Capitolo Dieci
#i fatti riportati in questa storia sono solamente frutto di fantasia. Non è mia intenzione offendere o mancare di rispetto a nessuno. Ogni tanto fa bene ripeterlo.
Buona lettura.#
Ermal non sapeva cosa voleva dirgli Fabrizio.
Non aveva nemmeno una lontana idea di quello che potesse essere, non sapeva nemmeno perché si era incupito così tanto. <<Tutto okay?>> aveva chiesto ingenuamente.
Si stava anche preoccupando quando aveva visto che il più grande non aveva risposto. <<Fabrì?>> l'aveva chiamato di nuovo.
Fabrizio lo aveva guardato solamente quando era stato richiamato una seconda volta dal riccio. <<È una cosa un po' lunga e non pretendo che tu capisca>>
Quello che aveva capito Ermal era che doveva essere una cosa davvero seria se non stava parlando in romanaccio. Era successo solo una volta ed era quando aveva scoperto la verità. Questo non preannunciava nulla di buono.
<<Devo preoccuparmi?>>
<<No, è che non so se ti conviene portarmi domani>>
<<Che stai dicendo?!>> aveva detto il riccio alzando leggermente la voce. <<Quello che ho detto>>
<<Lunedì te l’avevo detto chiaro e tondo che dovevi esserci anche tu>> aveva risposto di nuovo il riccio. Fabrizio aveva abbassato lo sguardo. Sapeva di doverglielo dire prima, ma aveva sempre rimandato. <<Senti, ‘o so. Fammi finire di parlare, poi decidi tu>>
Ermal aveva annuito per poi fargli cenno di continuare. Fabrizio aveva preso un respiro profondo prima di incominciare a parlare.
<<Non suono da nove anni. La prima sera che abbiamo suonato non era che non lo sapevo fare, è che vado semplicemente in crisi>> Il riccio lo guardava confuso non sapeva dove voleva andare a parare il più grande, ma si ricordava quanto ci aveva messo a fare una nota il primo giorno. Ermal l’aveva lasciato continuare, aveva notato come gli tremavano le mani e come cercava di tenerle ferme tra una parola e l’altra. <<Nove anni fa avevo comprato questa chitarra con il mio vicino di casa, Nic. Facevamo quasi tutto insieme, specialmente se si trattava di musica. Non avevamo molti spicci, avevamo risparmiato tanto per riuscirne a comprare una assieme>> Fabrizio si era fermato un attimo per asciugarsi una lacrima sfuggita durante il ricordo di quel periodo. <<Suonavamo insieme, scrivevamo insieme, quando non sapevamo che fare ma anche quando lo sapevamo, perché era quello che volevamo fare nella vita. Doveva essere il mondo che ci tirava fuori dai brutti giri. Almeno me. Lui era più piccolo e l’avevo sempre tenuto fuori, fino a quella sera. Mi era venuto ad aspettare fuori dall’albergo, dove lavoravo come facchino all’epoca. Sai, per uscire da certi giri devi pagare caro e io non avevo una lira, era il primo mese che lavoravo lì. Volevo usare il primo p-primo stipendio per… Per uscirne. E…>> era più di una lacrima quella che scorreva ora sul volto di Fabrizio e faceva fatica a respirare per andare avanti. Ermal aveva cercato di fermarlo <<Fab, non devi continuare. Non farlo>> non voleva vederlo soffrire così.
Se Ermal fosse stato una persona che si lasciava andare e che abbracciava, in quel momento sarebbe stato appiccicato a Fabrizio ma purtroppo non lo era e si sentiva impotente come quando era piccolo, durante i litigi in casa.
Era quasi certo di dove andasse a finire quella frase, dove avrebbe portato quel racconto, per quello non voleva che Fabrizio continuasse.
<Me volevano concia', solo che uno di loro aveva un coltello, Nic si è m-messo in mezzo per proteggerm->> la sua voce si era incrinata per il pianto che non riusciva più a trattenere, singhiozzava, ed Ermal l'aveva bloccato perché aveva capito. <<Ssh, ho capito, non dire altro>> il più piccolo aveva davvero capito cos'era successo quella sera, gli mancava semplicemente la parte successiva. Aveva visto Fabrizio cedere, così gli aveva passato dei fazzoletti e gli aveva messo una mano sulla spalla, sperando potesse essere d'aiuto.
Si era calmato un attimo prima di riprendere <<Se vado in crisi è perché avevo giurato che non avrei fatto più musica perché tutto quello che è successo, è successo per colpa mia. Se Nic non può più suonare, è colpa mia>>
<<Non è c->> Ermal ci aveva provato a dirgli che non lo era, anche se non sapeva come stavano davvero le cose. Il moro non l'aveva fatto finire <<Non ce provà, non so' serviti due anni in una comunità, per uscire dalla merda in cui mi ero messo, la stessa merda che m'ha portato via Nic e nemmeno la terapia a togliermi l'idea che è colpa mia. Lo è, lo è stata e lo sarà sempre. Ho fatto de tutto pe' tenello fuori e non è servito a nulla. Non scrivo più, né compongo, mi sono sforzarto per aiutarti. Er primo giorno ero in difficoltà>> Fabrizio aveva fermato più volte Ermal, che cercava di non farlo agitare di nuovo, ma lui non sapeva. O meglio, sapeva troppo poco. Aveva ripreso di nuovo dopo aver deglutito a vuoto <<Difficoltà perché quello che abbiamo fatto in questi giorni era come avere Nic al mio fianco. E mi buttava in faccia la verità, nuda e cruda. Non lo farò più con lui, aveva vent'anni e manco ha potuto esse' felice pe' colpa mia. L'uniche vorte che prenno in mano 'na chitarra è pe' fa addormenta' Luca o Anna. Questo lo faccio solo pe’ te e perché la mano tua è anche un po’ colpa mia>> Ermal non sapeva cosa provava Fabrizio, anzi non credeva nemmeno di riuscire a capire un sentimento così devastante.
