Capitolo Tre

Fabrizio non sapeva come comportarsi il giorno dopo, doveva chiedergli qualcosa? Far finta di niente? Non parlare proprio?

No, non lo sapeva.

Così aveva deciso di provarci, tanto peggio di quella notte non poteva andare. Anche se...

<<Hai spesso gli incubi?>> aveva iniziato così, senza nemmeno il buongiorno. Quello poteva decisamente essere considerato un inizio con il piede sbagliato.

Davvero, davvero, sbagliato.

Non era andato proprio sicuro, anzi era stato piuttosto titubante.
<<Mh?>> Ermal si era girato con fare interrogativo e non aveva detto nulla se non quel mugugno che mostrava il suo essere perplesso. Per questo Fabrizio aveva ripreso cercando di spiegarsi meglio <<I figli m- de mi sorella li hanno spesso, pe' quello ho provato a svegliatte.>> E Fabrizio l'aveva notato.

Aveva notato come Ermal aveva tentato, riuscendoci, di chiudere bruscamente la conversazione dicendo <<Non ho incubi e non sono un bambino>>. Detto questo si era alzato e aveva messo la tazza del caffè nel lavandino, lasciando Fabrizio da solo a finire la colazione.
<<Va bene>> aveva sussurrato quando ormai il più piccolo era già uscito dalla cucina.

Fabrizio aveva pensato tutto il giorno a quella notte e al discorso di quella mattina. Che poi, discorso non poteva proprio essere chiamato, era stato più un brevissimo botta e risposta. Forse uno dei più lunghi avuti da quando era arrivato in quella casa se si escludeva quello della notte.
Ermal non era di tante parole, né di condivisione delle cose personali. Per quel motivo, quella sera, Fabrizio era rimasto sorpreso quando era tornato a casa da lavoro. Aveva trovato il riccio in cucina che preparava la cena e la cosa che era strana a Fabrizio era il fatto che la preparava per due. Non era mai capitato che mangiassero assieme, eccetto per la prima sera, quindi era decisamente strano fosse per lui.

Si era dimenticato che Ermal aveva invitato qualcuno a cena?

Merda, non se lo ricordava e non si era organizzato per uscire.
Magari poteva sentire Giada e andare a trovare i bambini. Si era affrettato a salutare dando segno della sua presenza. Ermal aveva ricambiato il saluto senza farci troppo caso, come se fosse distratto. Ci aveva messo qualche minuto, infatti, ad accorgersi che Fabrizio era in casa e lo stava fissando mentre cucinava. <<Ho dimenticato… Mi avevi detto di lasciarti casa libera?>> aveva chiesto il maggiore, che come risposta aveva ricevuto lo sguardo perplesso che gli aveva fatto il riccio prima di rispondere <<No>>.
Il moro aveva notato anche il tremore della voce del più piccolo quando aveva ripreso a parlare dicendo <<Scusa per... sai, ciò che è successo. Sono stato brusco e tu volevi aiutare, quindi ho pensato di… di rimediare così>> Fabrizio non si sarebbe mai e poi mai aspettato quelle scuse, anzi, credeva che avrebbe fatto finta di nulla anche quella sera.
Di certo non si aspettava minimamente una cena preparata da lui.
<<I-io... Non c'era bisogno. È che conviviamo e mi sembrava brutto fare l'indifferente>>. Non sarebbe stato assolutamente nei suoi principi.
<<E ti ringrazio per non averlo fatto. Sono io che non… so relazionarmi>> il riccio aveva abbassato lo sguardo mentre rispondeva e giocherellava con la forchetta, in modo tale da non incontrare lo sguardo di Fabrizio.

C'era un silenzio strano in quella cena, uno di quelli in cui nessuno sapeva cosa dire e nessuno iniziava a parlare.
Fabrizio era rimasto stupito del fatto che Ermal avesse iniziato per primo. <<Insomma... Che lavoro fai? Sei qui da una settimana ma non abbiamo mai parlato>> ed era vero, non avevano mai parlato di loro stessi. Si scambiavano qualche informazione, il buongiorno, la buonanotte, ma nulla più. Per quello Fabrizio era sempre più restio a parlargli dei bimbi.
<<Oh, so' pubblicitario. Lavoro pe 'na piccola azienda>> aveva risposto.
<<Ho visto che suoni, però>> E lui che ne sapeva?

Fabbrì, ha fatto un'osservazione. Lui non può saperlo. Prenni fiato e risponni.

