*Capitolo 21 - 1° udienza

"Dove cazzo si è cacciata?"

Rudy mosse la gamba irrequieto, seduto su una sedia nella sala d'attesa all'esterno dell'aula del tribunale. Erano le nove meno tre minuti e di Lexi nessuna traccia, anche Henry sembrava preoccupato ma era troppo impegnato a parlare con i genitori della ragazza per poter tranquillizzare il figlio che inseguiva le lancette del suo orologio da polso con uno sguardo morbosamente attento. Il corridoio era gremito di persone che diffondevano un vociare sommesso e amplificato dalla struttura architettonica: le pareti rivestite da pannelli in legno scuro convertivano l'ambiente dai presupposti moderni in uno dalle sembianze gotico-vittoriane. L'alto soffitto terminava in una volta a botte che si estendeva per tutto il tratto che collegava la scalinata alla sala d'aspetto in cui si trovavano i Miller in quel momento.

"Aveva detto che sarebbe arrivata in orario" rimarcò le prime parole con una certa alterazione nei toni e nel farlo non potè far a meno di guardare suo fratello e incrociare le braccia al petto. Quest'ultimo sollevò lo sguardo in tutta risposta e gli concesse una breve occhiata insignificante tornando poi a fissare gli uomini e le donne, per lo più avvocati, che si facevano largo per i corridoi. Tuttavia non era solo l'ecosistema giuridico ad albergare in quel tribunale perché silenziosamente Eddie aveva notato una piccola componente che cercava di passare inosservata.

"Eddie, dovresti tenere seriamente a bada la tua ragazza." Ormai il ragazzo dai capelli biondi stava perdendo la pazienza così si alzò in piedi, producendo uno scricchiolio sul marmo del pavimento tirato a lucido, e prese a sistemare i documenti all'interno del fascicolo con precisione millimetrica. Dal suo cantuccio Eddie reggeva il muro come sempre, le braccia incrociate al petto e gli occhi socchiusi. Due occhiaie contornavano i suoi occhi chiari che nella penombra erano molto più simili al marrone chiaro. Continuava a scrutare intensivamente il gruppetto sulla soglia delle scale che prendeva nota su dei taccuini e teneva strettamente sotto controllo il cellulare.

Giornalisti.

Le lunghe ciglia del moro ebbero un fremito e lentamente si staccò dal muro per avvicinarsi alla finestra che dava sul cortile anteriore dell'edificio. Una masnada di gente brulicava sulla scalinata esterna, come formiche all'apertura di un formicaio di sabbia e notò come alcuni reggessero un microfono e altri una telecamera professionale. Il caso Forrest era ormai di dominio pubblico. Sospirò sommessamente, il viso illuminato dalla candida luce del mattino cancellava ogni segno particolare riducendolo ad una maschera priva di dettagli. Gli occhi faticavano a rimanere normalmente aperti per cui li socchiuse producendo una serie di solchi sulla fronte.

"L'hai vista arrivare?" domandò il padre avvicinandosi di soppiatto alla finestra, i loro volti erano riflessi nel vetro.

"Paparazzi" disse monocorde "Ti faranno un interrogatorio appena finita l'udienza." L'uomo sgranò gli occhi per poi corrugare la fronte in apprensione.

"Ma come..." bisbigliò concentrando poi lo sguardo sul figlio che in tutta risposta strinse la mascella e la bocca, che formò una la linea dura.

"Ascolta, papà, Darleen farà tutto ciò che le sarà possibile per minare la reputazione di Lexi. Sempre peggio. A cominciare da una farsa, per poi passare al coinvolgimento della stampa. L'opinione pubblica costituisce il potere, governi interi sono caduti per essa, di certo manipolare un processo sarà una passeggiata." sussurrava a poco meno di un metro dall'avvocato. Quest'ultimo scostò i suoi occhi cerulei sul figlio regalandogli uno sguardo curioso e poi un lieve sorriso. Gli appoggiò una mano sulla spalla per poi armeggiare con il nodo della sua cravatta nera. Come da prassi, ogni volta che Eddie si recava in tribunale indossava uno dei suoi completi eleganti, di alta sartoria, commissionati dal genitore per garantire una parvenza di eleganza e professionalità alla sua squadra legale. Henry Miller diceva sempre "l'abito fa il monaco, perché nel mondo legale tutto va' al contrario." Spesso Eddie si interrogava su quelle parole, ma non ne comprendeva mai totalmente il senso, o meglio, ciò che ne deduceva non corrispondeva alla sua personale concezione del padre.

