Capitolo ventiquattresimo


Allontanarsi dal binario e arrivare alla macchina era stato appiccicoso: tra tutte le persone che ti premevano addosso per passare per prime attraverso la barriera e le innumerevoli famigliole felici riunite che si sbaciucchiavano, il tutto risultava effettivamente appiccicoso. Solo quando furono finalmente riusciti a riemergere anche loro nel mondo dei babbani, ma da quando così tante persone tornavano a casa per le vacanze di Natale?, James tirò finalmente un sospiro di sollievo. Sentiva di poter quasi respirare di nuovo. Anche la stazione normale era affollata certo, ma in modo diverso. James impiegò qualche minuto per capire cosa fosse cambiato: anche lì le persone ti prendevano contro e talvolta ti assestavano anche delle vigorose gomitate, non mancavano neppure gli sdolcinati ricongiungimenti familiari, ma lì, si rese conto quando riuscirono ad arrivare nell'aria della biglietteria antistante all'effettiva uscita, lì lui non era nessuno.
"Cerchiamo di non perderci appena usciamo di qui" stava dicendo Ted "Sono riuscito a parcheggiare solo a un paio di isolati di distanza. Quando sono arrivato c'era un traffico folle e le macchine erano appostate anche in tripla fila"
"Ma il baule pesa a doverlo portare a mano!" si lamentò Lily.
"Prossima volta impari a portarti meno cose a casa che tanto dobbiamo restarci solo due settimane" la rimbeccò Albus, escludendo così a priori la possibilità di trasportare anche il bagaglio della sorella.
James smise di prestare attenzione alle battute che i suoi fratelli si stavano scambiando e tornò a guardarsi intorno. Nessuno lo guardava fisso, nessuno lo indicava, constatò quasi con stupore. Prese un respiro a pieni polmoni, lì era solo uno dei tanti, era solo una faccia in un mare di ombre nere che strisciavano verso casa per le vacanze natalizie.
Quando uscì nella fredda sera londinese senza stelle si sentì a suo agio nel marasma generale di macchine che strombazzavano, luci abbaglianti di pubblicità natalizie e voci che si sovrapponevano. Lì nessuno l'avrebbe mai giudicato per quello che era o non era. Passò tutto il tragitto dalla stazione alla macchina, che si rivelò essere assai più lungo di due isolati per la disperazione di Lily, a sognare ad occhi aperti di poter restare lì a Londra a vivere. Aveva vissuto in quella città per più di metà della sua vita, eppure sentiva di non appartenerle. Avrebbe voluto poter dire che lui non tornava più ad Hogwarts a gennaio, che non gli interessava restare nel mondo magico, perché esattamente lì, nel mezzo di Caledonian Streat, lui James Sirius Potter non era assolutamente nessuno ma poteva diventare chiunque.
Il parcheggio di Teddy si rivelò essere anch'esso abbastanza abusivo, per quanto lui cercasse di negare era inesorabilmente in doppia fila. Si affrettarono a caricare i bagagli nel baule che si richiuse da solo con un solo tocco di Ted.
"Ma sei sicuro che non sia un po' truccata questa macchina?" gli domandò Albus mentre salivano in macchina. Era rimasto senza dubbio affascinato dalle ultime tecnologie babbane.
James salì nel posto davanti alla sinistra del guidatore facendo leva sulla sua maggiore età, toccarono dunque ad Albus e Lily i poco amati posti di dietro in cui dovevano convivere loro due e le varie gabbie degli animali. Da sempre cercavano di convincere Harry e Ginny a sistemare con la magia la macchina in modo da starci tutti comodamente, ma loro si rifiutavano in nome di brutte esperienza passate, preferendo piuttosto comprare ogni modello di automobile babbana che prometteva un inedito comfort.
Non passò molto da quando si era seduto nella macchina e Teddy aveva iniziato la complicata operazione di manovra a causa dell'eccessivo traffico, che la sensazione di benessere e di speranza di poco prima scomparve, lasciando posto al solito disagio con cui si trovava a vivere nel suo corpo, quasi che le sue carni fossero solo un involucro troppo stretto nel quale la sua anima era costretta a stare.
