Capitolo venticinquesimo
Subito dopo cena James si era rifugiato nella sua camera, cosa che per altro avevano fatto quasi tutti. Harry era stravolto e borbottando un paio di frasi di scuse ai figli si era tirato dietro la porta del suo studio, probabilmente per finire delle cose di lavoro prima di andare a letto. Ginny dopo aver messo a posto la cucina aveva preso su il telefono per telefonare alla madre e non era ancora emersa dal salottino. Lily come suo solito era stata la prima ad allontanarsi e ad andare per i fatti suoi. Solo Albus era rimasto al pian terreno a scambiare due chiacchiere con Teddy che era appena tornato da una cena a casa della sua ragazza.
Appena James l'aveva visto entrare si era affrettato a prendere la volta delle scale e a chiudersi anche lui la porta alle spalle, sbattendola anche un poco, giusto per esprimere il suo stato d'animo.
Non è che lui e Teddy avessero realmente litigato, o quanto meno il breve scambio di battute che avevano avuto solitamente non era ciò che si considerava litigare. Il fatto era che fin da quando James era nato tra loro due c'era sempre stata estrema trasparenza su tutto. Teddy era il suo fratellone con cui era sempre in concordia e a cui raccontava tutto, anche i casini che combinava. E dal canto suo Ted sembrava essersi fatto carico completamente del compito di proteggere e crescere James. Perciò l'irrigidimento recente dei loro rapporti era una novità inedita che Teddy non voleva accettare e James non sapeva come gestire.
Tornato in camera si rassegnò a mettere a posto i vestiti che si era portato a casa da Hogwarts e ad ordinare i libri di scuola sulla libreria. Spostò però a lato della scrivania le lettere che erano accumulate sopra, non aveva intenzione di leggerle.
Quando la sua stanza tornò di nuovo ordinata e vivibile si guardò intorno spaesato. Non sapeva cosa fare. Provò ad aprire un libro e a leggerne qualche riga, ma le parole scivolavano davanti ai suoi occhi senza lasciare che lui riuscisse a coglierne il significato. Lo rimise a posto. Anche se aveva appena mangiato dentro la sua pancia una morsa gigantesca di fame lo attanagliava, impedendogli di fare praticamente ogni cosa. Anche solo pensare di fare un piccolo allenamento giusto per passare il tempo, in quelle condizioni era impensabile, perciò non ci provò neppure.
Dopo aver soppesato per un paio di minuti i pro e i contro si decise ad aprire la porta e a tornare al piano di sotto. La fame lo stava divorando dentro, ma non avrebbe mangiato si impose, almeno non fino alla mattina successiva a colazione. D'altro canto una tisana calda però l'avrebbe aiutato riempiendo il suo stomaco di qualcosa, anche se solo acqua, e concedendogli di sentire un qualche sapore, anche se lieve.
Cercò di essere il più silenzioso possibile mentre scendeva le scale e passava davanti al salotto e al salottino. Anche dalla cucina poteva sentire sua madre parlare dolcemente al telefono con Molly, ma faceva fatica a sentire Teddy e Albus, che probabilmente stavano tenendo un tono di voce molto basso. Era sicuro ci fossero ancora, li aveva visti passando, ma il fatto di non riuscire ad ascoltare ciò che si dicevano gli diede un senso di disorientamento.
Riscaldò sul fuoco una teiera con dell'acqua calda e intanto cercava di aguzzare le orecchie sempre di più per captare qualche pezzo di frase. Se solo Ginny avesse tenuto un tono di voce più basso! Dalle poche parole che riusciva a sentire cercò di ricostruire la conversazione, più per capire se stessero parlando di lui che per altro. Non si era reso conto fino a quel momento di quanta paura avesse che Albus rivelasse la loro conversazione a qualcuno. Il pensiero che potesse confidare proprio a Teddy ciò che sapeva si era insinuato in lui quando il fratello era andato ad aprirgli la porta di casa dopo cena e poi insieme si erano andati a sedere sul divano. James sapeva di aver deluso Albus quella sera, di non aver agito come lui avrebbe desiderato, e sapeva benissimo di aver anche urtato Ted con il suo comportamento in macchina e negli ultimi mesi, perciò il dubbio di essere forse lui il soggetto della loro conversazione non riusciva a lasciarlo.
