6. Stranezze

Ci fu un momento di silenzio, sembrarono essere i secondi più lunghi della mia vita. Dire la verità avrebbe messo in pericolo la vita di Vana ma, continuando a mentire, mi sarei giocato la mia di vita.
"Stavo percorrendo la strada verso casa, come ogni sera quando esco da lavoro e, passando all'esterno del cancello della vostra tenuta ho notato una macchina uscire a tutta velocità. Non ho fatto in tempo a vedere chi fosse che già era scomparsa dalla mia vita. Arrivato a casa..." Dissi facendo una pausa, dovevo continuare a raccontare la verità o bastava solo questa parte della storia?
"Continui signor Paiton." Mi incitò il generale Straus, mentre Timoty mi ascoltava incuriosito, non sembrando per niente preoccupato per la figlia.
"...non c'era nessuno, non ho notato le sgommate dell'auto. Forse è passata da lì ma io non l'ho vista." Dissi convincendomi delle mie parole e, con mio stupore, convinsi anche loro. Timoty si voltò verso il generale cominciando a farfugliargli qualcosa all'orecchio, mentre quest'ultimo non mi toglieva gli occhi di dosso. Dopodiché vidi Timoty fare un segno all'uomo che mi aveva accompagnato fin qui. Qualche secondo dopo la porta da cui era scomparso si aprì, era lui. "Andiamo." Mi disse facendomi strada e lo seguii senza fiatare.

Percorremmo il lungo corridoio e stavolta notai qualcosa che la prima volta mi era sfuggita. Poco prima di arrivare all'uscita, a destra c'era una vecchia porta in legno scuro sbarrata con delle assi di metallo. "Cosa c'è lì?" Domandai spontaneamente senza pensare, la mia curiosità a volte non riusciva a frenarsi. L'uomo si voltò verso di me confuso, non sapendo bene cosa rispondere, tanto che non disse nulla, si voltò e continuo a camminare. Stavo per varcare la soglia della porta d'ingresso quando un forte rumore mi fece sobbalzare. Entrambi ci voltammo di scatto verso la porta sbarrata, il rumore proveniva da lì. Mi voltai verso l'uomo, che sembrava sempre avere un aspetto da duro ma, adesso anche lui era spaventato. Cosa c'era lì dentro?

"Cosa ci fate ancora qui?" Disse Timoty venendo alla svelta verso di noi, come se volesse sviarci da lì. Nessuno dei due gli rispose, entrambi continuammo a fissare la porta confusi.
"OPKINS!" Gli urlò contro Timoty, allora era così che si chiamava. "Signore." Disse smettendo di fissare la porta e mettendosi sull'attenti, con il volto rivolto all'insù. "E tu signorino..." Disse avvicinandosi a me con fare minaccioso. "...lo sai che non si mette il naso in cose che non ti riguardano." Continuò a dire, avvicinandosi sempre di più, eravamo faccia a faccia. Riuscivo a sentire il suo respiro caldo sul mio viso, dal ghigno che aveva stampato sulla faccia fuorusciva un tanfo, come se gli fosse morto qualcosa lì dentro. I miei muscoli si erano come immobilizzati e non riuscivo nemmeno a smuovere le dita, ero rimasto pietrificato.

"Andiamo!" Disse allontanando il suo viso dal mio e facendomi segno di uscire dalla porta d'ingresso. Cominciai lentamente a riprendere il controllo dei miei muscoli e, prima di uscire, diedi un'ultima occhiata alla porta sbarrata ma, stavolta, non si sentii nessun suono provenire dall'altra parte. Timoty se ne accorse e venne di nuovo verso di me. "Mi sa che vuoi passare una notte fuori casa tu." Disse con tono forte e autoritario. "No, mi scusi." Dissi cercando di non crollare, mentre la paura dentro di me cresceva a dismisura. "Le scuse a volte non bastano." Disse, dopodiché ci fu una piccola pausa e, nessuno, nemmeno i suoi uomini dissero nulla.

"Per sta volta la passi liscia, ma non avrai un'altra occasione. La prossima volta che tornerai qui, non sarà una visita amichevole. Ricordalo." Disse con un piccolo sorriso compiaciuto, per poi voltarsi e continuare a camminare verso l'auto.
Intorno a noi c'era soltanto il nulla, una distesa infinita di sabbia, mista a rocce qua e là, il cielo era cupo come se stesse per arrivare la tempesta.

"La benda." Disse Timoty alzando il tono della voce verso Opkins, forse perché mi aveva notato mentre scrutavo l'ambiente circostante.
Opkins si avvicinò a me, porgendomi la benda sugli occhi. L'ultima cosa che vidi furono i suoi occhi, di un color ghiaccio lucente, dopo solo il buio.

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