena appena udibile.
"Lo sapete che i vostri braccialetti possono dare la scossa?"
A quei sussurri le malvagie smorfie impresse sui volti dei genitori svanirono, in special modo il padre parve molto contrariato da essi.
"Te lo stai inventando"
"Proviamo?" la figlia ricevette un'occhiataccia acerba e, soddisfatta, proseguì per la sua strada infilandosi gli occhiali da sole.
"Ehi dove stai andando adesso?" Rudy sembrava più tranquillo adesso, ma la vena da pescecane rimaneva impiantata nella sua voce che rimbombava tra le pareti della struttura.
"Torna qui, non ho ancora finito con te" mollò tutto e le corse dietro fino alla scalinata esterna del tribunale minorile di Sacramento. Scese velocemente i gradini, spostandosi frettolosamente le falde della giacca mentre più avanti l'imputata faceva rintoccare le sue decolletè al suolo con leggiadra tranquillità, il viso bagnato dalla luce bianca del mattino sembrò un toccasana.
"Non fare cazzate per favore." la rimbrottò alle spalle per poi slanciarsi verso di lei e afferrarle il polso con veemenza. Sul bordo del marciapiede Lexi si voltò tranquillamente verso di lui, sollevando il mento col preciso intento di stabilire un confine.
"Lasciami, Rudy."
"Lexi, per favore fermati." I capelli biondi si spostarono dal viso con una folata di vento, i suoi occhi verdi rilucevano e il solco alle sopracciglia sembrava scomparso. Alle sue spalle l'edificio era adombrato da un banco di nubi passeggere.
"Ti sei comportata come un'incosciente e il tuo amico ha fatto il bastardo, si, ma..." mise le mani nelle tasche del completo. "È importante rimanere concentrati e non dare in escandescenze. Non fare altro che Oliver Moore potrebbe usare contro di te in tribunale." Lexi spostò lo sguardo in un punto imprecisato del quartiere; le macchine che sfrecciavano nel traffico accompagnate dai suoni dei motori e dei clacson, il vociferare della gente si diffondeva con il vento, tirava particolarmente forte quella mattina. I viandanti camminavano pacati lungo i marciapiedi tenendo il capo basso, lo sguardo vacuo o agli antipodi.
"Ah Rudy, quanto poco mi conosci." sospirò "Non stavo andando affatto da Oliver. No, non riceverei risposte plausibili al perché del suo comportamento."
"Bene quindi posso stare tranquillo" Sorrise e portò lo sguardo coperto dai grossi occhiali su di lui.
"Ma certo pasticcino" gli stritolò una guancia in un pizzicotto come farebbe una vecchia nonnina e in tutta risposta ricevette una smorfia orripilata.
"Dove si è cacciato Eddie?" Si voltarono entrambi verso il portone d'ingresso dell'edificio dalle sembianze d'epoca e finalmente videro sbucare due uomini alti che parlavano fitto fitto.
"Non vai con i tuoi genitori?"
"Aspettavo Eddie." Si incollò al braccio del ragazzo (come una sanguisuga sorridente) che dal suo canto alzò gli occhi al cielo divincolandosi con difficoltà dalla sua presa.
[...]
Più tardi nello studio al seminterrato, i quattro sedevano in cerchio attorno alla scrivania con un'aria agguerrita.
"Dunque squadra, non demoralizziamoci" Henry batté le mani entusiasta "inizieremo con lo screditare il teste quindi ci servono informazioni sul passato di Oliver e su tutto ciò che potrebbe per lui essere compromettente. Eddie, come va con l'altra testimone?"
"Ci sto lavorando" Immusonito come al solito tracciava linee dritte lungo un taccuino, sembrava parecchio annoiato e più di ogni altra cosa, non sembrava per niente starci lavorando. La guancia appoggiata al palmo della mano.
"È importante far capire che abbiamo davanti un movente di legittima difesa." Scosse ancora quella sua penna stilografica per poi stringerla in pugno.
"A quando la prossima udienza?" domandò Eddie senza sollevare gli occhi dal foglio e dalle sue linee che di fatto venivano tutte incorreggibilmente storte.