Il fischio della teiera che bolliva lo fece sobbalzare e si affrettò a toglierla dal fuoco prima che qualcuno si accorgesse della sua presenza.
Ma era troppo tardi. "James sei tu?" chiamò Albus dal salotto.
Sentì dei passi avvicinarsi e poi dalla parta della cucina emersero sia Ted che il fratello.
"Hai messo su dell'acqua calda? Ce n'è abbastanza per tre?" domandò Teddy.
James si stupì di come era tornato perfettamente normale. Poche ore prima per il fastidio della sua risposta era salito per sbaglio su un marciapiede con una ruota della macchina, e ora invece domandava una tazza di thè.
"Sì, direi ce ne sia abbastanza per tre."
Albus si affrettò a prendere tre tazze dalla credenza e le poggiò sul tavolo insieme alla scatola con le varie bustine.
"Di che parlavate di là?" domandò infine James mentre versava l'acqua nelle tazze, non riuscendo più a frenare la sua curiosità.
"Albus mi stava raccontando di questa ragazza a cui voleva chiedere di uscire ma si vergogna a farlo."
James rimase interdetto. Non sapeva che a suo fratello interessasse una, non aveva neppure la minima idea di chi potesse essere. Si rese conto di sapere ben poco di Al, forse meno ancora di quanto era a conoscenza Teddy.
"Perché ti vergogni?" chiese diretto al fratello, cercando di nascondere l'imbarazzo di non sapere nulla di quella storia.
"Beh per il motivo per cui ogni ragazzo ha paura di chiedere a una ragazza di uscire, immagino."
"Anche ti vergognavi di chiedere a Dominique di uscire?" chiese allora James a Teddy, cercando di fare conversazione.
"Tutti James provano un po' di ansia prima di dichiararsi, anche se conoscono la ragazza in questione da una vita."
Lentamente annuì fingendo di essere al corrente di ciò che succede in quei frangenti, come se stesse comprendendo la situazione perché anche lui l'aveva provata.
"Chi è comunque questa ragazza? La conosco?" domandò ancora, in un tentativo estremo di riattaccare insieme i pezzi delle cose di cui non era a conoscenza.
"Forse sì" ammise Albus sul vago "È una della mia casa molto carina e intelligente."
"E ti piace da molto?"
"Da un po' sì" ammise Al, e James non poté non notare quanto si stesse torturando i capelli con la mano.
"Io dico che si deve buttare" affermò con decisione Ted "Anche se hai un po' di paura, massimo va male e non cade mica il mondo."
James bevve un sorso della sua tisana e si sentì strano. Fino a pochi minuti prima stava morendo dall'ansia che potessero star parlando di lui alle sue spalle, che il fratello potesse tradire i suoi segreti con Teddy, ed invece ora erano seduti tutti e tre insieme allo stesso tavolo a parlare delle pene amorose del fratello. Si ritrovò ad invidiare Albus anche solo per la sua capacità di ammettere una sua debolezza e di chiedere aiuto e consiglio agli altri.
"Potresti scriverle" azzardò allora, desiderando rendersi utile al fratello "Scrivile tipo una lettera e mandagliela per Natale, o magari il giorno prima se non vuoi essere troppo formale. Le fai semplicemente gli auguri, le dici che non vedi l'ora di rivederla ad Hogwarts e che sarebbe carino vedersi appena si torna."
James sentì gli occhi di Albus e Teddy fissarlo, quasi soppesandolo. Non si aspettavano forse di sentirlo dispensare consigli d'amore, e forse neppure lui sapeva effettivamente cosa stava facendo.
"È una buona idea" ammide Ted "Può effettivamente funzionare. Mal che vada ti risponde solo con una lettera d'auguri. Secondo me dovresti davvero scriverle, magari iniziate una breve corrispondenza durante le vacanze, e così quando tornate ad Hogwarts avrai meno timore a chiederle di uscire."
