VI
Le ore correvano veloci nella piccola torre.
Aglæca guariva in fretta anche se una forte tosse la scuoteva dalle viscere.
Sprovviste di un secondo giaciglio e dopo numerose discussioni, le due ragazze decisero di dormire nello stesso letto, schiena contro schiena, cercando di non rubare troppo spazio all'altra.
Le notti erano silenziosi tra un colpo di tosse e qualche sussurro.
Il drago, per il momento, non era ancora tornato, e ciò rendeva felici entrambe le ragazze.
Il mondo al di fuori della terra mutava di rado, in modo quasi impercettibile.
Ma nessuno lo notò, entrambe troppo impegnate nel entrare una nel mondo dell'altra.
Snædis mostrava mondi fantastici dove uomo e animale viveva in armonia , la magia non portava distruzione, l'odio e l'invidia erano parole che rimanevano incastrate solo nei libri.
Ogni volta che la ragazza pallida parlava di questo mondo la rossa vedeva ciò di qui lei parlava, come se lei stessa avesse vissuto quelle cose e sentito quell'amore.
I gesti della narratrice erano pieni di luce mentre i suoi occhi chiari si illuminavano ricordando terre lontane.
La finestra, e il mondo così crudelmente reale che celava dietro di sé, venivano sostituiti da mondi incantato mentre quei luoghi tetri venivano nascosti momentanea nel luogo più buio della mente.
Quando arrivava il turno di Aglæca di parlare del suo mondo lei scuoteva la testa timorosa di distruggere la campana di vetro che si era creata intorno a loro con tali magie, ricordando le terre bruciate e i corpi straziati nascondeva le lacrime dietro un sorriso e chiedeva a Snædis di non fermare le sue storie.
Quella calma sembrava surreale agli occhi di entrambe le ragazze.
Una, talmente abituata alla solitudine non riusciva a credere ancora alla ragazza che le stava davanti ogni giorno, temendo che potesse svanire all'alba come un sogno.
L'altra era abituata alle urla, al dolore al continuo pulsare delle ferite.
Spesso durante i sogni più agitati si svegliava urlando ricoperta da un velo di sudore, e quando si accorgeva della presenza dell'altra ragazza che delicatamente le metteva una mano sulla spalla e abbozzava un sorriso addormentato, si accorgeva che quel mondo non era poi così male.
In quelle notti tormentati si stupiva nel immaginare la ragazza che l'abbracciava per scacciare via i brutto sogni.
Lei stessa si trovava a scuotere la testa e tornare a dormire con il soffice peso della mano di lei sul braccio.
Poi, gli incubi, svanivano.
La routine non era mai la stesa e questa cosa non infastidiva nessuno.
***
Quella mattina il sole illuminò di un rosso intenso la piccola stanza, stupendo una Aglæca bagnata di sudore e con la bocca spalancata per un urlo silenzioso, questa volta fu diverso, le sue ossa tremavano e il respiro accelerava e neanche il comune gesto di Snædis di sfiorarle la spalla la calmò.
-Va tutto bene, era solo un incubo.
Sussurrava cercando di calmarla.
Ma lei sembrava non sentire mentre nelle sue orecchie rimbombava ancora il suono della battaglia che aveva sognato.
Gli occhi spalancati difronte a se sembrava vedere cose che non c'erano mentre Snædis si avvicinava lentamente a lei.
-Hey, ascolta la mia voce. Andrà tutto bene.
Prendendole per le braccia la voltò delicatamente verso di lei per poi abbracciarla.
-Va tutto bene.
Le sussurrò all'orecchio.
Il battito cardiaco di Aglæca rallentò seguendo quello tranquillo della ragazza che la stava abbracciando.
La rossa batte due volte le palpebre di fila come se si fosse appena resa conto di dove si trovasse.
-Scusa... Ti ho svegliato.
Borbottò desolata.
-Fa niente, tanto ormai è mattina.
Snædis sorrise leggermente e Aglæca si accorse di quel cambiamento impercettibile delle labbra sulla sua guancia.
Nessuna delle due volle sciogliere quel abbraccio un po' impacciato.
-Dovremmo preparare la colazione.
-Può aspettare.
Rimasero così, studiandosi in un modo nuovo.
Entrambe ignare dell'arrivo di nuovi soldati.
Poche ore dopo l'abbraccio si era sciolto ma qualcosa tra loro era rimasto legato in modo impercettibile, i movimenti si erano fatti più fluidi, gli sguardi si cercavano come farfalle attratte dalla luce della loro stella, i loro corpi si sfioravano più spesso per poi allontanarsi intimoriti per poi ritornare curiosi nel toccarsi.
Quando un carro raggiunse l'orizzonte qualcosa si ruppe.
-Stanno arrivando.
Sussurrò Snædis fermando i suoi movimenti, gli occhi sbarrati e tutti i muscoli tesi mentre udiva qualcosa che solo lei percepiva.
Aglæca si avvicinò a lei preoccupata non avendola mai vista in quelle condizioni, infatti, il volto sereno di lei era ora tirato e preoccupato.
-Chi? ci siamo solo noi.
-No, tu non...
La ragazza indietreggiò preoccupata e si diresse verso la finestra seguita a ruota da Aglæca.
E solo allora vide anche lei il carro che si avvicinava alzando una leggera nuvola di polvere.
-Coma hai..?
Snædis si voltò di colpo trovandosi ad un dito di distanza da lei.
-Devi andartene.
Proclamò autoritaria.
Aglæca rimase di sasso, per un attimo il fiato le si strozzo in gola e
temette di cadere a terra per le forze mancate.
-Cos... no, io non ti lascio sola.
-Devi, ti farai solo male stando con me.
Snædis la spinse all'indietro ma l'unico risultato fu che barcollò semplicemente all'indietro sfiorando il letto.
- vattene finché sei in tempo.
Iniziò a colpire il suo petto con pugni sperando che se ne andasse, Aglæca restò immobile, lasciando che ogni colpo si assorbisse mentre l'unica cosa che distruggeva era dentro di lei.
-VATTENE!
Strillò lei mentre una lacrima le solcava il viso pallido, Aglæca la guardò per minuti interminabile quando delicatamente le prese i polsi per fermare quella raffica di pugni che le avrebbero lasciato un leggero livido la mattina successiva.
- Io non ti lascio.
Snædis alzò lo sguardo verso di lei che la superava di pochi centimetri mentre delle lacrime silenti le coprivano il viso. in quel momento il suo sguardo azzurro iniziò a prendere delle sfumature dorate e solo allora Aglæca comprese.
-Io sono un mostro, non avrei dovuto portarti qua.
Disse Snædis abbassando lo sguardo. Aglæca mollò la presa, le mise le mani sotto il mento per guardarla in volto e le asciugò le lacrime
-Tu sei bellissima, non un mostro.
- Tu mi odierai.
-Non potrei mai odiarti.
Per un attimo quel barlume dorato prese anche gli occhi di Aglæca che fecce risplendere la stanza, Snædis abbasso le mani continuando a guardarla come se l'oro le avesse incatenate insieme.
-Scusami...
Le parole di Snædis venerò bloccate dal suono di soldati che entravano nelle mura, e fu in quel momento che il drago comparve.
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