Nei sedili posteriori Albus e Lily avevano ricominciato a battibeccare, probabilmente per chi dovesse tenere sulle gambe il gigantesco gufo dei Albus, che tubava profondamente contribuendo al frastuono circostante. James sapeva che a un certo punto del viaggio l'animale sarebbe inevitabilmente finito sul suo grembo e che lui non avrebbe avuto la forza né la voglia di lamentarsi.
Finalmente Teddy era riuscito a immettersi sulla carreggiata e ora guidava a scatti tamburellando le dita sul volante in direzione Grimmauld Place 12. Aveva acceso la radio su una qualche emittente babbana: James non poteva sopportare quella musica, la trovava perfino fastidiosa. Parlavano troppo veloce e sempre con lo stesso tono quei cantanti, non si capiva neppure cosa stessero dicendo, le uniche parole distinguibili erano collegate alla sfera sessuale e tremendamente volgari. Sentiva un brivido di seccatura risalirgli fino alle punte delle dita e offuscargli la mente, come se gli stesse montando un attacco di rabbia, abbassò così un poco il volume, ma non abbastanza perché quella sensazione di malessere scomparisse.
Teddy sembrò leggere in quel suo gesto un desiderio di parlare. "Come mai così silenzioso questa sera James? Non sarai mica stanco? Lo sai che dopo cena mi devi mettere al corrente di tutto quello che ti è successo in questi mesi! Nelle lettere non dici mai nulla, solo io ti racconto le cose!"
"Lo so lo so" cercò di scusarsi apparendo comunque disinvolto James "Ma lo sai che mi sento a disagio a scrivere le cose in una lettera. Le scrivo, poi le rileggo perché ho perso il segno, e le rileggo ancora alla fine: mi sembra di star raccontando dieci volte le cose e finiscono per annoiare anche me. Così mi convinco che se le trovo io noiose, tu ti annoieresti a morte a leggerle..."
"Lo so come sei fatto amico mio" ridacchiò il ragazzo "Non devi scusarti. A patto che tu abbia delle buone novelle con cui allietarmi la serata, ovvio!"
Il problema era questo, pensò James, il problema era proprio che lui non aveva proprio nulla da raccontare.
"Allora non ti anticipo nulla, che poi se no rovino il resoconto" mentì.
"Jaaaaames" ululò da dietro Lily "Tieniti il gufo di Albus tu che qui non ci stiamo. Albus è ingrassato è siamo ancora più stretti del solito" piagnucolò "Ed evidentemente ha messo all'ingrasso anche il suo ibrido tra Ippogrifo e orso" aggiunse con tono tragico indicando il gigantesco animale del fratello.
"Sono diventato più grosso" puntualizzò immediatamente Albus, probabilmente solo per il gusto di contraddire la sorella "Non sono ingrassato"
"Prossima volta se proprio io devo stare dietro voglio Jamie di fianco e tu e il tuo maledetto gufo davanti lontani da me, che non ne posso più di stare schiacciata contro il finestrino."
Senza neppure replicare James accettò la gabbia che la sorella con un sorriso di sollevazione e gratitudine gli stava porgendo. Si poggiò il gufo sulle gambe e cercò di accarezzargli la testa, ma quello per poco con gli morse un dito. Provò di nuovo, più per evitare lo sguardo che Teddy gli stava rivolgendo di sottecchi che per altro.
"James lo sai..." aveva iniziato a dire Teddy, ma James lo interruppe prima che potesse finire la frase. Lui lo sapeva dove voleva arrivare a parare il fratellastro, ma non voleva che fosse l'ennesima persona che parlasse di quello. Le parole di Lily erano state chiare, tutti in macchina avevano colto il significato tanto che ora sembrava che tutti stessero trattenendo il respiro. E Ted non se le era fatte scappare, le aveva colte e filtrate: ciò che rimaneva era che lui era esile e occupava meno spazio del normale.
"Non dirmi che vuoi parlarmi anche tu della partita Serpeverde-Corvonero e della spettacolare presa che ha fatto Scorpius Hyperion Malfoy!" sparò James, cercando di deviare argomento, senza molti risultati.