A James vennero in mente tutte le lettere che aveva malamente spostato a lato della scrivania poco prima senza l'intenzione di leggerle. Chissà se venivano da persone che avevano fatto lo stesso ragionamento e ora stavano aspettando ansiose almeno una sua risposta. Provò a ripromettersi che il giorno dopo le avrebbe guardate, ma sapeva che non sarebbe andata così.
"Dite che può funzionare?" domandò un poco emozionato Albus. Non era da mettere in questione che i sentimenti che nutriva per quella ragazza fossero sinceri, James l'aveva visto così emozionato solo poche volte.
Annuirono entrambi, aggiungendo qualche parola di incoraggiamento.
"Allora provo a buttare giù qualche riga."
"Ti conviene pensarci su la notte" suggerì Teddy "Poi le scrivi domani."
Ma Albus era già in piedi con la tazza in mano. "No penso che proverò a scrivere qualcosa ora" dichiarò "Poi domani rileggo e mando."
Sorrise e, dopo aver augurato la buona notte sia a loro che a Ginny, sparì su per le scale.
Quando James si rese conto di essere rimasto solo con Teddy abbassò lo sguardo, riportandolo alle sue mani che stringevano la tazza. Anche l'altro ragazzo restò in silenzio per qualche istante, lasciando che l'unico suono che riempiva il pianterreno fossero le parole di Ginny al telefono.
"Ho fatto da consulente di coppia ad Albus per tutta la serata" ammise infine Teddy, rompendo così il silenzio "Non avevo idea che gli interessasse una ragazza così tanto."
"Neppure io sapevo nulla" ammise James, lasciando da parte l'imbarazzo per non essere realmente a conoscenza di nulla che riguardasse il fratello.
"Spero per lui che tutto vada per il meglio, mi è sembrato molto preso."
Annuì. Non riusciva a capire se Teddy stesse solo prendendo del tempo prima di arrivare a un argomento in particolare, magari quello abbandonato in macchina, o non avesse davvero voglia di parlare di qualcosa in particolare.
"Devo fare da consulente amoroso anche a te?" chiese dopo un po' scherzando "Se fosse così, potrei pensare di farmi pagare."
James lo guardò per qualche attimo mentre sorrideva con i capelli ora di un rosa vivace e si sentì indissolubilmente legato a quel ragazzo da un doppio filo che non avrebbe mai voluto si spezzasse. Non gli avrebbe detto delle bugie, si ripromise, non l'avrebbe fatto in nome della loro amicizia che durava da tutta la vita. Teddy non l'avrebbe mai giudicato, ne era sicuro, neppure se gli avesse confessato quanto fallimentare e vuota era stata la sua vita amorosa in quegli ultimi mesi.
"A dire la verità la vera notizia è che non c'è proprio nessuno nella mia vita amorosa ora" ammise, sorridendo un poco anche lui, come per dare a vedere che non gli pesava più di tanto la questione. Si sentì improvvisamente più tranquillo quando si rese conto che sì, l'aveva detto davvero, senza mentire per apparire qualcuno che non era veramente.
Teddy inarcò le sopracciglia e fece una faccia stupita, forse troppo stupita, come se stesse esagerando apposta i movimenti per far ridere James.
"Davvero?" domandò trattenendo un risolino "Davvero non nutri interessi nei confronti di nessuno al momento?" chiese facendo un po' la voce da professorone.
James non poté che sorridere davanti allo sconcerto dell'altro. "No davvero. È così strano dici?"
"Guarda che va bene anche se è un uomo" affermò Teddy facendo ridacchiare James "Neanche un uomo quindi? No" concluse poi, davanti a James che continuava a scuotere la testa. "Hai deciso di aspettare l'anima gemella?"
Non ci aveva mai pensato si rese conto James. Stava forse aspettando qualcuno che gli rubasse il cuore? La realtà era che negli ultimi mesi il tema relazioni non l'aveva mai toccato, non se ne era mai minimamente curato.
"Neppure una notte e poi basta?" indagò ancora Teddy "Chi mi stai diventando Jamie?"
