Capitolo ventesimo

James quel giorno si sentiva così stanco che, appena venne svegliato dal trambusto dei suoi compagni, non si alzò neppure dal letto. Rimase lì disteso, in stato vegetativo, fino a quando non li sentì affrettarsi per scendere in Sala Grande.
"Non vieni?" gli domandò Fred mentre si infilava il maglione sopra la camicia.
James scosse la testa.
"Non hai fame, immagino"
Un altro no.
"Almeno tirati su a sedere, Jamie. Sembri un malato grave"
Fred si avvicinò maggiormente a lui e lo guardò dall'alto.
"Non mi muovo da qui fino a quando non ti vedo seduto"
"Che cosa ti cambia a te?"
"Cugino, non sembri neppure un essere umano in questo momento. Sei solo un cumolo sotto le coperte"
Come in risposta, James si rintanò ancora più sotto, quasi cercando di scomparire alla vista dell'altro. Lo sguardo di Fred era duro.
"James, non fare il bambino"
"Davvero non capisco cosa ti cambi a te" mugugnò con le coperte tirate quasi sopra la faccia.
"Jamie, Jamie, Jamie" cantilenò Fred, iniziando a giocherellare con i ricci del cugino per dargli ulteriore fastidio "Personalmente nulla, a parte il fatto che preferirei non vedere un mezzo morto che cammina per il dormitorio"
"Smettila Fred, sono solo stanco per la fine del quadrimestre"
"Già" Fred scosse la testa e si sedette sul letto "Sei solo stanco per quello"
"Anche gli altri sono stanchi"
"Non come te" disse Fred e cercò di strattonargli le coperte.
"Smettila" sbottò James "Lascia le coperte. Ho freddo"
Fred scosse la testa ma fece come l'altro voleva. Si alzò dal letto continuandolo a guardare.
"Mettiti a sedere"
"No"
"Giuro che se non ti metti a sedere ti trascino sotto la doccia fredda. Peso almeno venti chili più di te, non mi ci vuole nulla a sollevarti e buttarti sotto l'acqua" lo minacciò.
"Fred ci sei?" urlò Rufus dalle scale.
"Scendete io arrivo" rispose di rimando, continuando sempre a guardare James.
"Okay, ma fai in fretta. Oggi c'è la colazione speciale" Rufus fece una pausa "Teniamo un posto anche per te James?"
Fred inclinò la testa di lato.
"Già, teniamo un posto anche per te cugino?" chiese con voce canzonatoria.
James guardò prima lui e poi la porta del dormitorio. Poi scosse lentamente la testa.
"No grazie" rispose, sperando che Rufus lo sentisse anche se non urlava "Sono a posto così"
"Sbrigati Fred"
Dei passi veloci scesero le scale e in pochi istanti nel dormitorio regnava nuovamente la pace.
"Guardati James" ripartì all'attacco Fred "Non ti alzi, non mangi" scosse la testa in segno di disapprovazione "Tra poco..."
"Smettila!" lo interruppe James quasi urlando "Smettila!"
"No James" Fred lo guardò duramente e gli strappò le coperte di dosso, lasciandolo scoperto "Tu devi ascoltare, anche se non vuoi"
"Non..." tentò di interromperlo, ma l'altro continuava imperterrito.
"Cosa pensi dirà la nonna quando ti vedrà così? Eh? E zia Ginny invece sarà felice di vedere il suo primogenito ridotto in questo stato, invece"
James si era messo seduto sul letto e abbracciava strette le ginocchia. Sembrava si volesse difendere dalle parole di Fred.
"Tu non capisci..."
"No James" urlò quasi Fred "Sei tu che non capisci"
"Lasciami solo" disse James tremando.
"Guardati" sputò Fred rabbioso "Non hai nemmeno il coraggio di affrontare la realtà"
James scosse ripetutamente la testa e serrò gli occhi. Fred fece un passo verso la porta del dormitorio. Sembrava sconfitto. Continuava a scuotere il capo e aveva i pugni stretti.
"Cosa ti porto su da colazione?" chiese infine, la voce era controllatamene tranquilla.