"È solo l'inizio"

"Ti stai preoccupando molto?"

"No, è che ho un pessimo presentimento."

"Sistemerò tutto, è il mio lavoro. Come padre e come avvocato." terminò di sistemare il nodo della cravatta e si allontanò dopo avergli rivolto un solare sorriso paterno.

"Oh eccola!" tutti si voltarono, dal fondo del corridoio Lexi stava arrivando stringendo una giacca nera elegante, i capelli sciolti e ben pettinati, la camicia bianca inamidata e ben stirata e la gonna del tailleur che le arrivava al ginocchio dandole sembianze sobrie ed eleganti. Sorrideva ammiccante come se non avesse tre punti in fronte, la pelle piena di lividi e ferite che si estendevano fino al petto. Il ticchiettio delle sue scarpe col tacco rimbombava per tutto il corridoio attirando l'attenzione di molti che le serbarono sguardi ostili o per lo meno circospetti. Si infilò la giacca senza fermarsi e passò loro accanto scuotendo i capelli con una mano. Rudy e il padre rimasero a bocca aperta nel vedere le ciocche bianche sulla nuca che svolazzarono mischiandosi al nero del resto della chioma. Di fronte alle loro espressioni attonite la ragazza allargò il suo sorrisetto, inorgoglita per averli stupiti; era un messaggio, una dichiarazione gridata a suon di pennellate come un quadro manifesto, era lei stessa il suo manifesto. In quel momento il suo corpo gridava che niente e nessuno, nessuna condizione neppure la più critica poteva ridimensionarla se non all'apparenza. Era Lexi Wolfe, come un fiume in piena non poteva essere sigillata. Non la dava vinta a nessuno.

Si legò i capelli in una coda bassa e tutto tornò com'era prima. Quel ruggito visivo dettato da un movimento di capelli se ne era andato così come era arrivato e una capigliatura comune e libera da pregiudizi era tutto ciò che spiccava allo sguardo. Eddie appartato teneva gli occhi fissi su di lei e sollevò un angolo della bocca impercettibilmente.

"Buongiorno signori, sono puntuale vero?" Portò una mano alla maniglia della porta.

"Per niente" rispose secco Rudy corrugando la fronte. Stava per aggiungere qualcos'altro ma Henry lo interruppe di colpo.

"Non importa, l'importante è che adesso sei qui con noi. Sei pronta?" la ragazza lo guardò dritto negli occhi per poi modellare un sorriso leggiadro e spontaneo, temprato del suo solito brio.

"Ho reso il corridoio la mia passerella, renderò l'aula il mio teatro." e l'attimo dopo premette la maniglia ed entrò senza attendere assensi. La seguirono anche gli altri, per ultimo il moro che non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un altro sorriso misurato.

[...]

L'aula apparve più immensa di quel che aveva immaginato, tanto che sulla soglia si fermò a contemplarne i dettagli. Il soffitto a cassoni era rifinito da linee dorate eppure spiccava un color bianco crema come anche sulle pareti. Di fronte a lei, si sviluppavano i posti a sedere come in una piccola platea che dava sull'innalzato banco del giudice dietro cui spiccava la bandiera rossa bianca e blu degli Stati Uniti d'America. Lexi abbassò il mento deglutendo, il suo sguardo si assottigliò, letale e misurato. Avanzò verso il suo posto avviluppata da un'aura di sospetto. Doveva stare in guardia.

Prese posto accanto al signor Miller e a Rudy, i suoi genitori alle sue spalle tenuti d'occhio da Eddie che cercava di assumere una posizione apparentemente composta. Ricordava che poco più in là, tra quelle sedie di legno di mogano disposte in file precise, c'era Darleen con il preciso scopo di vincere. Ma Lexi non la cercò con lo sguardo, non tentò minimamente di incrociare la sua figura dall'altro lato dell'aula perchè secondo un'ottica diversa ciò sarebbe apparso come un reale e consistente timore per la situazione venutasi a creare, un timore per Darleen che non nutriva affatto.

Puntò il suo sguardo altrove, esaminando i giurati presenti, il cancelliere e quello che, Rudy le spiegò, era l'assistente sociale.