"No James, lo sai che non è quello di cui voglio parlare" commentò Teddy seccato, e James seppe immediatamente che l'aveva fatto arrabbiare "Non facciamo così noi, non ci nascondiamo le cose. Tu sai sempre tutto di te, e io non so mai nulla di te. Mi scrivi da mesi tutte le settimane che va tutto bene, che mangia normalmente, che ci stai provando e poi quando sei davanti a me per la prima volta dopo mesi, puff sei irriconoscibile"
Come si permetteva di parlare di quelle cose con quel tono davanti ai suoi fratelli che, anche se facevano finta di non ascoltare, era sicuro stesso origliando la conversazione? Anche James iniziò ad innervosirsi.
"Non so cosa dirti Teddy. Io sono sempre uguale. Sto come stavo a fine agosto e non mi è successo nulla di che durante questi mesi a parte essermi ammalato a inizio ottobre e aver passato due notti in infermeria per un'infezione intestinale. Se non ti dico nulla è perché non c'è nulla da sapere. E poi è la verità: io sto bene."
Teddy sterzò malamente mentre imboccava la destra.
"Siamo quasi arrivati" commentò Albus da dietro rivolto a nessuno in particolare "Quel negozio vende i migliori maglioni di tutta Londra"
Nessuno parlò più, neppure Lily aprì bocca per lamentarsi della confusione che facevano il gufo di Albus e la musica babbana alla radio. James da parte sua si sentiva avvolto nel silenzio, come se si trovasse all'interno di una bolla che lasciava tutta la realtà fuori. Non capiva perché la prima cosa che Teddy dopo non averlo visto per mesi aveva da dirgli era quella. Lui non era irriconoscibile, lui era assolutamente lo stesso di quando era partito a settembre. Anzi, se possibile era peggio di quel James, perché durante l'estate lui si era sentito vivo all'interno il suo corpo, mentre ora quello era solo come un peso che era obbligato a trascinarsi dietro e che odiava ogni secondo di più.
Si sentì quasi offeso dal silenzio di tutti, di Teddy per primo. Avrebbe voluto che gli urlasse addosso forse, oppure che con il suo tono arrabbiato gli riversasse addosso insulti e parole d'odio, sì voleva proprio che lo denigrasse, che si prendesse gioco di lui mentre i suoi lineamenti si trasformavano e diventavano quelli di uno dei modelli che comparivano sulle pubblicità luminose appese in ogni dove. Ma invece era rimasto in silenzio, chiudendo piuttosto James nelle urla che gli venivano da dentro e che lo schiacciavano.
Guardò fuori dal finestrino le case scure che scorrevano a lato della strada. Avrebbe voluto saltare giù dalla macchina, gli sarebbe andata bene una qualsiasi di quelle abitazioni, purché potesse ricominciare da capo la sua vita, lontano dagli occhi accusatori con cui ora Teddy scrutava rabbioso un semaforo che tardava a diventare verde, con cui Albus lo fissava ogni volta che entrava in Sala Grande e aveva cura di dargli le spalle, con cui Lily faceva finta di nulla pur di non ammettere che la sua famiglia non era perfetta come pensavano tutti quelli che si accalcavano intorno a lei nei corridoi.

Il portone di casa si aprì troppo velocemente perché James potesse impostare un sorriso conciliante sulle labbra. Ginny era sulla soglia di esso, sorridente e con un grembiule blu legato in vita. Aveva accorciato i capelli, erano poco più di un caschetto lungo ora, e sorrideva. Lily era la più vicina ed entrò per prima, stritolata in un abbraccio dalla madre.
"Non arruffarmi i capelli ma', lo sai quanto ci metto a pettinarli!" la salutò bonaria ma in fin dei conti felice di vederla.
"Andato bene il viaggio?"
"C'era decisamente troppo traffico. È una pazzia pensar di dover usare sempre questi mezzi babbani per spostarsi" rispose Teddy per tutti, che nel frattempo aveva recuperato il sorriso e un atteggiamento rilassato.