"Non ho fame Fred" sorrise leggermente James "Però grazie per il pensiero"
"Se c'è la torta alle carote te ne metto da parte un pezzo, va bene?" tentò di nuovo "È la tua preferita. Mangia almeno quella"
"Davvero, grazie, ma non c'è bisogno"
Al secondo rifiuto non ne seguì un terzo, Fred ormai si era arreso e stava uscendo dal dormitorio.
"Non sarai in grado di stare su una scopa ancora a lungo se continui così, lo sai vero?" disse Fred, girandosi indietro e guardando il cugino rannicchiato nel letto.
James scosse la testa ed alzò le spalle.
"Fatti almeno una doccia che dopo andiamo a vedere la partita" lo guardò fisso "Nel caso ti fossi dimenticato oggi c'è Serpeverde contro Corvonero, e non vedo l'ora di vedere quelle luride serpi sconfitte per la seconda volta di fila"

Fred era ormai uscito da qualche minuto e James non era ancora riuscito a trovare le forze per alzarsi da letto. Si era limitato a stringersi le ginocchia al petto, cercando di scaldarsi un poco. Quel mattino non si era potuto allenare. Madama Guaffle monitorava il campo da Quidditch per tutta la notte prima di una partita, in modo che nessuno potesse sabotare gli anelli della porta e rendere il terreno una fanghiglia terribile. Probabilmente aver avuto la possibilità di dormire qualche ora in più aveva mandato in tilt il suo metabolismo, dato che si sentiva più stanco che mai. Si schiarì la voce e un eco leggero rimbalzò per tutta la stanza. Nel dormitorio regnava una pace surreale, come sicuramente nel resto della torre di Grifondoro. Probabilmente tutta la casata si era riversata nella sala Grande. Non gli dispiaceva, però, essere lontano dal frastuono e dalle urla. Dallo scontro con Scorpius di quasi una settimana prima, aveva riiniziato a cercare la solitudine. Si sentiva più tranquillo quando era da solo con i suoi pensieri, come in quel momento. Senza fretta distese le gambe e si stiracchiò le braccia. Sentì le spalle allungarsi fino a fargli quasi male. Con una mano prese dal comodino gli occhiali e se li infilò. Finalmente riusciva a vedere gli oggetti in modo definito, senza che fossero solo un alone di colore. Si guardò intorno. Tutto era incasinato come al solito. Vestiti giacevano in ogni angolo della camera e rotoli di pergamena erano usati come divisori degli spazi individuali. Sentì un fastidio nascere da quella vista, come se sentisse il bisogno di rimettere tutto a posto. Contrariamente anche i suoi pensieri avrebbero continuato a vorticare per la sua testa senza un ordine preciso, che era esattamente quello che cercava di dargli negli ultimi giorni. Ma prima doveva vestirsi, poi sarebbe venuto il resto.
Senza fretta si alzò in piedi. Sentì il freddo del pavimento irradiarsi dalla punta dei piedi in tutto il corpo. Fece qualche passo verso il centro della stanza, alla ricerca dei suoi vestiti. Potevano essere ovunque. Si rassegnò a cercare nel pezzo di stanza anche dei suoi compagni, ma quando vide dei calzini che sembravano puliti, di fianco al letto di Theo, non si curò del fatto che probabilmente non erano suoi. Si limitò ad infilarseli e a continuare a ciondolare in giro. Straordinariamente l'angolo di Bran era quello più in ordine. James immaginò che recentemente fosse passata Catherine, la sua fidanzata.
Quando finalmente riuscì a trovare un suo maglione e un paio di pantaloni che potevano essere o suoi o di Fred, si accorse che, durante la sua ricerca, il disordine nella camera era aumentato ancora di più. Un brivido di fastidio gli corse lungo la spina dorsale. L'orologio luminoso sul comodino di Henry segnava le 10.25, sarebbero passati massimo altri venti minuti prima che i suoi compagni risalissero, sempre che non avessero deciso di andare direttamente al campo da Quidditch, anche se James dubitava che Fred ci sarebbe andato senza passare su a prenderlo. La testa era piena di troppi pensieri che vagolavano liberi, e allo stesso modo i cumoli di roba sul pavimento sembravano spostarsi da soli. Ma la sola idea di mettere a posto tutto quel disordine alla maniera babbana, era impensabile. Perciò James, evitando di inciampare del volume di Trasfigurazioni che amava cambiare grandezza e talvolta pure forma, prese la sua bacchetta dal comodino.
