V
Dopo che Aglæca terminò la sua bevanda si pulì la bocca con il braccio nudo e Snædis rise a questo gesto impacciato.
- Che c'è? Perché ridi?
Aglæca la guardò torvo, odiava quando le persone ridevano di lei. Eppure quella risata innocente le ricordava i giorni d'estate quando correva a caccia di farfalle, sembrava una vita fa, forse era proprio così.
Snædis fermò la sua risata vedendo quello stuardo bruto su di lei che la imbarazzava.
-Scusa... E solo che... È la prima volta che vedo qualcuno fare così.
Si scusò lei sorridendo.
-Sei chiusa in una torre, quanta gente avrai visto ?
Snædis si incupì, abbassando il suo sguardo verso il tessuto bianco che teneva tra le dita.
Aglæca si accorse del suo errore e maledisse il suo cinicismo.
- Scusa non volevo.
-Se non volevi non l'avresti fatto.
Snædis alzò il suo sguardo mutato che colpi come un pugno in faccia l'altra ragazza che trattene il fiato, la sua posizione era eretta, alta e dritta come una freccia e regale solo come una regina poteva essere e lo sguardo ora era potenza pura.
Gli occhi un tempo celesti avevano prese delle sfumature più accese, Aglæca ricordava quel medesimo colore negli occhi di qualcun'altro, ma al momento la sua memoria sembrava troppo spaventata per ricordare.
Snædis vide il volto di lei mutare dallo stupore, al terrore e in fine alla curiosità.
Appena si accorse del suo errore si alzò dal letto con le mani pallide che le coprivano il viso, si voltò verso la finestra e restò immobile facendo uscire un filo di voce dalle sue labbra.
-Non guardare... Scusa...
Aglæca restò stupita e osservò la schiena della ragazza dato che era l'unica cose che le permetteva di vedere.
I capelli d'oro cadevano setosi sulle spalle pallide facendo risaltare le cicatrici e ancora di più due tagli profondi che non sembravo ancora rimarginati.
-Cosa ti sei fatta?
La ragazza sul letto maledisse ancora di più la sua curiosità non appena le mani dell'altra ragazza si spostarono dal suo volto alle sue spalle, creando un abbraccio goffo per coprirsi le cicatrici.
- Niente.
Sospirò.
-Quello non è niente Snædis.
Il nome pronunciato da lei provocò un leggero brivido ad entrambe.
Aglæca scosse la testa allontanando la sensazione e si alzò dal letto.
Una fitta di dolore la percosse dalla palma dei piedi scalzi alle punta delle orecchie, zittì un gemito di dolore e si avvicinò a lei tenendosi stretta senza badare alle continue fitte che la scossero.
I suoi movimenti non passarono inosservati al gracile corpo di Snædis che si voltò di colpo verso di lei.
- Che diamine stai facendo? Torna a letto, non stai ancora bene.
Aglæca sorrise, non era abituata a tutte quelle attenzioni che ora le sembrava così buffe e assurde.
-Lo notato. Ma neanche tu...
Aglæca provò ad appoggiarsi sul muro ma scivolò a terra, prima ancora che potesse toccare il suole le braccia di Snædis l'avevano salvata e appoggiata sul letto, mostrando una forza che sembrava innaturale per la sua corporatura.
-Tu sei pazza.
Disse preoccupata sedendosi accanto a lei, non badando più alle sue cicatrici e osservando la sua paziente che fecce un sospiro di sollievo senza accorgersene.
-Sai, non sei la prima che me lo dice.
-Buono a sapersi, ora sdraiati.
-Ma sto bene.
-Zitta e sdraiati.
Snædis la spinse lievemente dalla spalle e colpì un punto dolente in modo che l'altra si sdraiasse senza altre proteste.
Aglæca fece una smorfia di dolore ma lasciò che la sua schiena aderisse con i cuscini e il materasso producendoli un leggero sospiro di solievo, ma la sua curiosità non si era ancora attenuata.
-Siamo ancora nella torre vero? E dov'è il drago?
Quella volta Aglæca non si morse la lingua, era avida di sapere dove si trovasse e da dove arrivasse quella misteriosa ragazza, e mentre altre mille domande si affolarono nella sua mente i suoi occhi restarono puntati su quello celesti di lei, che tremarono leggermente sotto quella pressione.
All'ultima parola Snædis contorse il volto in un espressione di disgusto e odio, sapeva bene cosa provava per quella creatura ma poterne parlarne con un'altra persona sembrava un sogno diventato realtà.
Oppure un incubo.
Si guardarono per un secondo interminabile e nessuna delle due osava abbassare lo sguardo.
Poi Snædis iniziò a parlare facendo uscire parole imprigionate dalle sue labbra rosse.
-Per il castello. Non si farà vivo finché non arriveranno altri cavalieri.
Aglæca la guardò confusa finché Snædis non interruppe il contatto voltandosi verso la finestra che mostrava un mondo rossiccio ed estraneo a quella piccola stanza.
-E tu ti fidi a stare qui tutta sola?
La ragazza sbarrò gli occhi incredula delle sue parole mentre un sorriso tirato si mostrava sulle labbra di Snædis.
-Ormai sono abituata.
Aglæca osservò la giovane per qualche istante, le sembrava un usignolo che sognava solo di volare via, ma la sua gabbia era più forte delle sue fragili ossa.
Le veniva l'impulso di abbracciarla, dirle che sarebbe scappata con lei, che avrebbero ucciso il drago insieme, che tutto sarebbe andato bene.
Ma il ricordo del fuoco sulla pelle era più forte, il suono delle case che crollavano rimbombavano ancora nella sua mente quando chiudeva gli occhi, l'alito pungente del drago bruciava ancora i suoi polmoni.
Lei la guardò per un altro istante, lo sguardo perso nel vuoto di Snædis non poteva sembrare più distante.
Mentre un forte suono si diffuse per il castello.
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