Capitolo Undici

<<Perché gli hai detto che ci avremmo pensato?>> da quando avevano lasciato il bar era l'unica cosa a cui pensava il moro. Ermal si era girato verso di lui e <<Cosa volevi che le dicessi?>> aveva ribattuto con fare ovvio. Fabrizio aveva smesso di mordicchiarsi le unghie solamente per dirgli <<Non lo so. Ma io nun ce devo pensa'. Me pareva de esse' stato chiaro>>.
Ermal lo sapeva, lo sapeva eccome.
<<Lo so>> aveva sussurrato.
Non voleva nemmeno costringerlo.
Sperava ci ripensasse? Sì.
Poteva obbligarlo? Assolutamente no. Avrebbe rispettato la sua decisione, qualunque fosse stata, ma avrebbe fatto di tutto per convincerlo a ripensarci. Anche perché le cose che gli aveva detto la sera precedente le pensava davvero. Era bravo, soprattutto se si considerava che era autodidatta e che non suonava per davvero da nove anni. Era un peccato lasciar perdere. In più, gli aveva anche dato qualche consiglio nella composizione. Cosa che non era scontata.

Solo quando erano arrivati a casa Fabrizio si era accorto di aver tralasciato una cosa importante in quei giorni. Si era dimenticato di dire al coinquilino che quello sarebbe stato il primo weekend in cui avrebbe portato i bambini a casa.
Certo, il lunedì prima ne avevano parlato un po', visto che avevano discusso per messaggio anche, ma poi aveva tralasciato. Ermal gli aveva detto che non solo i bambini non erano un problema per lui, ma in più Anna aveva la stessa età della sua nipotina. In sostanza era abituato, tutto sommato.
Solo che Fabrizio aveva proprio rimosso il weekend. Troppo preso dagli eventi, non si ricordava nemmeno che giorno fosse.

<<Ermal...>> aveva cercato di richiamare l'attenzione del più piccolo, anche perché non sapeva dove si fosse cacciato. Ermal si era sporto dalla finestra che dava sul balcone, con una sigaretta in mano. <<Esci? sto un attimo fumando>> aveva detto mentre fissava il moro. Fabrizio si era avvicinato alla finestra per poi uscire anche lui sul balcone <<Vuoi un tiro?>>
<<No, sto cercando de smette'. Grazie>> ed era vero, anche se ci stava provando a giorni alterni, perché era l'unico vizio che faceva fatica a togliere. Nonostante gli altri che aveva tolto, durante gli anni, erano peggiori, quello era proprio il più radicato.
<<Me so' dimenticato de dirti che vado a prendere i bambini domani mattina e stanno qui fino a domenica sera, e niente, sicuro che va bene? Cioè, domenica magari li porto allo zoo se er tempo è bello, capito? così nun te disturbamo troppo>> Si era messo le mani nelle tasche dei jeans e l'aveva detto tutto d'un fiato, come se avesse paura della risposta. Ermal doveva essersene pure accorto perché
<<Fabrì, tranquillo>> gli aveva detto prima di appoggiargli una mano sulla spalla e riprendere <<Non mi dà fastidio, te lo devo ridire? Sono bambini. Potete stare a casa pure tutti e due i giorni>>
Fabrizio non aveva potuto fare altro che sorridere perché finalmente era quasi certo che sarebbe andato tutto bene. <<Scusame, è che magari so vivaci e nun sei abituato e...>> Ermal nemmeno l'aveva fatto finire di parlare. Soprattutto perché, il moro, aveva tutta l'aria di uno che aveva intenzione di iniziare a parlare a macchinetta, se qualcuno non l'avesse fermato. <<Bizio, piantala>> aveva quindi detto facendo l'ultimo tiro di sigaretta, per poi spegnerla nel posacenere.
<<Come mi hai chiamato?>> aveva sorriso, stranamente.
<<Bizio>> l'aveva ripetuto. Era un nomignolo e Fabrizio aveva pensato che nessuno l'aveva mai chiamato in quel modo, ma gli faceva piacere se lo faceva Ermal.
Quello era un segno che le cose stavano andando meglio, oltre al fatto che non erano più due completi estranei, anzi. L'ultima settimana, in cui avevano fatto musica insieme, aveva avuto un qualcosa di curativo dopo gli ultimi battibecchi infondati.
<<Me piace>> aveva detto il moro mentre scompigliava i capelli di Ermal il quale si era irrigidito subito a quel contatto. Fabrizio aveva ritirato la mano subito, come se si fosse scottato. In realtà aveva semplicemente realizzato che Ermal non voleva essere toccato. <<S-scusame>> si era affrettato a dire e il minore aveva scrollato le spalle, come a far cenno di non preoccuparsi.