"Incominciamo" sussurrò forse alla bacchetta stessa.
Con un ampio movimento del polso fece alzare in aria tutte le pergamene che risultavano disperse per la stanza. Solamente questa azione impiegò diversi secondi. Ce n'era una in particolare che sembrava incastrata dietro la testiera del letto di Rufus che impiegò molto tempo. James si chiese come ci fosse finita. Quando poi finalmente fluttuavano tutte nell'aria, con un secondo movimento del polso, le fece dividere in base alla calligrafia e riarrotolare su sé stesse. Lasciò che continuassero a fluttuare divise in sei gruppetti, e iniziò lo stesso procedimento anche con i libri. Il testo di Trasfigurazione sul quale stava per inciampare prima, risultò alla fine essere suo, mentre il libro di Incantesimi che aveva usato per le scorse due settimane era in realtà di Henry. Con i vestiti fu più difficile, non c'era nessuna calligrafia che potesse indicare il possessore.
"Patromorusque" disse, cercando di ricordare l'incantesimo che usava nonna Molly quando doveva impilare i vestiti di tutti loro nipoti.
Non successe nulla, probabilmente aveva sbagliato la formula.
"Patronorusque" ritentò e fece fare alla bacchetta un movimento abbastanza largo da coprire tutta la stanza.
Questa volta i vestiti iniziarono a turbinare in aria e James esultò. Fare i letti e raccogliere le ultime cose, in confronto a ciò che aveva appena fatto, fu un lavoro facilissimo.
Aveva appena finito di sistemare i comodini, quando la porta del dormitorio sbatté. James si girò. Sulla soglia Fred lo guardava con gli occhi strabuzzati.
"Cos'hai fatto?" domandò a bocca aperta.
"Ho messo a posto il dormitorio" rispose alzando le spalle.
Solo mettere ordine tra gli averi dei suoi compagni di stanza gli aveva infuso una profonda tranquillità. Si sentiva quasi energico, come se avesse fatto il suo solito allenamento mattutino.
Da dietro Fred spuntò anche Bran.
"Per Godric!" esclamò "Non l'ho mai visto così pulito e in ordine" disse, indicando prima il pavimento e poi tutto il dormitorio.
"Ehy James" lo spintonò Rufus "Non è che fai la stessa magia con camera mia a casa?"
Risero tutti e si aggirarono in giro per il dormitorio quasi come se si trattasse di un museo. Sembravano quasi aver paura di toccare qualcosa.
"Cercate di non ridurlo a un porcile entro domani mattina" li ammonì James "Così magari potremo godere di quest'ordine per un paio di giorni al rientro delle vacanze"
Gli altri annuirono, ma James era convinto che a fatica sarebbe arrivato in quelle condizioni al mattino dopo.
"Ragazzi" richiamò l'attenzione di tutti Rufus "Bisogna andare o faremo tardi" disse e indicò l'orologio di Henry. Le 10.38 lampeggiavano in rosso.
"Chissà se troveremo ancora dei posti" si lamentò Theo.
Uno dopo l'altro iniziarono ad uscire. Solo Fred rimase indietro.
"Non vieni James?" domandò, confuso. Se c'era una cosa a cui James non mancava mai, quella era proprio il Quidditch.
Scosse la testa. Ci aveva pensato mentre metteva a posto ed era arrivato alla conclusione che non se la sentiva. Forse, anzi, sicuramente, centrava con Scorpius. Anche se era attualmente in conflitto aperto anche con lui, James non sapeva cosa avrebbe fatto se Scorpius non avesse preso il boccino. Probabilmente si sarebbe sentito un perdente e un incapace per non essere riuscito a insegnare a qualcuno la cosa in cui riusciva meglio.
"No, non penso" rispose a Fred "Non mi sono nemmeno fatto la doccia, ho passato tutto il tempo a sistemare"
"Non è da te saltare il Quidditch" gli fece notare, ma James continuò a scuotere la testa.