"No dai forse una notte e basta sì" disse, ma più per accontentare l'amico, che perché quella fosse la verità "Anche se l'ultima che ricordo potrebbe essere di settembre come della primavera estate scorsa."
"Questo vuol dire che o non hai avuto neppure avventure passeggere o sono state così deludenti che hai deciso di dimenticarle."
James provò ad aggrapparsi a quel breve flash di lui con una ragazza moretta che gli era venuto in mente pochi attimi prima, magari per ricostruire i lineamenti di lei, ma nulla, quel ricordo sembrava fatto di sabbia, troppo lontano nel tempo per essere ricostruito.
"Sai Ted" disse e si buttò, fidandosi ciecamente del ragazzo che l'aveva supportato da una vita "Non penso di aver neppure baciato una ragazza negli ultimi mesi" ammise, e mentre lo diceva si rese conto di quanto doveva sembrare strano a qualcuno sentirlo ma allo stesso tempo di quanto quelle parole, a dirle, gli stavano sollevando un peso dal petto e aprendo gli occhi.
"Non penso di averci neppure provato con una ragazza, o di esserci stato se una mi approcciava" continuò, per il solo gusto di continuare a dire tutte quelle cose che lui sentiva così vere dal profondo del cuore.
Sorrise leggermente e riportò gli occhi, che fino a quel momento avevano vagato tra la tazza e le briciole sul tavolo, sulla figura di Teddy. Non aveva più i capelli rosa, si rese conto, quasi con tristezza. Ora erano di un più banale castano chiaro. Si sentì quasi deluso da quel cambio improvviso di look.
"James" lo chiamo Teddy, e lui si rese conto di quanto suonasse preoccupato "Tutto bene?"
Rimasero a guardarsi per qualche secondo in silenzio, James chiedendosi perché tutti dovevano chiedergli se andasse tutto bene e perché quando agiva in modo diverso da come era solito fare le persone assumevano quell'espressione di stupore che ora indossava Ted. Il suo stomaco brontolò e per tranquillizzare più sé stesso che lui, mandò giù una grossa sorsata di tisana.
"Non è un problema se non sei stato con nessuna ragazza, se non l'hai baciata o ci hai filtrato, davvero" puntualizzò poi Teddy, temendo forse di essere stato frainteso "Ci sta che uno abbia dei momenti più di secca, voluti o meno"
"Ma a me non pensa come cosa. Non ci avevo mai davvero pensato fino ad adesso" ammise, davanti allo stupore misto a preoccupazione sempre più evidente di Ted.
"Non provi neppure attrazione per nessuna? Non ti è neppure capitato di dire quella ragazza è davvero bella? Non per una finalità strettamente sessuale, solo magari perché è bella e te ne rendi conto, ecco tutto."
James tamburellò le dita contro il manico della tazza restando in silenzio. Ginny fece capolino dalla porta qualche istante dopo dicendo che andava a legger un po' di sopra e augurò loro la buonanotte. Aspettò di sentire i passi della madre sparire nel corridoio al piano di sopra prima di riprendere parlare.
"No" ammise, stupito anche lui dalla realizzazione "No." Si guardò intorno spaesato dalla sua stessa anormalità. "È come se non sentissi nulla."
"In che senso non senti nulla?"
James esitò. "Non provo desiderio sessuale, penso." Disse poi a voce bassa.
"Perché non hai trovato quella giusta dici? Magari non ne puoi più di storielle così tanto per fare e ne vorresti una seria" azzardò Ted.
"No, non penso almeno. È che non provo una minima attrazione per nessuna ragazza" disse sentendosi strano lui per primo "Questa mattina prima di salire in treno ho sentito due ragazze che parlavano di me. Una stava dicendo che sono praticamente il suo sogno erotico da sempre" confessò con voce imbarazzata "Ma non ho neppure guardato chi fosse. Nel senso ovviamente l'ho vista, ma non mi è venuto da pensare a lei in termini... in termini sessuali ecco. Non so se fosse bella o meno, non mi è venuto da guardarci."