Fabrizio se l'era ripetuto in mente più volte prima di rispondere. <<'A chitarra dici?>> aveva replicato cercando di essere il più naturale possibile.
Il più piccolo aveva annuito e Fabrizio aveva preso tempo per pensare ad una risposta quantomeno decente.

Secondi che erano sembrati anni.

<<L'ho messa un po' da parte, però sì. Scrivevo pure un tempo>> Per quanto cercava di non dire troppo, si esponeva comunque e si dava del cretino nel mentre.
<<Ora no?>>
Perché continuava? Non poteva cambiare argomento? Per lui anche parlare delle briciole che, in quel momento, erano sulla tovaglia sarebbe stato più semplice.

Non ne voleva parlare.
No, assolutamente no.
Con la musica aveva chiuso.

Era così difficile cambiare argomento? <<Ma che è? n'interrogatorio?!>> non ce l'aveva fatta più a replicare, aveva sbottato e solo dopo essersene reso conto, si era maledetto un po’. Soprattutto quando aveva visto il più piccolo abbassare lo sguardo e sussurrare un <<No, curiosità>>.

<<Tu che fai nella vita?>> Fabrizio aveva chiesto a sua volta, non voleva sembrare indifferente e, in più, poteva essere un modo per cambiare argomento in modo meno brusco. <<Mediatore linguistico e, a tempo perso, autore di canzoni>> Bene, lui, di lingue, non ne sapeva nemmeno due e l'unica certa era il dialetto romano, quello andava sempre bene. Quindi doveva per forza buttarsi sulla musica, anche perché mancava ancora molto alla fine della cena.

Di certo, il karma, ce l'aveva con lui.

Insomma più cercava di togliere la musica dalla sua vita, più questa ci entrava di prepotenza.
<<E te pagano?>> magari così si chiudeva in fretta.
<<Mi pagano sì. Ci mancava che dopo una laurea non mi pagassero>> Si era espresso male, il più piccolo non lo aveva capito.
<<Intendevo pe' le canzoni>> aveva specificato poi.  <<Sì, anche per quelle>>. Fabrizio aveva lasciato andare la forchetta, come se non si aspettasse quella risposta. La sua faccia ne era la prova.
<<Dev'esse' figo>>
<<Se hai qualcosa da dire sì. Non scrivevi anche tu per questo?>> Già… Per cosa lo faceva? Cercava di cacciare via i pensieri che si affollavano nella sua testa in quel momento, per cercare di riprendere l'ordine logico e formulare una frase, cercando di cambiare argomento una volta per tutte. <<S-sì... Senti 'sto weekend non so' a casa. T'avviso perché me pare corretto>>.
<<Va bene, tranquillo. Il weekend prossimo non ci sono io, sono a Bari dalla mia famiglia>> daje, aveva pensato, colpito e affondato, ce l'aveva fatta: avevano cambiato discorso una volta per tutte. Era stata una botta di fortuna doppia. Cambio argomento e weekend libero. Poteva portare i bambini a casa senza che Ermal lo scoprisse mai. Sì, decisamente un colpo di fortuna pazzesco.
<<Te prometto che nun te tocco nulla>> Si era affrettato a dire. Meglio mettere le cose in chiaro fin da subito.
<<Non te l'ho detto per quello, te l'ho detto perché eravamo in argomento>> Ermal l'aveva detto con tranquillità e a Fabrizio era sembrato strano.
Ermal gli dava l'idea di una persona che non si fidava facilmente degli altri. Era per questo che aveva chiarito subito, ancora prima che Ermal potesse dire qualcosa.
<<È che magari nun te fidi, insomma, dopo una settimana>> aveva specificato. Ermal aveva fatto un sorrisino, la trovava una cosa assurda, eppure gli faceva piacere che Fabrizio ci avesse pensato. Il più grande, tuttavia, non sapeva il perché di quel sorriso. Ne aveva visti davvero pochi su volto del riccio in quei giorni e gli unici erano sempre rivolti alle persone dall'altro capo del telefono durante le chiamate.
Fabrizio la considerava un passo avanti quella chiacchierata, un grosso passo avanti. Non abbastanza grosso da pensare di dirgli di Luca e Anna, quello no.

