Prologo
Quel mattino il cielo era grigio, annuvolato, arrabbiato, come si fosse svegliato di cattivo umore, e i nuvoloni plumbei minacciavano pioggia. Nonostante fosse assai presto, l'aria era tesa e immobile e non s'udiva nemmeno il malinconico canto d'un merlo.
Jade si svegliò con l'animo inquieto, restando per un lungo istante immobile nel letto vuoto e freddo, fissando il soffitto buio, come d'altronde tutta la camera, con le sopracciglia aggrottate e la fronte corrugata.
Alla fine decise d'alzarsi e, scuotendo il capo, scacciò l'ambiguo presentimento che gli pesava sul petto. S'infilò dei vestiti a casaccio, prendendosi giusto qualche minuto per pettinare i corti capelli ramati e fissarsi allo specchio, poi scese in cucina, dove trovò Robert già in piedi ad armeggiare con alcune tazze.
- Buongiorno, fratellino - mormorò affettuosamente, sorridendo e arruffandogli i capelli appena sistemati. Jade gli lanciò un'occhiata di traverso, limitandosi a riempire la propria tazza di latte e lasciandosi cadere sgraziatamente su una sedia.
Rob comprese il suo stato d'animo e lo lasciò in pace, annuendo con gli occhi castani e sedendosi a sua volta, prendendo poi a sorseggiare distrattamente quella 'cosa' che lui chiamava 'caffè' mentre faceva al contempo i compiti, ricevendo come unico commento il sopracciglio inarcato del minore.
Finito di bere e mangiata una mela (non era fissato, ma ci teneva alla linea), il ragazzo dagli occhi giallo-verdi recuperò lo zaino e se lo buttò su una spalla, facendo poi di nuovo capolino in cucina.
- Io vado - disse, e Robert annuì, aprendo la bocca per dirgli qualcosa, ma parve avere un ripensamento e la richiuse.
- Buona giornata, Jade - gli augurò infine dolcemente, sentendo da basso solo il suo 'grazie!' soffocato e la porta che veniva richiusa dietro di sé.
~~~
Le strade erano più grigie del solito, fradice di pioggia, pioggia che bagnava le sue scarpe e schizzava i passanti quando passava dentro una pozza correndo.
Più veloce...!
Lo strano presentimento era lì, fermo sul suo cuore come un macigno. Ansimava, si sentiva i polmoni in fiamme, imploranti ossigeno, la gola andava a fuoco, secca come il deserto del Sahara, riusciva a sentire i muscoli delle gambe strapparsi sotto lo sforzo che stava imponendo loro e la sua testa era l'unica cosa leggera, fluttuante, senza ossigeno sufficiente per i pensieri.
Cosa sto facendo?
Correva, correva perché doveva arrivare a scuola il più presto possibile. E non perché fosse in ritardo, era in perfetto orario, ma il presentimento non sembrava volersene andare e lui doveva sapere. Doveva accertarsi che fosse tutto come ogni giorno. Che avrebbe mantenuto la promessa.
Quando finalmente arrivò davanti al piazzale scolastico, pensò davvero che sarebbe svenuto lì sedutastante, ma non aveva tempo per svenire.
Al diavolo l'ossigeno!
Si precipitò nell'atrio, trovando una folla di ragazze accalcate attorno a qualcuno che non riusciva a scorgere. Molte strepitavano, altre piangevano, qualcuna si prendeva la testa fra le mani con aria abbattuta e i suoi compagni maschi borbottavano scuotendo il capo.
Oh no...
Riuscì a farsi spazio tra la folla e a raggiungere il professore accerchiato, il quale aveva l'aria seriamente distrutta, e non solo fisicamente.
- Professore! Che è successo? - domandò, ansioso, e questi scosse la testa.
- Un allievo ha commesso un gesto estremo... si è suicidato. Non ci sono parole per descrivere la perdita... - mormorò stancamente, e un brivido gelido percorse la schiena di Jade.
- Chi? - sussurrò semplicemente il ragazzo, sussultando quando il professore lo guardò con la morte negli occhi.
- Chris - rispose, e il mondo gli crollò addosso.
Chris. Diminutivo di Christian, o Christopher, non l'aveva mai saputo ed ora era troppo tardi per chiederglielo.
Ci vediamo domani, Jade, aveva detto, e quella era stata la sua promessa. Promessa che aveva infranto, come il suo cuore, quel cuore che se non altro ora gli doleva come tutto il corpo.
E si voltò e corse via senza più sentir bisogno d'ossigeno, lo sguardo annebbiato dalle lacrime e le scarpe che inciampavano in ogni dannata pozzanghera, distrutto, lacerato, annientato nell'anima. Perché le cose si dimenticano, e i compiti si dimenticano, ma le persone e i baci, quelli no che non si dimenticano.
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