Capitolo tredicesimo

Dopo le lezioni del pomeriggio, James si era attardato a scambiare due parole con la Preside McGranitt, la quale gli aveva espresso tutta la preoccupazione che l'aveva turbata la mattina precedente. Anche se lui aveva cercato di svignarsela il prima possibile, desideroso di tornare al più presto nel suo dormitorio e magari dormire un poco, la professoressa l'aveva trattenuto a lungo per complimentarsi dei suoi successi scolastici e sportivi e, soprattutto, per sottolineare, come amava fare, la sua contemporanea similitudine e distanza dal nonno James Potter, con cui condivideva il nome e il talento nel Quidditch, ma non la dedizione allo studio, tratto che, secondo la McGranitt, aveva sicuramente ereditato da Lily Evans. Quando finalmente riuscì a liberarsi dei racconti nostalgici della professoressa, il corridoio su cui si affacciavano svariate aule, era pressoché vuoto. Pareggiando i libri che teneva in mano, per evitare che cadessero, James si avviò a passo svelto verso la torre di Grifondoro, agognando il letto. Ma non riuscì a fare molta strada prima di essere fermato una, due, tre volte. Erano tutti ragazzi con cui aveva scambiato poche parole in tutti i suoi sei anni ad Hogwarts, eppure ora, tutti loro si sentivano in dovere di comunicargli che loro credevano in lui, che erano sicuri che sarebbe tornato quello di prima. James non ne poteva più. Normalmente era una persona educata e pacata, ma all'ennesima fermata obbligata lungo il suo tragitto, stava per scoppiare. Non aveva bisogno di qualcuno che gli dicesse che sarebbe tornato come ai tempi d'oro, lui aveva bisogno di riposarsi per poter ricominciare con la sua solita routine la mattina dopo, per poter tornare quel giocatore.
"Jaaames" calcò eccessivamente una ragazza dell'ultimo anno della sua stessa casa "Mi fa così tanto piacere vederti di nuovo in forma e bello allegro, che non hai idea"
James accennò un sorriso, sperando di essersela cavata, per una volta, in poco tempo. Ma Jade, la ragazza, continuava ad arrotolarsi i capelli intorno al dito e a ripetere le stesse cose. Lui la ascoltava distrattamente, e intanto batteva il piede a terra, visibilmente innervosito.
"Non vedo l'ora di vederti giocare ancora, sai James? Sarai splendido come al solito, tutto vestito in rosso e oro"
James la guardò in faccia per la prima volta da quando lei l'aveva fermato. La sua mano non aveva mai smesso di avvilupparsi con i capelli. Non sapeva se lo infastidisse maggiormente la sua voce suadente e volutamente sensuale, o quel movimento che continuava a fare.
"Potresti stare ferma per piacere?" sbottò infine, il piede batteva sempre più velocemente sul pavimento "Mi dai fastidio"
"Come?" domandò Jade, stupita. Nella domanda la bocca rimase leggermente aperta.
"Anzi sai una cosa?" il nervosismo e il fastidio di James avevano preso il sopravvento "Stai un po' zitta, che non ne posso più di sentirti"
La ragazza davanti a lui spalancò la bocca ancora di più. A vederla, così, allibita, dei sensi di colpa assalirono James. Ripensando alle parole che aveva appena detto, si chiese se le avesse pronunciate davvero lui e non un altro al suo posto. Rabbrividì senza riconoscersi nelle sue stesse azioni. Jade stava per andarsene, visibilmente avvilita.
"Ehy aspetta" la richiamò James, desideroso di mettere a posto le cose e scusarsi "Non volevo ferirti. È solo che è tutt'oggi che sento le stesse cose e ho solo voglia di andare a riposarmi, tutto qui"
La ragazza si girò verso di lui e gli sorrise debolmente.
"Mi dispiace" James si stava torturando le mani "Davvero"
"Capisco" annuì lei e piegò leggermente la testa di lato. Un sorriso di chi la sa lunga le increspò le labbra "Però devi capire che tu sei James Sirius Potter, e sei il ragazzo modello. Bravo in tutto e intoccabile. Tutti vogliono essere tu, ma nessuno ci riesce. E così tutti vogliono avere almeno un pezzettino di te, magari un saluto o la tua attenzione. E oggi sembri meno lontano del solito e irraggiungibile, per questo oggi ti hanno bloccato tutti"
James le sorrise amaramente, cercando di scusarsi nuovamente con i gesti.
"Buona fortuna per tutto, James" finì Jade, prima di andarsene.
Fortunatamente nessuno lo fermò più prima di arrivare nella Sala Comune. O forse fu lui che non se ne accorse, troppo immerso nei suoi pensieri. Le parole di Jade l'avevano confuso. Non riusciva a capire come qualcuno potesse desiderare di essere lui. Ogni volta che si guardava allo specchio vedeva solo cose che non andavano. Muscoli non troppo definiti, pancia gonfia, punti neri sul naso e piccoli brufoletti dove appoggiavano gli occhiali Tutto lui, nell'insieme, non andava. Come poteva qualcuno desiderare tutte queste cose?