"Grazie mille ancora Tedd per essere andato a prenderli, non so come avrei fatto senza di te. Sono in un mare di pentole al momento" commentò Ginny e indicò perlappunto il grembiule.
"Harry è ancora a lavoro?"
"Non so a che ora torni, sembra essere una cosa grossa questa, più grossa delle precedenti. Spero faccia in tempo per la cena"
Albus sorpassò la madre tenendo in alto sopra la testa la gabbia del suo gufo.
"Ti abbraccio dopo ma', però adesso devo assolutamente liberare Freyr, non hai idea di quanto casino ha fatto durante il viaggio"
"Dammi almeno un bacio" protestò Ginny e dopo averlo ricevuto scompigliò solo un poco i capelli del figlio prima di lasciarlo andare.
James avanzò, trascinandosi dietro il baule e guardando a terra. Era rimasto solo lui fuori dalla porta, Teddy era andato a parcheggiare la macchina, probabilmente si sarebbe trattenuto a casa di Victorie Weasley per la cena e sarebbe tornato in serata.
Si sentiva stanco e rabbioso, aveva la testa così leggera che sembrava volare sopra le cose, senza riuscire ad afferrare nessun immagine o concetto abbastanza a lungo per elaborarlo.
"James" lo richiamò la madre, ma la sua voce era diventata d'un colpo esile e timorosa.
Quando alzò lo sguardo e vide il volto di Ginny contratto in una smorfia di dolore e sofferenza provò vergogna. Fece un altro passo e le braccia della madre lo abbracciavano, ma senza stringerlo davvero. James poteva sentire solo la lieve pressione delle sue dita sulle spalle, ma sembravano appartenere a un bambino per quanto sembravano leggere.
"Jamie" lo chiamò di nuovo la madre, come se fosse ancora lontano e lo stesse richiamando a sé, ma fievolmente, ormai rassegnata.
Di scatto Ginny lo strinse forte a sé, quasi stritolandolo e lui la sentì trattenere il respiro. Durò poco quell'abbraccio stretto, giusto qualche manciata i secondi prima che la madre lo allontanasse dal suo corpo, quasi spingendolo via, e tornò a toccarlo solo lievemente e poi lo lasciò andare.
James la superò e proseguì lungo il corridoio senza dire nulla, consapevole dello sguardo che lo seguiva doloroso fino alla tromba delle scale. Si vergognò senza sapere perché. Quando salì la prima rampa di scale vide la madre girarsi di scatto, dandogli le spalle, quasi a volergli nascondere il volto. James riportò lo sguardo sui gradini e si sentì come morto dentro, senza vita e senza speranza.

Aspettò seduto sulla punta del suo letto l'ora di cena. Non fece nulla. Non aprì il baule, non si cambiò di abito, non rispose a delle lettere che lo aspettavano sulla scrivania. Fissò invece inerte per più di tre quarti d'ora lo stipite della porta, quasi nella speranza che qualcuno di scatto la aprisse e gli annunciasse che tutto era finito, che si tornava ad Hogwarts.
Era in quella casa da meno di un'ora e già non vedeva l'ora di evadervi, di allontanarsi da quella gabbia di sguardi e sussurri, magari per sempre.
Non pensò a nulla di particolare, non fece i pensieri filosofici che spesso si attribuiscono a quelle situazioni. Il suo flusso di coscienza era congelato, inesistente. Fissava il vuoto senza riuscire a mettere insieme un pensiero completo. L'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era la fame.
Aveva una fame cane, non c'erano altre parole per descriverla. Aveva così fame che gli girava la testa e le mani tremavano e non riuscivano a stare ferme. Cercò di mantenere la stessa posizione per tutto il tempo, schiena eretta e testa dritta: qualsiasi movimento gli costava una fatica immane.
Alla fine qualcuno bussò alla porta e la aprì lentamente. James cercò di nascondere sotto le cosce le mani tremanti. Impiegò qualche secondo per mettere a fuoco la figura che era davanti a lui: gli occhi gli bruciavano e avrebbe solo voluto chiuderli e dormire. Ma ci aveva provato, e da chiusi facevano ancora più male.