"Ma è successo qualcosa di particolare?" domandò Teddy, ora visibilmente preoccupato.
"No, non penso. Sono mesi che penso di essere così, ma sto bene, nel senso non mi manca non avere una ragazza o cose così. In generale non ho voglia di avere affetti o contatti fisici."
"E a Hogwarts non si dice nulla su questa tua astinenza?"
James scosse la testa come sconsolato e ridacchiò triste. "A Hogwarts si dicono mille cose su di me, ma nessuna è vicina alla realtà" sorrise amaramente "Basta non dare conferme ma non negare neppure nessuna voce e per quanto di riguarda potrei continuare così per sempre senza che nessuno se ne accorgesse. Sono tutti così bravi a inventarsi storie là..."
Teddy si passò una mano tra i capelli e sospirò profondamente, rimanendo in silenzio per un po'. Poi, tamburellando velocemente il pollice sul tavolo, alzò di scatto la testa verso James e lo guardò fisso negli occhi, tanto che all'altro venne da distogliere lo sguardo.
"Jamie" disse "Prima ne parlavo con Vicky e mi sono convinto che prima in macchina ho sbagliato."
James saltò come una corda appena pizzicata e immediatamente tornò nello stato di agitazione di quando cercava di capire cosa si stesse dicendo con Albus in salotto. Era arrivato il momento quindi, era arrivato il momento di fare quel discorso.
"Mi sono ripromesso che non cercherò mai più di invadere i tuoi spazi se tu non vuoi. Se avrai voglia di parlare io sarò qui, ma non credo sia sano per me, per te e per il nostro rapporto che io cerchi di cavarti di bocca parole che tu non vuoi dire."
Un poco James si sentì sollevato ma il suo stato di allerta continuava, in attesa di un ma che non tardò ad arrivare.
"Ma James questo te lo dico e tu almeno mi stai ad ascoltare" Teddy lo guardò in attesa di una reazione, ma lui aveva lo sguardo perso nel nulla e stringeva febbrilmente la tazza "James io sono preoccupato per te."
Ecco l'aveva detto, si disse James. Ma perché tutti erano così preoccupati per lui mentre l'unico che non capiva realmente quale fosse il problema era lui? Un conto erano tutte le cose che aveva detto Albus, ma si sa, suo fratello era sempre stato portato all'esagerazione e quella vena tragica l'aveva sempre caratterizzato. Girò la testa di scattò, quasi a voler evitare ciò che Ted aveva da dire.
"Sono preoccupato perché sei visibilmente più magro di settembre e hai le sembianze di un fantasma, Jamie. Ma sua questo posso chiudere un occhio, facendo finta che non è compito mio notare e dirti queste cose, perché una madre e un padre ce li hai, come per altro due fratelli e un esercito di parenti."
A James venne quasi da ridere per il disprezzo quando sentì Teddy chiamare in causa Harry. Come se lui potesse accorgersi di qualche cambiamento, si disse, dato che non l'aveva neppure guardato per un singolo secondo da quando era tornato a casa. Per suo padre evidentemente lui era rilevante quanto un pezzo di carta da parati e un vaso anonimo.
"Però James sono un ragazzo anche io, anche se ormai più un giovane uomo. Ho solo sei anni in più di te, e non credere che non mi ricordi come funzionino le cose per un ragazzo di sedici anni."
James non capiva dove volesse arrivare, ma si rifiutò di guardarlo in volto anche solo per ricercare qualche indizio nell'espressione.
"Per Salazar mi sento così uomo maturo a parlare così" sospirò Teddy "Comunque, parliamo seriamente, da uomo a uomo. Non è normale James che tu in piena fase ormonale non provi alcuna attrazione sessuale per nessuno, uomo donna o fantasma che sia. Qualsiasi ragazzo della tua età, io per primo sono stato così, se c'è una cosa a cui non riesce a smettere di pensare è esattamente, lasciamelo dire, il sesso. O le donne, o chiamalo come diavolo vuoi. È la prima cosa a cui pensa quando si alza la mattina, anche per quei problemi tecnici no" disse e ammiccò "Ed è anche l'ultimo pensiero che gli attraversa la mente prima di andare a letto."
