41. Lezioni Di Jujitsu con Annabeth
-Mamma!- strillò la piccola Ariel, tuffandosi tra le braccia di Annabeth. La figlia di Atena prese in braccio la bambina e le chiese cosa fosse successo.
-Mi ha dato una spinta!
Dall'altra parte della cucina Percy roteò gli occhi alle spalle di Ariel, come a dire: "Oh cielo, che infausto destino è toccato a mia figlia!"
Annabeth si lasciò sfuggire un sorriso, ma poi cercò di mantenere l'espressione grave che aveva assunto all'inizio. Si schiarì la voce. -Tesoro, chi ti ha dato una spinta?
-Steve!
Il figlio di Poseidone cambiò atteggiamento.
-Aspetta. Intendi quel Steve?! Quel pedofilo di dieci anni che la settimana scorsa ha osato darti un bacio sulla guancia senza il mio permesso?!
-Sì!- piagnucolò Ariel, sbirciando il padre da sopra la spalla di Annabeth.
Percy si rimboccò le maniche.
-Adesso gliela faccio vedere...
-Percy!- lo riprese la moglie. A volte le sembrava di avere a che fare non con una, ma due bambini. -Perce, ti sembra il caso?!
-Annabeth, quell'essere ha molestato nostra figlia!
-Ehm...
-E se fosse andato... oltre?!
-Oh, andiamo! È solo...
-Dobbiamo prendere dei provvedimenti!
Annabeth rimise a terra Ariel e valutò la situazione. Non era apprensiva come Percy, però doveva riconoscere che si sarebbe sentita più sicura se la figlia avesse saputo difendersi.
Steve era un bambino decisamente sovrappeso che abitava in fondo alla strada e che si era preso una cottarella per Ariel, di quelle che finiscono nel giro di due settimane. Probabilmente non la aveva nemmeno spinta apposta. Eppure...
-Sai una cosa?- fece Annabeth, rivolta al marito. -Hai ragione. Bisogna prendere dei provvedimenti.
Percy sospirò. -Ecco, proprio come ho detto io. Vado a menare il cinno.
-No! Aspetta qua. Non ti muovere.
-Ma...
-Stai qua!
Poi, sotto lo sguardo perplesso di Percy e Ariel, Annabeth prese della stoffa bianca da un cassetto e fasciò le mani alla bambina.
-Percy, penso sia giunto il momento che nostra figlia impari a difendersi. Ora, resta immobile.
Poi, senza che nessuno se lo aspettasse, la figlia di Atena gli piazzò un pugno all'altezza dello stomaco. Percy si piegò in due. -Ma che...
-Ora, Ariel- spiegò Annabeth, ignorando le sofferenze del marito. -Colpisci papà come ho fatto io. Poi chiedigli scusa, perché è buona educazione.
La bambina eseguì poi, diligente, esclamò: -Scusa, 'pa!
-Figurati...- fu la rantolante risposta del padre. -Annabeth, ma perché stai....
-Ariel, devi colpire più forte- disse Annabeth alla figlioletta con aria di rimprovero, ignorando il marito.
-Okay, mammina!
Percy sbarrò gli occhi. -Ehi, che significa che deve colpire più...
Ariel tirò indietro il braccio e caricò il pugno. Poi, con tutta la forza che aveva nel corpicino gracile, colpì.
Ora, immaginate una bambina di otto anni. Come molte bambine della sua età, non era molto alta. Ariel fece scattare il pugno dritto davanti a sè con tutta la forza possibile, seguendo le istruzioni di Annabeth.
Ma, davanti alla bambina, c'era una zona più comoda cui arrivare e, dato che Ariel non arrivava allo stomaco, colpì la prima cosa che trovò. E la prima cosa che trovò fu...
-Ohi- strillò Percy, la voce più ta di qualche ottava.
Si accasciò a terra, reggendosi quello e chiedendosi se fosse ancora al suo posto.
-Hai visto, mamma! Sono stata brava?
-Sei stata bravissima- rise Annabeth. -Però hai dimenticato una cosa.
Ariel si portò l'indice al mento e alzò gli occhioni grigi verso la madre. Trascorse qualche secondo di silenzio (se non contiamo i vari "ohi ohi ohi" di Percy), poi disse: -Ah già! Scusami tanto, papà!
-Non fa niente- rispose questo, con un fil di voce. Stava cercando di capire come, dopo anni, decenni a combattere mostri, fosse finito mezzo castrato dalla figlia. Era ancora raggomitolato sul pavimento, sofferente, quando aggiunse: -Annabeth, che ne dici di iscriverla ad un corso di arti marziali? O mandarla da Clarisse? Mi sembra portata...
-Ma come? In casa è più economico!
-Sì ma...
-E poi è più divertente! Vero, Ariel?
-Sì!- gridò la bimba, allegra.
Percy chiuse gli occhi.
"Fantastico."
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