"È tornato papà, si va a cena" era Albus. James era quasi grato che si fosse affacciato lui alla sua porta e non Lily o Ginny, o ancora peggio Teddy. "Vieni?"
Annuì e lentamente si alzò, facendo leva su una mano per aiutarsi. Barcollò un attimo prima di trovare la stabilità. Albus uscì dalla porta e aspettò che il fratello facesse lo stesso prima di allungarsi e chiuderla.
"Jamie" lo richiamò "Provaci va bene? Fallo per mamma e per papà."
Non poté che abbassare la testa e guardare il pavimento, quasi in un atto di sottomissione.
"Basta un pochino di questo e un pochino di quello, per non farli preoccupare. Me lo prometti?" Albus lo stava guardando senza distogliere lo sguardo "Ti ricordi cosa ci siamo detti vero?"
"Basta Al, papà sta aspettando" tagliò corto James, senza promettere né acconsentire a nulla. "Non facciamolo aspettare, sarà stanco."

Scesero le scale uno dietro l'altro, come in un corteo funebre, entrambi con le facce lunghe e gli occhi scuri. Harry sedeva già a capotavola e parlava animatamente con Lily, Ginny stava mettendo in tavola una zuppiera fumante.
"Siamo qui" annunciò Albus facendo il suo ingresso in cucina dietro a James "Scusate il ritardo."
Quasi strisciando come per non farsi sentire James raggiunse il suo posto a tavola a capotavola di fronte al padre. Harry distolse lo sguardo da Lily è si concentrò sui figli maschi.
"Bentornati a casa" li accolse "Avete fatto buon viaggio? Lilian mi stava raccontando del casino che fa quel tuo gufo Al, sei sicuro di averlo addomesticato bene?"
James ebbe la sensazione che gli occhi del padre fossero scivolati solo sulla sua figura, quasi ignorandolo, prima di fissarsi sul fratello. Mentre si sedeva i due erano già immersi in una conversazione fitta in cui presto venne coinvolta anche la sorellina, ma non lui che rimase rilegato nel suo silenzio.
"Zuppa di cipolle" annunciò Ginny dopo aver abbandonato malamente il grembiule a cavallo del forno "Chi ne vuole?"
Harry annuì ed allungò il piatto, ma Ginny aveva già in mano quello di James. A rilento come al rallentatore il ragazzo osservò la madre versare un mestolo e poi un altro di minestra.
"Basta così grazie" affermò sbrigativamente prima che la madre potesse aggiungerne un terzo "Basta."
"Lì c'è il formaggio da aggiungere sopra per farla diventare più buona e dei crostini di pane" disse la madre allungandogli il piatto.
"Sono a posto così"
"Aggiungi almeno un filo d'olio Jamie, la rende più digeribile"
James fece un cenno con la testa di assenso e borbottò che l'avrebbe aggiunto. Ginny finì di riempire tutti i piatti prima di sedersi anche lei a tavola.
"Scusatemi per questa cena così frugale" disse "Ma con tutte le cose che sto preparando per i prossimi giorni non avevo molta voglia di fare altro."
"Va benissimo così amore. Ora mangiamo prima che si raffreddi."
Mentre i familiari aggiungevano formaggio e pane alla zuppa James alzò per la prima volta da quando si era seduto lo sguardo dal suo piatto e osservò la cucina alle spalle del padre. Lo stomaco che fino a quel momento si era lamentato dolorosamente per la sua vuotezza si strinse di colpo. Il pianale della cucina e tutti i fornelli fino a sopra i mobili, erano pieni di cibo. C'erano teglie stracolme, stampi dai contenuti luccicanti e panieri lussuriosi in ogni angolo della cucina. A James girò la testa e si sentì come trascinare indietro, schiacciare contro il muro da una forza invisibile.
"Non mangi?" domandò Harry, notando che il figlio non aveva ancora sollevato il cucchiaio.
James portò di nuovo a fuoco la figura del padre ma lui nuovamente non lo stava guardando. Anche se gli aveva appena rivolto parola, i suoi occhi continuavano a fare avanti e indietro da Albus, seduto alla sua destra e il suo piatto. James ebbe il sentore che evitasse di proposito di guardarlo.