"In ogni caso non penso sarà una gran partita" fece un sorrisetto "In fin dei conti non giochiamo noi..."
Fred gli tirò una pacca sulla spalla mentre si avviava verso la porta.
"Hai ragione cugino, hai ragione" gli sorrise raggiante "In ogni caso ti tengo il tuo solito posto, nel caso ti venisse voglia di scendere. E comunque ho sentito che Scorpius Malfoy è migliorato molto ultimamente" alzò le spalle "Spero per lui che non siano solo voci. Anche se non pensò riuscirà mai a fregare il nostro James!"
Fred gli tirò un'altra pacca sulla schiena e uscì insieme agli altri. James li sentì correre per le scale con Theo che gli esortava a fare presto che erano in ritardo.
Si trovò nuovamente solo nel dormitorio, questa volta senza più nulla da mettere a posto, ma con ancora una grande confusione nella sua testa. Rimise la bacchetta sul comodino e decise di farsi una doccia, come gli aveva suggerito Fred. Si avviò verso il bagno senza fretta, gustandosi il lusso di poter camminare senza guardare dove andava perché tanto non c'era nulla su cui potesse inciampare. Ringraziò silenziosamente nonna Molly per aver provato a insegnare a tutti i nipoti qualche trucco di magia domestica, anche se probabilmente lui era l'unico ad aver prestato realmente attenzione.
Appena entrato in bagno, James non poté che essere attratto dalla finestra gigantesca. Era una mattina serena, e per questo probabilmente anche fredda, la visuale sul parco era perfetta. Anche se non era sceso al campo, James aveva comunque una panoramica perfetta della partita. In lontananza vedeva sventolare molte bandiere, ma non riusciva a scorgere nessun giocatore in volo. La partita non doveva essere ancora incominciata, ma a vedere tutti gli spettatori che ribollivano, non doveva mancare molto. Chiuse gli occhi e permise alla sua mente di scivolare su Scorpius. Aveva cercato di pensarci il meno possibile, solo ricordare la sua figura portava le parole che gli aveva detto. James avrebbe voluto poterle dimenticare. Un conto erano quelle di Albus, che sentiva da mesi e mesi, un'altra questione erano quelle di una persona di cui si era fidato. Gli aveva permesso di vederlo quando non indossava una maschera, aveva accettato tutte le sue cortesie, gli aveva permesso di assistere ai suoi allenamenti, quelli mattutini che per lui erano come un rito sacro che era solito compiere da solo. Non solo, gli aveva anche insegnato qualcuno dei suoi trucchi per volare meglio e non aveva detto nulla quando, mentre volavano insieme, Scorpius rimaneva indietro di mezzo giro o sbagliava gli esercizi. E tutto quello con cui era riuscito a ringraziarlo era stato ferirlo. James distolse lo sguardo dalla finestra. Tutti quei colori sgargianti gli facevano male agli occhi. Fece in tempo, però, a vedere delle figurine volare nell'aria. Erano troppo lontane per riuscire a distinguerle. Dalla torre di Grifondoro non si riuscivano a vedere neppure i colori delle divise. Gettò l'ultima occhiata. Anche se in quel momento odiava Scorpius Malfoy, sapere che lui aveva appena iniziato la partita per cui lavorava duramente da settimane, lo fece sentire in colpa. Forse avrebbe dovuto essere lì, per vedere almeno se metteva in pratica i suoi consigli.
"Buona fortuna" sussurrò invece, immobile.