Sì, si era sentito in colpa tante volte nella sua vita, specialmente da bambino quando erano in Albania e le cose non andavano bene per nulla. Si sentiva spesso in colpa verso sua madre, i suoi fratelli, si sentiva impotente, ma non credeva potesse lontanamente capire quel sentimento.
Un sentimento talmente forte da lacerarti. Da lasciarti vuoto, perso e impaurito. Pieno di se avessi, se fosse, pieno di sensi di colpa anche quando non avrebbero dovuto esserci.
<<Per questo non so se ti conviene portarmi con te, se poi vado in crisi te faccio fa' una figura de merda. Trovo una soluzione, te la registro in qualche modo>> ci aveva provato, aveva cercato di farglielo capire il problema. Era riuscito anche ad essere fermo, a non tremare nell'ultima parte.
Ermal l'aveva guardato stupito <<Fab, no, nessuna figura di merda. Mi fido di te. Sei bravo, ci sai fare con la chitarra ed è semplicemente quello che abbiamo fatto in questi giorni, solo che con davanti qualcuno>> non voleva essere insistente, ma sapeva che poteva farcela - se lo sentiva - e voleva infondergli un po' di sicurezza. <<Puoi farcela, lo so>> aveva ripreso guardandolo negli occhi. Il moro lo aveva guardato senza replicare. Si era asciugato le ultime lacrime e gli aveva sorriso. Certo, Fabrizio sperava solamente che non andasse a finire come la scorsa volta in cui il riccio era stato comprensivo, perché in quel frangente non ce l'avrebbe fatta.
Fabrizio, la mattina dopo, non era in ansia, assolutamente no.
Non aveva accordato cinque volte la chitarra quella mattina, proprio no.
Non era stato al telefono con Giada un'ora sperando gli desse i consigli utili che gli dava sempre prima o dopo una crisi. Perché lui era convinto di andare in crisi. Ne era convinto davvero. Aveva giurato di non suonare e di non comporre più e con gli anni aveva infranto entrambe le cose.
Solo per questa volta si era detto poi, quando aveva finito di parlare con Giada. Era ancora sovrappensiero quando Ermal aveva bussato alla porta di camera sua e <<Andiamo?>> aveva detto. Fabrizio aveva sospirato per poi annuire e tirare su la chitarra.
Ermal, durante il viaggio, gli aveva detto in breve cosa avrebbero dovuto fare. Il moro aveva annuito ma non aveva mai aperto bocca.
*
Fabrizio si era presentato in modo impacciato, insomma non era una cosa di tutti i giorni essere davanti a Fiorella Mannoia.
Il più piccolo aveva spiegato brevemente la situazione e il perché Fabrizio era lì con lui.
<<Quando volete>> aveva detto sorridendo Fiorella.
Il riccio si era girato verso Fabrizio per vedere se era tutto a posto. L'aveva visto respirare profondamente e mettersi la chitarra sulle gambe mentre le mani gli tremavano. Ermal gli aveva posato una mano sulla gamba, per poi stringerla di poco come a cercare di infondergli coraggio. Il moro aveva apprezzato il gesto, si era rivolto poi verso il più piccolo e gli aveva lasciato uno sguardo di gratitudine.
Se nove anni prima gli avessero detto che un giorno avrebbe ricevuto i complimenti da Fiorella Mannoia, Fabrizio non ci avrebbe creduto. <<Non avete pensato di scrivere più spesso assieme?>> Ermal aveva sorriso imbarazzato a quella domanda specialmente perché sapeva che Fabrizio non avrebbe risposto e perché sapeva che l’aveva fatto solo per quella occasione. Aveva capito che quello che gli aveva raccontato l’aveva segnato talmente tanto che non avrebbe cambiato idea solo perché era stata la Mannoia a dirglielo. <<No, è una cosa che è successa solo questa volta e non credo capiterà di nuovo>> il riccio aveva abbassato lo sguardo per non guardare Fabrizio.
<<Neanche se vi chiedessi un altro pezzo per l’album?>> aveva insistito la donna.
Erano entrambi in difficoltà, Ermal non voleva dire qualcosa che potesse ferire il moro, mentre Fabrizio sapeva di non voler continuare. Ma come si poteva dire di no, senza risultare bruschi? Stava pensando un modo per rifiutare l'offerta in tranquillità quando aveva sentito il riccio dire <<Non si possono rifiutare le tue offerte, Fiorella. Però per questa volta dobbiamo pensarci un attimo. Possiamo chiederti quanto tempo abbiamo per farti sapere se riusciamo a fare un altro pezzo?>> l'aveva detto parlando a nome di entrambi. Fabrizio si era girato sorpreso, non aspettandosi nemmeno che parlasse per entrambi.
<<Intanto ci prendiamo un caffè. Poi di questo parleremo, dai>> aveva risposto la donna, facendogli cenno di uscire per andare al bar.
L'occhiata rivolta ad Ermal non faceva ben sperare per una risposta affermativa.
Note:
Okay, avevo detto che facevo un pensierino per giovedì e l'ho fatto. Mi sentivo troppo in colpa a lasciarvi tutti quei giorni così in sospeso. Non so ancora se aggiorno lunedì o giovedì prossimo, ma almeno non è sospeso come lo scorso capitolo.
Grazie ancora, come sempre!
Alla prossima e buona serata.
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