*

Quel weekend l'aveva passato da Giada, nella loro vecchia casa, i bambini erano felici. Anna gli era saltata addosso non appena l'aveva visto sulla porta, mentre Luca aveva aspettato dentro. Il bimbo non si aspettava di rimanere a casa tutti insieme, tanto che aveva già preparato il suo zainetto, come ogni venerdì, anche se Giada non gli aveva detto nulla. <<Lu, non mi saluti?>> aveva chiesto Fabrizio vedendolo sul divano. Luca era sempre stato molto più introverso di Anna, poi dopo la separazione era stato ancora più difficile. <<Ciao, papo>> gli aveva detto. Fabrizio l'aveva preso in braccio per lasciargli un bacio sulla guancia. <<Che ci fai con lo zainetto?>> gli aveva chiesto rimettendolo a terra. <<Sono pronto, senza che la mamma mi dice nulla>> Fabrizio non aveva potuto fare a meno di sorridere. Stava diventando un ometto senza che se ne rendesse conto. <<Bravo, cucciolo, però questi giorni rimaniamo a casa con la mamma, okay?>> il bimbo aveva sorriso e annuito. Era un po’ come se non fosse cambiato nulla, anche se lo sapevano che niente sarebbe tornato come prima, era comunque una ventata di aria fresca per Luca e Anna. Raramente stavano di nuovo tutti e quattro assieme.
Giada e Fabrizio avevano parlato molto per trovare una soluzione a quella situazione. Giada non era per nulla convinta, ma sapeva quanta fatica facesse Fabrizio. Il suo lavoro non gli permetteva assolutamente di pagarsi l'appartamento da solo, passare una parte di stipendio per i bambini e le bollette. Giada lo capiva, ma davvero non era convinta fosse una soluzione giusta. <<Già te l'ho detto, potevi rimanere qui quanto volevi. Non è un problema>> Fabrizio aveva rifiutato ancora una volta la sua offerta e Giada era dovuta stare alla decisione del moro, convinta che nulla gliel'avesse fatta cambiare. <<Non credo che al tuo nuovo amico faccia piacere>> Giada l'aveva guardato perplesso. Come faceva a saperlo? <<C-Chi?>> Fabrizio aveva sorriso comprensivo <<Anna>> Le aveva detto mettendole una mano sulla spalla per poi riprendere <<Preferivo me lo dicessi tu, ma è okay>>  Giada aveva abbassato lo sguardo <<è solo un amico, non è niente di serio ancora altrimenti te l'avrei detto. Ci stiamo conoscendo. Tu sei il padre dei miei figli, che vada bene a lui o meno. Anna mi ha sentito che ci parlavo al telefono qualche volta, non l'ho mai portato a casa>> si era affrettata a dire. <<Frena, frena, me fido. So che nun l'avresti mai portato a casa. Comunque no, davvero, va già bene così. Stai già facendo tanto>>. Non voleva sapere più del dovuto, voleva bene a Giada, era stata una parte importante della sua vita, era la madre dei suoi figli, ma della parte sentimentale non voleva sapere più del necessario. Gli faceva ancora male ricordare come erano andate le cose e perché non erano riuscite a farle funzionare meglio.

Ci aveva riprovato anche Romina a fargli cambiare idea <<Quando gli dirai di Luca e Anna?>> era stata una domanda buttata lì, cercando di non pressarlo troppo. O forse sì.
<<Glielo dirò, giuro. Nun ora. Sto weekend è annato, er prossimo sta da' famiglia sua, quello dopo, se ho inquadrato che tipo è, pe forza. Altrimenti continuiamo così. Giada è d'accordo>> l'occhiata che gli aveva dato Romina era molto scettica.
<<Basta che glielo dici, Fabrì>>
<<Nun te preoccupà>>
<<L'ultima volta che l'hai detto ti sei lasciato con Giada, Luca non ti parlava e Anna è stata in crisi tre mesi>> chissà perché nessuno si fidava di lui quando diceva quella frase. Insomma, i tempi in cui era insicuro erano passati e se diceva che non c'era da preoccuparsi, non ce ne era. Anche se si stava preoccupando da morire dentro di sé. Erano stati momenti difficili quelli che gli aveva ricordato Romina e lui non voleva rivivere certe situazioni.
<<È diverso ora>> era l'unica cosa che si era sentito di dirle.
<<Sarà, ma non fare cazzate. Hanno bisogno di stabilità i bambini>> lo sapeva, davvero.
Sapeva quanto fosse importante e lo aveva visto anche nel comportamento dei bimbi in quel weekend. Così aveva semplicemente risposto quello che aveva detto anche a Giada e che doveva capire il prima possibile, se non fosse che Ermal era davvero una persona enigmatica.
<<Devo solo capire che tipo è Ermal>> e Romina aveva annuito, sperando lo capisse in fretta.

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