"...segneranno ogni parola di questo processo. Lui invece è qui per la tua valutazione comportamentale, è chiaro?" Annuì e l'attimo dopo tutti si alzarono all'arrivo del giudice, una donna sulla cinquantina con tratti latino-americani entrò nella stanza accompagnata dal fruscio di una tipica toga nera ed era seguita da altri due personaggi. Si sedette al suo posto, al centro, da cui aveva la visuale di tutti i presenti.

"Diamo inizio al processo" scandì con un tono di voce greve. Tutti si sedettero e la donna, con la sua voce concisa parlò ancora

"L'imputata si alzi in piedi." Lexi obbedì, tenne le mani prudentemente davanti a sé, strette l'una nell'altra. Il cancelliere prese la parola cominciando a leggere: "I capi d'imputazione sono i seguenti: percosse aggravate con conseguente frattura del setto nasale, due costole incrinate e diverse contusioni, tentato omicidio."

"L'accusa chiama a testimoniare la vittima, Darleen Forrest." Fu solo allora che Lexi ebbe l'occasione di vederla, indossava anche lei un tailleur, il viso plasmato nell'amarezza, i capelli corti a spazzola le incorniciavano il viso magro dagli zigomi alti. Aveva un livido all'altezza dello zigomo, ma stava già sbiadendo e un grosso cerotto sul naso che spiccava più del resto. Lexi non mostrò di avere alcuna particolare reazione. La ragazza alla sbarra eseguì il famoso giuramento "...mi impegno a dire tutta la verità, nient'altro che la verità..." intanto gli occhi azzurri dell'imputata si incollarono a lei ingabbiandola nella loro morsa, provando a schiacciarla e farla cedere. Ma gli sguardi non potevano uccidere, non ancora.

"Smettila di guardarla così" le diede una gomitata Rudy senza farsi vedere. Così, la vittima prese a raccontare...

"Sarebbe dovuto essere un giorno allegro, avrei dovuto incontrarmi con il mio ragazzo Steven Marsh ma non sono riuscita a raggiungerlo perché sul mio cammino sono stata aggredita senza motivo apparente e con cruda violenza." raccontò la sua versione costruendo un racconto drammatico e straziante in cui Lexi non poteva far altro che figurare come un mostro.

"Grazie signorina Forrest" Darleen riprese posto scoccando un'occhiata nient'altro che ambigua diretta alla sua avversaria. Qualcun altro fu chiamato a testimoniare ed era il signor Willis, proprietario del carretto dello zucchero filato.

"Signor Willis cosa è successo quella mattina di sabato cinque maggio nei pressi della sua postazione alla fiera." interrogò la donna dalla snella silhouette che misurava lo spiazzo di fronte alla sbarra con ampi passi, che rintoccavano per via dei tacchi a spillo come lancette dei secondi. L'uomo si sistemò meglio sulla sedia e si schiarì la voce incerto.

"Ebbene come ogni anno dedico un'ora della fiera per svagarmi e nell'attesa la signorina Wolfe si era sempre prestata molto disposta a tener banco per me."

"Sta dicendo che le permetteva di usare l'attrezzo per condurre la sua piccola attività in sua assenza?"

"Assolutamente no, doveva prevenire che...che venisse vandalizzato o rubato."

"Eppure quella mattina al suo ritorno il carretto era rovesciato e una ragazza, la mia cliente, era stata aggredita"

"Si."

"E dov'era, di grazia, Alexis Wolfe in quel momento?" Il signor Willis sollevò lo sguardo sulle persone che pullulavano nella sala, tanti piccoli spettatori dallo sguardo vagamente attento.

"La vidi in piedi, era ferita ma in piedi. Dopodichè se ne andò." L'avvocato di Darleen era una donna bionda, con glaciali occhi verdi; si ergeva fiera in mezzo alla sala nel suo abito color menta. A quelle parole si avvicinò di un paio di passi alla sbarra, soltanto un metro la separava dal teste. Strinse la mascella esaminandolo accuratamente con occhi circospetti, le sopracciglia spesse, e con una buona dose di tinta a rimarcare sul viso, si incresparono.

"Può confermare che la signorina Forrest fosse la vittima dunque." Il vecchietto spostò lo sguardo verso la ragazzina che conosceva fin da quando usava il triciclo, sembrava a disagio in quel compito ingrato di fare da testimone e il modo in cui l'avvocatessa aveva deviato la sua testimonianza non faceva che esacerbare la sua situazione. Non l'aveva mai accusata di nulla, nemmeno di aver rovesciato il suo carretto perché sapeva che in fondo, non era una criminale.