"Scusate sono stanco" si giustificò e lentamente immerse il cucchiaio nella zuppa.
"Hai messo almeno l'olio?" domandò apprensiva Ginny e James, mentendo, annuì.
Lentamente portò una cucchiaiata calda alla bocca e ci soffio eccessivamente sopra per raffreddarla. La sua attenzione continuava a scivolare su tutto il cibo impilato che nei giorni successivi sarebbe stato messo in tavola. A vedere tutte quelle pietanze ricoperte da una patina lucida e croccanti solo a vederle, anche la zuppa di cipolle, il pasto che il suo stomaco aspettava agognante da ore, perse sapore. La consapevolezza di doversi confrontare con tutti quei grassi nei giorni successivi lo portò a trovare quasi rivoltante quella minestra così semplice e leggera. Alla cucchiaiata successiva impiegò ancora più tempo prima di mangiarla.
"Ho sentito della vittoria Serpeverde" stava dicendo Harry ad Albus "Dovrai essere felice che la tua casa abbia vinto."
Albus annuì convinto. "È stata una gran partita, nessuno si aspettava una vittoria così eclatante e spettacolare."
"A lavoro ho visto Draco sai Ginny?" disse, ora rivolto alla moglie "Camminava ancora più fiero del solito per i corridoi del Ministero, ma immagino che ne avesse ragione questa volta."
"Dovresti essere più clemente con lui" lo rimbeccò Ginny "Lui ce la sta mettendo tutta in questi ultimi anni per cambiare e riallacciare i rapporti con te, lo dovresti ben sapere. Lascialo essere fiero del figlio per una partita giocata bene."
Harry annuì. "Lo so, non voleva essere una critica. Anche a mio parere aveva ragione a essere orgoglioso per la partita del figlio."
Non aggiunse nulla sul fatto che anche lui quando James faceva delle prese particolarmente spettacolari o giocava delle belle partite era così fiero di lui che anche i suoi colleghi di lavoro se ne accorgevano.
"Qual è la prossima partita in calendario?" si informò.
"Giochiamo contro Tassorosso a fine gennaio" rispose James e alzò lo sguardo per osservare il padre. Ma lui nuovamente non lo stava guardando.
"Sono diventati molto forti quest'anno. Hanno una bella formazione di attacco" aggiunse Lily, felice di potersi aggiungere alla conversazione "Sarà una partita tosta!"
Lo sguardo di Harry saettò sulla figlia, quasi felice di poter smettere di fissare falsamente interessato il cestino del pane.
"Se è una partita così importante vediamo se riesco a fare un salto. Potremmo fare una capatina ad Hogwarts che ne dici Ginny?"
A James scivolò quasi il cucchiaio dalla mano e per la sorpresa mandò giù di colpo della zuppa ancora troppo calda che gli bruciò la gola, lasciandola dolorante. Poggiò il cucchiaio nel piatto e sentì la necessità di stringere il polso sinistro nella mano destra, come per un tic.
"Sarebbe una bellissima idea, è tanto che non vediamo volare Jamie. So come vola da ciò che mi raccontano le persone quando mi incontrano. È imbarazzante, non ho mai nulla da dire."
Quindi era definitivo, pensò James, alla partita di gennaio avrebbe avuto tra gli spettatori anche i suoi genitori. Sentì il cuore tremargli di paura. Avrebbe deluso tutti, ne era sicuro. Suo padre il giorno dopo in ufficio avrebbe cercato di evitare tutti per non mostrare quanto fosse rimasto deluso dalle capacità di volo del suo primogenito che erano drasticamente peggiorate. Sua madre alle vecchie compagne di squadra avrebbe taciuto ciò che ora sapeva sulle reali potenzialità del figlio e l'impossibilità ormai certa che lui entrasse in nazionale.
"James almeno finisci il piatto. Tuo fratello è ormai alla seconda porzione."
Prese un paio di respiri profondi prima di tornare effettivamente a concentrarsi sulla sua cena, godendosela ancora meno di prima.

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