Entrò nel suo dormitorio e sbatté la porta dietro di lui. Seduti al centro del pavimento c'erano i suoi compagni di anno che ridevano e si ingozzavano di dolci. Per terra erano sparse pile di scatole di caramelle, stecche di cioccolatini, bevande da bere. James guardò confuso prima tutti quei dolciumi e poi i compagni.
"Cosa sta succedendo?" chiese infine.
Calò il silenzio nel dormitorio. James lasciò cadere i libri delle lezioni del pomeriggio sul letto, prima di girarsi verso di loro. Li guardò confuso. Nessuno rispondeva. Fred, suo cugino, aveva le guance piene di qualche dolce e assomigliava a uno scoiattolo. Bran teneva in mano una cioccorana mezza scartata e dalla bocca pendeva la zampa di un'altra. Theo era seduto a gambe incrociate, e in mezzo a quelle giaceva una fetta superstite di treacle tart. Tra Rufus e Henry campeggiava una giara di caramelle tuttigusti +1. James pensò di essere capitato nel mezzo di un rito in onore di una qualche strega potente e bellissima, il cui culto comprendeva mangiare cumoli di dolci. Si sistemò gli occhiali sul naso, a disagio. L'unica cosa che riusciva a pensare era quante calorie erano sparse sul pavimento del dormitorio. Il solo pensiero lo faceva stare male. Fece per girarsi e sedersi sul letto, quando una risata collettiva esplose alle sue spalle. Li guardò confuso mentre si coprivano la bocca e si tenevano la pancia. Si sentì preso in giro, e il fastidio di poco prima fece di nuovo capolino.
"Quindi che cosa state facendo?" chiese nuovamente, il piede iniziava di nuovo a battere freneticamente per terra. Non capiva perché stessero ridendo.
Fu Theo a rispondere. "Ti aiutiamo"
"A fare cosa?"
"A smaltire tutti i doni che ti sono arrivati dai tuoi fans"
"A proposito" aggiunse Rufus "Non sapevo che tu ne avessi così tanti"
James sbarrò gli occhi e un lieve senso di disgusto lo pervase. "Quindi...quindi tutti questi sarebbero per me?"
Fred ridacchiò. "Non ti offendere cugino se abbiamo iniziato senza di te, ma non ce l'avresti mai fatta a finire da solo tutto questo, quindi abbiamo deciso, per il tuo bene, di darti una mano"
"No no certo" annuì velocemente James "Potete finirli tutti se volete, io non ne voglio"
"Ovvio che no!" esclamò Henry "Devi assolutamente provare queste gelatine che diventano del gusto che vuoi tu"
"No davvero, sono a posto così, a pranzo mi sono ingozzato"
Fred si alzò e lo strattonò per un braccio. "Non è vero" disse e lo guardò in un modo strano "E Henry ha ragione, sono davvero buone le gelatine"
"Siediti" gli ordinò Bran, e James, anche se di malavoglia, lo fece.
"Quindi, chi me le avrebbe regalate queste gelatine?" domandò mentre si sistemava seduto a gambe incrociate.
"La Blackwater" sospirò Rufus "Jamie, la maledetta Balckwater ti manda delle gelatine, e tu non le vuoi neppure mangiare!"
"La chi?"
"Ohoh, cugino, ci sei?" Fred gli sventolò una mano davanti al viso "Jade, ultimo anno, Grifondoro, bionda, una figa atomica. Hai presente?"
James annuì e nuovamente il senso di colpa fece capolino.
"E daiii, falla felice, mangiane una" gli disse Bran, dandogli uno spintone.
Gli altri avevano ricominciato a mangiare di gran gusto. James si guardò intorno e si strinse un po' di più nel maglione della divisa, visibilmente a disagio. Sapeva che non avrebbe potuto astenersi dal mangiare per tutto il restante pomeriggio, ma non voleva nemmeno pensare a quanti minuti prima si sarebbe dovuto alzare la mattina successiva per smaltire quei dolci. E in ogni caso, a lui non bastava mantenere un equilibrio tra ciò che ingeriva e quanto consumava, lui voleva dimagrire. E quella merenda inaspettata non rientrava nel suo programma. Aveva da tempo imparato a non farsi tentare da leccornie del genere.
"Ti spiego" disse Theo porgendogli una gelatina dal colore bianchino "Ora tu te la metti sulla lingua, ma non la mandare giù. Prima pensa a che gusto la vuoi"
"Io consiglierei gusto Jade Balckwater, fossi in te" Fred gli tirò una gomitata.
James accettò la gelatina e, anche se riluttante, se la mise sulla lingua.
"Quindi ora devo pensare al gusto che voglio?" sputacchiò.
Gli altri annuirono. James face finta di pensarci e deglutire. Alzò poi il pollice in su, come per indicare che la gelatina gli era piaciuta.
"Bran devi assolutamente provare questa tuttigusti color indefinito"
Mentre gli altri esortavano l'amico a mandare giù quell'orribile dolce, James avvicinò la mano alla bocca e tossì. Senza attirare l'attenzione degli altri, sputò la gelatina nel pugno e la nascosa in tasca.

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