Teddy cercò di spiare la reazione che James stava avendo alle sue parole, ma l'altro teneva la testa così reclinata in avanti che era impossibile scorgerne l'espressione.
"Io non dico che tu debba andare a letto per forza con una ragazza, e non c'è nemmeno la necessità che ne limoni una di nascosto nei corridoi. Ma James, quello che mi hai detto tu non è biologicamente normale" l'altro continuava a tacere, così Teddy aggiunse "A me fa piacere Jamie che tu stia dando tutto te stesso al Quidditch, lo sai che stai rendendo tutti fieri facendolo. Sono felice che tu stia sognando in grande, molto grande a dire la verità, e che tu abbia anche delle reali possibilità di farcela a realizzare i tuoi sogni. Ma James, forse stai chiedendo troppo al tuo corpo. Forse gli stai chiedendo di diventare qualcosa che lui non può essere a sedici anni. Tu vuoi un corpo da ragazzino ma con una potenza da uomo. Io non voglio farti una ramanzina, lo sai che non sono mai stato in tutta la tua vita quello incaricato di fartele, ma forse il tuo corpo ti sta mandando dei segnali. Magari ti sta solo chiedendo di lasciarlo godere delle gioie del sesso" disse e sorrise un po' complice "O forse altro non lo so. Perciò secondo me dovresti ascoltarlo."
Quando smise di parlare Teddy cercò di nuovo lo sguardo del fratellastro: ora lo stava guardando, ma i suoi occhi parevano persi, lontani. Sembrava impaurito, si rese conto, pareva avere paura di qualcosa che esisteva solo nei suoi pensieri. Poggiò la sua mano su quella di James che teneva serrata la tazza.
"James non sarai meno talentuoso se permetti al tuo corpo di crescere sai? Da anni gli chiedi cose che non ha l'età per fare: hai preteso che si dedicasse ai piaceri dell'amore quando era forse ancora troppo giovane per farlo solo perché sentivi in giro dire che avresti dovuto fare così, ora lo obblighi a un'attività fisica estenuante che neppure i giocatori professionisti reggono e gli chiedi di supportare il tuo ingegno tagliente perché devi eccellere sempre anche nella scuola ed essere migliore anche di chi studia da più anni di te. Non funziona così James: tu hai sedici anni, non puoi conquistare il mondo a quest'età. Rischi solo di spezzarti per sempre e di non riuscire mai a coronare i tuoi sogni in futuro facendo così."
James sembrava sempre più perso e disorientato. Le sue mani avevano cominciato a tremare, Teddy lo sentiva da quella sotto la sua.
"Tu hai grandi obiettivi James, e questo ti fa onore. Ma per raggiungerli non basta avere una volontà ferrea, servono anche gambe forti con cui correre. E le tue al momento non sono in grado neppure di sostenerti a lungo senza farti cadere. E non è quello che vuoi o sbaglio? Tu non vuoi fallire."
James non si rese neanche conto che Teddy avessesmesso di parlare. Era immobilizzato sul posto, incapace di muoversi o anchesolo di pensare a qualcosa. Alzò la testa lentamente e vide che Ted si stavatirando in piedi e ora lo salutava, augurandogli una buona notte. E prima direndersene conto era rimasto solo in cucina, forse era anche l'ultima persona inpiedi in tutta la casa. Lentamente portò una mano agli occhi e si tolse gliocchiali. Ora anche i contorni degli oggetti come le sue emozioni e i suoipensieri apparivano sfocati e incerti quasi senza senso. Pianse silenziosamentema disperatamente. Era una tristezza profonda ed inesprimibile quella cheprovava: era la paura di deludere le aspettative e la consapevolezza di essereincapace di agire per evitarlo. Si sentiva un cieco che cammina in un labirintosenza conoscere la strada: era perso. Ma solo di una cosa era sicuro, e questalo costrinse ad asciugarsi le lacrime e ad alzarsi: lui non avrebbe fallito.
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