"Martedì" sospirò rammaricato il padre.
Silenzio. Il moro arrestò il corso della grafite sul foglio e sollevò placidamente lo sguardo, come un predatore della savana.
"Scherzi? Tre giorni soltanto e mi tieni qui a chiacchierare?" il ragazzo attese una risposta che non arrivò, piuttosto ricevette un'occhiata leggermente perplessa per quella sua intonazione diversa dal solito. Eddie si accorse di essere oggetto di sguardi piuttosto concentrati per cui si schiarì la voce e come se nulla fosse si alzò e scomparve dietro la stanza segreta.
Lexi se ne stava stranamente immobile, le gambe accavallate e le mani in grembo. Henry sospirò passandosi una mano sul viso.
"Non so mai come prenderlo"
"Lascia stare papà, sai che è un tipo solitario, lui lavora da solo."
"Sarebbe carino se ci mettesse al corrente con un po' di anticipo delle sue ricerche." Rudy si alzò imboccando le scale.
"Lui è così, si chiude nel suo bunker e quando ne esce è pronto a prendere a morsi il mondo." Lexi ancora seduta cercò di trattenere una risata ma non vi riuscì poichè il suo grugnito attirò l'attenzione dei due uomini presenti nello studio. Guardò prima l'uno e poi l'altro cercando di mascherare senza successo quella sua espressione sorniona.
"Oh scusate è che la metafora sul mordere il mondo era davvero divertente." annuì sorreggendosi il mento con le dita.
[...]
Nel pomeriggio Eddie, tornato ai suoi vecchi abiti, prese le chiavi della sua auto e senza farsi vedere da nessuno sparì oltre la porta dirigendosi in cortile nel quale aveva parcheggiato. Con una mano sulla maniglia della portiera ispezionò rapidamente il perimetro attorno a sé, ma la quiete del quartiere non era altro che un frammento di quotidianità. Sollevò lo sguardo sulla finestra al primo piano di una casa tinteggiata di verde chiaro accanto alla sua, dopodichè salì a bordo, mise in moto ed uscì dal vialetto immettendosi in strada. Era una normale giornata di maggio, con le temperature che cominciavano a scaldarsi e le nuvole che coprivano il sole di tanto in tanto. Aveva imboccato l'autostrada facendo partire una canzone dei Chase Atlantic, le sue dita accarezzavano i comandi alzando il volume e picchiettando l'altra mano sullo sterzo. Erano le due del pomeriggio e qualcosa macchinava nella sua testa corvina. Un piano architettato nell'ombra.
Era trascorsa mezz'ora quando sentì un rumore, come una serie di piccoli tonfi. Cercò di concentrarvisi ma ben presto tutto tornò silenzioso. E poi si fece sempre più frequente. Un inquietante presentimento prese a farsi largo nelle sue viscere, arrovellandole e stringendole in una morsa. L'auto correva lungo l'asfalto, aveva raggiunto i cento chilometri orari ma doveva fermarsi e assicurarsi che fosse tutto a posto. La fronte corrugata. Forse stava apparendo un tantino paranoico. Ma qualche minuto dopo quel tonfo sordo si udì ancora. Non appena vide una piazzola di sosta ci si infilò e accostò. Aprì con foga lo sportello della macchina color grigio fumo, dalla verniciatura lievemente sbiadita in alcuni punti, sulla sinistra le auto sfrecciavano in un battito di ciglia. Il sole era fin troppo caldo, ma si stava avvicinando alla costa per cui era perfettamente normale. Altre auto gli sfrecciarono affianco producendo suoni svelti che riusciva a cogliere solo per un breve istante come vagamente concisi, subito dopo erano nient'altro che rumori sbiaditi nell'aria all'insegna di quelli nuovi. Simili alle onde del mare. Il pulsante per aprire il bagagliaio scattò, la mano a reggere lo sportello che emise un inquietante cigolio, il capo chino in basso, i capelli sferzati dal vento bollente...
E poi
Una bomba
06/05/2022
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