"Le ricordo che è sotto giuramento."

"Io sono arrivato alla fine quando tutte e due erano malconce, se le erano date di santa ragione ma non so dire chi sia la vittima in tutta questa storia." sbottò mantenendo comunque un tono di voce basso.

"Non ho altre domande." La bionda andò a sedersi scoccando un'occhiata di sfida ad Henry che dal suo canto sorrise appena appena. Indossava una camicia bianca e una cravatta blu profondo intonata ai suoi occhi. Si alzò e si schiarì la voce spostandosi appena la falda della giacca. "Signor Willis conosce bene l'imputata?"

"Be' abbastanza, insomma viviamo nello stesso quartiere."

"E la descriverebbe come aggressiva o violenta a tal punto da provocare... la morte?"

"Obiezione vostro onore, tutto questo è fuorviante."

"Stiamo delineando il profilo comportamentale dell'imputata per quale motivo dovrebbe essere fuorviante?" Henry fece un gesto di nonchalance con la mano fermandosi a guardare la sua rivale con un lieve cenno sorridente.

"Respinta" proruppe il giudice sbattendo il martelletto.

Il signor Miller si destreggiava diversamente tra gli spigoli giuridici di un processo, controllava le pedine con scioltezza, manovrava i fili con accuratezza. Agli occhi di chi aveva assistito a molte delle sue 'performance' risultava sapere esattamente cosa fare non necessitando di sfoderare un'aura di terrore come nel caso della sua rivale.

Lexi rimase stranamente immobile, forse era la presenza asfissiante di Rudy che aveva modi piuttosto bacchettoni o la strana tensione che quelle parole producevano nell'aula ciononostante si concentrò accuratamente sul delineare a sua volta un profilo attitudinale dei due avvocati e capì ciò che altri avevano capito con anni e anni di acuta osservazione.

"No, non è una persona violenta. È sempre stata una ragazzina stravagante e molto estroversa, ma la sua arma non è la violenza, è la lingua." disse spostando a malapena lo sguardo sulla giovane imputata che sollevò un angolo della bocca a mo' di assenso.

"È tutto signor Willis, può andare." Quando la sbarra si liberò fu un altro testimone ad essere chiamato.

"La difesa chiama a testimoniare Oliver Moore" L'amico si alzò dal fondo dell'aula e percorse il corridoio tra le sedie, come la navata di una chiesa, con uno sguardo terribilmente serio. Anche lui eseguì il giuramento convenzionale e si passò una mano tra i capelli neri focalizzando poi la sua attenzione su Henry. Un'occhiata di intesa, muta come il suono dell'ardente sole sulla terra, ma esistente e tangibile.

"Signor Moore lei era presente quel giorno"

"Si, ero con Lexi"

"Può illustrarci cosa ha visto." Oliver passò in rassegna le persone sedute alle prime file, i gomiti appoggiati ai bracioli della sedia, la postura scomposta non lo faceva apparire del tutto amalgamato all'ambiente e questo tralasciando il suo abbigliamento casual come al solito.

"Lexi era su di giri, per un eccesso di zuccheri probabilmente, perché è andata a sbattere contro Darleen e la cosa l'ha fatta arrabbiare molto."

"Quindi ha cominciato Darleen la rissa, agitandosi per un incidente che poteva capitare a chiunque." sollevò le sopracciglia.

"Non esattamente" quelle parole glaciarono la sala intera probabilmente o forse fu solo Lexi a sentirsi i brividi lungo la pelle. Aveva gli occhi sgranati e la bocca prudentemente chiusa.

"Che sta facendo?" bisbigliò Rudy tra sé, raddrizzando la schiena impercettibilmente con uno sguardo sospettoso.

"Sta dicendo che la vittima è la signorina Wolfe?"

"Affatto. Lei è l'unica artefice di questa rissa. È una persona violenta, insensibile, non si farebbe scrupoli a ferire qualcuno per puro divertimento e quella mattina come anche il giorno precedente, in entrambi gli incontri fu lei a cominciare tutto."

Uno zelante sospiro collettivo animò l'aula, molti presero a bisbigliare sommessamente tra di loro e la giuria in primo luogo raggiunse l'apice della perplessità iniziando a sollevare gli sguardi gli uni verso gli altri. Nessuno si aspettava un tradimento.




05/05/2022

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