Scorpius non lo poteva sentire, ma solo dicendo questo James si sentì nuovamente libero di tornare a detestarlo per quello che aveva detto. Diede finalmente le spalle alla finestra e fece un paio di passi verso il centro del bagno. Si tolse prima il maglione e poi anche la maglia del pigiama, restando a torso nudo. Avrebbe dovuto abbassarsi anche i pantaloni, lo sapeva, ma sentiva come la necessità di guardarsi. Lo specchio appeso alla porta sembrava richiamarlo come un magnete. Fece un passo verso di lui, poi un altro. Nella sua testa rimbombavano le parole di Scorpius, e poi quelle di Fred della mattina stessa. Serrò gli occhi, cercando di farle scomparire, ma quelle parole acquistavano solo volume. Fece gli ultimi due passi che lo separavano dallo specchio velocemente. Aveva bisogno di vedere, aveva bisogno di capire. Perché tutti dicevano che una squadra professionistica non lo avrebbe mai voluto? Aveva passato gli ultimi due anni ad allenarsi solo per quello, l'ultimo a ricercare anche la forma fisica ottimale. Perché non sarebbe più stato in grado di stare su una scopa? L'ipotesi era quasi ridicola. Lui era nato per volare e nulla l'avrebbe potuto buttare giù. Quello di pochi giorni prima, lo svenimento, era stato solo un incidente, nulla di serio. Si toccò le braccia, alla ricerca di qualcosa che non andasse. Poi passò al petto e al ventre. Non riusciva a capire. Perché lui non andava bene? Passò un dito sulle macchie lasciate da vecchi lividi e su segni bianchi di ferite ormai rimarginate. Il pomo d'Adamo saliva e scendeva velocemente. Non si accorse di star piangendo fino a quando non si passò le mani sul viso e le sentì bagnate. Le guance erano umide e gli occhi, da dietro gli occhiali, non erano mai stati così tristi. Riguardò verso la finestra. Fuori riusciva ancora a vederli, stavano ancora volando.
"Perché loro vanno bene e io no" sussurrò con la voce rotta.
Un dolore inimmaginabile stava premendo sul petto. Aveva fatto tutto quello che poteva per diventare perfetto come Cercatore. Ma se non bastava così...
"James" chiamò una voce "Sei qui?"
Non fece in tempo a registrare che Albus fosse entrato nel dormitorio e che lo stesse cercando, che lui aveva già aperto la porta del bagno, rischiando di prendergli contro. James aprì la bocca, per dire qualcosa, ma non ne uscì nessun suono.
"James" sussurrò Albus, e lui poté giurare che, anche se non li vedeva distintamente per la vista appannata dalle lacrime, gli occhi di suo fratello non erano mai stati così tristi.
James cercò di coprirsi, stringendosi le braccia intorno al corpo. Si sentiva esposto, sapeva che Albus stava frugando con gli occhi nella sua figura.
"James" ripeté un'altra volta e fece un passo in avanti verso di lui, stendendo una mano.
James rimase fermo, incapace di fare nulla.
"Che succede James?" domandò Albus toccandolo sulla spalla.
Scosse la testa, ma grosse lacrime scivolarono sulle sue guance, tradendolo.
"Puoi dirmi tutto, lo sai" cercò di sorridergli incoraggiante Albus "Io...io non lo vado a dire a nessuno"
James annuì, ma rimase comunque in silenzio.
"Qualcuno ti ha fatto qualcosa?" domandò, accarezzandogli la schiena per tranquillizzarlo "Qualcuno ti ha detto qualcosa?"
James deglutì rumorosamente. Albus annuì e lo prese per mano. Lo fece sedere sul water, dopo aver abbassato il coperchio.
"Ti va di dirmi che cosa ti hanno detto?"
James scosse la testa e Albus si abbassò sulle ginocchia, per essere alla sua altezza.
"Lo sai vero che sono tuo fratello e ti voglio un bene dell'anima?" chiese e l'altro annuì "Ti puoi fidare di me Jamie. Io mi fido di te. Grazie a te sono quello che sono. Mi hai caricato sulla scopa con te quando avevo tre anni, ricordi? Mamma e papà erano terrorizzati, ma io mi fidavo e tutto è andato bene. Fidati anche tu di me, Jamie. Non ti farei mai del male, mai"
Albus era sull'orlo del pianto anche lui. Davanti a sé c'era suo fratello che evidentemente soffriva, e lui non riusciva a fare nulla. Si sentiva inutile. Lentamente James annuì.
"Cosa ti hanno detto, Jamie?" tornò a domandare Albus.
"Dicono" sussurrò James pianissimo "Dicono che" prese un respiro profondo "Dicono che nessuna squadra professionistica mi vorrà" una lacrima più grossa delle altre gli solcò la guancia "Dicono che non riuscirò più a volare"
Albus annuì.