*

<<Papà, ma c'è anche il tuo amico a casa?>> Luca l'aveva chiesto all'improvviso togliendo, a Fabrizio, il compito di dirglielo. Si era girato verso il bimbo, per poi rimettere gli occhi sulla strada e notare che il semaforo era diventato verde. Aveva lasciato andare la frizione per ripartire e dare anche una risposta al bambino. <<Sì, Lu. Te dispiace?>> effettivamente non ne aveva parlato con i bambini. Effettivamente, la prima volta, Luca si era ritrovato davanti a Ermal senza sapere chi fosse o perché fosse lì. Luca aveva scosso la testa in senso negativo per poi dire <<È la nuova mamma?>>. Il moro aveva ringraziato mentalmente di essere già arrivato a destinazione e di essere fermo, perché si era già visto sbandare a quell'affermazione del piccolo. <<No, perché lo pensi?>>
<<Ci vivi assieme. Come facevi con la mamma>> Fabrizio aveva sorriso, non credeva potesse arrivare a pensare quello di Ermal, non se lo aspettava. Anche se non era la prima volta che faceva certe affermazioni. Era come se gli venissero spontanee.
Fabrizio gli aveva passato una mano tra i capelli per poi lasciargli una carezza sulla guancia.
Era intervenuta anche Anna in quel momento <<Papi tovato il pincipe azzuo?>> Fabrizio li amava e amava la loro fantasia. <<No, bimbi, Ermal abita con me solamente. È un amico, abitiamo insieme perché la casa è grande. La mamma è la mamma, non è cambiato nulla rispetto a prima>>
<<Oh, va bene>> aveva detto Luca abbassando la testa.
Fabrizio aveva slacciato la cintura ad entrambi e li aveva fatti scendere dalla macchina, raccogliendo i loro zainetti, prendendo poi in braccio Anna e per mano Luca.

Pronti a salire in casa o quasi.

*

Ermal un po' agitato lo era.
Giusto un po'.
Era il primo weekend che Fabrizio portava lì i bambini.
Il primo weekend che le cose si erano sistemate.
Il primo weekend in cui non sarebbero stati solo loro due.
Si sentiva come quando aveva portato a casa sua, per un weekend, la sua ex ragazza.
Giulia.
Quando l'aveva presentata a sua madre, era agitato allo stesso modo; anche se, a differenza di quella volta, lui è Fabrizio non erano in una relazione.
Però, insomma, non voleva sembrare indifferente. Erano pur sempre bambini
In realtà, il riccio, non credeva nemmeno sarebbero arrivati ad un punto di tranquillità proprio dopo quella settimana.
Ermal, invece, era arrivato ad essere talmente in pace da trovargli anche un soprannome e ad iniziare a chiamarlo con quello.
Si era guardato intorno, per controllare che in giro non ci fosse nulla che non andasse bene per i bambini. Specialmente per la più piccola. Ancora si ricordava come era stato con Sabina, quando sua mamma l'aveva portata a casa e per lui era un po' come tornare a quei ricordi. Era stato così anche quando era nata la sua nipotina.

Gli tremavano impercettibilmente le mani quando aveva sentito la porta di casa aprirsi. <<Ciao, Ermal!>> Luca l'aveva urlato mentre era ancora sull'uscio della porta e il riccio aveva smesso di tremare senza nemmeno accorgersene. Non credeva che il bimbo si sarebbe ricordato il suo nome. Insomma, si erano visti per poco, non si aspettava né che si ricordasse di lui né che fosse così entusiasta.
<<Ehi, campione! Come stai?>> il riccio aveva alzato la mano in attesa che Luca gli desse il cinque. Cosa che era successa poco dopo.
<<Bene, siamo a casa due giorni da scuola, ora benissimo>> aveva detto il bimbo felice, mentre andava a sedersi sul divano.
<<Se inizia così a sette anni, sei messo benissimo, Bizio>> aveva riso.
<<Spero che l'associ solo ar fatto che sta qua>> Fabrizio nel frattempo aveva fatto scendere Anna, la quale si era prontamente nascosta dietro la sua gamba.
<<E tu piccolina, come ti chiami?>> Ermal si era abbassato alla sua altezza, cercando di addolcire la voce. Si era ricordato, infatti, che non l'aveva ancora vista ma era facile riconoscerla. Era la fotocopia del suo coinquilino, non potevano esserci dubbi che non fosse sua figlia. La piccola si era stretta ancora di più alla gamba del padre, per poi sbirciare un attimo e dire un flebile <<Anna>> e nascondere di nuovo il viso.
<<È timida all'inizio, poi nun la smette di parlare quando te conosce. Preparate>> era intervenuto Fabrizio mentre continuava a passare la mano sulla schiena della bimba, cercando di consolarla. In effetti era vero, quando conosceva qualcuno poi diventava un terremoto, al contrario di Luca, che sembrava aperto nonostante poi non lo fosse del tutto.
<<Io sono Ermal. Quando ti sposti dalla gamba del tuo papà, ci presentiamo per bene. Okay?>> Il maggiore non aveva mai visto Ermal in quel modo. Davvero, mai.

Alla fine, Fabrizio, si stava convincendo che nulla poteva andare male in quel weekend. E forse, sarebbe stato davvero così.










Note:
Non sono del tutto convinta di questo capitolo ma se l'avessi riletto un'altra volta l'avrei cancellato completamente, così ho preferito pubblicarlo. Ci sarà qualche altro capitolo così "Familiare" nel senso che si vedrà qualche scena del weekend che spero venga fuori meglio di questo.
Detto ciò vi ringrazio, come sempre, perché non sarà mai abbastanza!
A lunedì.

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