"Io...oh Al, io non capisco" sospirò "L'unica cosa che voglio è diventare Cercatore di professione. Tu lo sai, no Albus?"
"Lo so" gli accarezzò la guancia per confortarlo "Lo so"
"Io...io ho fatto tutto" singhiozzò "Ho fatto tutte quelle fatiche e loro..."
"Capisco" disse Albus "Capisco. Cos'altro dicono?"
"Che non mangio" le mani di James tremavano e Albus le strinse tra le sue in modo protettivo "Dicono che non mangio e che sono troppo magro. Anche tu lo dici Al, non è vero? Tu sei d'accordo con loro"
"Tu non ti vedi magro Jamie?"
James scosse la testa ripetutamente. "No, no. Sono pesante" si iniziò a toccare il ventre e il petto "Devo essere più magro se voglio essere il più veloce di tutti"
Albus rimase in silenzio per qualche istante e James guardò fuori dalla finestra, non riuscendo a sopportare gli occhi tristi del fratello.
"Avete vinto" sussurrò dopo un po'.
Albus lo guardò confuso.
"Avete vinto la partita" disse "Scorpius deve aver preso il boccino"
Scintille verdi e argento circondavano tutto il campo da Quidditch. Anche Albus guardò per un momento.
"Non importa" disse infine "Adesso non importa"
Lo fece alzare e lo spinse fino allo specchio grande, chiudendo la porta.
"Dimmi cosa vedi" disse poi, indicando il suo riflesso.
James si avvicinò allo specchio tremando.
"Qui" disse indicando la pancia "Vedi, è gonfia. Io voglio una pancia piatta"
Dietro di lui Albus annuiva.
"Qui" si strizzò il fianco "Non sono magro abbastanza"
Gli occhi del fratello seguivano i suoi movimenti.
"Qui" si toccò il petto "Si vede che c'è ancora del grasso. E qui..."
"Vuoi sapere cosa vedo io?" chiese Albus, interrompendolo.
James annuì piano.
"Qui" disse e indicò il ventre "Vedo la pancia gonfia di una persona che non mangia abbastanza, ma beve solo acqua, e degli addominali. Qui" gli toccò i fianchi "Vedo della semplice pelle. Mentre qui" Albus gli riportò le mani sul petto "Vedo due file di costole e, lo giuro, nessun grasso"
James deglutì rumorosamente.
"Tu vedi quello che vuoi vedere, Jamie" continuò "Non vuoi accettare di essere troppo magro e così ti convinci di essere ancora troppo grasso" gli sorrise rassicurante "Nessuno te ne fa una colpa"
"Tu...tu pensi come loro che non mi vorranno in squadra?"
"Oh Jamie" lo guardò negli occhi attraverso il riflesso "Quello che hanno cercato di dirti, anche se sicuramente nel modo sbagliato, è che facendo così rischi di finire ricoverato al San Murgo perché sei troppo magro. E allora sì, non potrai entrare in una squadra professionistica o volare. Ma non perché non sarai in grado di farlo, o perché non hai abbastanza talento. Semplicemente il tuo corpo non sarà in grado di reggere tutta quella fatica e cederà, e tu con lui"
James lo guardò con la bocca leggermente aperta. Sembrava spaventato. Albus poggiò una mano sulla sua spalla e glie la strinse.
"Sei sicuro che io sia così tanto magro?" domandò, ancora incapace di vedere.
Albus fece cenno di sì con la testa.
"Pensi non si possa più fare nulla?" chiese con la voce che tremava.
"Tu vuoi diventare un giocatore professionista?"
"È il mio sogno" sussurrò.
"E allora se hai la volontà di guarire, non è ancora troppo tardi"
James sospirò e fece scorrere i suoi occhi lungo il riflesso che lo specchio gli proponeva. Si toccò nuovamente il petto e il ventre, alla ricerca di quello che gli altri vedevano. Poi si asciugò le lacrime e si mise a posto gli occhiali sul naso. Si girò verso Albus e lo guardò.
"Al...Al, tu mi aiuteresti?" implorò con un filo di voce.
Albus annuì e James lo abbracciò stretto.
"Grazie"

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